Napoli, patria di grandi cantautori, musicisti, poeti e scrittori, ha perso un artista che era tutte queste cose insieme. 50.000 persone il giorno della morte di Pino Daniele hanno riempito Piazza Plebiscito, per ricordare e salutare un uomo che è diventato icona della napoletanitá. Non è un caso se in così tanti abbiano avvertito forte questa grande perdita: i napoletani hanno amato e stimato Pino Daniele perchè nelle sue parole ognuno di loro si è identificato. Era un artista che ha saputo valorizzare Napoli non attraverso le sue maschere, ma partendo dalla poesia, dalla realtà, portandola nella modernità senza perderci in cultura e in umanità. Non la idolatrava perchè ci sta il sole e il mare, la pizza e il mandolino, ma usava la sua musica per mostrarci la nostra città sotto una luce diversa. Con una dolcezza che ti squarciava l’anima, parlava dell’amarezza che si prova guardando una città magnifica che si distrugge quotidianamente con le sue stesse mani. Colpiva il cuore di quelli che sono stanchi della Napoli omaggiata per i suoi paesaggi o diffamata per la camorra. Insomma, ne respingeva i luoghi comuni, liberandola dagli stereotipi. Ha avuto il coraggio di condannarla, questa cittá scugnizza che ha tanto amato. Ha rimproverato la Napoli che si autocommisera perchè “è nu sol amaro”, ma pure quella che si compiace perchè tanto è così bella che “a sap tutt o munno”. Eppure, l’enorme affluenza di quella notte ha portato alla luce l’ennesima contraddizione di Napoli e del suo popolo: se da un lato lascia senza fiato la capacità di rendere onore a qualcuno che ha dato voce alle piccole e grandi frustrazioni dei suoi concittadini, la modalità di elaborare il lutto stringendosi in un abbraccio collettivo in cui nessuno è estraneo, dall’altro delude che solo così raramente emergano le potenzialità di questo popolo di abbattere barriere di qualsiasi genere: culturali, sociali e generazionali. Barriere che, purtroppo, sono presenti ed evidenti nella quotidianità napoletana. Barriere che impoveriscono e isolano una cittá potenzialmente ricca di valori. Barriere che marginalizzano più che altrove chi è povero, chi è straniero, chi è anziano, chi è meno fortunato. Se Pino fosse oggi qui, con la sua dolcezza e tenacia ci direbbe che non possiamo limitarci ad autocompiacerci per quello che è stato quella sera, ma che dobbiamo trarne spunto per “darci una mossa”. Quindi, se tanti napoletani nel suo amore dolceamaro per Napoli si riconoscevano, e l’hanno dimostrato cantandolo quella notte, tutti noi oggi abbiamo la responsabilità di rispondere alla richiesta di uomini come Pino Daniele che la città si riscatti. Probabilmente lui intonando “Terra mia”, ci avrebbe ricordato “comm’è triste e comm’è amaro st’assettato e guarda tutt’è cose, tutt’e parole ca niente pònno fa” e quanto invece “nun è overo nun è sempre ‘o stesso tutt’e journe po’ cagnà”. Perché il riscatto, in sostanza, dipende solo da chi questa città la vive tutti i giorni. Da chi è stanco di tirare a campare, “aspettann a ciort”. Dai giovani che non vogliono più...
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E’ stata una giornata particolare quella di Lunedi 5 Gennaio. La RAI, è venuta a Catania per registrare un servizio sul lavoro dei Giovani per la Pace durante il loro servizio ai più poveri e per raccontare una generazione che, partendo dagli ultimi, ha deciso di cambiare il mondo. Giovani catanesi e nuovi europei insieme, questo ha colpito la truope RAI, che ci ha seguito durante tutta la giornata. Villa Chiara, la casa per per anziani che i Giovani per la Pace frequentano settimanalmente, è stata la prima tappa. La prima immagine raccontata dalle telecamere, è stata quella del dialogo tra Giuseppe, di 94 anni, e Jonathan e Karamo, due Giovani per la Pace del CARA di Mineo. Tema:la Libia!!! Quella di tanti anni fa, la Libia dove gli italiani stavano bene, la Libia della giovinezza di Giuseppe…ma anche la Libia di oggi, la Libia della sofferenza, della guerra, la Libia raccontata da Karamo e Jonathan, quella della violenza, delle torture, l’inferno raccontato dalle parole dei due Giovani per la Pace di Mineo. Tanta curiosità da parte degli anziani per questo appuntamento inaspettato: “La RAI viene da noi??? E chi ce lo doveva dire!!!!” Seconda tappa di questa giornata, è stata la preparazione della cena per chi vive per strada. Ogni settimana infatti tanti giovani, liceali e universitari, preparano un pasto per chi non ha casa. Anche qui tanta curiosità da parte di tutti che, tra un panino da preparare e l’altro, hanno risposto alle domande del regista della RAI Lucio. Tanti gli intervistati, tante domande e tanta curiosità. Perchè così tanti giovani, catanesi e nuovi europei, hanno scelto di vivere, all’interno della propria settimana, una tensione e un’attenzione così particolare per che è più povero ? Perchè chiamiamo i poveri, amici ? Perchè un giovane del Ghana, del Gambia, del Senegal, che vive a Mineo, ha deciso di dedicare parte della propria settimana per servire chi è più povero di lui ? Queste, alcune delle domande che ci sono state rivolte. Non riportiamo le risposte e vi rimandiamo al servizio che andrà in onda Domenica 11 Gennaio alle ore 10.30 su RAI 1. Il servizio televisivo è continuato con le riprese della preghiera dei Giovani per la Pace, dove ancora una volta è risuonato il Vangelo di Natale; Gesù nasce nel buio e nel freddo della notte, il buio nella vita e nel cuore di tanti, il buio della guerra, del terrorismo, della povertà, della solitudine. Ma il Natale è quella luce che illumina quel buio, una luce che dà gioia e che si capisce nel servizio a chi è più povero, nell’essere insieme, cambiando il proprio cuore. Al termine della preghiera, verso le 20.30 circa, le telecamere hanno ripreso le nostre macchine riempirsi di coperte, té caldo, panini, piumoni. Siamo così partiti per il nostro “giro” lungo le vie della città, dove chi non ha casa ci aspetta per un pasto caldo, una coperta, ma sopratutto per scambiare quattro chiacchiere tra buoni amici. Anche qui tanta curiosità: “E che ci fa qui la RAI con...
No, non lo siete e non lo siamo. Non è così perché ancora, in questo come in altri Paesi, è difficile togliersi di dosso il velo d’ignoranza che tira giù tutti coloro che hanno voglia di respirare il fresco profumo di libertà, anziché quel tanfo fatto di uccisioni e censure. Non siamo tutti Charlie perché, in fin dei conti, quasi nessuno si è concentrato sul fatto che esista un altro Islam, fratelli e sorelle (e sono la maggior parte) che condannano a testa alta quanto accaduto a Parigi. Ma esiste, ed è ahimè pressante, un bel trancio di mondo che sta iniziando a giustificare azioni repressive e guerre di vendetta che porteranno altri figli di questa terra a morire per un ideale feticcio, mai giustificato e mai propugnato da alcuna religione. Religione. Quella parola che, almeno a me così hanno insegnato, viene da “religo” ovvero “lego insieme, più forte”. Non certo “divido” o “vendico” o peggio ancora “uccido liberamente”. La libertà, quella vera, è data dal coraggio di scrivere ogni giorno una storia di unione, nonostante quanto accade per dividerci; quando sarà passata l’onda della “notizia choc” che in tanti stanno cavalcando selvaggiamente, come avvoltoi che volteggiano sui corpi delle vittime di ogni strage analoga, spero solo che si possa iniziare a ricostruire un percorso di pace che sia capace di relegare in un angolo simili gesti inumani. La speranza di rinascere e di ricostruire, oggi, è la cosa più importante che dobbiamo conservare nei nostri cuori, poiché -parafrasando Gandhi- “non può stringersi una mano in segno di pace, se si tiene chiuso il pugno!”.
I giovani per la pace hanno ancora voglia di Natale, di quello fatto di cuore, speranza e cambiamento. É per questo che un gruppo di liceali allontanandosi dal centro l’ ha ritrovato alla periferia di una periferia, dove più nessuno cerca, dove più nessuno spera: al campo rom di Scampia. Su uno sfondo di fango e baracche abbiamo pregato insieme, una preghiera che ci ha visti partecipi della stessa emozione, un’ emozione che ci ha convinti di essere nel posto giusto, era Natale negli occhi dei bambini e delle donne rom perché eravamo li, in un luogo che i più disprezzano e attentano, era Natale nei nostri occhi perché eravamo con loro a fare di una periferia il centro del nostro mondo. Questa mattinata al campo ha risposto a molte delle nostre domande, perché ci ha fatto capire cosa c’ é realmente dietro i giudizi sbagliati, ma soprattutto che alle periferia non finisce la vita, ma rinasce e si fa spazio tra mille punte di spine. La strada che porta al campo ha tutte le sembianze di una discarica di rifiuti, ma entrando capisci che é anche una discarica di mani arrese e sguardi indifferenti e che la nostra preghiera e il nostro Natale non potranno di certo finire. Sul balcone di una vela c’ era scritto che “cresce solo chi é sognato”, noi sognamo un cambiamento per Scampia, per i rom, per le periferie tutte, e giornate come questa ci fanno ben sperare!” Articolo scritto da Francesca Sepe
I Giovani per la Pace si uniscono al dolore dei parenti e dei colleghi dei giornalisti francesi, uccisi nel vigliacco attentato terroristico avvenuto ieri mattina presso la redazione del giornale satirico francese “Charlie Ebdo”. La violenza non è mai la soluzione a nessun problema. La pace è sempre possibile. Noi vogliamo aiutare a preservarla, anche se a volte il rumore delle armi sembra essere più forte.
In questa epifania romana non solo la befana! Il 5 e 6 gennaio diversi presepi viventi hanno piantato un piccolo seme di pace nella città di Roma, dove l’attenzione sembra rivolta solo ad eventi meno gioiosi. Il presepe intenerisce il cuore, ci rende bambini, e ci ricorda dei bambini. Quanto abbiamo bisogno di cuori più teneri. Pubblichiamo con piacere le foto dei presepi viventi di Garbatella e Labaro, e un breve racconto dei GxP di Garbatella. Aspettando di ricevere altre foto e racconti! Il 5 gennaio di questo nuovo anno i Giovani per la Pace di Garbatella hanno organizzato un presepe vivente con i bambini della Scuola della Pace del quartiere. L’avventura è iniziata bene: appena partiti dalla sede una signora dalla sua finestra ci ha salutati con grida piena di entusiasmo. Sembrava che passasse la sacra famiglia in persona, quella vera! I bambini hanno ricambiato con altrettanta euforia e uno di loro, Giuseppe, ha confessato di essersi sentito un “supereroe”. Il presepe si è quindi spostato sulla Circonvallazione Ostiense, dove più persone si sono fermate a guardare meravigliati i bambini che sorridenti camminavano seguiti dalle musiche natalizie. In molti hanno chiesto informazioni, ricevendo in cambio volantini e sorrisi fieri. Questa passeggiata ha rimesso i piccoli al centro del quartiere, è stata un segno di pace, e ha anche ridato un po’ di colore ad un quartiere in cui domina troppo il grigio Le foto di Labaro – Primaporta
Un anno che inizia marciando insieme. Ricordare chi soffre per la guerra. Aiutare i poveri. Pregare con Papa Francesco. E per voi? #paceè ….
La Comunità di Sant’Egidio e la Comunità Romena di Tor Bella Monaca hanno organizzato questa domenica una festa nel segno dell’autentica cultura romena. Balli e testi tradizionali hanno divertito grandi e piccini: memorabile la capra col muso di legno!
Domenica 14 Dicembre, nel corso della visita alla parrocchia di S.Giuseppe all’Aurelio, Papa Francesco ha voluto ricevere una famiglia rom che la parrocchia conosce e aiuta da molti anni, e una delegazione dei bambini della Scuola della Pace di Val Cannuta e dei Giovani per la Pace. Il Papa ha concluso l’incontro con delle parole che ci rendono felici e orgogliosi: “Ringrazio quelli che fanno la scuola della pace. È un seme molto importante che darà i suoi frutti nel tempo. Quello che voi fate in tutto il mondo è molto importante perché seminate nella vita dei bambini un seme che darà frutto. Dovete lavorare con speranza e pazienza. Ci vuole pazienza. Ma il vostro è un grande lavoro” Per saperne di più è possibile leggere la news sul sito della Comunità di S.Egidio. Intanto potete vedere qui il video del servizio che TV2000 ha realizzato sul lavoro dei GxP a Val Cannuta. Buona visione
In occasione della giornata del volontariato il 5 dicembre il TG1 ha pubblicato questo bel servizio. Li riconoscete? Sono i Giovani per la Pace di San Giovanni in visita agli anziani di Via Alba. Buona visione.
Sono ufficialmente aperte le iscrizioni alla nuova edizione del Contest Play Music Stop Violence, Cambia il Mondo con la tua Musica 2015! Le band under 25 hanno tempo fino al 31 gennaio per comporre un inedito e inviarlo al sito http://www.playmusicstopviolence.com/it/concorso Gli artisti potranno prendere ispirazione dai temi di attualità o da eventi passati per cercare di esprimere il loro desiderio di pace, solidarietà e convivenza tra culture e generazioni diverse. I finalisti suoneranno in concerto al PALA ATLANTICO di Roma. Leggi il regolamenti e partecipa con la tua band!
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