È un’amicizia che si rivela “benedizione”. Essere amici dei poveri vuol dire “benedire” la vita di tante persone che vivono per strada, all’angolo di qualche viuzza dispersa, appartati lungo i viali delle nostre città o davanti a dei negozi luminosi, di giorno e di notte. Amici che sono per noi fratelli e sorelle da conoscere, ascoltare e aiutare. È grande la compagnia dei giovani che fa servizio con la Comunità di Sant’Egidio: in fondo, un passaparola e un invito per “aiutare ad aiutare” portano molti ad aggiungersi a quel gruppo che, con sacche pesanti e thermos, si avvia al “giro”, ogni settimana, nel cuore della città e nelle periferie. Dagli amici poveri impariamo che la vita di strada è una vita difficile, una vita che ti mette alla prova, ti addolora e ti ammala. Impariamo a vedere con i nostri occhi che le necessità di chi vive per strada sono tante, prima fra tutte quella di proteggersi dal freddo e dalla fame, lo sappiamo ancor meglio in questo periodo, quando, uscendo di casa ed esclamando “che freddo!”, ci avvolgiamo la sciarpa attorno al collo. Nelle sere fredde di questo inverno ci rechiamo nelle stazioni ferroviarie o nei luoghi dove “abbiamo visto qualcuno”, portando cibi e bevande calde, coperte e altri generi di conforto utili a proteggerli (e salvarli). Ogni nuovo incontro è per noi l’inizio di una nuova storia e di una memoria. Ci ricordiamo di ognuno di loro perché non incontriamo “solo” dieci o venti persone, ma incontriamo dieci e venti storie diverse e per ogni storia ci troviamo di fronte ad una vita che ha bisogno di aiuto. Il cibo che portiamo loro è, quindi, per noi solo l’inizio, per loro una salvezza. Impariamo tanto dai loro racconti o dai loro silenzi inscalfibili, che piano piano si trasformano in gesti di affetto e di fiducia. Apprendiamo dagli ultimissimi dati che “nelle strade delle città europee ci sono 700 mila persone che dormono su marciapiedi e panchine, negli androni dei portoni, nelle stazioni, un numero che negli ultimi 10 anni è cresciuto del 70%”. Sono dati che spaventano, vista la crescita così importante della forma “più estrema di esclusione sociale”. Proprio per questo, vorremmo impegnarci sempre di più e la solidarietà è la prima risposta. Impariamo che la povertà non è mai una scelta: a volte ha la sfumatura del disagio fisico, talvolta mentale, spesso economica, a volte frutto della “sfortuna”, ancora troppo spesso colpevolizzata da una società che sempre di più si basa sulla logica della competizione e vede nel povero “un perdente”. La povertà è una storia drammatica perché è, in fondo, una estrema solitudine. C’è una rete di aiuto che si è costruita intorno all’amicizia con i poveri: non solo accoglienza notturna, non solo un pasto caldo, ma anche l’aiuto per “svoltare”. Spesso quando incontriamo i senza fissa dimora, incontriamo anche tanta rassegnazione e vergogna. Proprio in quel momento capiamo che la situazione davanti ai nostri occhi non sarà e non potrà essere così per sempre, abbiamo imparato...
Categoria: Solidarietà
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I corridoi umanitari: un viaggio con una meta sicura per un’accoglienza umana e rispettosa
RedazioneIl viaggio di tutti ha una meta e chi arriva merita rispetto, dignità e ascolto: è questa l’accoglienza che si fa “più umana”. Perché l’incontro ci rende capaci di una narrazione giusta, che non faccia sconti alla ricchezza di ogni storia di sofferenza che, nel bagaglio, chi arriva porta con sé. È la festa di un’accoglienza calorosa di molti bambini, donne e uomini che possono finalmente iniziare a vivere una nuova vita piena di felicità in Italia. Un augurio di benvenuto a tutti loro! Sono atterrati nella mattina di giovedì 30 marzo, all’Aeroporto di Fiumicino, 58 rifugiati siriani che hanno vissuto a lungo nei campi profughi del Libano o in alloggi precari nella periferia di Beirut e 15 richiedenti asilo dai campi della Grecia provenienti da Iraq, Somalia e Congo. Si chiamano corridoi umanitari e la via dell’accoglienza si fa realtà. Sì, perché lo sfondo di questa accoglienza ha molto a che fare con noi. Per questo, ci riguarda. È una via (più) umana, più rispettosa, più giusta. Per questo anche legale, per i tanti che abbandonano la vita lasciandosi alle spalle un “bagaglio” di sofferenze dovute ai traumi della guerra e delle violenze, alla disperazione di fronte alla povertà e alla rassegnazione nei campi profughi, dentro o ai margini dell’Europa, quasi si volesse distaccare il destino di migliaia di vite umane da quelle che sono le sorti del nostro intero continente. Dal 2016, quando si è trovato l’accordo con il ministero degli Esteri e degli Interni, grazie alla collaborazione della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e della Tavola Valdese, complessivamente in Europa con i corridoi umanitari sono giunti oltre 6 mila rifugiati. Il 18 marzo Papa Francesco ha incontrato le famiglie “ospiti”, nel vero senso doppio della parola: i tanti cittadini che hanno offerto la loro casa a coloro che sono giunti in Italia, in Francia, in Belgio e in Andorra, e anche “i nuovi Europei”, come sono stati definiti da Marco Impagliazzo, il Presidente della Comunità di Sant’Egidio, i migranti e i rifugiati che arrivano nel nostro continente. Tantissimi i bambini, i giovani, le donne e gli uomini ricevuti in udienza dal Papa, che si è detto colpito ed entusiasta per la “creatività generosa” degli amici di Sant’Egidio che, di fronte alle tragedie delle numerose, troppe, morti di speranza nel Mediterraneo, hanno trovato una via possibile di accoglienza. È un esempio reale che ha salvato le vite di molte persone, è un segno lungimirante di un’umanità che è ancora possibile e non è “naufragata” in quelle onde che ci incutono tanta paura. Spesso, di fronte alle tragedie in mare, ci chiediamo che cosa spinge i migranti ad abbandonare la loro terra. Le motivazioni ci aiutano a pensare un mondo complesso, per il quale troppo frequentemente si cercano soluzioni ad effetto immediato e rapido, ma così non è e proprio perché le questioni sono complicate, meritano di essere affrontate cercando soluzioni con un impegno comune e un
Natale con Sant’Egidio, un Natale di tutti per tutti. Nessuno escluso e con l’Ucraina nel cuore
RedazioneIl Natale è alle porte. E proprio alle porte delle chiese incontriamo spesso chi ci chiede una monetina per un caffè o un cornetto. È una visione comune, una foto che restituisce bene le dinamiche della nostra società, l’esperienza di tutte le mattine. C’è chi spera, vive e si affida alla grazia di qualche buon passante o turista, che con un sorriso o con insulto, con un viso freddo o con un po’ di compassione, lascia un euro o cinquanta centesimi. Questo è un pezzo di quella realtà che appare, quella che spesso scandisce le nostre passeggiate, entrando e uscendo dai negozi. Non vediamo, perché non appare, la realtà di tutte le persone sole che stanno in casa, malate, fragili, sole o negli istituti. Vediamo, invece, agli angoli, mentre si passeggia per gli acquisti, i cartoni di qualche senzatetto che vive al lato della strada. Emarginato, fisicamente e non solo. A Roma si respira l’aria del Natale, una gioia che evapora nell’aria al sentire le canzoni e il profumo dello zucchero filato e della cioccolata calda che nei mercatini si vende. Si accendono le luci, delle strade e degli alberi. Sopra di noi, attorno a noi. Ma nel 2022 non si accendono solo quelle natalizie. Oggi, in Ucraina si vedono i tuoni e i lampi, missili in un cielo di guerra. E non si sente per le strade una melodia piacevole, ma un triste sottofondo roboante. Tante sono le luci, quelle della solidarietà e dell’aiuto, da accendere in questo Natale negli angoli dimenticati e sperduti, proprio lì dove le ostilità e i conflitti incendiano causando la sofferenza di moltissime persone. Vorremmo avere un Natale diverso, un Natale di pace e di accoglienza, da offrire e non da negare. Vorremmo vivere un Natale con meno indifferenza e più partecipazione, insomma: un Natale di luce vera, di cambiamento nuovo. Così come lo voleva la Comunità di Sant’Egidio 40 anni fa. Sembrava impossibile fare un pranzo con i poveri nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. E invece, proprio questo è successo il 25 dicembre del 1982 a Roma. Il primo pranzo organizzato da Sant’Egidio ha avuto inizio con 32 ospiti: soli, anziani, persone che vivevano per strada, amici in difficoltà. Fu una grande festa, quale è sempre quella del Natale. Ma non per tutti. Un gesto piccolo, ma già rivoluzionario: scegliere di passare il Natale con i poveri è una scelta cresciuta con il valore del servizio e della solidarietà, e primariamente di amicizia, che la Comunità negli anni ha costruito con le persone più deboli e fragili, emarginate da tutto. Tanto da essere quasi “invisibili”. Oggi il pranzo di Natale si fa nelle comunità di tutto il mondo, dai paesi dell’Africa alle metropoli d’America: non esiste confine per un gesto piccolo e grande, che chiama a riunirsi per questo giorno così importante, dai pranzi con i bambini delle scuole della pace, alle consegne del pasto caldo ai detenuti nelle carceri. Il pranzo di Natale ha molte declinazioni, molti luoghi ma ovunque arriva l’essenza di quello...
“La pace comincia dall’impegno dei giovani”: Fabio Fazio incontra i Giovani per la Pace
gabriele.rizzi“La pace si costruisce ogni giorno, comincia dall’impegno di ciascuno e anche chi è giovane può fare molto”. Questo è stato il messaggio dei Giovani per la Pace agli studenti del Liceo Giovanni XXIII di Milano riuniti lunedì 2 maggio per una assemblea sulla situazione in Ucraina con Fabio Fazio e la Comunità di Sant’Egidio. Tante le domande degli studenti sulla guerra. Chiara si chiede: “E’ facile parlare di pace, ma siamo in grado di metterla in pratica nella nostra vita?”. Elisa porta l’esempio della Scuola della Pace dove i giovani aiutano i bambini e i ragazzi delle periferie a crescere insieme nell’amicizia tra diversi e nella solidarietà ai più deboli. “Di fronte alla guerra si può dire no, unendo le nostre forze e lavorando per un mondo più giusto e più umano”. La A Milano, grazie alla solidarietà di tanti, la Comunità sta ospitando 50 profughi mentre i Giovani per la Pace hanno promosso nelle scuole e nelle università una raccolta farmaci per l’Ucraina. Il primo carico è già partito. Un altro partirà nei prossimi giorni. “Con le medicine possiamo salvare molte vite” ha spiegato Sofia dei GxP. “La pace non è solo assenza di guerra, ma vivere un’amicizia senza frontiere”.
Siamo i Giovani per la Pace della Comunità di Sant’Egidio. Ti scriviamo perché siamo rimasti molto colpiti dal triste episodio in cui sei stato coinvolto. Molti tra noi hanno la tua età e sappiamo bene quanto sia duro subire ogni tipo di violenza, verbale o fisica che sia, a dodici anni. Anche se non ti conosciamo vogliamo dirti che ti siamo molto vicini.
Si accendono luci, al Colosseo. Sono le luci delle lanterne dei Giovani per la Pace; sono le luci del videomapping; sono le luci di chi ancora non si è arreso all’oscurità della pena di morte.
“Per capire da dove nasce l’hate speech, il discorso d’odio, bisogna rispondere ad una domanda apparentemente semplice: “cos’è la società?”. Con queste parole, Mario Giro, ex viceministro degli Esteri, introduce il webinar “Global Hate speech – Fuori e dentro la rete”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio nell’ambito del Progetto “Social Hosting Hub”, vincitore della Google.org Impact Challenge sulla sicurezza, di cui Sant’Egidio è partner.
A vent’anni dagli attentati dell’11 settembre 2001, i Giovani per la pace si riuniscono a Roma e nel mondo per ricordare le tante vittime del terrorismo e della violenza.
“Se non hai i soldi, aiuta con il cuore” le parole di Giuliano, amico senza fissa dimora, ai bambini della Summer School di Tuscolana
RedazioneAlla Summer School della Scuola della Pace di Tuscolana con l’italiano e la matematica si impara anche l’amicizia. Nella sede di piazza dei Consoli, i bambini della Scuola della Pace hanno infatti ricevuto una visita speciale.
Gli anziani hanno vissuto e ancora vivono un grande isolamento. Passa con loro un'estate di amicizia
Una risposta concreta alla povertà educativa.
La visita ai pazienti dell’ospedale psichiatrico Sadik Dinci di Elbasan, vicino alla capitale albanese
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Dall’ECO LAB di Pace un carico di aiuti umanitari con materiale scolastico per le bambine e i bambini in Ucraina
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