Dopo l’articolo di Angela e Paola, Giovani per la Pace di Catania, sull’accoglienza ai migranti arrivati con la nave militare Grecale, proponiamo un video che racconta quelle ore.
Categoria: Attualità
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Quante cose sono cambiate dal quel fatidico 10 Agosto 2013 e quante ancora, purtroppo, sono rimaste immutate: anche ieri, 14 Maggio 2014, la città di Catania e la Sicilia intera si sono piegate di fronte allo sbarco dei 206 immigrati sopravvissuti, grazie all’intervento di Mare Nostrum (operazione militare ed umanitaria che fronteggia l’emergenza migranti nello stretto siciliano), al tragico naufragio dell’ennesimo “barcone della speranza”. C’erano stampa, politica e polizia. C’eravamo anche noi, movimento “Giovani per la Pace” della Comunità di Sant’Egidio. Da sempre impegnati nell’aiutare chi è meno fortunato, chi ha bisogno di ritrovare la speranza o soltanto di un’amicizia, siamo corsi sul posto, impazienti di assistere all’arrivo dei nostri “amici del mare”. Ed eccoli, alle 18 del pomeriggio, approdare al porto di Catania, distrutti, malconci, ma comunque con la delicatezza di chi apprezza un aiuto ed un “welcome” e ti saluta al suo arrivo, ti ringrazia e ti porge un altro saluto quando sale sull’autobus che lo sta portando a passare la notte in un palazzetto. Perché d’altronde non è il lasciarsi accogliere con gentilezza la parte più bella dell’accoglienza stessa?! Osserviamo uno per uno i volti di ognuno dei 206 sopravvisuti con la consapevolezza che su quella nave non hanno viaggiato solo loro… Sono 17. Sono 12 uomini e 3 donne. Sono 2 bambini. Sono insieme, ognuno coperto dal proprio lenzuolo bianco. Noi eravamo lì per attendere anche loro e per dargli il nostro saluto nel modo più semplice e modesto possibile, ovvero pregando e porgendo un fiore sui loro corpi prima di essere portati via. Non li conoscevamo ma questo non ci ha impedito di piangere di fronte ai loro corpi, di sentire la stessa tristezza e la sopraffazione che si prova quando si perde una persona a noi cara, di avere un magone in gola che non ti lascia parlare. A scrivere siamo proprio noi, due Giovani per la Pace, che non conoscevano direttamente le tragiche vicende che vedono protagonisti un popolo speranzoso ed un mare assassino se non grazie ai telegiornali, e che ieri si sono ritrovate davanti a due grandi esempi di vita e di morte ed una cosa ci è apparsa subito molto chiara: non dobbiamo smettere di aiutare. Lo facciamo noi giovani siciliani, reputati “la generazione perduta”, devono farlo tutti: dai nonni agli zii, dall’Italia alla Germania. Non esistono distinzioni di colore, religione, età, cultura. Su quella nave viaggiavano siriani, eritrei e nigeriani. Viaggiavano INSIEME. E allora non dovremmo anche noi lavorare insieme per il bene comune? Non dovrebbe lavorare con noi la Libia per mettere fine ai gravi conflitti che la vedono protagonista da troppi mesi? L’unione fa la forza, noi ci crediamo. Dobbiamo lavorare per loro, dobbiamo rimboccarci le maniche. Tra i tanti sopravvisuti a questa tragedia, la nostra attenzione è stata catturata da due bambini. Fratello e sorella, scendono dalla nave con dietro di loro una figura femminile che si identifica come loro zia. Quest’ultima, dei nipoti non vuole saperne nulla. I bimbi hanno perso i loro genitori...
CATANIA, 13 Maggio 2014 E’ arrivato in mattinata il comunicato secondo cui la Fregata ‘Grecale’ dovrebbe raggiungere nel pomeriggio il porto di Catania con a bordo circa 200 sopravvissuti e 14 salme. Diversi altri migranti sono ancora dispersi in mare, al largo di Lampedusa. E’ un nuovo ‘viaggio della speranza’ finito male, che sembra voler aprire la stagione degli sbarchi a Catania; le premesse sono molto simili a quelle dello scorso anno (10 Agosto 2013) ma stavolta si spera in una risposta più forte e in segnali concreti. In poche ore le voci si rincorrono, la Comunità di S. Egidio inizia ad organizzare una rete di aiuti necessaria in queste occasioni di emergenza e i ragazzi -chi appena uscito da scuola, chi fuggito dalle lezioni universitarie- si rimboccano le maniche. Si raccolgono beni di prima necessità (pasta, cibi in scatola, latte a lunga scadenza, riso) e materiale per l’igiene intima e personale. Sono molti i bambini presenti a bordo, e la richiesta di aiuto si estende a pappe, pannolini eccetera. I Giovani per la Pace di Catania iniziano a raccogliere il tutto in via Garibaldi 89, dal LUNEDI’ al VENERDI’ dalle 16:30 alle 19:00 ed il SABATO mattina dalle 10:00 alle 12:30. Nel frattempo, l’atteggiamento delle istituzioni è a dir poco disarmante. Ci si discolpa a vicenda: da Roma non giungono informazioni valide alla Comunità Europea, che a sua volta s’indegna ma senza intervenire fattivamente. Ancora una volta, la soluzione è nelle mani dell’associazionismo. La maggior parte dei migranti fugge da zone di guerra e i numeri presenti sulla ‘Grecale’ iniziano a farsi più nitidi: 206 i sopravvissuti e 17 le salme. Tra questi, i corpi di due bambine, una di pochi mesi e l’altra di non più di due anni. Vorrei concludere con alcune parole che ho avuto l’occasione di sentire ieri da un amico, al riguardo: “l’immigrazione non è giusta o sbagliata. L’immigrazione è un avvenimento.”. Sta a noi decidere come affrontare questi avvenimenti, se ignorarli e far finta di niente oppure rimboccarci le maniche e aiutare chi ha bisogno di essere soccorso e aiutato. Il mondo si salva un uomo alla volta. Il resto è grandioso romanticismo o magniloquenza politica.
Il primo maggio 2014, a San Giovanni Gemini, nell’Agrigentino si è tenuta la manifestazione “Giovaninfesta” dal tema “Don’t pass over” ovvero “Non passare oltre”. La manifestazione ha visto coinvolti più di quattromila giovani, che hanno impiegato un giorno di vacanza per ascoltare diverse testimonianze. La prima, da parte del signor Costantino Baratta, un uomo comune che con tanto coraggio è riuscito a salvare la vita di undici migranti sbarcati sulle coste dell’isola di Lampedusa. L’uomo ha raccontato di essersi accorto di alcune persone in mare, bisognose disoccorso e con grande prontezza, ha offerto loro un efficace aiuto e, dopo averli salvati, li ha accolti nella sua casa, aiutandoli a mettersi in contatto con le loro famiglie. E’ stata messa in risalto la determinazione dell’uomo a “non passare oltre” ma invece, a preoccuparsi di salvare le persone in pericolo. Un’altra significativa testimonianza sull’immigrazione è quella di Felix, Giovane per la pace di Mineo, che ha raccontato il suo passato di sofferenze e pericoli prima di giungere sulla nostra terra, condividendo con il numeroso pubblico, le emozioni di paura, di sconforto provate durante il suo pericoloso viaggio dove ha più volte rischiato la vita. E’ stato arrestato in Libia ingiustamente, perchè scambiato per un sostenitore del dittatore Gheddafi: lì ha subito molte ingiustizie e torture durante i mesi di reclusione e, ormai libero, è riuscito a raggiungere le coste della nostra isola. Alla fine della testimonianza ha esclamato con gioia di aver finalmente trovato la pace e l’ospitalità presso la Comunità di Sant’Egidio – Sono molto felice di essere qui- ha affermato sorridendo. Tra divertenti coreografie e coinvolgenti canzoni, quello della “mafia” diventa l’argomento trattato attraverso la testimonianza dell’ imprenditrice Valentina Ferraro che con ammirevole coraggio ha denunciato Mario Messina Denaro, fratello del boss mafioso Matteo Messina Denaro. Forte infatti e a più riprese, è stata la presa di posizione contro la Mafia del Vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro. La manifestazione si è conclusa con il brano “ We want peace” eseguito da Felix e da altri due Giovani per la Pace di Mineo, realtà composta da giovani richiedenti asilo politico, che hanno voluto dedicare il loro pensiero alla pace nel mondo. Nelle ore del pomeriggio, vari stand sono stati aperti al pubblico, compreso quello dei “Giovani per la pace” di Catania. Abbiamo lanciato una raccolta firme, rivolta alla pubblica amministrazione catanese per ottenere una targa commemorativa per le vittime dello sbarco a Catania del 10 agosto 2013. Firma on line la petizione dei Giovani per la Pace Incontrando i giovani dell’agrigentino abbiamo illustrato i servizi dei “Giovani per la Pace”, rivolti ai più poveri e invitato i passanti incuriositi a conoscere in modo più approfondito la Comunità di Sant’Egidio e soprattutto a farne parte. Con alcuni di loro, provenienti da tutte le parti della Sicilia, si prospetta di aprire delle nuove sedi laddove ce ne sia bisogno. Qualche ora dopo, gli stand vengono chiusi e la giornata si conclude con la felicità di aver passato un
La lettura politica coglie solo degli aspetti della preghiera e potrebbero esserci dei fraintendimenti, ma è bene cogliere anche questo legame. È chiaro che il papa nella questione è per il partito della pace e non dei filorussi o dei filoeuropei.
A dir la verità noi giovani ci siamo sempre considerati come i ‘figli di mezzo’ della storia, senza troppe pretese ma con grandi responsabilità, in cerca di un lavoro, eterni precari, cercatori d’oro in un mondo che sembra sempre più ancorato a mentalità vecchie. Ma gli ultimi avvenimenti ci hanno scosso, ci hanno fatto risvegliare, quasi a voler dire “Guardate qui! Voi avete qualcosa in più, la storia non vi ha lasciati soli!”…in queste settimane i giovani si vedono travolti da grandi eventi che nessun altro aveva mai avuto la possibilità di vivere e di raccontare: mai si erano visti ben quattro Papi in Piazza San Pietro (in ordine cronologico Roncalli, Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio) -due presenti spiritualmente, due fisicamente- un’occasione unica che ha portato pellegrini da ogni parte del mondo per un’evento unico, dipinto dalle immagini del CTV e raccontato da tutti i giornali e i media in mondovisione! Anche politicamente non siamo secondi a nessuno: un doppio mandato consecutivo ad un Presidente della Repubblica (Giorgio Napolitano) e numerosi Governi in poco più di un anno, con dibattiti politici spesso di una vuotezza disarmante e terrificante, con le stesse facce protagoniste di questi ‘dibattiti’ da più di vent’anni. Ma noi italiani, recentemente, abbiamo dovuto affrontare forse il più importante appuntamento con la storia: la ‘paura immigrazione’. Sì, perché fino a qualche tempo fa l’immigrazione era un argomento come un altro, qualcosa da consumare al bar tra un caffè e l’altro… gli immigrati che tolgono lavoro agli italiani, gli immigrati che stuprano, picchiano, portano malattie. Molto simili -troppo simili- agli ebrei, agli zingari, ai ‘diversi’ dipinti da Goebbels nella propaganda nazista, spaventosamente ridotti ad oggetti e spesso disumanizzati, tanto da renderne semplicistica l’eliminazione. Agosto 2013. Siamo in Sicilia e Catania -fino ad oggi mai toccata dagli sbarchi- conosce la prima ondata di migranti: sono giovani, uomini, donne, bambini, adulti, anziani… molti preparati, con una cultura non indifferente, laureandi e laureati. Non sono ignoranti come ci vogliono far credere e non vogliono restare qui per lavorare nei campi per pochi centesimi l’ora. A Catania e in altre città, abbiamo visto, insieme ad altri, le Forze dell’Ordine giocare con i bambini e intrattenerli con palloncini realizzati gonfiando i guanti da infermiere; studenti e studentesse catanesi spiegare le modalità di integrazione e di registrazione, sempre con il sorriso in volto. Nel frattempo, abbiamo visto la politica rispondere con le solite frasi vuote e con poche azioni. Aprile 2014. Quasi un anno dopo gli sbarchi dei migranti sono aumentati e sono stati accolti da città e paesi in Sicilia e non solo; nel frattempo al dibattito politico, già svuotato di ogni contenuto, si è aggiunta l’ansia per le Elezioni Europee che tra un mese avranno luogo. Si è diffusa la falsa voce di malattie portate dai migranti nei loro viaggi. In molti si sono affrettati per cavalcare l’onda del ‘fenomeno immigrazione’ e per accaparrarsi qualche voto in più: PRIMA GLI ITALIANI!- PRIMA GLI ANZIANI!- PRIMA I DISABILI!- PRIMA I GIOVANI!… hanno diviso...
La settimana scorsa avevamo deciso di assistere alla canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e Papa Giovanni Paolo II dal vivo, così sabato sera noi Giovani per la Pace ci siamo armati di viveri, teli, termos di caffè caldo e amicizia e siamo andati ad accamparci a via della Conciliazione in attesa dell’apertura della piazza prevista per le 5:30. C’è da dire che non abbiamo sofferto il freddo, ma si sentiva che eravamo 500mila in attesa di questo grande evento… E, per smentire le malelingue, pure il meteo ha partecipato: solo una lievissima pioggerellina ci ha disturbati alle 10 del mattino dopo. Abbiamo voluto partecipare a questo evento perché come Giovani per la Pace e Comunità di Sant’Egidio siamo molto legati a questi due papi: siamo nati dal Concilio Vaticano II voluto da Giovanni XXIII e senza la sua ispirazione probabilmente non saremmo mai esistiti, e siamo cresciuti con Giovanni Paolo II, sia come Comunità che come giovani, tant’è che da piccoli per noi il Papa era lui e ci sembrava assurdo che ce ne potesse essere un altro. Come Giovani per la Pace, giovani di questo mondo, siamo grati all’insegnamento che viene dalla la loro vita, vogliamo continuare a imparare da loro a guardare e non fuggire le piaghe e le miserie del nostro tempo, come hanno fatto loro di fronte alle ferite terribili del XX secolo, e a testimoniare la gioia e la speranza che viene dalla resurrezione, che è anzitutto cambiamento e che loro hanno pienamente vissuto, diventando forze di cambiamento del loro tempo. Nonostante la fatica, è stato bellissimo partecipare a quest’evento a piazza San Pietro, che è stato reso unico non solo dalla presenza di Papa Francesco, che per noi Giovani per la Pace è sempre di più un punto di riferimento, ma anche dalla presenza del Papa emerito Benedetto XVI, che ha concelebrato. La cosa più bella, però, è stata parteciparvi con tanti amici dei Giovani per la pace. Elena e Antonella
Se vuoi scoprire il valore del silenzio, immergiti nel frastuono. E se vuoi scoprire il valore di una parola gentile, immergiti nella solitudine di una sera. Se vuoi scoprire il valore di un sorriso, asciuga le lacrime di chi è nel pianto. E se vuoi scoprire il valore di un abbraccio, stringi forte a te con tutta la tua dolcezza un bambino che non ha mai avuto nessuno che si prendesse cura di lui: colmerai in questo modo un po’ del suo infinito bisogno d’affetto.
In un documento dal titolo Per amore del mio popolo non tacerò don Peppino Diana scriveva insieme ad altri sacerdoti che la camorra è una forma di terrorismo, che impone con violenza regole inaccettabili e che rende i giovani vittime e mandanti. Era un messaggio per il Natale 1991. Anche in quel giorno si scontrava contro un male radicato e radicale. Il 19 marzo 1994, venti anni fa, don Peppino Diana veniva ucciso nella Chiesa di San Nicola a Casal di Principe. La stessa camorra provò a infangare la sua immagine di uomo che seguendo il Vangelo non poteva non essere rivoluzionario e non poteva tacere per amore del suo popolo. Mercoledì 2 aprile, alle 17.00, si terrà a Napoli un incontro con un testimone della vita di don Peppe Diana. Già partecipare è un gesto rivoluzionario. Trovate tutte le informazioni nella locandina che segue.
Da un po’ di tempo, attraverso esperienze e viaggi di diverso tipo, ho la possibilità di incontrare e di interfacciarmi con giovani provenienti da diverse parti d’Europa. Ed ogni volta che è capitato di affrontare il tema del sogno di un’Europa veramente unita, sono emersi sentimenti di rassegnazione, di sconforto, di impossibilità e, ancor peggio, di indifferenza. Credo tuttavia che il sogno di un’Europa unita sia un sogno possibile! Anche se è doveroso ammettere che noi giovani ci sentiamo europei fino ad un certo punto, che manca in noi una coscienza veramente europea. Non sentiamo il bisogno di lottare con le armi della cultura, della solidarietà, dei valori spirituali, per fare l’Europa. Non proviamo, più precisamente, il desiderio completo di volerci integrare, di essere in corsa per un’Europa dove « i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici» siano spalancati, aperti! Forse dovremmo recuperare, in chiave moderna, lo spirito dei Clerici vagantes e desiderare di iniziare i nostri studi a Parigi per poi proseguirli a Londra, e concluderli a Roma piuttosto che a Madrid. Sicuramente non è facile avere questa flessibilità, non è facile – devo ammetterlo – abbandonare le consuete abitudini, allontanarsi dalle persone amate, dagli amici, la famiglia. Ma è forse questa la piccola sofferenza necessaria per fare dell’Europa la nostra patria. E spetta a noi giovani di pace, a noi giovani per la pace, che saremo gli adulti di domani, fare di questo sogno un seme piantato nell’anima e che a suo tempo porterà il suo frutto. Perché è possibile aprirci al futuro, modellare il futuro e costruire un popolo europeo; perché è possibile avere gambe capaci di superare le distanze geografiche, e idee che superino quelle mentali. Dobbiamo sforzarci di fuoriuscire dal limitato orizzonte in cui ci costringiamo a vivere e, come ha affermato Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, «aprirci ad una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia». Solo in questo modo, passo dopo passo, mano nella mano, l’Europa potrà diventare la culla della pace, della democrazia, della libertà e della speranza, per il mondo intero e per tutti i Paesi che desiderino farne parte. Solo se noi giovani condivideremo i sogni che si innalzano e brillano come stelle nella notte dalle diversi parti d’Europa, solo allora potremo realizzare questa visione, potremo costruire questo sogno. E se si può sognare, allora si può fare!
La situazione attuale: i russi hanno di recente mobilitato truppe armate in Crimea, il governo ucraino è caduto dopo più di cento morti nella guerra civile tra oppositori e sostenitori del governo e questa settimana finiscono del tutto le olimpiadi invernali di Sochi. È la settimana più importante per la Crimea, l’Ucraina e per l’equilibrio tra la Russia e il resto dell’Occidente.
Alcuni di voi avranno sentito parlare dell’anziano senzatetto romano che ha perso la sua roulotte in un incendio provocato dal fornelletto acceso per riscaldarsi (L’articolo di Italianews). L’immagine dei resti dell’incendio era impressionante e subito mi è venuto in mente Luigi, un nostro amico senza fissa dimora che incontro il mercoledì sera quando, insieme agli studenti universitari della Comunità di Sant’Egidio, distribuiamo la cena ai poveri che vivono in strada nei pressi del Verano. Ho chiamato Francesca, che è amica da molto tempo dei senzatetto di Largo Passamonti, e ho avuto la conferma che, purtroppo, il protagonista di questa spiacevole vicenda era proprio lui. Per fortuna però era in buone condizioni, grazie alla prontezza di Abib, un giovane maghrebino (anche lui un amico a cui distribuiamo la cena il mercoledì), che appena si è accorto dell’incendio non ha esitato a mettere in salvo Luigi. Il dispiacere e la preoccupazione si sono immediatamente tramutate in voglia di agire per risolvere questa situazione: mentre Francesca e gli altri si adoperavano per trovare un alloggio sicuro, Giulio ed io abbiamo sentito il desiderio di andare a trovare Luigi e portargli il necessario per ricominciare a credere di nuovo nel proprio futuro. Entrati nel Centro d’Accoglienza comunale “Madre Teresa di Calcutta”, alloggio temporaneo per chi vive un emergenza, ci ha accolto subito Luigi, visibilmente provato ma con il solito spirito combattivo di chi lotta ogni giorno per sopravvivere. Ci siamo accomodati nel refettorio e, davanti a una tazzina di caffè, abbiamo cominciato a chiedergli del suo passato ed è venuta così fuori la sua voglia di raccontare tante storie della sua vita: abbiamo viaggiato idealmente dall’Italia del secondo dopoguerra, di cui continuava a percepire la violenza causata da miseria e paura, alla terra tedesca che gli ha permesso di vivere con la dignità che solo il lavoro può dare. I racconti erano spesso confusi, molto probabilmente a causa dello shock recentemente vissuto e forse della solitudine sopportata nel tempo. L’unico ricordo nitido e ricorrente era quello dell’incendio della sua roulotte, che suscitava in lui ancora un forte senso di colpa per non averlo saputo prevenire o perlomeno limitare nei danni causati: quel dono così importante per la sua indipendenza era ormai perduto e di questo non accusava altri che se stesso. Abbiamo cercato di consolarlo dicendogli che è stata una sfortunata fatalità che poteva accadere a chiunque nelle sue condizioni e che, in questo momento di difficoltà, non era solo ma poteva contare sull’aiuto di molti amici; infatti Francesca e gli altri erano già riusciti a trovargli una nuova sistemazione in una casa-alloggio vicino al Colosseo. Speriamo che Luigi, sostenuto dall’amicizia di chi gli sta vicino, riesca a riprendere una vita serena. Chi ha amici può continuare a sperare, ma quanta gente ancora è sola nelle nostre città?!… Roberto Barrella
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