A Primavalle, il 25 giugno nella parrocchia romana di Santa Maria Assunta e San Giuseppe c’erano all’incirca 400 persone, tutte lì a testimoniare la loro presenza,per far comprenderei che esiste ancora la solidarietà. Entrati nella chiesa, si sente l’odore di una calda famiglia, di cuori pronti a battere all’unisono per condividere gli stessi sentimenti. Nell’aria si sentiva tristezza,malinconia. Le lacrime iniziano a scendere a poco a poco sul viso della gente alla pronuncia dei nomi delle vittime del mare. Il dolore è straziante,ma la voglia di stringersi attorno ai loro nomi, alla loro storia lo è ancora di più. Moltissime persone hanno partecipato all’accensione di una candela,che in breve tempo sembrava essersi trasformato in un grande cero fatto di candele,dove,ognuna di esse,rappresentava una vita, illuminata dal ricordo che ancora illumina la nostra speranza. Persone che come noi,volevano vivere una vita tranquilla,senza distinzioni. Perchè in fondo,tutti siamo uguali. di Francesca Iachini
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Ad aprile é arrivato in Italia un barcone, di quelli che partono carichi di speranza, quella che il mare ruba e dona. Ieri i Giovani per la Pace di Napoli hanno incontrato una parte di quel barcone, una parte di quelle vite giovani che ce l’ hanno fatta, un gruppo di ragazzi minorenni che dopo quattro mesi di viaggio e di lotta alla sopravvivenza hanno ritrovato quell’attimo di pace. Ci siamo incontrati a Casoria, dove momentaneamente vivono, per fare festa, per conoscere ed accogliere. Siamo andati lì con l’ idea di portare entusiasmo ed allegria, siamo tornati a casa con una lezione di felicità. Parlavamo tre lingue diverse, nessuno conosceva bene quella dell’ altro, ma il messaggio dell’ amicizia e della gioia é arrivato forte e chiaro, forse perché il linguaggio della pace non conosce limiti se passa da cuore a cuore. Abbiamo giocato, ballato, cantato a modo nostro e a modo loro. Abbiamo sorriso e annuito scambiandoci gratitudine. Abbiamo guardato negli occhi ragazzi che hanno viaggiato a lungo, che hanno lottato a lungo, soffrendo la fame, la sete e la prigione, per il desiderio di vivere. Abbiamo guardato in occhi che ci hanno messo allegria, perché hanno vinto la minaccia di morte della loro terra. Eravamo increduli perché in tutta quella forza ed energia non si distinguevano i segni di una battaglia così grande. Ieri abbiamo vissuto l’ immagine di un mondo che desideriamo e che crediamo possibile. Oggi e sempre speriamo che ogni parte del mondo allarghi le sue braccia per accogliere la vita di ognuno. Articolo scritto da Francesca Sepe
Per noi sembra così normale un semplice pranzo all’aperto, ma per loro invece abbiamo capito che vuol dire molto che qualcuno decida di stare con loro, di accoglierli e non scartarli, di organizzare tanto solo per loro. Questo li fa sentire speciali, amati ed è ciò che dovrebbero provare ogni giorno.
Si é conclusa a Roma, domenica 31 maggio, la V edizione italiana del Contest musicale Play Music Stop Violence, promosso dai Giovani x la Pace della Comunità di Sant’Egidio, che, attraverso la musica, vogliono diffondere nel nostro mondo, ancora troppo ingiusto e violento, i valori della pace, della fratellanza e della solidarietà. Nella finalissima di Roma, in un Pala Atlantico gremito, 11 band con 11 brani originali, divisi in 2 categorie Autori e Young Talents, scelti tra gli oltre 40 giunti per il contest, hanno gareggiato con una convinzione di fondo che lega tutti: il mondo cambia a partire da me! Vincono il Contest per la Categoria Autori: Kizu Sound Feat. Giorgia Nicolamme con il brano “Abbiamo Imparato (?)”. La giovane band, proveniente da Viterbo, in un raggae coinvolgente, ha saputo ben trasmettere la voglia di cambiamento e l’esigenza di tornare ad imparare l’arte di amarci come fratelli. Vincono il Contest per la Categoria Young Talents i Peace Seekers con il brano “Imperterrita Avanza”. I giovanissimi dell’Istituto Comprensivo Porto Romano di Fiumicino, con una coreografia di ballerini hip hop, hanno ben espresso nel loro testo la forza della speranza: “L’ultima a morire è sempre la speranza, Pace è luce fioca che imperterrita avanza”. Consapevolezza e impegno concreto: questo vuole trasmettere PMSV. I giovani talenti hanno infatti saputo trattare in musica temi importanti, spesso trascurati, come la lotta alla pena di morte, nel brano “Ultima Alba” dei tre rapper pugliesi Dinho Mixa e J-Sklera, (vincitori Premio della Critica); la povertà a Roma, come nel brano “Dal Gianicolo Roma é lontana” di Simone Ruggiero (Vincitore Miglior Testo). L’autore afferma “Roma vista dal Gianicolo è bellissima ma è un’immagine falsa di Roma perché quando si scende per strada la povertà regna sovrana”. Anche il pubblico ha fatto la sua parte attribuendo il Premio Popolare alla band Nevermind The Fame con il brano “Prigioniero in un mondo in gabbia”. La pace, la violenza diffusa sul web, l’ingiustizia, la voglia di essere protagonisti e di incidere nella realtà, questo ci comunicano i giovani di PMSV, superando i confini geografici e mentali, nella convinzione che la pace é sempre possibile, che non ci si può rassegnare alla logica della violenza, della paura del diverso, come ben hanno spiegato i giovani della band Force of Dream, gruppo ospite proveniente dall’Ucraina, oggi teatro di una guerra fratricida. La manifestazione, condotta da Eugenia Scotti, Priscilla Baldini e Andrea Rettagliati, ha visto gli ospiti d’eccezione, Kaligola e gli STAG, che hanno voluto sostenere l’impegno intrapreso dai giovani musicisti, non solo attraverso la musica ma anche attraverso tante azioni che si compiono ogni giorno nel silenzio ma che cambiano in profondità la vita delle persone, come quella di tanti bambini delle periferie romane che i Giovani x la Pace aiutano a crescere alla Scuola della Pace, a cui é stata dedicata una raccolta di solidarietà per regalare a quanti di loro sono in particolare difficoltà una settimana di vacanza. A premiare i vincitori sono poi saliti i vincitori del Contest delle edizioni...
In un palazzo vicino al nostro campo rom, abbiamo saputo che sono arrivati tanti giovani rifugiati provenienti dagli ultimi sbarchi in Sicilia. Con gli altri giovani per la pace siamo andati a trovarli. Non ci andava di fare il solito pic nic del primo maggio con fave e pecorino come si usa a Roma, così abbiamo deciso di rendere questo giorno ancora più speciale. Noi giovani per la pace di tor bella monaca abbiamo passato la festa dei lavoratori (ma anche la festa di noi che siamo in cerca di lavoro), donando un sorriso, un pasto e una bottiglia d acqua a chi è nostro vicino di casa solo per pochi giorni. “Quando siamo arrivati li non ci aspettavamo di vedere così tanta gente, tanti ragazzi ,tante donne e bambini.Le loro espressioni erano tristi in cerca di qualcosa : di un futuro migliore! Avevano fame e avevano sete e noi nei loro confronti ci sentivamo in debito, perché noi abbiamo il necessario per vivere e a loro invece manca tutto. Noi vogliamo essere veri Giovani per la Pace, che invece di lamentarsi dei propri problemi, si danno da fare per cambiare il mondo!”. Daniele, Giuliano, Carlos, Daniel e Giulia
Barcellona P.G (Me).- La Comunità di Sant’Egidio e i Giovani per la Pace di Barcellona P.G , Sabato 2 Maggio hanno commemorato con la preghiera e gettato in mare dei fiori, quanti perdono la vita durante il “viaggio della speranza” verso l’Europa,ricordando in particolare le vittime del naufragio del 18 Aprile, e quanti vengono perseguitati a causa della propria fede.- “Non si ripeta più,per favore” (Papa Francesco)
La primavera a Napoli é arrivata con un’ alba bellissima. É giunta come ogni volta donando speranza agli alberi che torneranno a rifiorire dopo un lungo inverno. Ma la speranza stavolta si è fatta luce con più di un segno, insieme all’ alba di questa nuova primavera é arrivato a Napoli Papa Francesco. Una lunga attesa che e’ diventata realtà proprio in un giorno di sole. É entrato nella città del mandolino subito con un messaggio e con un grande desiderio, che ci fosse posto per tutti a partire dalle periferie. Oggi a napoli c’ era posto per tutti. E non a caso Scampia la prima tappa dopo pompei. Con lo sguardo rivolto verso “le vele” ha incontrato bambini e disabili, li ha invitati ad avvicinarsi, affinché non ci fosse nessuna distanza. Ha pronunciato parole che non nascondevano paure nè retorica, “la vita a Napoli non é mai stata facile, ma non é mai stata triste”, ha detto con la stessa sincerità e lo stesso impeto con cui ha affrontato il tema del lavoro, per quelli che chiama “portatori di speranza”, i giovani. Oggi a Napoli c’ era posto per tutti. Non solo nelle piazze. Oggi Papa Francesco ha dimostrato a grandi e piccoli quanto basterebbe poco per fare spazio ad ognuno senza lasciarsi prendere la mano dalla “cultura dello scarto” come ha più volte ribadito a proposito di bambini e anziani, definiti con molta commozione “custodi di saggezza” di cui il mondo ha tanto bisogno. Per le strade si respirava un’ aria emozionata, si incrociavano tanti occhi umidi, di chi ha sentito vicine al cuore le parole e la presenza di un importante uomo di fede, ma soprattutto di chi ha sete di quella speranza che Papa Francesco anche in questa occasione ha saputo dare. Ha girato la città intera, dalla periferia al centro, nelle carceri, tra i malati. È arrivato qui con tante parole, ma anche umili silenzi, davanti a quelle domande che non trovano risposta, “perché i bambini sono malati, ha detto, é uno dei grandi silenzi di Dio. Il nostro é il Dio delle parole, dei gesti e dei silenzi.” La stanchezza della giornata non ha mai smorzato la serenità e l’ entusiasmo mostrato per la visita nella città partenopea che tornerà a visitare prima o poi. “Dio ci ha creato per essere felici” per questo Francesco ha ribadito tre segreti che possono curare le piccole e grandi croci del mondo “la vicinanza, l’ amicizia e la tenerezza”. Sullo sfondo Napoli ha mostrato i suoi colori più belli, quasi a volerne condividere la gioia, oggi non si respirava solo il profumo del mare, ma era in circolo una forza che dava sì, speranza! L’ eco delle parole del Papa é arrivato all’ anima di tutti i cittadini napoletani, e si é fatto più forte per arrivare all’ orecchio e al cuore di chi sa che si può cambiare e che alla fine di ogni giorno Napoli possa fare la Pace con il male e le...
Domenica 8 Marzo, giornata internazionale della donna, i Giovani per la Pace di Napoli hanno partecipato alla Liturgia per Elisa nella Parrocchia del Sacro Cuore, che ha ospitato la Comunità in questo giorno importante. Così come una famiglia fa celebrare la messa per i suoi cari defunti, noi abbiamo ricordato i nostri amici di strada conosciuti dal ’97, anno nel quale morì la prima amica ad averci lasciato, una donna, Elisa Cariota. Sono stati ricordati i nomi di più di 200 persone incontrate, conosciute, amate e morte nelle strade di Napoli, accendendo una candela per ognuno di loro. Nomi italiani, stranieri, di giovani e di anziani, di donne e bambini. Per ogni nome un volto, un sorriso, una stretta di mano, una grande storia di amicizia. Il nome. La cosa più scontata di tutte, la prima cosa che ci attribuiscono quando nasciamo, quella che ci da un posto nel mondo. Dire i nomi dei nostri amici è stato un gesto catartico che ci ha ricordato il nostro impegno a non dimenticare nessuno, a far sì che nessuno diventi uno scarto. Ci ha ricordato che la nostra responsabilità è quella di cambiare il mondo, sconfiggendo le regole del mercato, dove quello che vale è l’economia, la convenienza, la produttività e il ricavo. In questo mondo in cui tutti gli stimoli esterni ci spingono a pensare a noi stessi, a risolvere i nostri problemi e a non curarci del prossimo, a meno che non abbia qualcosa in cambio da offrirci, la nostra missione è quella di ritagliare un posto per chi è malato, anziano, povero. Dobbiamo sconfiggere questo modo di concepire la vita dove si perde il senso della gratuitá, della generosità, della solidarietà e ricordare a tutti coloro che ci circondano che ogni vita ha un valore per il semplice fatto che è vita. E se questa concezione è diventata normale per il mondo, allora dobbiamo armarci di tutta la nostra energia per stravolgere la concezione stessa di normalità. Dobbiamo farlo perché e una normalità che rende la vita amara, insipida. Durante la liturgia, nella Chiesa erano giá pronti i tavoli per il pranzo con i nostri amici di strada. Tavoli che sono il contrario del mercato, sono l’immagine della gratuità, della fraternità e della solidarietà tra gli uomini, via di salvezza da una vita arida e priva di contenuti. Le bellezza del pranzo e della collaborazione con le persone della parrocchia che ci ha ospitato ci ha ricordato che nessuno basta a se stesso, che tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri, ma soprattutto che nessuno e così povero da non poter aiutare una altro povero. Ci siamo resi conto di quanto sia fondamentale la presenza di sempre più uomini e donne che difendano la vita dei poveri, in un tempo in cui ci si difende da chi è debole, in un tempo in cui si preferisce non vedere le debolezze degli altri, così da nascondere anche le proprie. Al contrario, esperienze come questa dovrebbero ricordare a tutti noi...
Papa Francesco è un Papa che piace a molti. Piace per quello che pensa, fa e dice. E’ un po’ una specie di eroe moderno per alcuni e per altri un riferimento in un tempo in cui questi mancano. E sappiamo bene che oggi quando c’è un personaggio, una figura di grande spicco o un vento storico da ricordare lo troviamo raffigurato in un murales o graffito. Il writing (o graffitismo) è forse l’espressione artistica che più rappresenta e simboleggia i nostri anni. Dalla East Side Gallery a Berlinoa a Bansky a Londra la Street Art ha raccontato in modo originle e strabiliante personaggi e grandi avvenimenti. Questa volta il soggetto rappresentato è Jorge Mario Bergoglio, il Papa venuto dalla fine del mondo e che nella bella opera di Vincenzo “Lécrivain” (così su Facebook) è veramente la fine del mondo. All’inizio del suo pontificato e con i primi gesti avevamo visto un Super Papa Francesco raffigurato nei muri di Roma, lui rispose poco tempo dopo: «Dipingere il Papa come una sorta di superman, una specie di star, mi pare offensivo. Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha amici come tutti. Una persona normale». «Mi piace stare tra la gente, insieme a chi soffre, andare nelle parrocchie – spiega – non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia di papa Francesco. Quando si dice per esempio che esce di notte dal Vaticano per andare a dar da mangiare ai barboni in via Ottaviano. Non mi è mai venuto in mente. Sigmund Freud diceva, se non sbaglio, che in ogni idealizzazione c’è un’aggressione». Vincenzo è un ragazzo catanese e writer di grandissimo talento che ha stupito tutti con questo suo capolavoro – insieme a tanti altri che potete trovare sulla sua pagina facebook. Il Papa raffigurato da Vincenzo non è ideologizzato o mitizzato ma è quell’uomo buono e dalla faccia buona, amico dei poveri che abbiamo imparato a conoscere. ”Il Signore ci vuole pastori e non pettinatori di pecorelle”. Sembrano passare apposta le pecore e sul suo profilo facebook, Vincenzo, riprende subito le parole di Francesco. Ma adesso non ci dilunghiamo troppo. A voi il video – breve – con la realizzazione dell’opera che tanto ha colpito per l’originalità del soggetto raffigurato e la sua bellezza: “Pope Francis on the wall“, parafrasando i Pink Floyd.
Riceviamo e pubblichiamo con piacere una lettera scritta da Paulino, dei Giovani per la Pace di Manga (Mozambico) . Siamo i giovani della pace di Manga Chingussura che è un grande quartiere alla periferia della città di Beira in Mozambico, siamo insieme per aiutare i bambini a crescere e giocare nella pace e in amicizia. Abbiamo iniziato la scuola della pace sabato e sono venuti 70 bambini molto speciali… sono molto speciali perché hanno accettato con gioia di partecipare, gli piace di stare insieme e sono bambini poveri che hanno bisogno del nostro aiuto perché stanno sempre per strada abbandonati a se stessi. Abbiamo sperimentato come, fare la scuola della pace, significa dare un protezione ai piccoli ed è una buona notizia per la loro vita. Il mondo ha bisogno di giovani che stiano insieme ai bambini e che gli vogliano bene . E’ il momento di essere giovani per la pace per servire i più deboli , i bambini del nostro quartiere , del nostro paese e oltre. Noi giovani abbiamo molto da dare ai più deboli : bambini, anziani, lebbrosi, etc. perché dobbiamo dire basta a quello che si vede nel mondo: la crudeltà, il razzismo , la guerra. Noi possiamo cambiare il mondo, la nostra amicizia, il nostro amore non è poca cosa per chi ne ha bisogno. Articolo scritto da Paulino Da Silva, Giovani per la Pace Manga Chingussura, Mozambico
Una rappresentanza dei Giovani per la pace di Catania si è recata a Lampedusa, dove ha fatto visita al centro di accoglienza. La visita si inscrive in un periodo difficile poiché vi sono diversi sbarchi ma, cosa ancora più grave ci sono state, anche negli sbarchi di questi giorni, diverse vittime. Ormai non si riescono più a contare le vittime che sta portando questo tragico esodo dall’Africa all’Europa; il Mar Mediterraneo sta diventando l’Auschwitz del ventunesimo secolo, e il tutto proprio davanti ai nostri occhi. Bisogna fare qualcosa. E’impensabile che il mondo si stia abituando alla morte e legge il fenomeno drammatico dell’ immigrazione come qualcosa che non lo colpisce personalmente. Troppo sangue versato, troppe vittime, troppe vite che si consumano in mare. Bisogna rimanere umani davanti ala morte. I Giovani per la pace si sono recati a Lampedusa per conoscere e accogliere in maniera umana i migranti ma soprattutto per pregare per le vittime che ci sono state in mare in questo ultimo periodo. Giunti al centro di accoglienza i Giovani per la pace hanno conosciuto i migranti appena sbarcati, stanchi ma allo stesso tempo gioiosi poiché dopo tanto viaggiare e dopo tante difficoltà erano arrivati sani e salvi , felici per essere arrivati in Europa, anche se non sapevano bene dove, in Europa. I Giovani per la pace dopo aver conosciuto i migranti hanno ascoltato le loro storie e stanno cercando di ricostruire gli avvenimenti accaduti in mare che hanno provocato la morte di molti uomini. Non si conoscono ancora i nomi delle ultime trecento vittime, e si cerca di recuperarli parlando con i sopravvissuti. Questa è una sfida ardua ma che è stata già portata avanti dalla comunità di Sant’Egidio in passato. Ogni tre ottobre si celebra la preghiera Morire di Speranza, ricordando il nome di ogni vittima e pregando per loro. Ricordare è importante, perché è il primo modo di non accettare quello che avviene, di non passare oltre voltando lo sguardo dall’altra parte. In nomi ci ricordano che i morti non sono numeri ma uomini e donne, giovani, con delle storie, e un futuro che gli è stato strappato. La stagione che inizia è molto difficile poiché ci sono diversi sbarchi, ma alcuni giovani lampedusani hanno deciso di coltivare il sogno dei giovani per la Pace e andranno a trovare anche gli anziani in istituto, perché serve un’alleanza intergenerazionale. Bisogna coltivare questa grande amicizia con i migranti e soprattutto pregare e credere nella forza della preghiera, in particolar modo in questo periodo di Quaresima; bisogna creare ponti di Pace. C’è bisogno di cambiamento. Il mondo deve cambiare: è necessario fermare la “Globalizzazione dell’indifferenza”, perché l’indifferenza uccide e non crea società di uomini e donne rilevanti ma persone che davanti ai grandi appuntamenti con la storia girano le spalle e se ne vanno tristi. Articolo scritto da Giorgio Marino.
“Rom su una volante della polizia”; “I Rom attaccano tre scuole romane”; “tentato rapimento di un bambino di 8 mesi”. Questi sono tre articoli pubblicati dal Messaggero e subito smentiti dalle autorità (e mai dal Messaggero stesso). È facile fare giornalismo in un paese in crisi dove serve un capro espiatorio a cui addossare tutte le colpe, bastano tre parole chiave “Rom”, “zingari” o “immigrati”. D’altronde ci sono così poche notizie di cui parlare: Olandesi che distruggono monumenti di Roma non fa notizia, non sono mica immigrati; Gli attentati dell’ISIS sono troppo inflazionati, ne scrivono tutti; la situazione devastante in Nigeria e la dittatura di Boko Haram è troppo distante da noi per preoccuparcene. Meglio inventare storielle che con un solo click posso fare esplodere l’indignazione del web, tanto è risaputo che il giornalismo italiano sta andando sempre più sulla strada della disinformazione invece che perseguire quella dell’informazione, poi non fa nulla se questo avrà ripercussioni su qualcuno o qualcosa, l’importante è fare notizia! Fare notizia sulle spalle dei più deboli. Scritto da Fabio Scirocchi
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