Oggi ricordiamo il settantesimo anniversario dallo sgancio della bomba atomica a #Hiroshima. Noi abbiamo conosciuto i sopravvissuti dalla bomba atomica che sono stati accolti dalla Scuola della Pace con dei cartelloni che recitavano la parola “Pace” in tutte le lingue. Pensate: chi ha subito la guerra fino a vederne le conseguenze più estreme, diventa un testimone di pace e cerca giovani e giovanissimi alleati in tutto il mondo affinché la guerra non produca più i suoi effetti tremendi, effetti tatuati nel cuore che svaniranno solo quando la Pace sarà di tutti. Chi oggi fugge da guerre spesso dimenticate ha un’esigenza di pace più grande a cui l’Europa, continente che ha conosciuto la guerra nel suo volto più demoniaco ma che ha scelto per una vocazione di pace deve rispondere facendosi ispirare. La pace è nel nostro nome, siamo i giovani per la pace, perché senza la pace nulla si può costruire, è la base, per dire oggi#warneveragain
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Furono oltre 140mila vittime e fu seguita tre giorni dopo da un’altra esplosione simile nella città giapponese di Nagasaki. Esattamente settant’anni fa il bombardamento atomico di Hiroshima. Esattamente settant’anni fa il Giappone subiva il bombardamento atomico da parte degli americani. “Il Giappone” -commenta il Primo Ministro Giapponese Shinzo Abe– “è stato l’unico Paese al mondo che ha subito un bombardamento atomico in guerra. La nostra missione è quella di trasmettere al mondo e alle generazioni future la natura inumana delle armi nucleari”. Ricordando in tal modo il dramma della bomba atomica sganciata 70 anni fa dagli Stati Uniti su Hiroshima, è necessario rinnovare un appello alla pace all’abolizione dell armi nucleari nel mondo. Una bomba che, come ricordato dallo stesso Abe, non solo ha ucciso migliaia di persone, ma ha anche causato sofferenze indicibili ai sopravvissuti ed alle generazioni dopo. Per questo abbiamo il “dovere speciale di lavorare per un mondo libero dalle armi nucleari. In autunno presenteremo una nuova risoluzione all’assemblea dell’Onu per l’abolizione delle armi atomiche”. Sono state oltre 55mila le persone che hanno partecipato al Memoriale della Pace, vicino il punto d’epicentro dell’attacco del 6 Agosto 1945, iniziata come ogni anno con i rintocchi delle campane alle 8:15. All’evento ha partecipato per la prima volta anche un rappresentante dell’amministrazione USA: l’ambasciatrice in Giappone Caroline Kennedy. Presenti anche i sopravvissuti all’attacco, i loro discendenti, familiari delle vittime, attivisti per la pace e rappresentanti di circa 100 Paesi. In una forte dichiarazione il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui, ha fatto riferimento alla perdita di vite umane e alle sofferenze causate dal bombardamento atomico, invitando i responsabili politici di tutto il mondo ad abolire le armi nucleari. Senza menzionare le controverse norme sulla sicurezza in discussione in Parlamento, ha poi esaltato il pacifismo come parte integrante della cultura nipponica e ha invitato il presidente americano Barack Obama e gli altri leader mondiali a venire nella sua città e ascoltare i racconti dei sopravvissuti perché “in futuro non si permetta che accadano cose di questo genere”.
Come vivere un’estate (ed una vita) felice? Non da soli. I giovani per la pace lo sanno. Perciò, anche in questo caldo quasi torrido, abbiamo deciso di continuare ad aiutare e a lavorare con tanti per gli altri, specie per chi ha più bisogno. La scorsa settimana, nella consueta visita al silos, dopo la distribuzione di cibo ai nostri amici senza fissa dimora, abbiamo incontrato nuovamente un centinaio di giovani, per lo più afghani, che vivono per strada, e sono arrivati da poco in città. Cercano pace qui in Europa, soprattutto, ma al momento hanno anche altre necessità. In pochi giorni abbiamo messo a soqquadro cantine, armadi, ed il magazzino del centro di solidarietà della Comunità, ed anche aiutati dalla parrocchia di Borgo San Sergio ( grazie a Niky Bibi ed alla generosa disponibilità sua e delle signore che lì aiutano chi ha bisogno) abbiamo raccolto molti vestiti; altre cose le abbiamo comprate ( grazie a Hemma Luzia e a Franca Miazzi che col cuore lo hanno fatto, e non è la prima volta!). Il bello è che oltre a noi giovani per la pace (liceali ed universitari) a lavorare per ore e giorni, noncuranti del caldo e della quantità di abiti da smistare, sono i nostri amici migranti, proventinti da Pakistan, Afghanistan, Kashmir. La sede per interi pomeriggi è stata lo specchio della Trieste ( e del paese) che vogliamo costruire e consegnare ad altri giovani: solidale, senza barriere nè confini, capace di lavorare insieme, di ridere, scherzare, prendersi in giro ma con simpatia. Le borse per la distribuzione di domani sera sono quasi pronte: contengono magliette, camicie e pantaloni puliti, sandali, asciugamani, biancheria…quanto serve ad affrontare con un po’ più di dignità il caldo che ci aspetta nei prossimi giorni e le notti al buio…in attesa delle partite da giocare insieme e di altri momenti di amicizia con noi. #EstateSolidali : un bel sogno diventato realtà per tanti! Ed oltre a fare il bene, ci stiamo anche allenando per la #tregiornisenzafrontiere, a furia di portare su e giù dalle auto e per le scale della sede scatoloni di vestiti.
Volando verso Tirana ho tentato di imparare le più elementari frasi da utilizzare in terra albanese: ciao, grazie, come ti chiami, come stai…la mia memoria purtroppo non mi ha aiutato, al controllo del passaporto ho bisbigliato “buonasera”. Secondo problema: il caldo. Alle 8 di mattina la temperatura ricorda quella del pomeriggio italiano, fortunatamente la nostra casa è munita di aria condizionata. Nel viaggio verso la “casa rossa” ci informiamo sull’Albania. Gli Albanesi sono circa 3 milioni, dei quali un milione vive nella capitale, i rimanenti 2 milioni sono divisi tra gli altri centri e piccoli paesi e infine una parte risiede all’estero. Il territorio è prevalentemente montuoso, Tirana stessa ne è circondata, in particolare il Dajti, che domina sulla città. Spesso si vedono case non finite: si aspettano i soldi delle rimesse dei figli emigrati, ma non sempre arrivano e quindi questa tipologia di casa è diffusissima. Arrivando a Tirana ecco un hotel, grandioso, in stile neoclassico e appena finito: il contrasto con le case precedenti è brutale, ma anche questa è Albania. I bunker costruiti durante la dittatura di Enver Hoxha (dal 1946 al 1985) sono quasi del tutto scomparsi, le strade sono abbellite con alberi giovanissimi: alla caduta del regime comunista nel 1991 lo stato crollò completamente con tutti i suoi servizi, compreso il riscaldamento, e per scaldare le case si tagliavano molti alberi. La piazza centrale è circondata da palazzi in stile fascista, memoria dell’occupazione: l’Opera, il Museo di Storia Nazionale, alcuni ministeri. Al centro la statua di Scanderbeg, l’eroe nazionale che guidò la rivolta contro i Turchi, ha sostituito quella di Enver Hoxha, abbattuta dal popolo. La casa rossa ospita 16 persone al piano terreno, diviso in due parti: la “casa 1” con 10 persone e la “casa 2” con le restanti 6. Nel 2012 la struttura ha aperto le porte agli amici dell’ospedale psichiatrico, che qui sono seguiti come persone, non come carcerati. Ognuno di loro ha una storia complicata alle spalle, ma adesso è felice e lo dimostra anche solo col sorriso o lo sguardo. Il nostro compito era di far loro compagnia e aiutarli: una mattina mentre in casa 1 si facevano esercizi nel cortile nella casa 2 si faceva la barba. Altre volte li abbiamo accompagnati a prendere un kafe al bar, dove poi si passava buona parte della mattinata a parlare. L’uscita è molto attesa perché li porta nel mondo, dove possono sentirsi, almeno per un po’, completamente liberi. Le sbarre dell’ospedale non ci sono più, ma ci sono quelle rimaste dentro. Molto apprezzati i canti popolari albanesi e italiani e i momenti ludici: il domino, gli scacchi, un pomeriggio si sono molto divertiti con un grande memory. Si sono fatte parecchie gite, al grande Parco Nazionale di Tirana, al castello di Petrela, con una bella vista sulla città, sul Dajti per trascorrere una bellissima giornata al fresco della montagna. Per il gruppo della Comunità di Torino c’è stata anche l’occasione di visitare altri amici ad Elbasani e Scutari. Nella...
Per noi, giovani universitari genovesi, quella in Sicilia è stata una vacanza ricca di incontri. Dalla festa con i profughi di Milazzo all’incontro con i Giovani per la pace di Catania, in una terra bella e complicata come quella siciliana non potevamo dimenticarci di una figura così importante come quella di Padre Pino Puglisi. Accompagnati da Vincenzo Ceruso siamo stati a Brancaccio, ripercorrendo i passi di Don Pino nelle vie e nei luoghi da lui frequentati fino al giorno della sua morte. Abbiamo visto la sua casa, il Centro Padre Nostro e la parrocchia dove chi lo ha conosciuto e i ragazzi più giovani tengono vivo il suo ricordo. L’impronta lasciata da Padre Puglisi è visibile in tutti quelli che lo hanno incontrato, come la signora Elisa che porta avanti i suoi pensieri e i suoi sogni, testimoniando ogni giorno la sua amicizia ai visitatori della casa di Don Pino. Era un uomo semplice, ci ha raccontato, ma sognava in grande. Anche noi vogliamo essere come lui, degli uomini e donne semplici ma con degli ideali e dei sogni da realizzare, quei sogni che non sono morti neanche con la sua uccisione. Vogliamo essere come lui nella non rassegnazione verso i tanti bambini e le situazioni più difficili che incontriamo nelle scuole della pace, pronti a parlare con tutti, anche con chi ci sembra così lontano dai nostri valori. Vogliamo sognare anche noi in grande, perché la mentalità ristretta dei quartieri in cui ci troviamo sia sconfitta da uomini e donne miti e col sorriso, proprio come Don Pino.
Mercoledì a Messina sono arrivati 453 migranti. Insieme ai vivi riusciti ad attraversare indenni la terribile prova del mare, sono arrivate drammaticamente e quattordici bare, quattordici vite spezzate prima di abbracciare la nuova speranza in Europa, quattordici persone che oggi non ci sono più e che ci ricorderanno per sempre come sia inaccettabile morire di speranza. Noi eravamo al porto per accogliere e per porgere un fiore su ciascuno di quelle bare, eravamo insieme al vicario del vescovo, a un monaco buddhista e al Presidente della Comunità Islamica di Messina, per pregare per questi fratelli che sono scappati dalle loro città, dalla guerra e povertà, che sono scappati per trovare un rifugio sicuro ed hanno trovato un muro di acqua a fermarli. Le nostre preghiere devono infrangere quel muro perché mai più chi parte dalle tragedie del mondo debba morire di speranza.
In una calda e soleggiante giornata estiva alcuni adolescenti hanno scelto di non dimenticarsi degli anziani. Hanno scelto di amare. In Sicilia ragazzi giovanissimi delle scuole medie, hanno deciso di trascorrere una giornata di mare insieme agli anziani, coinvolgendoli nei loro divertimenti. Ed anche questa volta, nemmeno il caldo ha potuto allentare la grande amicizia. Due cardini, due generazioni, due poli fortemente attratti l’un l’altro: niente e nessuno può separarli. Gli anziani, con la loro imponente saggezza e con il loro sguardo dolce, hanno abbracciato e cullato col cuore i sorrisi pimpanti ed euforici dei giovani ragazzi, avvolgendogli l’anima di protezione e sana maternità; i giovani, invece, con il loro entusiasmo e con la loro esuberanza, hanno donato vitalità e contagiosa energia agli anziani. Il caldo afoso e torrido si è magicamente trasformato in fresca brezza marina, dissetante e rigenerante per i dolori e per le sofferenze di ogni anziano. Insomma, una giornata così è rimasta e rimarrà per sempre nel cuore di tutti. Facciamo in modo che nessuna stagione, nessun uomo, nessuna tendenza e nessun egoismo, possano essere delle barriere per l’Amicizia. Noi abbiamo scelto di amare sempre. di Myriam Magno
Vi racconto una storia. Stamattina sono andata al mercatino. Tra la bancarella dei costumi e quella del pesce ho conosciuto Chico, 27 anni, nigeriano. Abbiamo cominciato a parlare e una delle prime domande che mi ha fatto è stata “dove vai in vacanza quest’estate?”. Gli ho risposto che andrò in Africa, in Mozambico, con i Giovani per la pace, per aiutare. A quel punto è stato come se ci conoscessimo da sempre. Mi ha raccontato di come quattro anni fa anni fa, grazie ai pochi spicci che aveva messo da parte a fatica, ha lasciato il suo la paese. Mi ha raccontato della traversata del deserto del barcone che ha preso per raggiungere l’Italia. Voleva arrivare qui, trovare un lavoro essere integrato e aiutare a casa. Facile. Mi ha raccontato che però ben presto ha capito che trovare un lavoro non sarebbe stato facile. Era in un paese straniero, da solo e non sapeva da dove cominciare. Ma soprattutto, non conosceva la lingua e nessuno si sforzava a capirlo. Fino a che un giorno ha conosciuto altri stranieri alla stazione. Questi gli hanno parlato della scuola di italiano della Comunità di Sant’Egidio, completamente gratuita. Chico oggi è un piccolo commerciante, ha trovato degli amici e un suo posto nella nostra società. Cos’altro devo aggiungere per dirvi che un po’ di solidarietà cambia il mondo? Ma soprattutto, che altro ci serve per capire che uno come Chico è un essere umano e non un extra comunitario venuto qui per rubarci il lavoro? Mariangela gxp Napoli
#3GiorniSenzaFrontiere, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio e dai Giovani per la Pace, avrà luogo a Catania tra il “Lido Azzurro” e la Chiesa di Santa Chiara e vedrà sfidarsi squadre composte da giovani italiani e giovani stranieri in giochi, fisici, di abilità e di astuzia, ambientati in spiaggia dove il gioco ed il divertimento assicurato contribuirà a costruire una società più integrata, più divertente e più bella! Non esitare! IL PROGRAMMA DI #3GiorniSenzaFrontiere
Roma, 28 luglio. Un caldo pomeriggio come tanti altri in quest’estate infuocata. Un pomeriggio che al Cinodromo di Roma ha assunto tutto un altro sapore per tanti bambini Rom che vivono lì. Protagonisti di canti, balli e giochi organizzati dai ragazzi di Padova, in visita alla Comunità di Sant’Egidio in questi giorni, e dai Giovani per la Pace, hanno passato un pomeriggio all’insegna del divertimento e dell’allegria. La loro simpatia e i loro sorrisi ci fanno capire ancor di più come l’amicizia sia l’ingrediente più importante per costruire ponti di solidarietà che non abbiano confini! #
#Prima giornata di lavoro per i Giovani per la pace che anzitutto sono andati a conoscere “sul campo” il progetto Dream. Sono andati a visitare i centri Dream di Manga Chingussura e Praia Nova, due quartieri di Beira. Il centro di Praia Nova, più recente, è affiancato dal laboratorio che permette di processare i campioni delle analisi di routine e misurare la carica virale, senza dover mandare il materiale a Maputo (la capitale), dal Centro Nutrizionale, dove ogni giorno a turno vanno a mangiare 200/250 bambini (di cui 30 bambini di strada), dall’asilo e dalla scuola per i bambini di strada. I Giovani per la Pace hanno prima aiutato al centro nutrizionale, poi con alcuni bambini sono andati a giocare, prima del rientro alle rispettive scuole o case. Oggi invece dopo la visita al centro si sono divisi in due gruppi per visitare le due nuove scuole della pace
Amici, lo ammetto! A partire dalla cucina, amo il mondo e le sue varietà: il caffè brasiliano, la frutta esotica, i the indiani e asiatici, la cioccolata belga e svizzera, il riso alla cantonese e i gamberoni mozambicani, il chambo malawiano e la cucina indiana, libanese, quelle speziate afghana e pachistana, specie quando a prepararla sono degli amici. Anche l’altro giorno questo è accaduto, per la fine del Ramadan: in uno dei giorni più caldi dell’estate ragazzi pachistani ed italiani hanno sfidato il caldo e per 11 ore hanno lavorato fianco a fianco, per cucinare una cena per l’iftar- Il profumo delle spezie si è mescolato a quello dell’amicizia; il profumo, come il vento, soffia dove vuole…ed a Trieste, con la nostra bora, noi ne sappiamo qualcosa. Persino la bora non è italiana, viene da lontano, e soffia impetuosa, a volte più leggera. Ieri si sentiva, nella preparazione e poi durante la cena, il profumo dell’accoglienza, del rispetto, si respirava pace, curiosità, armonia. Ragazzi di 15 – 20 anni che si incontrano, confrontano, conoscono…Non è un’utopia, vivere insieme è possibile. Ed è meno raro e difficile di quanto possa sembrare. #EstateSolidali
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