Pubblichiamo l’articolo di Matteo sulla mostra La crisi / Le crisi, esposta di recente a Roma Tre. L’articolo è stato pubblicato su Trevolution, rivista di Studenti alla Terza. Dal 18 al 22 novembre 2013 i Laboratori d’arte della Comunità di Sant’Egidio hanno esposto dipinti, installazioni, video-opere e testi presso il dipartimento di Giurisprudenza. La mostra, intitolata “La crisi/Le crisi”, ha presentato opere di persone con disabilità, invitando gli studenti e i docenti di Roma Tre a votare la loro opera preferita. Esodo, lavoro collettivo Attraverso diverse forme espressive le persone con disabilità hanno comunicato in maniera efficace il loro pensiero e il loro sguardo sulla realtà. Ne è emersa una lettura originale dell’attuale crisi economica, ma anche un’analisi di tante altre situazioni di “crisi” – culturale, sociale, esistenziale – che gli autori delle opere descrivono senza indulgere al pessimismo. Al contrario, il loro modo di guardare la realtà è spesso percorso da una vena giocosa e (auto)ironica. È il caso dell’installazione di Daniela Perri dal titolo Dopo la crisi. Liquefatta, che si è aggiudicata il secondo premio della giuria popolare: in quest’opera l’artista ha giocato sulle sue crisi (epilettiche), auspicando una possibile ed emergenziale via di fuga. Senza negare le difficoltà che le situazioni di crisi creano o acuiscono anche nel nostro paese (come in La crisi alimentare di Maria Grazia Galleoni, quinta opera più votata), le persone con disabilità non mancano di provocare nell’osservatore la sorpresa per il modo diretto e anticonformista di prospettare possibili soluzioni. Il primo premio è stato assegnato all’installazione Esodo, lavoro collettivo del Laboratorio d’arte della Comunità di Sant’Egidio (nella foto). Gli artisti hanno voluto rappresentare la crisi che ha percorso negli ultimi anni tanti paesi africani, spingendo migliaia di persone a rischiare il viaggio attraverso il Sahara e il Mediterraneo, alla ricerca di un approdo in Europa. La simbologia giudaico-cristiana richiama la necessità di approfondire le radici culturali e spirituali per rinvenire le risorse per uscire rinnovati dalla crisi. Una delle artiste con disabilità, Hirseyo Tuccimei, che è nostra collega a Scienze della Comunicazione, ha scritto nella poesia “Tutto può cambiare”: “Piuttosto conviene sperare per gli altri che amareggiarsi per sé / Piuttosto conviene accogliere i profughi che rimanere egoisti / Piuttosto conviene fare il piccolo passo alla nostra portata che aspettare il salto in avanti impossibile / Piuttosto conviene impegnarsi ogni giorno che stare a guardare / Piuttosto conviene provare a lottare che unicamente lagnare”. Sì, tutto può cambiare. Se l’impegno dei singoli viene condiviso e diviene progetto comune. Se l’università sa cogliere le sollecitazioni che vengono dall’esterno e non si chiude nei suoi problemi. Se la solidarietà non si limita ad offrire soluzioni episodiche e diviene il modo normale di affrontare le difficoltà di tutti. Matteo Cavicchioli, Giovani di Sant’Egidio (fb) Puoi visitare virtualmente la mostra accedendo a questa galleria: clicca qui.
Categoria: Attualità
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A partire da inizio settembre a Milano hanno iniziato ad arrivare consistenti gruppi di profughi in fuga dal conflitto che infuria attualmente in Siria. Milano, tuttavia, non sembrava essere la destinazione finale, ma solo una città di passaggio per raggiungere la vera meta: l’ Europa del Nord. Poiché le autorità inizialmente non si erano accorte dell’urgenza della situazione e non avevano adottato alcuna misura, gruppi di giovani con la Comunità di Sant’Egidio si sono recati in stazione centrale. L’allarme era arrivato dall’associazione dei “Giovani Musulmani”, ragazzi e ragazze di seconda generazione che già da settembre incontravano i profughi in stazione e li proteggevano da coloro che tentavano di approfittarsi della loro disperazione. Le famiglie dormivano per terra sui mezzanini della stazione e il loro bisogno di partire li portava persino a risparmiare sul cibo. Studenti del liceo classico Carducci venuti a conoscenza della grave situazione, si sono mobilitati per prestare aiuto, alcuni raccogliendo coperte e vestiti pesanti a scuola durante il giorno, altri di sera recandosi in stazione per distribuire beni di prima necessità, e ascoltare le loro storie! Dopo alcune settimane il comune ha allestito per i profughi centri di accoglienza dove possono soggiornare prima di ripartire. Noi siamo andati due domeniche di seguito a trovarli per capire meglio che cosa avevano passato in Siria e per farli sentire un po’ meno soli e dimenticati in un paese straniero. Ci ha molto colpito la storia di Alì, un giovane siro-palestinese di 17 anni, scappato da Damasco. Ci ha raccontato che nella capitale il suo quartiere era stato assediato, la sua scuola bombardata ed era impossibile viverci. Tuttavia, come tutti, Alì non avrebbe mai voluto lasciare il suo paese, ma si è trovato costretto a causa della situazione. Molti, come lui, sono doppiamente profughi: scappano, infatti, dai campi profughi palestinesi sorti in Siria dal 1948. Noi ci auguriamo che Alì e tutti gli altri profughi riescano a raggiungere la meta che desiderano senza correre il rischio di essere bloccati alle frontiere!
I giovani non trovano lavoro, non hanno opportunità, né vale la pena per loro darsi da fare, in tempi di crisi. La crisi impoverisce i giovani, in tutti i sensi. Oppure, c’è una speranza e la realtà, a partire da quella giovanile, non è così tragica. Il pessimismo, in verità, è una profezia che si avvera da sola. Avvertite anche voi che i giovani sono la speranza del futuro? Riportiamo una breve lettera al Corriere della Sera del nostro amico Massimiliano, pubblicata il 25 novembre, per cercare di dare insieme una risposta. Oltre la crisi Non più bamboccioni Condivido l’articolo di Giovanni Belardelli (Corriere, 23 novembre) che osservava che la crisi ‘ormai è dentro di noi’ e invitava a ‘rompere la spirale di un pessimismo che rischia, inevitabilmente, di autoavverarsi’. Sono dottore di ricerca e ricercatore (precario) in un’università romana. Conosco un po’ l’ambiente universitario, anche perché coordino le attività della Comunità di Sant’Egidio tra i giovani di Roma. Mi capita sempre più di vedere ragazzi pronti a imparare e faticare, ben diversi dallo stereotipo dei bamboccioni di qualche anno fa. Riscontro un fermento, che è come la spia del loro desiderio di mettersi in gioco, di aiutare e di rischiare. Anche la recente inchiesta del Censis indicava una ripresa della voglia di impegno civile e di adesione a iniziative di solidarietà, nonostante la crisi. Percepisco insomma quelle ‘energie vitali’, evocate da Belardelli sulla falsariga di Chateaubriand. Mi pare che queste energie, poco visibili, se non oscurate da tanti altri fenomeni negativi, ci permetteranno di guardare con speranza il futuro. Massimiliano Signifredi Roma
Guardando l’ immagine la mente ritorna agli anni più cupi della storia umana contemporanea, ricordi di un passato violento,ingiusto, inumano. Nonostante gli errori, le ingiustizie compiute dall’ uomo, la storia ideologica si ripete. Questa volta l’ odio ha trovato terreno fertile in una Grecia, una volta culla della cultura e della civiltà, indebolita e priva di speranza. La storia ci insegna che le grandi crisi economiche possono provocare la venuta del cosiddetto “uomo forte”, cioè di colui che con un’ azione rivoluzionaria e non priva di violenza proietta la nazione verso un disegno profetico. E questo è ciò che è accaduto e accade tuttora sotto gli occhi di un popolo allo stremo delle forze. Alba Dorata, partito di estrema destra, si impone nel panorama nazionale a partire dal 2010. La sua ascesa è inevitabile poiché, di fronte all’ incapacità dello Stato di reprimere i malesseri collettivi, spetta a quest’ ultimo ripristinare l’ordine perduto. In che modo? Cito un esempio semplice ma terribilmente efficace a smuovere i consensi di un popolo. I militanti di Alba Dorata più volte scesero in strada e distribuirono gratuitamente beni di prima necessità (pasta, acqua) ai bisognosi, ai disoccupati, agli oppressi. I discorsi patriottici, la rivalsa verso un’ Europa nemica dello stato greco, il valore della nazionalità pura (non infettata dal sangue straniero) e il conseguente ripudio verso il diverso hanno generato un cultura fondata sull’ antisemitismo, sul terrore, sull’ antidemocrazia. Agghiaccianti alcune dichiarazioni del leader di Alba Dorata Nikólaos Michaloliákos. Il 15 maggio 2012 egli affermò in un’ intervista: « Auschwitz? Cos’è successo ad Auschwitz? Io non ci sono andato. Voi? Non c’è stato nessun forno e nessuna camera a gas. E’ tutta una menzogna. Ho letto parecchi libri che hanno messo in dubbio la cifra propagandata di sei milioni di ebrei uccisi nei campi di sterminio. Hitler fu una delle più grandi personalità del ventesimo secolo» Potrei elencarvi decine di discorsi simili o forse peggiori. Non è mio interesse farlo. Basta questo al lettore per comprendere la natura criminale di questo partito e la demagogia che mette in atto costantemente. Il problema di questo fenomeno socio-politico non è rappresentato dalle parole di un uomo solo o da un gruppo ristretto. Qua si sta parlando del 19% dei greci ( quasi 1 su 5) che si riconosce in queste parole. Perché l’ Europa è paralizzata di fronte ad un caso così eclatante? Forse in nome del principio democratico da rispettare senza se e senza ma? O forse per indifferenza e scettiscismo nell’ ascesa al potere di questo partito? In ogni caso l’ omertà è veleno per una Grecia che si troverà ad un bivio. Vedremo sorgere una nuova Alba colma di odio e disprezzo oppure il cielo conserverà la sua limpidezza e umanità? Confidiamo nonostante tutto nella più grande civiltà della storia che insegnò per prima il valore della libertà, della democrazia, della cultura. F. L.
“Sono italiano! Sono africano! E, come vedete, sono nero! E sono fiero di essere quello che sono. Ma soprattutto sono un essere umano!” Cosi apre la sua testimonianza Maurice, ventiseienne della Costa d’Avorio, sopravvissuto alla traversata del deserto del Sahara, ad un naufragio e giunto a Lampedusa; sorte fortunata, o oseremmo dire, benedetta , rispetto ai tanti immigrati che purtroppo in questi giorni ci hanno lasciato. Con queste parole sincere e coraggiose si apre il secondo appuntamento di “Parole di uomini, Parola di Dio”, organizzato dalla comunità di Sant’Egidio, che ogni mese si incontra per discutere sul valore di alcuni temi secondo le scritture e la nostra esistenza da uomini. Oggi vedremo come alla parola ODIO/INIMICIZIA si possa rispondere “ Facendo il bene” e “Riconoscendoci tutti fratelli, perché figli di uno stesso padre”. “Noi stranieri dobbiamo ringraziare l’Italia perché ci ha accolti” – ribadisce Maurice, ricordando quei 3 lunghi giorni di interminabile cammino nel deserto, mentre era costretto a lasciare sulla sabbia, stremati, tanti compagni di viaggio – “Molti non ce la fanno. Durante il viaggio vedi ai tuoi lati corpi umani, ma non puoi fermarti, devi andare avanti se vuoi sopravvivere”. Racconta ancora di come, dopo 2000 km, si sia visto proporre per la grande traversata una piccola barchetta trasandata di circa 250 posti, mentre lui e i suoi compagni di viaggio, erano più del doppio: “Quando arrivi lì devi per forza salire! Sono armati!”. Conclude sobriamente e umilmente il suo “esodo” raccontando dell’arrivo a Lampedusa e della felice accoglienza che ha ricevuto dalla Caritas di Frosinone.“Dio mi ha fatto conoscere molte persone buone!” – cosi risponde ai tanti amici che gli domandano come faccia a vivere con delle persone che “lo insultano, lo picchiano, lo discriminano” (gli italiani). “Mi piace l’Italia perché non posso lamentarmi! Però è ancora dietro al razzismo!” – Inizia, allora, un accorato appello ai tanti universitari operanti nella comunità presenti in aula, perché è dai giovani che le cose devono cambiare – “Non sono sporco, sono nero! Sono una creatura di Dio! Se dici cosi allora anche Dio deve essere sporco!” – “Tu credi in Dio? E non ami suo figlio perché è nero?” – “Se io vi dessi per un solo giorno la mia pelle, non ve lo scordereste mai per quello che vivreste!”.La sua testimonianza è sincera, umile e si estende anche al tema dell’interculturalità e all’apertura alle altre culture, viste come ricchezza: “Dovete togliervi dalla testa che siete superiori ai neri e che gli altri non possono insegnarvi niente!” – afferma con rammarico, lui che ora è allenatore di calcio ai bambini di Strangolagalli, la cittadina in cui ora vive felicemente. “Dovete approfittare delle altre culture; solo cosi potete accrescere le vostre conoscenze” – “Rispetto e un po’ di affetto! Solo questo chiediamo noi stranieri! Devi dirci che tu sarai la nostra famiglia!”.La sua è una fede forte, e ce lo dimostra rispondendo al tema ODIO, con la parola PERDONO: “Ho imparato a perdonare, ho imparato a pregare, ma non imparerò mai a fare finta di essere ciò...
La crisi / Le crisi, installazioni, dipinti, video-opere e testi di persone con disabilità. Mostra promossa dai Laboratori d’arte della Comunità di Sant’Egidio. Si è inaugurata oggi la mostra La crisi / Le crisi, che sarà ospitata per l’intera settimana presso la facoltà di Giurisprudenza di Roma Tre. Cercheremo in quest’articolo di riprendere le parole di chi è intervenuto. Potete scaricare l’audio dell’evento dal link in fondo all’articolo. La mostra è il risultato di una accurata documentazione su argomenti del nostro tempo con una particolarità: nessun artista si è qui abbandonato al pessimismo, proprio perché l’arte permette di alzare lo sguardo. La crisi / Le crisi, mostra promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, ha visto la partecipazione di tante associazioni e cooperative. L’ateneo Roma Tre, oltre ad essere un luogo di cultura in quanto sede universitaria, ha sempre dimostrato una sensibilità nei confronti della disabilità, iniziando dall’abolizione delle barriere architettoniche. La mostra in questo luogo è più che mai significativa. È peraltro un onore per l’ateneo ospitare un segmento di un ciclo di esposizioni che sono state ospitate alla Biennale di Venezia e alle Scuderie del Quirinale. L’arte come espressione personale, di ricchezza interiore, fa emergere qui un mondo di sentimenti e aspettative, altrimenti sacrificato nelle nostre società. Si scorge una profondità di pensiero sorprendente, in cui si danno letture originali della crisi. Parlar troppo della crisi porta spesso a conclusioni banali, ma non parlarne potrebbe sortire effetti ancor più pericolosi. Si scoprono diverse dimensioni dell’uomo: ecco che La prima crisi, titolo di un’opera, diventa la discordia tra Adamo ed Eva. Si scopre la sofferenza dell’altro, in un mondo diviso: La casa al centro reclama i diritti del popolo rom. La questione centrale risiede nel non perdere l’umanità in tempi di crisi. L’etimologia greca della parola crisi restituisce il significato di giudizio, non a caso. L’artista Maurizio Valentini, della Comunità di Sant’Egidio, esprime il suo pensiero attraverso la fotografia. Del suo percorso artistico si menziona la partecipazione a I/O è un Altro, special project di César Meneghetti. Stay tuned on this blog, visitate questo blog in questi giorni: saranno pubblicate immagini e parole dalla mostra! Si estende l’invito ai lettori di Roma: La crisi / Le crisi Università degli Studi Roma Tre – Facoltà di Giurisprudenza via Ostiense, 161 18-22 novembre 09.30-18.00 Premiazione delle opere scelte dalla giuria popolare Venerdì 22 novembre, ore 11.00 – aula 9 È possibile votare sul luogo o sul gruppo Facebook dei Giovani di Sant’Egidio – Roma Tre (https://www.facebook.com/giovanidisantegidioroma3?fref=ts) a cura di A.
A conclusione di un lavoro che ha impegnato i suoi artisti con disabilità insieme a quelli di numerose associazioni, cooperative, case alloggio, etc… i Laboratori d’arte della Comunità di Sant’Egidio organizzano una serie di mostre dal titolo “La crisi / Le crisi” che avranno luogo in alcuni quartieri della città di Roma. Attraverso dipinti, installazioni, video-opere e testi, ciascuna esposizione vuole offrire un contributo di riflessione sulle situazioni di crisi sia del presente che del passato, cogliendo quei segni che lasciano intravedere una luce di speranza sul futuro. Vi aspettiamo dal 18 al 22 novembre presso L’Università degli studi Roma Tre, via Ostiense 159. Inaugurazione lunedì 18 novembre ore 16,30 aula 4. http://www.santegidio.org/pageID/3/langID/it/itemID/8019/Inaugurazione_della_mostra_La_crisile_crisi.html Non perdere anche i prossimi appuntamenti!!
Voci da Lampedusa: “In quel viaggio terribile, sono stato trattato come una bestia. Ma sono africano, immigrato. Un essere umano!” Ciao a tutti! Nell’ultimo mese l’isola di Lampedusa è tornata tristemente alla ribalta per le stragi al largo delle sue coste: stragi di uomini e donne che, come tutti, cercano un futuro migliore per le proprie famiglie, sfuggono dalla guerra e dalla miseria, cercano un’alternativa – in alcuni casi – all’uccidere o all’essere uccisi. Partono prevalentemente dall’Africa subsahariana, e ultimamente da Siria ed Egitto (per ovvi motivi); attraversano il Sahara, stipati su pick-up o a piedi; trascorrono un periodo più o meno lungo in Libia, perché rinchiusi in una prigione o perché devono guadagnarsi i soldi per pagarsi la traversata del Mediterraneo, che avviene sulle “carrette del mare”: pescherecci piccoli e stipati di gente fino a scoppiare (o affondare). Infine arrivano in Italia e cosa trovano? Due centri di accoglienza e pratiche lunghissime, con dei funzionari italiani che devono decidere se era abbastanza grande la sofferenza da cui scappavano, se era abbastanza reale il rischio di essere uccisi o dover uccidere, per dargli lo status di rifugiato. Se non hai sofferto abbastanza, puoi tornare a casa. Quelli che arrivano, però, sono già dei sopravvissuti. Non solo, per i paesi da cui fuggono, ma perché sopravvivono a un viaggio tra i cimiteri: il cimitero del Sahara e il cimitero del Mediterraneo; solo nel secondo, dal 1988 sono morte almeno 19.372 persone. Perché parlo di tutto questo? Perché martedì 12 novembrealle ore 19:15 nella Basilica di San Bartolomeo all’isola Tiberina avremo la possibilità di ascolta Maurice, uno di questi uomini coraggiosi e fortunati, un ragazzo della Costa D’Avorio che ha guardato in faccia la sete, la sofferenza, i maltrattamenti insieme a tanti suoi coetanei, dei quali molti non ce l’hanno fatta. A seguire ricorderemo le tante vittime dell’inaccoglienza e dell’indifferenza. E rifletteremo insieme sull’odio e sull’inimicizia, come radici della sofferenza di tanti. Perché non è giusto guardare dall’altra parte, quando tanti muoiono e soffrono. Elena
Manca poco meno di una settimana all’inizio della ventisettesima edizione degli incontri Internazionali per la Pace nello spirito di Assisi, voluti per la prima volta dal Beato Giovanni Paolo II, che dal 1986 si svolgono ogni anno in una città diversa. L’edizione di quest’anno, dal titolo “Il coraggio della speranza: religioni e culture in dialogo”, si svolgerà dal 29 settembre al 1 ottobre, e vedrà coinvolti, come sempre, centinaia di leader di tutte le religioni e personalità del mondo della cultura e della politica, provenienti da più di 60 Paesi. Consulta il programma in PDF Ci aspettano tre giorni intensi di amicizia, condivisione, dialogo e preghiera, nel rispetto della più genuina accezione di COMUNITÀ, come testimoniato da queste tre bellissime e-mail che ci hanno inviato i ragazzi del gruppo dei Giovani per la pace di Bari, di San Vito dei Normanni (Br) e della Sicilia: “La preghiera per la pace per noi “Giovani per la pace di Bari” rappresenterà un momento fondamentale per il nostro percorso. Dopo un anno difficile per la nostra città e per la nostra comunità che nel contesto cittadino ci vive, la preghiera per la pace vorremmo che rappresenti un punto di ripartenza. Un’esperienza da cui trarre spunto ed energia positiva, per poter affrontare un altro anno nel miglior modo possibile. I giorni che ci apprestiamo a vivere siamo certi che in questo senso ci daranno ottime risposte. Risposte all’insegna dell’amicizia, del dialogo e della cultura del convivere con gli altri e per gli atri. Bari è una città che ha bisogno di tutto ciò e noi nel nostro piccolo vorremmo accogliere questa esigenza come una grande opportunità. Un’opportunità che nasce proprio dall’incontro della prossima settimana. Innanzitutto siamo certi di trovare un clima di grande amicizia, che ci conforta e ci rende felici. Un’amicizia incondizionata che ci darà la forza e la gioia per ripartire. Poi ci sono i Panel, un’esperienza di grande profilo culturale da cui trarre spunto per importanti riflessioni. Ci viene in mente il discorso interculturale a noi tanto caro in virtù del nostro impegno con gli stranieri che cerchiamo di accogliere nella nostra città. O ancora quello relativo alla povertà fulcro essenziale dell’esperienza comunitaria. E soprattutto la preghiera e la fede in Dio che sorreggono come salde fondamenta il nostro cammino in Comunità. Nella prossima Preghiera per la pace insomma noi riponiamo immensa fiducia ed importanti aspettative. Siamo certi altresì che tutto ciò non verrà disatteso perché il nostro volere è quello dell’intera Comunità di S.Egidio di cui noi cerchiamo soltanto di essere umili interpreti. “ Angelo – Maddalena – Marika “Ci presentiamo, siamo Marinunzia, Adele, Cinzia, Emanuela, Annarita, Lucia, Maria Teresa, Maddalena, Mariangela, Angela, Angelo. Facciamo parte dei Giovani per la Pace, Puglia . Purtroppo, però, grazie a un tragico evento abbiamo avuto la fortuna di conoscere un mondo completamente diverso dalla nostra realtà. Una vecchia realtà, costruita su basi fragili che ci rendevano partecipi di una vita monotona. Grazie ai Giovani
Diamo con piacere spazio a questa notizia che ha toccato il cuore di tutti noi. Guarda il VIDEO dal minuto 19:40 al minuto 21:40 La redazione si unisce nella Preghiera (Mt 25, 31-46) con Gabriela Caballero e tutta la popolazione carceraria.
Speravamo di non dover riscrivere una nuova pagina nella storia. Eppure le incomprensioni, l’ incapicità verso una soluzione, gli interessi economici hanno preso il sopravvento. Dopo mesi di scontri civili fra il governo e la popolazione oppressa, lo scontro ha assunto una dimensione internazionale con il pericolo di una deflagrazione mondiale. Il mio obiettivo in questo post è quello di dare una panoramica del conflitto, di spiegare le cause e forse di trovare una soluzione. Già nel post precedente(http://www.cittaditutti.net/2013/05/guerra-civile-siriana.html) avevamo analizzato le origini del conflitto interno. Oggi dobbiamo inserire due protagonisti mondiali che stanno mettendo a dura prova i trattati di pace: Stati Uniti e Russia. Tutto è iniziato il 21 agosto 2013. In questa data il governo siriano adottò armi chimiche contro la popolazione spezzando vite di bambini,donne e uomini. Tale gesto ha destato l’ indignazione degli Stati Uniti che di fronte a tale crudeltà erano e sono tuttora pronti ad intervenire militarmante a difesa della popolazione. La situazione si complica ulteriormente perchè gli interessi economici russi in Siria (come in parte anche degli Stati Uniti) sono notevoli ( petrolio e gas naturale) e se i civili dovessero vincere la guerra civile, ciò consentirebbe al Qatar di ottenere uno sbocco sul Mediterraneo per i suoi gasdotti. In tal modo farebbe concorrenza diretta con la Russia sul mare. Il G20 di questi giorni poteva rappresentare uno strumento di riconciliazione fra le due superpotenze ma così non è stato. Il faccia a faccia tra Putin e Barack Obama è terminato con nulla di fatto. Putin ha dichiarato: ” nel caso di attacco al governo siriano, Mosca manderà aiuti militari a Damasco”. Ha inoltre condannato il possibile intervento degli Stati Uniti affermando che l’ applicazione della forza nei confronti di uno stato sovrano(Siria) è possibile solo per autodifesa e con il mandato ONU e non sarebbe questo il caso. Così gli Stati Uniti violerebbero la legge internazionale. L’ aria che si respirava al G20 era quella di una nuova Guerra Fredda. Apettiamo con grande interesse e con un pizzico di preoccupazione l’ evolversi di un storia dal potenziale devastante e confidiamo nella diplomazia comunitaria e nella capacità di giungere a compromessi. Il primo passo deve essere fatto dal governo siriano e dal presidente Bashar Al-Assad, veri fautori di un clima di violenza. Oggi 7 settembre può essere un giorno di cambiamento, un giorno di pace. Il messaggio di papa Francesco ha portato una nuova linfa nelle menti spaventate e indifese(http://www.cittaditutti.net/2013/09/papa-francesco-la-pace-e-un-bene-che.html). Forse Siria, Stati Uniti e Russia guarderanno questa sera migliaia di persone radunate a Piazza San Pietro e capiranno che confidare nella pace è l’ unica soluzione.
Papa Francesco: “La pace è un bene che supera ogni barriera”. Preghiera e digiuno per la Siria, 7 Settembre 2013
Alessandro IannamorelliRiportiamo l’Angelus di Papa Francesco del 1° settembre 2013. “Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Quest’oggi, cari fratelli e sorelle, vorrei farmi interprete del grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità, con angoscia crescente: è il grido della pace! E’ il grido che dice con forza: vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace, vogliamo che in questa nostra società, dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace; mai più la guerra! Mai più la guerra! La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato. Vivo con particolare sofferenza e preoccupazione le tante situazioni di conflitto che ci sono in questa nostra terra, ma, in questi giorni, il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano. Rivolgo un forte Appello per la pace, un Appello che nasce dall’intimo di me stesso! Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese, specialmente tra la popolazione civile e inerme! Pensiamo: quanti bambini non potranno vedere la luce del futuro! Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche! Vi dico che ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza! Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione. Con altrettanta forza esorto anche la Comunità Internazionale a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella Nazione, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana. Non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini. Agli operatori umanitari, impegnati ad alleviare le sofferenze della popolazione, sia assicurata la possibilità di prestare il necessario aiuto. Che cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? Come diceva Papa Giovanni: a tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore (cfr Lett. enc.Pacem in terris : AAS 55 , 301-302). Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà! E’ un forte e pressante invito che rivolgo all’intera Chiesa Cattolica, ma che estendo a tutti i cristiani di altre Confessioni, agli uomini e donne di ogni Religione e anche a quei fratelli e sorelle che non credono: la pace è un bene che supera ogni
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