Francesco di Palma ha scritto il bel libro su Floribert Bwana Chui, ucciso nel 2007 perché si è rifiutato di accettare di farsi corrompere per far passare delle partite di cibo avariato che avrebbe nuociuto alla popolazione di Goma, nella Repubblica Democratica del Congno. Il libro si intitola “Il prezzo di due mani pulite“. Ieri in occasione della presentazione del libro abbiamo intervistato l’autore. Ecco il testo dell’intervista. Come la storia di Floribert può essere d’esempio anche per la società italiana? La storia di Floribert è una storia profondamente radicata in un contesto specifico, in un contesto africano, in particolare congolese. Floribert si pensava come congolese, come africano, e in fondo sognava un riscatto per il Congo e per l’Africa. Detto il suo radicamento, va però anche detto che la sua vita, il suo saper dire no a un materialismo invadente, a una sete di denaro che diventa qualcosa che ti ruba il cuore e la mente, tutto questo diventa un segno e in fondo un modello che parla al nostro mondo europeo. Se anche noi non conosciamo quella realtà violenta e tante volte sfigurata, che è il Congo, possiamo però dire che c’è una realtà arida, una realtà spietata china sul denaro, che tante volte è anche quella di noi europei. In questo contesto l’esempio di Floribert che sceglie la vita e non il denaro, che sceglie i poveri e non il guadagnarci sopra, mi sembra che anche pensando agli esempi recenti di Mafia Capitale, può essere qualcosa che ci fa riflettere e ci aiuta a scegliere per il meglio. Com’è ora la situazione in Congo? Il Congo di Floribert era un Congo appena uscito dalla guerra civile, dalle due guerre che l’avevano insanguinato. Oggi la situazione è differente per quello che riguarda il Paese: l’ovest è più pacificato, purtroppo in Kivu ci sono ancora diversi scontri; sono soprattutto milizie, ribelli che cercano di trovare notorietà o di guadagnare qualche cosa in un’opera di guerriglia, di predazione, di banditismo e questo è qualcosa che ancora va superato. D’altra parte il Congo deve ancora ricostruirsi come società più attenta agli ultimi, più attenta a tutti e di vincere quella che è la grande sfida, quella della corruzione, di grandissimi divari sociali ed economiche; un nuovo Congo che affronta sfide non belliche, ma che affronta la sfida di una società che sia più a misura d’uomo, più attenta all’uomo. Quale messaggio vuole lanciare a tutte quelle persone che si sentono sfiduciate dalla corruzione dilagante in Italia? Io non vorrei lanciare messaggi, quello che posso fare è proporre questa testimonianza di Floribert; come è stato detto oggi alla presentazione il mondo oggi è tentato dal vittimismo, dalla rassegnazione; è una tentazione che c’è in ognuno di noi ed è la reazione più facile di fronte a qualcosa che non va bene. In fondo Floribert ci insegna che c’è un grande spazio per la testimonianza personale, per le scelte personali, per un azione e un modo di agire che siano un segno...
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Dopo l’attentato di Parigi, la Comunità di Sant’Egidio e la Comunità Islamica di Sicilia hanno invitato la cittadinanza a riflettere sul dialogo tra Cristiani e Musulmani nella costruzione della società del convivere, a partire dalla vita comune nella città di Catania. Sono state organizzate infatti una serie di iniziative che hanno avuto luogo a partire da Venerdì 16 a Sabato 18 Gennaio 2015, che hanno compreso momenti di preghiera per la pace, una preghiera interreligiosa e, nella Domenica 18 Gennaio 2015, una giornata di giochi per i bambini, all’interno della suggestiva cornice del monastero dei Benedettini. La “tre giorni”, nata con l’intento di porre un argine ad un clima d’odio che sarebbe potuto nascere dalla lettura miope della tragica cronaca degli ultimi giorni, ha avuto il merito di riempire gli occhi dei cittadini di Catania dell’immagine emozionante della bellezza di una città dell’integrazione in cui cristiani e musulmani pregano, vivono e giocano insieme. Ci siamo riscoperti amanti appassionati della pace, costruttori pazienti di una città del convivere, necessaria per superare la difficoltà dei nostri tempi. -L’attentato di Parigi- come suggerisce Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio,- infatti è un campanello d’allarme che dimostra che le periferie sono vuote di proposte. Chi arriva con un’idea forte le conquista. Se a Parigi attecchisce il fondamentalismo, nelle periferie siciliane i ragazzi trovano la mafia. Ma non per questo pensiamo che tutti i cristiani sono mafiosi. Insieme, tutte le comunità religiose, devono contribuire a una città basata sulla convivenza pacifica-. E’ inaccettabile che ci si possa perdere in semplificazioni infauste sui musulmani, creando assiomi che fanno molto male a persone presenti in maniera assolutamente positiva nella vita della città di Catania e in particolare nel sostegno ai più poveri ed ai migranti durante la stagione degli sbarchi. I bambini musulmani sono nati in Italia, sono le seconde generazioni, si sentono italiani, frequentano le scuole italiane. Bisogna proteggerli da una demagogia indecente pronta ad additarli come “piccoli terroristi” o “figli di terroristi” creando una cultura d’insieme. La moschea è un luogo aperto a tutti dove si costruisce la pace e si aiutano i poveri, stranieri ed italiani, cristiani e musulmani. Il mondo in cui viviamo ci è solo dato in prestito ed abbiamo il dovere di consegnarlo ai più piccoli, migliore di come ce lo hanno lasciato, l’integrazione, anche attraverso il linguaggio universale del gioco, porta i più piccoli, di tutte le religioni, ad assimilare una cultura della solidarietà. In una società sempre più colorata stare insieme diventa cultura, e la cultura è un argine importante alla violenza. Allora perché non condividere insieme questa tensione per la pace ? Perchè non lanciare una proposta a tutta la dimensione cittadina per dare un’anima a quest’Europa delle semplificazioni e della fazioni. Perché non dimostrare che non solo è possibile ma che lo stiamo già facendo! La “tre giorni” ha visto il suo esordio Venerdì 16 Gennaio alle ore 14:00, nella Moschea della misericordia, dove centinaia di persone hanno pregato per la pace, orientati verso La Mecca,...
DATA USCITA: 18 dicembre 2014 GENERE: Commedia ANNO: 2014 REGIA: Theodore Melfi SCENEGGIATURA: Theodore Melfi ATTORI: Bill Murray, Naomi Watts, Melissa McCarthy,JaedenLieberher, Chris O’Dowd, Terrence Howard,Scott Adsit, Lenny Venito, Kimberly Quinn, Katharina Damm FOTOGRAFIA: John Lindley MONTAGGIO: Sarah Flack PRODUZIONE: Chernin Entertainment, Crescendo Productions, The Weinstein Company DISTRIBUZIONE: Eagle PICTURES PAESE: USA DURATA: 102 Min Vincent, un ex militare ubriacone, giocatore d’azzardo e frequentatore di prostitute, è costretto a badare a Oliver, figlio dodicenne della sua nuova vicina, la mamma single Maggie. Le idee di doposcuola di Vincent includono ippodromi e strip club, ma alla fine la strana coppia incomincia ad aiutarsi a vicenda e il ragazzo scoprirà cose sorprendenti che non sapeva sul conto di Vincent. Questa vicenda può sembrare scontata, e forse è così. Ma da questo film si possono trarre alcuni spunti di riflessione sulla “santità” di Vicent. Infatti Vincent all’inizio può sembrare tutto meno che un santo: beve, gioca d’azzardo, frequenta prostitute e nel rapportarsi con le persone esprime un notevole senso di cinismo e misantropia. Tuttavia, come scopre Oliver, Vincent non è solo questo ma anche altro. Infatti in Vietnam riuscì a salvare alcuni commilitoni in pericolo di vita, e, nonostante le sue difficoltà, cerca di aiutare una prostituta russa quarantenne rimasta incinta e continua a visitare sua moglie, malata di Alzheimer e ricoverata in una casa di riposo, e a cambiarle il bucato nonostante lei non lo riconosca più. In più, dopo aver conosciuto Oliver, diventa per lui una sorta di figura paterna tanto da insegnargli a difendersi e a farsi rispettare dai compagni di classe che lo maltrattavano. Queste qualità, per Oliver, rendono Vincent un vero santo, tanto che Oliver lo proclama tale. Infatti Vincent, nonostante i suoi difetti, cerca di fare del suo meglio per le persone a lui care e questo fatto, pur non cambiando il mondo in larga scala, ci insegna che possiamo fare qualcosa nel nostro piccolo per migliorare la vita di chi ci circonda. Altro spunto di riflessione importante è il fatto, spesso dimenticato, che tutti i santi sono stati prima di tutto esseri umani, fatti sia di pregi che di difetti, e che forse nel mondo esistono tanti santi che, pur non compiendo imprese epocali, si impegnano per cambiare anche poco in meglio. Dario Fraschetti
Ad una settimana dai tragici eventi di Parigi, gli universitari di Roma riuniti nella Cappella de’ La Sapienza, pregano insieme per i Paesi in guerra e le vittime di ogni violenza e terrorismo. Dopo il caloroso discorso d’accoglienza del Cappellano Jean Paul, la preghiera è stato il modo migliore per riflettere su un tema che ha colpito tutti. La Pace è un bene prezioso e mai scontato: nell’ultima settimana abbiamo preso coscienza di quanto bisogna lottare uniti per difendere i diritti e le libertà di tutti e continuare la nostra rivoluzione silenziosa contro la violenza. Ricordando uno per uno i popoli vittima delle ingiustizie della guerra, abbiamo interiorizzato le parole simbolo della Marcia per la Pace del primo gennaio, ripetute da Papa Francesco durante l’Angelus: “La Preghiera è la radice della Pace”.
Ci sono volte in cui la follia inganna la fantasia. Te la ruba e la distrugge.E in una guerra c’é follia sì, nella sua massima espressione. La guerra é folle.Ma stasera vorrei trovare una parola che non ho, che va oltre la follia e che mi spieghi questi giorni in Nigeria. Non é follia se prendi due occhi di bambina ci guardi dentro e non ti fermano.Non ti disarmano l’ anima. Non ti fanno pensare un’ altra volta. Ma ne guardi un’ altra e un’ altra ancora. E non ti fermi. Gli frughi nelle tasche e gli rapini la vita. E riduci in macerie quell’innocenza piena di sogni ma da sempre senza speranze. Gli metti nelle tasche e sotto i vestiti il contrario di una nascita. E li rendi alba senza fine.Non può essere follia. É di certo qualcosa di più. É una storia che la ragione non si spiega. É una scena che il pensiero non si immagina. La Nigeria é lontana da qui. Dall’ America. Da una gran parte del mondo. Ma ad avere addosso le bombe erano tre bambine. E i bambini sono un’ altra cosa. Devono essere un’ altra cosa.I bambini sono quasi il contrario della guerra. Di una violenza inarrestabile. Hanno gambe fragili ma futuri immensi.Li strappano via come fiori di campo. E li fermano lì alle luci dell’ alba. La Nigeria è lontana da qui, ma certe fini pesano sul cuore di molti mondi.É un buio che pesa sul cielo di tutti.Per questo una parola probabilmente non troverò. E neanche una spiegazione per chi pensa che le bambine ci sono andate piene di coscienza. La Nigeria é lontana, ma ritorna tutte le volte che due occhi di bambina incontrano i miei.”#prayforNigeria di Francesca Sepe
E’ stata una giornata particolare quella di Lunedi 5 Gennaio. La RAI, è venuta a Catania per registrare un servizio sul lavoro dei Giovani per la Pace durante il loro servizio ai più poveri e per raccontare una generazione che, partendo dagli ultimi, ha deciso di cambiare il mondo. Giovani catanesi e nuovi europei insieme, questo ha colpito la truope RAI, che ci ha seguito durante tutta la giornata. Villa Chiara, la casa per per anziani che i Giovani per la Pace frequentano settimanalmente, è stata la prima tappa. La prima immagine raccontata dalle telecamere, è stata quella del dialogo tra Giuseppe, di 94 anni, e Jonathan e Karamo, due Giovani per la Pace del CARA di Mineo. Tema:la Libia!!! Quella di tanti anni fa, la Libia dove gli italiani stavano bene, la Libia della giovinezza di Giuseppe…ma anche la Libia di oggi, la Libia della sofferenza, della guerra, la Libia raccontata da Karamo e Jonathan, quella della violenza, delle torture, l’inferno raccontato dalle parole dei due Giovani per la Pace di Mineo. Tanta curiosità da parte degli anziani per questo appuntamento inaspettato: “La RAI viene da noi??? E chi ce lo doveva dire!!!!” Seconda tappa di questa giornata, è stata la preparazione della cena per chi vive per strada. Ogni settimana infatti tanti giovani, liceali e universitari, preparano un pasto per chi non ha casa. Anche qui tanta curiosità da parte di tutti che, tra un panino da preparare e l’altro, hanno risposto alle domande del regista della RAI Lucio. Tanti gli intervistati, tante domande e tanta curiosità. Perchè così tanti giovani, catanesi e nuovi europei, hanno scelto di vivere, all’interno della propria settimana, una tensione e un’attenzione così particolare per che è più povero ? Perchè chiamiamo i poveri, amici ? Perchè un giovane del Ghana, del Gambia, del Senegal, che vive a Mineo, ha deciso di dedicare parte della propria settimana per servire chi è più povero di lui ? Queste, alcune delle domande che ci sono state rivolte. Non riportiamo le risposte e vi rimandiamo al servizio che andrà in onda Domenica 11 Gennaio alle ore 10.30 su RAI 1. Il servizio televisivo è continuato con le riprese della preghiera dei Giovani per la Pace, dove ancora una volta è risuonato il Vangelo di Natale; Gesù nasce nel buio e nel freddo della notte, il buio nella vita e nel cuore di tanti, il buio della guerra, del terrorismo, della povertà, della solitudine. Ma il Natale è quella luce che illumina quel buio, una luce che dà gioia e che si capisce nel servizio a chi è più povero, nell’essere insieme, cambiando il proprio cuore. Al termine della preghiera, verso le 20.30 circa, le telecamere hanno ripreso le nostre macchine riempirsi di coperte, té caldo, panini, piumoni. Siamo così partiti per il nostro “giro” lungo le vie della città, dove chi non ha casa ci aspetta per un pasto caldo, una coperta, ma sopratutto per scambiare quattro chiacchiere tra buoni amici. Anche qui tanta curiosità: “E che ci fa qui la RAI con...
No, non lo siete e non lo siamo. Non è così perché ancora, in questo come in altri Paesi, è difficile togliersi di dosso il velo d’ignoranza che tira giù tutti coloro che hanno voglia di respirare il fresco profumo di libertà, anziché quel tanfo fatto di uccisioni e censure. Non siamo tutti Charlie perché, in fin dei conti, quasi nessuno si è concentrato sul fatto che esista un altro Islam, fratelli e sorelle (e sono la maggior parte) che condannano a testa alta quanto accaduto a Parigi. Ma esiste, ed è ahimè pressante, un bel trancio di mondo che sta iniziando a giustificare azioni repressive e guerre di vendetta che porteranno altri figli di questa terra a morire per un ideale feticcio, mai giustificato e mai propugnato da alcuna religione. Religione. Quella parola che, almeno a me così hanno insegnato, viene da “religo” ovvero “lego insieme, più forte”. Non certo “divido” o “vendico” o peggio ancora “uccido liberamente”. La libertà, quella vera, è data dal coraggio di scrivere ogni giorno una storia di unione, nonostante quanto accade per dividerci; quando sarà passata l’onda della “notizia choc” che in tanti stanno cavalcando selvaggiamente, come avvoltoi che volteggiano sui corpi delle vittime di ogni strage analoga, spero solo che si possa iniziare a ricostruire un percorso di pace che sia capace di relegare in un angolo simili gesti inumani. La speranza di rinascere e di ricostruire, oggi, è la cosa più importante che dobbiamo conservare nei nostri cuori, poiché -parafrasando Gandhi- “non può stringersi una mano in segno di pace, se si tiene chiuso il pugno!”.
Un anno che inizia marciando insieme. Ricordare chi soffre per la guerra. Aiutare i poveri. Pregare con Papa Francesco. E per voi? #paceè ….
Domenica 14 Dicembre, nel corso della visita alla parrocchia di S.Giuseppe all’Aurelio, Papa Francesco ha voluto ricevere una famiglia rom che la parrocchia conosce e aiuta da molti anni, e una delegazione dei bambini della Scuola della Pace di Val Cannuta e dei Giovani per la Pace. Il Papa ha concluso l’incontro con delle parole che ci rendono felici e orgogliosi: “Ringrazio quelli che fanno la scuola della pace. È un seme molto importante che darà i suoi frutti nel tempo. Quello che voi fate in tutto il mondo è molto importante perché seminate nella vita dei bambini un seme che darà frutto. Dovete lavorare con speranza e pazienza. Ci vuole pazienza. Ma il vostro è un grande lavoro” Per saperne di più è possibile leggere la news sul sito della Comunità di S.Egidio. Intanto potete vedere qui il video del servizio che TV2000 ha realizzato sul lavoro dei GxP a Val Cannuta. Buona visione
Si deve però manifestare un senso di vergogna di fronte ai romani, soprattutto ai deboli: «Speriamo che il 2013 sia pieno di monnezza, profughi, sfollati e bufere» – diceva un sms augurale di un attore di questa vicenda
Sono ufficialmente aperte le iscrizioni alla nuova edizione del Contest Play Music Stop Violence, Cambia il Mondo con la tua Musica 2015! Le band under 25 hanno tempo fino al 31 gennaio per comporre un inedito e inviarlo al sito http://www.playmusicstopviolence.com/it/concorso Gli artisti potranno prendere ispirazione dai temi di attualità o da eventi passati per cercare di esprimere il loro desiderio di pace, solidarietà e convivenza tra culture e generazioni diverse. I finalisti suoneranno in concerto al PALA ATLANTICO di Roma. Leggi il regolamenti e partecipa con la tua band!
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