In questa settimana noi Giovani per la pace di Trieste abbiamo lanciato un appello: servono scarpe e luci al led per i nostri amici richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan e Pakistan che vivono per strada. In pochi giorni abbiamo trovato ( o comprato) le scarpe e le luci, che sono fondamentali perché i nostri amici stanno in angoli un po’ bui, e specie ora che è Ramadan di notte hanno bisogno di vederci per pregare e mangiare! Per ogni amico prepariamo un sacchetto col suo nome ed il suo numero di scarpe…così la distribuzione è più personale! Dopo aver raccolto il necessario, grazie all’aiuto generoso di tanti, siamo andati a distribuirli ai nostri amici. Con l’amicizia e le luci al led…abbiamo rischiarato un po’ il buio delle loro notti e abbiamo acceso una luce di accoglienza nella nostra città.
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Riceviamo e pubblichiamo il racconto di una studentessa del liceo Mamiani di Roma, Agnese Crivaro, sulla tragedia avvenuta nel Canale di Sicilia. 700 petali di rosa. Ne cade uno, cadono tutti gli altri. Pare quel gioco che fanno i bambini con le margherite: ‘M’ama o non m’ama’. E insomma? T’ama o non t’ama? Il mare è calmo, piatto. Le persone non hanno il coraggio di spogliarsi e andarsi ad immergere in quelle acque tanto fredde quanto salate. Ci sta quel bambino che passeggia con i sassolini in mano. Li osserva, se li rigira tra le mani come fossero sentimenti. Con delicatezza struscia le sue piccole dita lungo il dorso liscio dell’oggetto. Le sue unghie si infilano nei piccoli tagli sul dorso del sasso più grande. Gli viene una voglia mostruosa di spingere la sua unghia più a fondo, giusto per sentire se quel sasso ha un cuore, giusto per percepire il suo battito, giusto per fargli del male e vedere se sanguina. Ma niente, quel sasso non sanguina. Deluso, lo riposiziona sul palmo della sua mano e guarda l’infinita distesa di blu che si estende di fronte ai suoi occhi neri. Apparentemente, senza accorgersene, getta il sasso sulla riva, accanto al suo stesso corpo. Pare quasi che il sasso gli sia scivolato dalla mano, come se i suoi muscoli non avessero la forza di continuare a tenerlo. Quel mare blu va avanti e indietro, nota dopo nota, sale ogni attimo di un centimetro in più, e ridiscende di due centimetri a volta. Un movimento cauto, lento, ritmico, che si ostina ad oscillare tra vittoria e sconfitta. I suoi occhi profondi vagano tra quelle onde in costante movimento. Un tempo quel mare era sinonimo di libertà. Di viaggio. Di scoperta. Era il traguardo per tutti coloro che rifiutavano il conformismo e sceglievano di far invadere il loro cuore dalla natura selvaggia. Ora quel mare era solo una sinfonia. Un costante movimento calcolato dal tempo che ormai era dimora solo che di ingiustizia. E lui, il ragazzino dagli occhi neri e i sassi in mano, lo sapeva. Lo aveva visto. Un tempo in quel mare vi navigavano migliaia di cuori. Erano innamorati, quei cuori. Le loro anime si avvinghiavano l’una all’altra durante le lunghe traversate e ogni respiro che compivano rendeva più leggero quel loro viaggio. Loro amavano, ma non si limitavano ad innamorarsi l’uno dell’altro, quello sono buoni tutti a farlo. Loro amavano ogni anima presente su quelle barche che attraversavano quel mare. Ogni persona nutriva amore nei confronti dell’altra perchè loro si assaporavano con dolcezza. Loro, con gli sguardi si capivano; nei loro occhi viveva la loro storia. Un tempo in quel mare vivevano milioni di vite. Perchè quel mare era ancora fiducioso nella razza umana. Quel mare ancora credeva nell’uomo. Perció faceva il bravo quando ospitava sul suo dorso tutte quelle persone. Anche quando pioveva, quel mare manteneva la calma e tentava di mantenere stabile il suo equilibrio, giusto per loro. Il mare li...
Non si può rimanere indifferenti di fronte a tanti morti. 700 morti sono troppi. Bisogna fermarsi almeno un poco, riflettere, come ha fatto la nostra amica Alessandra di Padova, e prendere posizione. I Giovani per la pace italiani stanno lanciando numerose iniziative in tutta la penisola: preghiere, veglie, minuti di silenzio nelle scuole, flash mob, o anche solo un piccolo gesto, come quello di questi studenti romani nelle foto, per dire che non si può far finta di nulla e voltare pagina. Bisogna mettere fine alle morte in mare di tanti nostri coetanei. Invitiamo tutti gli studenti italiani ad unirsi a noi. Facciamo vedere che non accettiamo un mondo ingiusto, in cui chi sogna un futuro migliore debba morire nell’indifferenza generale. Mandateci le foto o i resoconti di quello che farete, gli daremo visibilità attraverso i nostri canali.
“Si alla pace, No alla guerra” è il titolo dell’iniziativa che gli Universitari Solidali della Comunità di Sant’Egidio hanno promosso ieri alla Sapienza a Roma. Tanti gli Studenti che si sono radunati, nel cuore dell’università, per riflettere insieme sul tema della pace. Hanno accompagnato la riflessione le storie di quanti nel mondo soffrono a causa della guerra e del terrorismo e alcune testimonianze su coloro che con la loro vita sono stati per primi operatori e costruttori di pace. Infine si sono ricordati gli uomini e le donne che in queste ore hanno perso la vita nel Canale di Sicilia con la speranza di raggiungere le nostre coste. Un alternarsi di musica e parole per non rimanere indifferenti dinanzi ai dolori del mondo ed affermare con forza che la pace è possibile e dipende anche dall’impegno di ciascuno.
Avete mai contato fino a 700?Una pratica strana, sì, ma necessaria adesso. Io faccio scorrere i numeri dietro ai miei occhi, così veloci che quasi non li percepisco.Oggi cercherò di andare più piano.Avete mai visualizzato il volto di una persona?Anche le facce dei nostri cari sfumano bombardate dalla tempesta di pensieri che corrono nella nostra mente.Siamo capaci di associare ad ogni numero, fino a 700, un volto di un persona, dedicargli 1 minuto, volendogli bene anche per meno?Quanto ci metteremmo se lo facessimo?Forse il tempo che la Guardia Costiera impiegherà per raccogliere i tanti (troppi) migranti nelle acque del canale di Sicilia che ieri notte (19 aprile) sono morti annegati perché il loro peschereccio si è capovolto e loro non sapevano nuotare.Magari 700 minuti, 700 anime, per un cuore solo sono troppe, quindi VI CHIEDO UN AIUTO!Io adotto un numero. Per un minuto, io dico 1. Lo amerò, gli vorrò bene, gli dirò addio. Lo stringerò a me e vivrà per sempre dentro di me. Chi di voi adotterà il prossimo?Scrivete qui sotto il numero (simbolo della persona che non c’è più) che adottate e che penserete per un minuto, e chiedete chi adotterà il numero successivo al vostro.Riusciremo ad arrivare a 700? Alessia Codato Padova
Di fronte al dolore così forte per la tragedia di sabato notte nel Canale di Sicilia con oltre 700 morti nel naufragio del mercantile, gli Universitari Solidali della Comuntà di Sant’Egidio hanno deciso di invitare tutti i cittadini romani, specialmente i giovani e gli studenti, a due veglie che si terranno MARTEDI, 20 APRILE alle 20.00 Momento di preghiera presso la Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina MERCOLEDI 22 APRILE alle 19.45 Fiaccolata a Piazzale del Verano di fronte la Basilica di San Lorenzo a pochi metri dall’Università La Sapienza. Insieme per pregare per tutte le vittime del Naufragio degli immigrati avvenuto nella notte tra sabato e domenica; tragedia che si è consumata nel Canale di Sicilia con circa 700 vittime. Una fiaccolata in cui unire tanti per pregare per persone che “cercavano la felicità”, ma hanno trovato la morte e chiedere la mobilitazione della comunità internazionale. Un momento in cui le tante fiamme delle candele che verranno accese accompagneranno il dolore di tanti. Mercoledì Al termine dell’incontro, come gesto concreto a servizio dei più bisognosi, verrà organizzata la distribuzione itinerante di strada di coperte e pasti ai senza tetto di Roma.
Ci giunge dalla scuola media Daniele Manin di Roma la segnalazione di una interessantissima esperienza artistica all’insegna della multiculturalità. Ce la spiega Mattia, uno dei protagonisti: Un incontro-scontro di culture diverse, di mondi diversi, di colori diversi: è riassumibile con queste poche e semplici parole l’esperienza di “Graffi nel mondo”, vista dai miei occhi, uno dei protagonisti del progetto. Un progetto che ha alle fondamenta il concetto della diversità, da intendersi qui come qualcosa di decisamente positivo: la diversità è l’incipit dello scambio, del confronto. Non ci può essere confronto né scambio senza diversità. Nel caso di “Graffi nel mondo”, l’incontro tra le varie culture ha portato ognuno di noi – un gruppo di ragazzi provenienti da varie parti del mondo: dal Perù al Bangladesh, fino ad arrivare all’Ukraina, alla Cina, passando naturalmente per l’Italia – a farsi altro da sé, ad alienarsi fino ad accogliere l’Altro. “Graffi nel mondo” può essere considerato il frutto non solo di un progetto artistico che è partito dallo studio di “ciò che è bello” in relazione alla street art, ai murales, e che è arrivato fino a “La danza” di Henri Matisse, ma anche la manifestazione più evidente della multiculturalità del quartiere dove lo stesso racconto è ambientato, l’Esquilino di Roma. E’ un progetto che può essere letto in diverse chiavi: un insieme di racconti di vita vissuta (penso alla storia commovente di Paolo e Luigi, due fratelli che sono entrati l’uno a contatto con l’altro solamente dopo anni di separazione), un momento di riflessione sui fatti che negli ultimi anni hanno sorpreso la società mondiale (la rivolta dei monaci tibetani contro l’occupazione cinese, ad esempio), una serie di riflessioni su temi come la poesia, la musica e il viaggio. Un groviglio di colori. Ecco il primo episodio del documentario “Graffi nel muro”. A questo link le altre puntate.
Rom. Una parola, ed è già polemica. Popolo di ladri, delinquenti e – laddove la fantasia trova libero sfogo – rapitori di bambini. Una popolazione di criminali che, a sentire dai media e dai numerosi commenti dei Social Network, ha invaso il nostro paese. Viene però da chiedersi da dove viene tutto questo odio nei confronti della popolazione Rom e Sinti, tra i quali spicca anche un discreto numero di italiani. O forse sarebbe più corretto chiedersi come mai la società italiana ha sviluppato una paura così contorta nei confronti di questa popolazione “nomade” con cui convive da svariati decenni ( se non addirittura secoli)? La paura dopotutto è figlia dell’ignoranza (impressionante come le parole di un filosofo come Seneca siano capaci di raggiungerci a distanza di duemila anni), e questa constatazione ci porta purtroppo davanti a una dura e triste verità. Quello italiano,sebbene sia un popolo dotato di grandi potenzialità, è al tempo stesso un popolo colpito da una brutale ignoranza. E’ inutile dire che i media hanno giocato un ruolo fondamentale, per quanto riguarda la disinformazione sui Rom e sugli atti di cronache che li “coinvolgono”, accumulando così una non indifferente audience per i loro programmi malati e inducendo di conseguenza la gente a farsi un’opinione del tutto sbagliata su questa etnia ponendola ai margini della società e costringendola ad alienarsi. E i politici non sono da meno (basti ricordarsi delle cordiali parole dell’onorevole Salvini, menzionando ad un eventuale “ preavviso di sfratto” a cui conseguirebbe l’azione di “radere tutto al suolo”, riferendosi ai campi dove la popolazione Rom vive); la loro parola di battaglia contro il Rom, il nemico comune della nazione, sembra essere la loro unica arma in grado di garantire una percentuale cospicua di voti. E di fronte a questa immagine di un’Italia unita contro un nemico comune, sembra che il tempo non sia mai scorso, ma si sia fermato su un’Italia fascista proiettata e riproposta ai giorni nostri. Stupefacente come l’ideologia, l’azione politica e la propaganda di alcuni partiti (a maggioranza di quelli di estrema destra) rasenti l’esatto modo di agire di alcuni regimi autoritari e totalitari comparsi circa novant’anni fa in Europa. Da qui si deduce che forse la forma mentis Italiana non sia mai cambiata, e che spetta alle nuove generazioni il compito di rinnovare la società. Chi ha detto, infatti, che i Rom non sono in grado di uscire dalla loro condizione? Affermare che quella di rubare e vivere in roulotte con l’intera famiglia (spesso molto numerosa) sia “la loro cultura”, non è che un vano tentativo di giustificarsi ed evitare che l’enorme responsabilità – che noi come popolo italiano abbiamo nei confronti dei più poveri – ci tocchi e stravolga la nostra vita. Ciononostante, le scuole della Pace della Comunità di Sant’Egidio sono la prova vivente che il cambiamento della società è possibile, ed è possibile partendo proprio dai bambini e dalle loro famiglie. Ed è con le Scuole della Pace, infatti, che molti bambini Rom sono cresciuti...
A Roma, da lunedì 9 a venerdì 13 marzo 2015, gli Universitari di Sant’Egidio promuovono la “Settimana di preghiera per la pace” in più di venti residenze e collegi studenteschi, cappellanie universitarie e parrocchie. Si tratta di un’occasione per invitare gli studenti romani e fuori sede a partecipare a momenti di preghiera, ascolto e riflessione sulla pace con particolare attenzione a tutti i luoghi del mondo, colpiti dalla guerra, dalla violenza e dal terrorismo. Con la “Settimana di preghiera per la pace”, gli Universitari di Sant’Egidio vogliono costruire un movimento di preghiera per la pace, rispondendo all’appello di papa Francesco che lo scorso 1° gennaio aveva invitato i cristiani a non rassegnarsi alla guerra, perché la pace è possibile e «la preghiera fa germogliare la pace». La “Settimana di preghiera per la pace” si concluderà venerdì 13 marzo alle 20, presso la chiesa di Santa Maria della Neve al Colosseo. Info: 334.8135420 – 328.1250699 Facebook: Evento e Gruppo
domenica, la visita del Santo Padre ha portato un po’ di luce a Tor Bella Monaca, le sue parole hanno ridato speranza a tutti e quando, benedicendo tutti i bambini della Scuola della Pace, mi ha detto di continuare così, ho capito che non è tutto perduto, che anche a Tor Bella Monaca c’è speranza!
Ed eccoci alla nostra rubrica domenicale #2librialmese. Ci prendiamo tanto cura del nostro corpo, e al cuore, allo spirito chi ci pensa? Eppure quanto è importante, per la nostra felicità, e per quella delle persone a cui vogliamo bene. Questo libro: “Guarire le malattie del cuore. Itinerario quaresimale” di Matteo Zuppi è una medicina per il cuore, da assumere ogni giorno. Senza controindicazioni. Soprattutto in questo tempo di preparazione alla Pasqua.. Buona lettura!
“Ciò che inferno non è” è un romanzo, ma il protagonista, un giovane liceale di Palermo, incontra una persona vera, e la sua vita cambia. La persona vera è Padre Pino Puglisi, da alcuni conosciuto come 3P, prete ucciso dalla mafia nel 1993, e proclamato beato da Papa Francesco. L’incontro con 3P lo porta a incontrare la periferia di Palermo, il quartiere di Brancaccio, una realtà sconosciuta, difficile, ma affascinante; e a Brancaccio si incontra la vita, i bambini vittime della violenza e assoldati dalla mafia, che hanno bisogno di aiuto. Un bel romanzo, in cui c’è tanto dei Giovani per la Pace, e un bel modo di iniziare a conoscere Padre Puglisi, un vero amico di Gesù e dei poveri, che ci aiuta a capire come anche nell’inferno, c’è sempre qualcosa “che inferno non è”.
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