Barcellona P.G (Me).- La Comunità di Sant’Egidio e i Giovani per la Pace di Barcellona P.G , Sabato 2 Maggio hanno commemorato con la preghiera e gettato in mare dei fiori, quanti perdono la vita durante il “viaggio della speranza” verso l’Europa,ricordando in particolare le vittime del naufragio del 18 Aprile, e quanti vengono perseguitati a causa della propria fede.- “Non si ripeta più,per favore” (Papa Francesco)
Categoria: Attualità
Contattaci con un WhatsApp o un SMS +39 351 972 5555
Basterebbe la testimonianza di Alì, giovane del Mali sopravvissuto ad una delle tante stragi del Mediterraneo, per esprimere il senso della fiaccolata di ieri. Le ingiustizie subite durante il viaggio nel deserto, in Libia e nell’estremo tentativo di raggiungere l’Italia..si estremo perché lui non voleva partire, sperava ancora di trovare un futuro sereno in Africa. Ma la guerra, la povertà e la barbara uccisione di un suo caro amico in Libia l’hanno convinto che l’unico modo per ricominciare a sperare era raggiungere l’Europa. Il racconto di Alì e di tanti altri che sono stati costretti ad abbandonare la propria terra deve far riflettere ognuno di noi per tutti i giorni che ci lamentiamo delle nostre condizioni, dei problemi( se pur veri) che attanagliano la nostra città e non la fanno respirare,pensare che una soluzione è possibile se cominciamo a voltarci verso l’altro invece di guardare solo all’ abisso del nostro Io.
Riceviamo e pubblichiamo il racconto di una studentessa del liceo Mamiani di Roma, Agnese Crivaro, sulla tragedia avvenuta nel Canale di Sicilia. 700 petali di rosa. Ne cade uno, cadono tutti gli altri. Pare quel gioco che fanno i bambini con le margherite: ‘M’ama o non m’ama’. E insomma? T’ama o non t’ama? Il mare è calmo, piatto. Le persone non hanno il coraggio di spogliarsi e andarsi ad immergere in quelle acque tanto fredde quanto salate. Ci sta quel bambino che passeggia con i sassolini in mano. Li osserva, se li rigira tra le mani come fossero sentimenti. Con delicatezza struscia le sue piccole dita lungo il dorso liscio dell’oggetto. Le sue unghie si infilano nei piccoli tagli sul dorso del sasso più grande. Gli viene una voglia mostruosa di spingere la sua unghia più a fondo, giusto per sentire se quel sasso ha un cuore, giusto per percepire il suo battito, giusto per fargli del male e vedere se sanguina. Ma niente, quel sasso non sanguina. Deluso, lo riposiziona sul palmo della sua mano e guarda l’infinita distesa di blu che si estende di fronte ai suoi occhi neri. Apparentemente, senza accorgersene, getta il sasso sulla riva, accanto al suo stesso corpo. Pare quasi che il sasso gli sia scivolato dalla mano, come se i suoi muscoli non avessero la forza di continuare a tenerlo. Quel mare blu va avanti e indietro, nota dopo nota, sale ogni attimo di un centimetro in più, e ridiscende di due centimetri a volta. Un movimento cauto, lento, ritmico, che si ostina ad oscillare tra vittoria e sconfitta. I suoi occhi profondi vagano tra quelle onde in costante movimento. Un tempo quel mare era sinonimo di libertà. Di viaggio. Di scoperta. Era il traguardo per tutti coloro che rifiutavano il conformismo e sceglievano di far invadere il loro cuore dalla natura selvaggia. Ora quel mare era solo una sinfonia. Un costante movimento calcolato dal tempo che ormai era dimora solo che di ingiustizia. E lui, il ragazzino dagli occhi neri e i sassi in mano, lo sapeva. Lo aveva visto. Un tempo in quel mare vi navigavano migliaia di cuori. Erano innamorati, quei cuori. Le loro anime si avvinghiavano l’una all’altra durante le lunghe traversate e ogni respiro che compivano rendeva più leggero quel loro viaggio. Loro amavano, ma non si limitavano ad innamorarsi l’uno dell’altro, quello sono buoni tutti a farlo. Loro amavano ogni anima presente su quelle barche che attraversavano quel mare. Ogni persona nutriva amore nei confronti dell’altra perchè loro si assaporavano con dolcezza. Loro, con gli sguardi si capivano; nei loro occhi viveva la loro storia. Un tempo in quel mare vivevano milioni di vite. Perchè quel mare era ancora fiducioso nella razza umana. Quel mare ancora credeva nell’uomo. Perció faceva il bravo quando ospitava sul suo dorso tutte quelle persone. Anche quando pioveva, quel mare manteneva la calma e tentava di mantenere stabile il suo equilibrio, giusto per loro. Il mare li...
Non si può rimanere indifferenti di fronte a tanti morti. 700 morti sono troppi. Bisogna fermarsi almeno un poco, riflettere, come ha fatto la nostra amica Alessandra di Padova, e prendere posizione. I Giovani per la pace italiani stanno lanciando numerose iniziative in tutta la penisola: preghiere, veglie, minuti di silenzio nelle scuole, flash mob, o anche solo un piccolo gesto, come quello di questi studenti romani nelle foto, per dire che non si può far finta di nulla e voltare pagina. Bisogna mettere fine alle morte in mare di tanti nostri coetanei. Invitiamo tutti gli studenti italiani ad unirsi a noi. Facciamo vedere che non accettiamo un mondo ingiusto, in cui chi sogna un futuro migliore debba morire nell’indifferenza generale. Mandateci le foto o i resoconti di quello che farete, gli daremo visibilità attraverso i nostri canali.
“Si alla pace, No alla guerra” è il titolo dell’iniziativa che gli Universitari Solidali della Comunità di Sant’Egidio hanno promosso ieri alla Sapienza a Roma. Tanti gli Studenti che si sono radunati, nel cuore dell’università, per riflettere insieme sul tema della pace. Hanno accompagnato la riflessione le storie di quanti nel mondo soffrono a causa della guerra e del terrorismo e alcune testimonianze su coloro che con la loro vita sono stati per primi operatori e costruttori di pace. Infine si sono ricordati gli uomini e le donne che in queste ore hanno perso la vita nel Canale di Sicilia con la speranza di raggiungere le nostre coste. Un alternarsi di musica e parole per non rimanere indifferenti dinanzi ai dolori del mondo ed affermare con forza che la pace è possibile e dipende anche dall’impegno di ciascuno.
Avete mai contato fino a 700?Una pratica strana, sì, ma necessaria adesso. Io faccio scorrere i numeri dietro ai miei occhi, così veloci che quasi non li percepisco.Oggi cercherò di andare più piano.Avete mai visualizzato il volto di una persona?Anche le facce dei nostri cari sfumano bombardate dalla tempesta di pensieri che corrono nella nostra mente.Siamo capaci di associare ad ogni numero, fino a 700, un volto di un persona, dedicargli 1 minuto, volendogli bene anche per meno?Quanto ci metteremmo se lo facessimo?Forse il tempo che la Guardia Costiera impiegherà per raccogliere i tanti (troppi) migranti nelle acque del canale di Sicilia che ieri notte (19 aprile) sono morti annegati perché il loro peschereccio si è capovolto e loro non sapevano nuotare.Magari 700 minuti, 700 anime, per un cuore solo sono troppe, quindi VI CHIEDO UN AIUTO!Io adotto un numero. Per un minuto, io dico 1. Lo amerò, gli vorrò bene, gli dirò addio. Lo stringerò a me e vivrà per sempre dentro di me. Chi di voi adotterà il prossimo?Scrivete qui sotto il numero (simbolo della persona che non c’è più) che adottate e che penserete per un minuto, e chiedete chi adotterà il numero successivo al vostro.Riusciremo ad arrivare a 700? Alessia Codato Padova
Rom. Una parola, ed è già polemica. Popolo di ladri, delinquenti e – laddove la fantasia trova libero sfogo – rapitori di bambini. Una popolazione di criminali che, a sentire dai media e dai numerosi commenti dei Social Network, ha invaso il nostro paese. Viene però da chiedersi da dove viene tutto questo odio nei confronti della popolazione Rom e Sinti, tra i quali spicca anche un discreto numero di italiani. O forse sarebbe più corretto chiedersi come mai la società italiana ha sviluppato una paura così contorta nei confronti di questa popolazione “nomade” con cui convive da svariati decenni ( se non addirittura secoli)? La paura dopotutto è figlia dell’ignoranza (impressionante come le parole di un filosofo come Seneca siano capaci di raggiungerci a distanza di duemila anni), e questa constatazione ci porta purtroppo davanti a una dura e triste verità. Quello italiano,sebbene sia un popolo dotato di grandi potenzialità, è al tempo stesso un popolo colpito da una brutale ignoranza. E’ inutile dire che i media hanno giocato un ruolo fondamentale, per quanto riguarda la disinformazione sui Rom e sugli atti di cronache che li “coinvolgono”, accumulando così una non indifferente audience per i loro programmi malati e inducendo di conseguenza la gente a farsi un’opinione del tutto sbagliata su questa etnia ponendola ai margini della società e costringendola ad alienarsi. E i politici non sono da meno (basti ricordarsi delle cordiali parole dell’onorevole Salvini, menzionando ad un eventuale “ preavviso di sfratto” a cui conseguirebbe l’azione di “radere tutto al suolo”, riferendosi ai campi dove la popolazione Rom vive); la loro parola di battaglia contro il Rom, il nemico comune della nazione, sembra essere la loro unica arma in grado di garantire una percentuale cospicua di voti. E di fronte a questa immagine di un’Italia unita contro un nemico comune, sembra che il tempo non sia mai scorso, ma si sia fermato su un’Italia fascista proiettata e riproposta ai giorni nostri. Stupefacente come l’ideologia, l’azione politica e la propaganda di alcuni partiti (a maggioranza di quelli di estrema destra) rasenti l’esatto modo di agire di alcuni regimi autoritari e totalitari comparsi circa novant’anni fa in Europa. Da qui si deduce che forse la forma mentis Italiana non sia mai cambiata, e che spetta alle nuove generazioni il compito di rinnovare la società. Chi ha detto, infatti, che i Rom non sono in grado di uscire dalla loro condizione? Affermare che quella di rubare e vivere in roulotte con l’intera famiglia (spesso molto numerosa) sia “la loro cultura”, non è che un vano tentativo di giustificarsi ed evitare che l’enorme responsabilità – che noi come popolo italiano abbiamo nei confronti dei più poveri – ci tocchi e stravolga la nostra vita. Ciononostante, le scuole della Pace della Comunità di Sant’Egidio sono la prova vivente che il cambiamento della società è possibile, ed è possibile partendo proprio dai bambini e dalle loro famiglie. Ed è con le Scuole della Pace, infatti, che molti bambini Rom sono cresciuti...
La primavera a Napoli é arrivata con un’ alba bellissima. É giunta come ogni volta donando speranza agli alberi che torneranno a rifiorire dopo un lungo inverno. Ma la speranza stavolta si è fatta luce con più di un segno, insieme all’ alba di questa nuova primavera é arrivato a Napoli Papa Francesco. Una lunga attesa che e’ diventata realtà proprio in un giorno di sole. É entrato nella città del mandolino subito con un messaggio e con un grande desiderio, che ci fosse posto per tutti a partire dalle periferie. Oggi a napoli c’ era posto per tutti. E non a caso Scampia la prima tappa dopo pompei. Con lo sguardo rivolto verso “le vele” ha incontrato bambini e disabili, li ha invitati ad avvicinarsi, affinché non ci fosse nessuna distanza. Ha pronunciato parole che non nascondevano paure nè retorica, “la vita a Napoli non é mai stata facile, ma non é mai stata triste”, ha detto con la stessa sincerità e lo stesso impeto con cui ha affrontato il tema del lavoro, per quelli che chiama “portatori di speranza”, i giovani. Oggi a Napoli c’ era posto per tutti. Non solo nelle piazze. Oggi Papa Francesco ha dimostrato a grandi e piccoli quanto basterebbe poco per fare spazio ad ognuno senza lasciarsi prendere la mano dalla “cultura dello scarto” come ha più volte ribadito a proposito di bambini e anziani, definiti con molta commozione “custodi di saggezza” di cui il mondo ha tanto bisogno. Per le strade si respirava un’ aria emozionata, si incrociavano tanti occhi umidi, di chi ha sentito vicine al cuore le parole e la presenza di un importante uomo di fede, ma soprattutto di chi ha sete di quella speranza che Papa Francesco anche in questa occasione ha saputo dare. Ha girato la città intera, dalla periferia al centro, nelle carceri, tra i malati. È arrivato qui con tante parole, ma anche umili silenzi, davanti a quelle domande che non trovano risposta, “perché i bambini sono malati, ha detto, é uno dei grandi silenzi di Dio. Il nostro é il Dio delle parole, dei gesti e dei silenzi.” La stanchezza della giornata non ha mai smorzato la serenità e l’ entusiasmo mostrato per la visita nella città partenopea che tornerà a visitare prima o poi. “Dio ci ha creato per essere felici” per questo Francesco ha ribadito tre segreti che possono curare le piccole e grandi croci del mondo “la vicinanza, l’ amicizia e la tenerezza”. Sullo sfondo Napoli ha mostrato i suoi colori più belli, quasi a volerne condividere la gioia, oggi non si respirava solo il profumo del mare, ma era in circolo una forza che dava sì, speranza! L’ eco delle parole del Papa é arrivato all’ anima di tutti i cittadini napoletani, e si é fatto più forte per arrivare all’ orecchio e al cuore di chi sa che si può cambiare e che alla fine di ogni giorno Napoli possa fare la Pace con il male e le...
Contro l’immigrazione = contro la complessità = idiozia ≠ etica della responsabilità
Alessandro IannamorelliNon si può cedere agli estremi, che sono l’indifferenza o la totale deresponsabilizzazione. Dire che non si è razzisti, ma anti-immigrazionisti è un’idiozia pari al dire che nel mondo non ci sono le guerre o la povertà.
Una rappresentanza dei Giovani per la pace di Catania si è recata a Lampedusa, dove ha fatto visita al centro di accoglienza. La visita si inscrive in un periodo difficile poiché vi sono diversi sbarchi ma, cosa ancora più grave ci sono state, anche negli sbarchi di questi giorni, diverse vittime. Ormai non si riescono più a contare le vittime che sta portando questo tragico esodo dall’Africa all’Europa; il Mar Mediterraneo sta diventando l’Auschwitz del ventunesimo secolo, e il tutto proprio davanti ai nostri occhi. Bisogna fare qualcosa. E’impensabile che il mondo si stia abituando alla morte e legge il fenomeno drammatico dell’ immigrazione come qualcosa che non lo colpisce personalmente. Troppo sangue versato, troppe vittime, troppe vite che si consumano in mare. Bisogna rimanere umani davanti ala morte. I Giovani per la pace si sono recati a Lampedusa per conoscere e accogliere in maniera umana i migranti ma soprattutto per pregare per le vittime che ci sono state in mare in questo ultimo periodo. Giunti al centro di accoglienza i Giovani per la pace hanno conosciuto i migranti appena sbarcati, stanchi ma allo stesso tempo gioiosi poiché dopo tanto viaggiare e dopo tante difficoltà erano arrivati sani e salvi , felici per essere arrivati in Europa, anche se non sapevano bene dove, in Europa. I Giovani per la pace dopo aver conosciuto i migranti hanno ascoltato le loro storie e stanno cercando di ricostruire gli avvenimenti accaduti in mare che hanno provocato la morte di molti uomini. Non si conoscono ancora i nomi delle ultime trecento vittime, e si cerca di recuperarli parlando con i sopravvissuti. Questa è una sfida ardua ma che è stata già portata avanti dalla comunità di Sant’Egidio in passato. Ogni tre ottobre si celebra la preghiera Morire di Speranza, ricordando il nome di ogni vittima e pregando per loro. Ricordare è importante, perché è il primo modo di non accettare quello che avviene, di non passare oltre voltando lo sguardo dall’altra parte. In nomi ci ricordano che i morti non sono numeri ma uomini e donne, giovani, con delle storie, e un futuro che gli è stato strappato. La stagione che inizia è molto difficile poiché ci sono diversi sbarchi, ma alcuni giovani lampedusani hanno deciso di coltivare il sogno dei giovani per la Pace e andranno a trovare anche gli anziani in istituto, perché serve un’alleanza intergenerazionale. Bisogna coltivare questa grande amicizia con i migranti e soprattutto pregare e credere nella forza della preghiera, in particolar modo in questo periodo di Quaresima; bisogna creare ponti di Pace. C’è bisogno di cambiamento. Il mondo deve cambiare: è necessario fermare la “Globalizzazione dell’indifferenza”, perché l’indifferenza uccide e non crea società di uomini e donne rilevanti ma persone che davanti ai grandi appuntamenti con la storia girano le spalle e se ne vanno tristi. Articolo scritto da Giorgio Marino.
Questo è il vero Islam, quello che dovrebbe fare notizia e che costituisce la stragrande maggioranza dei musulmani. L’anello della Pace non è solo una catena umana che ha unito ebrei e musulmani a Oslo, ma è la risposta più bella e profonda a chi vorrebbe sfruttare la religione come terreno di scontro. La guerra non può essere la soluzione contro chi predica odio; sarebbe fare il loro gioco e andare contro noi stessi, contro il fondamento dell’Europa che è la Pace. Creiamo tutti una rete di Pace che accolga chi è solo, che difenda chi è discriminato per la sua condizione o per il suo credo. Solo così potremmo sperare di costruire un futuro più prossimo ai nostri desideri.
“Rom su una volante della polizia”; “I Rom attaccano tre scuole romane”; “tentato rapimento di un bambino di 8 mesi”. Questi sono tre articoli pubblicati dal Messaggero e subito smentiti dalle autorità (e mai dal Messaggero stesso). È facile fare giornalismo in un paese in crisi dove serve un capro espiatorio a cui addossare tutte le colpe, bastano tre parole chiave “Rom”, “zingari” o “immigrati”. D’altronde ci sono così poche notizie di cui parlare: Olandesi che distruggono monumenti di Roma non fa notizia, non sono mica immigrati; Gli attentati dell’ISIS sono troppo inflazionati, ne scrivono tutti; la situazione devastante in Nigeria e la dittatura di Boko Haram è troppo distante da noi per preoccuparcene. Meglio inventare storielle che con un solo click posso fare esplodere l’indignazione del web, tanto è risaputo che il giornalismo italiano sta andando sempre più sulla strada della disinformazione invece che perseguire quella dell’informazione, poi non fa nulla se questo avrà ripercussioni su qualcuno o qualcosa, l’importante è fare notizia! Fare notizia sulle spalle dei più deboli. Scritto da Fabio Scirocchi
Altri articoli
-
Dall’ECO LAB di Pace un carico di aiuti umanitari con materiale scolastico per le bambine e i bambini in Ucraina
14/02/2024 -
Eco Lab di Pace, lo spazio dove l’ecologia e la solidarietà si incontrano e si trasformano in aiuto concreto
14/02/2024 -
L’amicizia che si rivela benedizione: dalla strada al Buon Pastore
26/01/2024 -
I corridoi umanitari: un viaggio con una meta sicura per un’accoglienza umana e rispettosa
02/04/2023