Ieri sera il Colosseo alle ore 21 si è illuminato. Ieri sera un ex luogo di morte e sangue si è acceso per dire che l’umanità ha fatto un nuovo passo avanti, nella lunga e faticosa battaglia alla pena di morte. Il Nebraska è il 19° stato degli Stati Uniti d’America (più il Columbia District) ad abolire la pena di morte. Spesso sentiamo la pena di morte come un discorso lontano, una battaglia di altri, ma la battaglia contro la pena di morte è uno spartiacque di civiltà. La pena di morte non è solo una pena definitiva, dalla quale in caso di errore non si può tornare indietro. La pena di morte non è solo una pena razzista e classista, che colpisce più frequentemente i poveri e gli emarginati. La pena di morte non è solo una pena disumana, perché ti uccide centinaia di volte prima dell’esecuzione. La pena di morte è la sconfitta di una società che di fatto giustifica l’assassinio, perché subdolamente sostiene una violenza giusta. La pena di morte è la sconfitta di una società che si illude di poter dividere “uomini buoni” e “uomini cattivi”, negando che in ogni uomo c’è almeno una scintilla di bene, insidiata dall’ombra del male. La pena di morte è la sconfitta di una società che nega il perdono, il riscatto e il cambiamento che invece fanno parte della vita e della crescita di ogni uomo. La pena di morte è la sconfitta di una società che non sceglie di combattere il male, ma di assecondarlo, di cedere alle sue regole. Per questo, siamo particolarmente felici oggi. Ieri, come ogni volta che un condannato a morte viene graziato o gli viene commutata la pena, l’umanità ha vinto. Ieri, l’umanità ha vinto in Nebraska, come vince ogni giorno in ogni paese in cui la pena di morte è stata abolita. Ieri, oggi, domani e ogni volta che in un tribunale si sceglie per la rieducazione piuttosto che la semplice punizione, l’umanità vince e oggi più di ieri non possiamo fare a meno di sperare di leggere presto “La Corte Suprema ha dichiarato la pena di morte illegale in tutti e 50 gli stati”. Di Elena Liotta
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A Primavalle, il 25 giugno nella parrocchia romana di Santa Maria Assunta e San Giuseppe c’erano all’incirca 400 persone, tutte lì a testimoniare la loro presenza,per far comprenderei che esiste ancora la solidarietà. Entrati nella chiesa, si sente l’odore di una calda famiglia, di cuori pronti a battere all’unisono per condividere gli stessi sentimenti. Nell’aria si sentiva tristezza,malinconia. Le lacrime iniziano a scendere a poco a poco sul viso della gente alla pronuncia dei nomi delle vittime del mare. Il dolore è straziante,ma la voglia di stringersi attorno ai loro nomi, alla loro storia lo è ancora di più. Moltissime persone hanno partecipato all’accensione di una candela,che in breve tempo sembrava essersi trasformato in un grande cero fatto di candele,dove,ognuna di esse,rappresentava una vita, illuminata dal ricordo che ancora illumina la nostra speranza. Persone che come noi,volevano vivere una vita tranquilla,senza distinzioni. Perchè in fondo,tutti siamo uguali. di Francesca Iachini
Una barca, un cristiano e un musulmano insieme per affrontare il mare. Una seconda volta. Due migranti, due nuovi europei, due giovani per la pace, Elias e Muhammad che vogliono dimostrare che il nostro mare, il mediterraneo è un mare di pace, di sport e di bellezza e non deve più essere il luogo dove affrontare una prova dove per tanti l’esito è la morte. Elias e Muhammad, a bordo di “ottovolante” stanno partecipando ai mondiali di vela di Barcellona, insieme ad un meraviglioso team di italiani. Noi sogniamo la vittoria, ma sicuramente accettando questa sfida dopo essere arrivati vivi in Italia nella loro “prima” traversata con un barcone, fuggendo da storie da troppi dimenticate, hanno vinto la paura, restituendo a tanti il mare, il suo senso più profondo che è la sua bellezza. In bocca al lupo ragazzi!
Tutto pronto per la finalissima della 5a edizione di Play Music Stop Violence – cambia il mondo con la tua musica: le undici band finaliste, selezionate tra i 200 giovani artisti da tutta Italia, oltre 30 gruppi musicali, che hanno partecipato alle audizioni del contest musicale per giovani talenti, si esibiranno live domenica 31 maggio alle 16.30 all’ATLANTICO Live di Roma, in viale dell’Oceano Atlantico 271 D. Le band partecipano al concorso con brani originali sul tema dell’impegno contro ogni forma di violenza: guerra, razzismo, povertà, all’insegna del motto “Cambia il mondo con la tua musica”. In palio il primoPREMIO delle categorie “Autori” e “Young talent”, ma anche menzioni d’onore per il miglior arrangiamento, il miglior testo, le migliori voci femminile e maschile, un premio per la miglior performance live, un premio della critica e un premio web. La serata sarà presentata dalla conduttrice Eugenia Scotti, e vedrà la partecipazione straordinaria degli STAG e del rapper Kaligola. Le performance live dei finalisti saranno valutate da una giuria di qualità composta da esperti del mondo della musica, della cultura e della comunicazione. Il pubblico in sala potrà votare il suo gruppo preferito e assegnare così il premio popolare. I biglietti sono disponibili gratuitamente, previaPRENOTAZIONE a [email protected] o telefonando a 39-347-8418324. La finale sarà anche trasmessa in diretta streaming su www.santegidio.org.
La primavera a Napoli é arrivata con un’ alba bellissima. É giunta come ogni volta donando speranza agli alberi che torneranno a rifiorire dopo un lungo inverno. Ma la speranza stavolta si è fatta luce con più di un segno, insieme all’ alba di questa nuova primavera é arrivato a Napoli Papa Francesco. Una lunga attesa che e’ diventata realtà proprio in un giorno di sole. É entrato nella città del mandolino subito con un messaggio e con un grande desiderio, che ci fosse posto per tutti a partire dalle periferie. Oggi a napoli c’ era posto per tutti. E non a caso Scampia la prima tappa dopo pompei. Con lo sguardo rivolto verso “le vele” ha incontrato bambini e disabili, li ha invitati ad avvicinarsi, affinché non ci fosse nessuna distanza. Ha pronunciato parole che non nascondevano paure nè retorica, “la vita a Napoli non é mai stata facile, ma non é mai stata triste”, ha detto con la stessa sincerità e lo stesso impeto con cui ha affrontato il tema del lavoro, per quelli che chiama “portatori di speranza”, i giovani. Oggi a Napoli c’ era posto per tutti. Non solo nelle piazze. Oggi Papa Francesco ha dimostrato a grandi e piccoli quanto basterebbe poco per fare spazio ad ognuno senza lasciarsi prendere la mano dalla “cultura dello scarto” come ha più volte ribadito a proposito di bambini e anziani, definiti con molta commozione “custodi di saggezza” di cui il mondo ha tanto bisogno. Per le strade si respirava un’ aria emozionata, si incrociavano tanti occhi umidi, di chi ha sentito vicine al cuore le parole e la presenza di un importante uomo di fede, ma soprattutto di chi ha sete di quella speranza che Papa Francesco anche in questa occasione ha saputo dare. Ha girato la città intera, dalla periferia al centro, nelle carceri, tra i malati. È arrivato qui con tante parole, ma anche umili silenzi, davanti a quelle domande che non trovano risposta, “perché i bambini sono malati, ha detto, é uno dei grandi silenzi di Dio. Il nostro é il Dio delle parole, dei gesti e dei silenzi.” La stanchezza della giornata non ha mai smorzato la serenità e l’ entusiasmo mostrato per la visita nella città partenopea che tornerà a visitare prima o poi. “Dio ci ha creato per essere felici” per questo Francesco ha ribadito tre segreti che possono curare le piccole e grandi croci del mondo “la vicinanza, l’ amicizia e la tenerezza”. Sullo sfondo Napoli ha mostrato i suoi colori più belli, quasi a volerne condividere la gioia, oggi non si respirava solo il profumo del mare, ma era in circolo una forza che dava sì, speranza! L’ eco delle parole del Papa é arrivato all’ anima di tutti i cittadini napoletani, e si é fatto più forte per arrivare all’ orecchio e al cuore di chi sa che si può cambiare e che alla fine di ogni giorno Napoli possa fare la Pace con il male e le...
Domenica 8 Marzo, giornata internazionale della donna, i Giovani per la Pace di Napoli hanno partecipato alla Liturgia per Elisa nella Parrocchia del Sacro Cuore, che ha ospitato la Comunità in questo giorno importante. Così come una famiglia fa celebrare la messa per i suoi cari defunti, noi abbiamo ricordato i nostri amici di strada conosciuti dal ’97, anno nel quale morì la prima amica ad averci lasciato, una donna, Elisa Cariota. Sono stati ricordati i nomi di più di 200 persone incontrate, conosciute, amate e morte nelle strade di Napoli, accendendo una candela per ognuno di loro. Nomi italiani, stranieri, di giovani e di anziani, di donne e bambini. Per ogni nome un volto, un sorriso, una stretta di mano, una grande storia di amicizia. Il nome. La cosa più scontata di tutte, la prima cosa che ci attribuiscono quando nasciamo, quella che ci da un posto nel mondo. Dire i nomi dei nostri amici è stato un gesto catartico che ci ha ricordato il nostro impegno a non dimenticare nessuno, a far sì che nessuno diventi uno scarto. Ci ha ricordato che la nostra responsabilità è quella di cambiare il mondo, sconfiggendo le regole del mercato, dove quello che vale è l’economia, la convenienza, la produttività e il ricavo. In questo mondo in cui tutti gli stimoli esterni ci spingono a pensare a noi stessi, a risolvere i nostri problemi e a non curarci del prossimo, a meno che non abbia qualcosa in cambio da offrirci, la nostra missione è quella di ritagliare un posto per chi è malato, anziano, povero. Dobbiamo sconfiggere questo modo di concepire la vita dove si perde il senso della gratuitá, della generosità, della solidarietà e ricordare a tutti coloro che ci circondano che ogni vita ha un valore per il semplice fatto che è vita. E se questa concezione è diventata normale per il mondo, allora dobbiamo armarci di tutta la nostra energia per stravolgere la concezione stessa di normalità. Dobbiamo farlo perché e una normalità che rende la vita amara, insipida. Durante la liturgia, nella Chiesa erano giá pronti i tavoli per il pranzo con i nostri amici di strada. Tavoli che sono il contrario del mercato, sono l’immagine della gratuità, della fraternità e della solidarietà tra gli uomini, via di salvezza da una vita arida e priva di contenuti. Le bellezza del pranzo e della collaborazione con le persone della parrocchia che ci ha ospitato ci ha ricordato che nessuno basta a se stesso, che tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri, ma soprattutto che nessuno e così povero da non poter aiutare una altro povero. Ci siamo resi conto di quanto sia fondamentale la presenza di sempre più uomini e donne che difendano la vita dei poveri, in un tempo in cui ci si difende da chi è debole, in un tempo in cui si preferisce non vedere le debolezze degli altri, così da nascondere anche le proprie. Al contrario, esperienze come questa dovrebbero ricordare a tutti noi...
Riceviamo e pubblichiamo con piacere una lettera scritta da Paulino, dei Giovani per la Pace di Manga (Mozambico) . Siamo i giovani della pace di Manga Chingussura che è un grande quartiere alla periferia della città di Beira in Mozambico, siamo insieme per aiutare i bambini a crescere e giocare nella pace e in amicizia. Abbiamo iniziato la scuola della pace sabato e sono venuti 70 bambini molto speciali… sono molto speciali perché hanno accettato con gioia di partecipare, gli piace di stare insieme e sono bambini poveri che hanno bisogno del nostro aiuto perché stanno sempre per strada abbandonati a se stessi. Abbiamo sperimentato come, fare la scuola della pace, significa dare un protezione ai piccoli ed è una buona notizia per la loro vita. Il mondo ha bisogno di giovani che stiano insieme ai bambini e che gli vogliano bene . E’ il momento di essere giovani per la pace per servire i più deboli , i bambini del nostro quartiere , del nostro paese e oltre. Noi giovani abbiamo molto da dare ai più deboli : bambini, anziani, lebbrosi, etc. perché dobbiamo dire basta a quello che si vede nel mondo: la crudeltà, il razzismo , la guerra. Noi possiamo cambiare il mondo, la nostra amicizia, il nostro amore non è poca cosa per chi ne ha bisogno. Articolo scritto da Paulino Da Silva, Giovani per la Pace Manga Chingussura, Mozambico
Una rappresentanza dei Giovani per la pace di Catania si è recata a Lampedusa, dove ha fatto visita al centro di accoglienza. La visita si inscrive in un periodo difficile poiché vi sono diversi sbarchi ma, cosa ancora più grave ci sono state, anche negli sbarchi di questi giorni, diverse vittime. Ormai non si riescono più a contare le vittime che sta portando questo tragico esodo dall’Africa all’Europa; il Mar Mediterraneo sta diventando l’Auschwitz del ventunesimo secolo, e il tutto proprio davanti ai nostri occhi. Bisogna fare qualcosa. E’impensabile che il mondo si stia abituando alla morte e legge il fenomeno drammatico dell’ immigrazione come qualcosa che non lo colpisce personalmente. Troppo sangue versato, troppe vittime, troppe vite che si consumano in mare. Bisogna rimanere umani davanti ala morte. I Giovani per la pace si sono recati a Lampedusa per conoscere e accogliere in maniera umana i migranti ma soprattutto per pregare per le vittime che ci sono state in mare in questo ultimo periodo. Giunti al centro di accoglienza i Giovani per la pace hanno conosciuto i migranti appena sbarcati, stanchi ma allo stesso tempo gioiosi poiché dopo tanto viaggiare e dopo tante difficoltà erano arrivati sani e salvi , felici per essere arrivati in Europa, anche se non sapevano bene dove, in Europa. I Giovani per la pace dopo aver conosciuto i migranti hanno ascoltato le loro storie e stanno cercando di ricostruire gli avvenimenti accaduti in mare che hanno provocato la morte di molti uomini. Non si conoscono ancora i nomi delle ultime trecento vittime, e si cerca di recuperarli parlando con i sopravvissuti. Questa è una sfida ardua ma che è stata già portata avanti dalla comunità di Sant’Egidio in passato. Ogni tre ottobre si celebra la preghiera Morire di Speranza, ricordando il nome di ogni vittima e pregando per loro. Ricordare è importante, perché è il primo modo di non accettare quello che avviene, di non passare oltre voltando lo sguardo dall’altra parte. In nomi ci ricordano che i morti non sono numeri ma uomini e donne, giovani, con delle storie, e un futuro che gli è stato strappato. La stagione che inizia è molto difficile poiché ci sono diversi sbarchi, ma alcuni giovani lampedusani hanno deciso di coltivare il sogno dei giovani per la Pace e andranno a trovare anche gli anziani in istituto, perché serve un’alleanza intergenerazionale. Bisogna coltivare questa grande amicizia con i migranti e soprattutto pregare e credere nella forza della preghiera, in particolar modo in questo periodo di Quaresima; bisogna creare ponti di Pace. C’è bisogno di cambiamento. Il mondo deve cambiare: è necessario fermare la “Globalizzazione dell’indifferenza”, perché l’indifferenza uccide e non crea società di uomini e donne rilevanti ma persone che davanti ai grandi appuntamenti con la storia girano le spalle e se ne vanno tristi. Articolo scritto da Giorgio Marino.
Ho mai pensato che avrei potuto iniziare la mia giornata leggendo le notizie dal fronte? Potevo mai immaginarmi di leggere ogni giorno nuovi nomi di soldati caduti del mio Paese? Mi è mai passato per la mente che avrei potuto perdere qualcuno in guerra?
Dai Giovani per la Pace di Anversa (Belgio): "Questa è la nostra risposta al crescente senso di paura, odio e divisione nella nostra società... Insieme nella Pace!"
Enza Basile, anziana testimone della Seconda Guerra Mondiale, incontra i giovani di Fiumicino
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