Il premio per il Vincitore della categoria Autori di Play Music Stop Violence sarà la Registrazione e produzione artistica del singolo Per il Vincitore della categoria Autori sarà la registrazione e produzione artistica del singolo La Band vincitrice del premio Young Talen vincerà la registrazione del brano Per tutti i premi si ringrazia “Il Piano B progetti sonori di Roberto Cola” Hai ancora tempo per iscriverti entro il 31 Dicembre 2016
Anno: 2016
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Giovani per la pace Genova: Ieri sera abbiamo ricordato con una marcia silenziosa la deportazione degli ebrei genovesi, iniziata il 3 novembre 1943. Catturati con l’inganno, gli oltre duecento ebrei furono portati nei giorni seguenti nel carcere di Marassi e poi nei campi di concentramento. Ritornarono solamente in venti. Ogni anno la marcia diventa sempre più bella, tantissime le persone che ieri si sono unite a noi nel ricordo della deportazione: bambini delle Scuole della pace, ragazzi, famiglie, anziani che ricordano ancora lucidamente quei tragici eventi. Accanto ai testimoni di allora, i pochi sopravvissuti che portano ancora con urgenza il ricordo della tragedia che li ha colpiti, c’erano i rifugiati accolti in questi mesi nella nostra città, testimoni silenziosi della violenza e della guerra di oggi. Ci siamo uniti alla marcia perché convinti che non possa esserci futuro senza memoria, senza il ricordo della Shoah, ma soprattutto per non dimenticare a quali tragiche conseguenze può portare l’indifferenza. Lo sterminio degli ebrei è stato reso possibile anche da chi è rimasto nella “zona grigia”, dall’indifferenza delle persone, da chi si è voltato dall’altra parte mentre i vicini di casa e i colleghi venivano portati via. Solamente il ricordo e la memoria di quello che è accaduto possono farci aprire gli occhi su chi oggi è perseguitato e cerca rifugio nel nostro paese. Grazie alle testimonianze di chi ha vissuto la deportazione e all’esempio dei “giusti”, che hanno rischiato la vita per porre un argine al male, possiamo essere più consapevoli e trovare la forza per combattere l’indifferenza del mondo.
PLAY MUSIC – STOP VIOLENCE 2016/ 2017 AVVISO DI PROROGA! VISTO IL CRESCENTE NUMERO DI RICHIESTE DI ADESIONE SARA’ POSSIBILE ISCRIVERSI ENTRO E NON OLTRE IL 31 DICEMBRE 2016 ISCRIVITI SUBITO E DEPOSITA L’MP3 ENTRO IL 31 DICEMBRE Il Contest musicale “PLAY MUSIC – STOP VIOLENCE, Cambia il Mondo con la tua Musica”, promosso dai Giovani per la Pace (http://www.giovaniperlapace.it), movimento internazionale di giovani legato alla Comunità di Sant’Egidio, offre la possibilità a giovani musicisti di confrontarsi, attraverso la musica, su temi importanti ed attuali, con lo scopo di lanciare un forte messaggio per un mondo migliore. I temi scelti per quest’anno sono la pace, la solidarietà, il razzismo, la violenza, la guerra, il rispetto per la vita, la pena di morte, l’accoglienza verso chi è costretto a lasciare il proprio paese, il convivere tra culture diverse, l’incontro tra le generazioni, la cura del creato. ATTENZIONE L’iscrizione avverrà sul sito www.playmusicstopviolence.com L’età media delle band deve essere di 24 anni Per iscriversi basta compilare il form inserendo il brano in formato mp3 e una foto del gruppo. La prima selezione verrà eseguita dalla giuria che, comunicando via mail, inviterà le band più meritevoli ad eseguire il proprio brano negli eventi “PLAY MUSIC LIVE” che avranno come tematiche quelle del cambiamento, della pace e della solidarietà globale. Le band selezionate verranno altresì invitate a partecipare a Play Music Stop Violence in action, ovvero saranno invitate a suonare durante le iniziative di solidarietà che vedranno coinvolti i poveri (istituti per anziani, feste per bambini in periferia, giornate dedicate ai disabili o ai senza fissa dimora). Gli eventi live nelle città di Roma, Padova e Catania e l’Evento finale si svolgerà nell’ambito del progetto GXP DARE finanziato dal ministero dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai sensi della lett. d) o lett. f) della L. 383/2000 – linee di indirizzo annualità 2015” Durante l’intera manifestazione le band in gara avranno visibilità su radio locali e web. Le canzoni selezionate durante gli eventi dal vivo accederanno all’evento finale che avrà luogo, nei mesi Aprile/Maggio) presso il PALA ATLANTICO “LIVE” ROMA davanti ad un pubblico di 2000 persone. Una giuria di qualità composta da esperti del settore selezionerà la band vincitrice ed assegnerà gli altri premi ISCRIVITI ON LINE QUI E LEGGI IL REGOLAMENTO
500 vite hanno toccato la terra ferma dopo giorni di viaggio in mare. 500 migranti hanno visto realizzarsi il primo passo verso una nuova speranza, nel porto di Napoli. Al molo 21 sono arrivati bambini, donne, tanti giovani che hanno rischiato ogni cosa pur di scappare dalle tragicità dei loro paesi. I loro corpi erano segnati dalla stanchezza, i loro occhi parlavano senza alcun dubbio di tutta la paura e la fatica che un viaggio della speranza comporta, ma era innegabile il sollievo, la gratitudine che avevano per avercela fatta fin lì, nonostante tutto. Napoli ieri aveva braccia aperte e accoglienti e noi Giovani per la Pace non potevamo che essere lì, a dare il benvenuto e a distribuire i pasti che grazie alla collaborazione di tanti giovani avevamo preparato per loro. Una giornata intera trascorsa al porto, le persone che abbiamo incrociato, le loro condizioni, tutta la burocrazia, ci hanno fatto capire ancora di più quanto sia prezioso il valore dei Corridoi Umanitari. Il viaggio in mare è disumanizzante e porta con se meccanismi che andrebbero assolutamente evitati. Ancora una volta da Napoli per tanti ricomincia una nuova vita, una nuova possibilità, una prospettiva, che dopo una giornata così, ci piace pensare sia del tutto positiva. Ieri era evidente di quanto il corpo a volte è lo specchio di un cuore, stanchi e malinconici, come solo un cuore che parte davvero sa essere, ma non si sono mai arresi e questo li ha resi vincitori di ogni male. Il sorriso dei bambini, e la gioia che quelle mani piccole che mandavano baci, diventeranno grandi e belle parlano del trionfo della vita. E’ stato un giorno di grande umanità. E’ stato un giorno, che da qualsiasi parte ricominceranno, speriamo sia l’inizio di tanti domani che restituiranno loro il calore e l’amore che ogni uomo desidera. Ieri ha cancellato ancora un po’ quei confini del “noi e loro”. Ieri eravamo noi. L’umanità.
Ad un certo punto della mia vita mi sono resa conto che su qualunque angolo posassi lo sguardo, capivo che Napoli era un dono. Napoli è un dono. Ma uno di quelli che ti sorprende per sempre. La bellezza, la storia, l’antichita e la modernità di una tradizione viscerale, quella meraviglia impeccabile di mare e terre che il mondo ammira. Se ne vanno tutti con gli occhi pieni, c’è poco da fare. Si attacca addosso come il sale e il sole. Ma ci sono le mattine che ti spaccano il cuore. Ti prendono il dono e lo gelano. Stamattina si è spaccato un’altra volta, mica è la prima. I cassonetti hanno preso fuoco a via Settembrini e dietro i cassonetti c’era un uomo, che ha la strada come casa, non è mica l’unico, ma stava per diventare cenere. E forse non sarà stata neanche la paura più grande della sua vita, perché probabilmente a ridurre a brandelli la sua anima sono stati i giorni che ha vissuto senza ostacoli tra sè e il cielo, o i giorni prima ancora. È vivo, e questa vita che si porta dietro quasi come una colpa non fa rumore. Stamattina in mezzo ai clacson e alla carta stampata c’era silenzio. Stamattina ed altre volte sento che questa violenza insidiosa ci strappi il dono dalle mani. Certi giorni è come svegliarsi da bambini e non trovare più nessuna sorpresa sotto l’albero di Natale, sicuri che la sera prima c’era. Napoli è il dono che va portato in salvo. Non cadono bombe sulla nostra città, ma è piena di macerie visibili e invisibili provocate da una diffusa indifferenza che infligge continue ferite. Stanotte un uomo stava per diventare cenere, perché le fiamme cancellano e lasciano poche tracce. E annullano quella possibilità che gli ultimi possano diventare i primi. Ma forse gli ultimi sono i primi. Il bagaglio di queste vite è molto più pesante delle loro valigie e dei loro stracci sporchi. Più pesante delle nostre, che tante volte distratti da altro potere, lasciamo da parte. Gli ultimi mettono in salvo i nostri sogni. Ad un certo punto della mia vita ho provato a guardare negli occhi degli ultimi, e ho capito che erano un dono. Quando la notte cala sul porto, quelle luci riflesse nel mare sono lampade sui comodini di chi di quelle panchine delle attese, fa il cuscino su cui dormire. E non c’è pioggia che tenga, nè freddo che cambi. Quel porto è per tanti il ritorno a casa dopo giorni stanchi e sempre uguali. È l’attesa di qualcuno che passi e gli presti la voce per gridare. A Napoli non c’è mai silenzio. Eppure a volte tutto tace. Stanotte i cassonetti bruciavano. Ma perché dimenticare la bellezza di quando brucia alto il sole sui vicoli dove crescono bambini pieni di speranze che non possiamo disattendere, sulle mani conserte degli anziani dietro i vetri, su chi scappa dalla guerra e ritrova la pace a casa nostra, sulla nostra giovinezza e sulla...
È in arrivo a Padova la seconda edizione dei #Games4Peace organizzati dai Giovani per la Pace della Comunità di Sant’Egidio: un pomeriggio di giochi all’insegna della solidarietà e dell’integrazione con oltre 100 profughi accolti a Padova e molti liceali ed universitari pronti a sfidarsi (a squadre miste!) per costruire un mondo migliore! La divisione e l’indifferenza si combattono anche così, ritrovandosi in un campo di calcio o di pallavolo per ricordarci che in fondo non c’è alcuna differenza fra un giovane africano ed uno italiano! Certo, le storie di provenienza sono diverse, ma vogliamo sognare che si può costruire un futuro insieme. Padova ha spesso mostrato un volto duro nei confronti di chi è straniero e profugo. Dai giovani può nascere un movimento di ribellione pacifica all’indifferenza e all’esclusione. L’appuntamento per tutti è allora Domenica 16 Ottobre alle ore 14,00 presso i campi sportivi di Ognissanti, via Orus 4. Iscrivetevi numerosi, vi aspettiamo!!! Link evento Facebook
Abbiamo fatto partire le iscrizioni per il concorso musicale “Play music Stop Violence” un contest dedicato alle band giovanili che vogliono proporre canzoni che tocchino il cuore, a partire da temi come l’uguaglianza, la povertà, l’immigrazione e la solidarietà. Ma cosa significa “Cambiare il mondo con la musica”? Oggi la canzone è tornata ad essere divertissmant, e non c’è nulla di male, ma dal secondo dopoguerra, in Francia, in Italia, negli Stati Uniti, generazioni di artisti, di musicisti, di poeti hanno iniziato a dare un signifiato poetico ai testi, riportando la musica al suo aspetto di poesia lirica, poesie che si declamavano nella perfezione metrica, accompagnate dalla lira o dalla cetra. Nascono i cantautori ed alcuni di loro attraverso le serrate parole accompagnate dalla musica, avevano la pretesa di guardare il mondo dall’alto della “Torre della canzone” ed affrontare temi politici, sociali, culturali, utilizzando ogni artificio retorico per far passare il messaggio anche attraverso la musicalità dei suoni e del suono delle parole. E’ più facile ricordare delle parole sotto forma di testi di canzoni che come poesia pura. Ma cos’è un cantautore? Facciamoci aiutare da Francesco Guccini il Cantautore è un cammellopardo! Le canzoni che cambiano il mondo durano nel tempo e non vengono consumate in una stagione, non sono “usa e getta”, ma patrimonio culturale! Del cantautore canadese Leonard Cohen si dice: Le canzoni di Leonard sono come le Volvo: durano trent’anni. E tante canzoni oggi sembrano più attuali di quando sono state scritte e “pezzi delle loro canzoni” oggi sembrano ancora più vive. L’arte vive, Viva l’arte! Chi ha scritto “le canzoni che cambiano il mondo” ha spaziato nei generi musicali, facendo volare nella poesia il blues, il rock, il rock progressive, il Jazz… Tante canzoni sono state la colonna sonora del cambiamento delle generazioni più giovani. Le “Canzoni che cambiano il mondo” possono essere “fatte a pezzi” prese per singoli versi, forse dopo una cinquantina di ascolti compulsivi un po’ stancano ma hanno anche il potere di ritornare quando devono “dirci qualcosa” Alcuni esempi? Li faremo senza citare la canzone, ma linkando alla “frase topica” il video su youtube! Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior , Libertà è partecipazione “Corri cavallo, corri ti prego fino a Samarcanda io ti guiderò” Todo cambia Siamo noi, questo piatto di grano Mamma, toglimi di dosso questo distintivo non posso più usarlo si sta facendo scuro, troppo scuro per vedere è come se stessi bussando alle porte del cielo C’è chi si mette degli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero La nostra speranza è che anche le giovani band che parteciperanno a Play Music stop Violence (Iscriviti qui) possano ispirare le generazioni e cambiare il mondo con la propria musica. PS: Proponete nei commenti al blog o sui social la vostra “canzone che cambia il mondo”, twittate con l’hashtag su twitter con l’hashtag #lacanzonechecambiailmondo
FIRMA QUI Il 22 giugno 2014 Andrea Riccardi ha lanciato un appello alla comunità internazionale per la salvezza della città di Aleppo, in Siria, chiedendo di predisporre corridoi umanitari e rifornimenti per i civili, di trattare a oltranza la fine dei combattimenti e di creare una forza d’interposizione Onu, una sorta di “Aleppo città aperta”. Faccio un appello per Aleppo. Accade qualcosa di terribile. Ma viene ignorato. Oppure si assiste rassegnati. Sono due anni che si combatte ad Aleppo. Nel luglio 2012 è iniziata la battaglia nella città più popolosa della Siria. Eppure i suoi due milioni di abitanti sono rimasti, preservando la millenaria coabitazione fra musulmani e cristiani. La città è segmentata: la maggior parte dei quartieri in mano lealista, ma anche zone controllate dai ribelli, pur arretrati dall’occupazione dell’estate 2012. A loro volta i ribelli sono incalzati da sudovest dalle forze governative. La gente non può uscire dalla città accerchiata dall’opposizione, tra cui fondamentalisti intransigenti e sanguinari. Per i cristiani, uscire dalla zona governativa significa rischiare la vita. Lo sanno bene i due vescovi aleppini, Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi, da più di un anno sequestrati. Aleppo è la terza città “cristiana” del mondo arabo, dopo Il Cairo e Beirut: c’erano 300 mila cristiani! Morte da ogni parte. La popolazione soffre. L’aviazione di Assad colpisce con missili e bidoni esplosivi le zone in mano ai ribelli; questi bombardano gli altri quartieri con mortai e razzi artigianali. Si soffre la fame e la mancanza di medicinali. C’è l’orribile ricatto dell’acqua che i gruppi jihadisti tolgono alla città.È una guerra terribile e la morte viene da ogni parte. Passando per tunnel sotterranei, si fanno esplodere palazzi “nemici”. Come sopravvivere? Si deve fermare una strage che dura da due anni. Occorre un intervento internazionale per liberare Aleppo dall’assedio. Ci vuole un soprassalto di responsabilità da parte dei Governi coinvolti: dalla Turchia, schierata con i ribelli, alla Russia, autorevole presso Assad. Salvare Aleppo val più che un’affermazione di parte sul campo! Si debbono predisporre corridoi umanitari e rifornimenti per i civili. E poi si deve trattare a oltranza la fine dei combattimenti. Una forza d’interposizione Onu sarebbe opportuna. Certo richiede tempo per essere realizzata e collaborazione da parte di Damasco. Intanto la gente di Aleppo muore. Bisogna imporre la pace in nome di chi soffre. Una sorta di “Aleppo città aperta”. In tanti, da ogni parte del mondo, di diverse culture e religioni, si stanno unendo alla sua voce. LISTA DEI PRIMI FIRMATARI Aderisci anche tu: Desidero sottoscrivere l’appello “Salviamo Aleppo” FIRMA QUI
Vostre Santità, illustri Rappresentanti delle Chiese, delle Comunità cristiane e delle Religioni, cari fratelli e sorelle! Vi saluto con grande rispetto e affetto e vi ringrazio per la vostra presenza. Ringrazio la Comunità di Sant’Egidio, la Diocesi di Assisi e le Famiglie Francescane che hanno preparato questa giornata di preghiera. Siamo venuti ad Assisi come pellegrini in cerca di pace. Portiamo in noi e mettiamo davanti a Dio le attese e le angosce di tanti popoli e persone. Abbiamo sete di pace, abbiamo il desiderio di testimoniare la pace, abbiamo soprattutto bisogno di pregare per la pace, perché la pace è dono di Dio e a noi spetta invocarla, accoglierla e costruirla ogni giorno con il suo aiuto. «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). Molti di voi hanno percorso un lungo cammino per raggiungere questo luogo benedetto. Uscire, mettersi in cammino, trovarsi insieme, adoperarsi per la pace: non sono solo movimenti fisici, ma soprattutto dell’animo, sono risposte spirituali concrete per superare le chiusure aprendosi a Dio e ai fratelli. Dio ce lo chiede, esortandoci ad affrontare la grande malattia del nostro tempo: l’indifferenza. E’ un virus che paralizza, rende inerti e insensibili, un morbo che intacca il centro stesso della religiosità, ingenerando un nuovo tristissimo paganesimo: il paganesimo dell’indifferenza. Non possiamo restare indifferenti. Oggi il mondo ha un’ardente sete di pace. In molti Paesi si soffre per guerre, spesso dimenticate, ma sempre causa di sofferenza e povertà. A Lesbo, con il caro Patriarca ecumenico Bartolomeo, abbiamo visto negli occhi dei rifugiati il dolore della guerra, l’angoscia di popoli assetati di pace. Penso a famiglie, la cui vita è stata sconvolta; ai bambini, che non hanno conosciuto nella vita altro che violenza; ad anziani, costretti a lasciare le loro terre: tutti loro hanno una grande sete di pace. Non vogliamo che queste tragedie cadano nell’oblio. Noi desideriamo dar voce insieme a quanti soffrono, a quanti sono senza voce e senza ascolto. Essi sanno bene, spesso meglio dei potenti, che non c’è nessun domani nella guerra e che la violenza delle armi distrugge la gioia della vita. Noi non abbiamo armi. Crediamo però nella forza mite e umile della preghiera. In questa giornata, la sete di pace si è fatta invocazione a Dio, perché cessino guerre, terrorismo e violenze. La pace che da Assisi invochiamo non è una semplice protesta contro la guerra, nemmeno «è il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. Ma il risultato della preghiera» (Giovanni Paolo II, Discorso, Basilica di Santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 1986: Insegnamenti IX,2 , 1252). Cerchiamo in Dio, sorgente della comunione, l’acqua limpida della pace, di cui l’umanità è assetata: essa non può scaturire dai deserti dell’orgoglio e degli interessi di parte, dalle terre aride del guadagno a ogni costo e del commercio delle armi. Diverse sono le nostre tradizioni religiose. Ma la differenza non è motivo di conflitto, di polemica o di freddo distacco. Oggi non abbiamo pregato gli uni contro gli altri, come talvolta è...
Parlare dell’Africa (moderna e contemporanea) presenta senza alcun dubbio una serie di difficoltà non irrilevanti, se non altro per la varietà di conoscenze che la maggior parte di noi non possiede. Ma constatando che la globalizzazione sta effettivamente trasformando il continente Africano, ci si chiede se tale fenomeno stia effettivamente migliorando il benessere generale della popolazione. Indubbiamente non si può negare ( guardando agli ultimi decenni) che le relazioni economiche internazionali hanno talvolta permesso all’Africa di migliorarne quei servizi che prima erano pressoché inesistenti. L’introduzione di mezzi di trasporto, comunicazione, hanno permesso alle infrastrutture di molti paesi Africani un netto miglioramento. Ma questa è, tristemente, solo una faccia della medaglia. Innanzi tutto, il privilegio di uno sviluppo tecnologico – e di conseguenza economico – è stato distribuito in modo significativamente eterogeneo, creando un divario significativo tra quella piccola porzione di abitanti “d’élite”, e la stragrande maggioranza della popolazione che talvolta si è ritrovata paradossalmente impoverita a causa del progresso tecnico. Ma tralasciando il discorso economico ( che necessiterebbe senza dubbio maggiori approfondimenti), è ormai risaputo che anche un fenomeno effettivamente così costruttivo come la globalizzazione presenta i suoi notevoli limiti. Il primo tra questi, stando a quanto detto dal Viceministro degli Esteri Mario Giro, è la crisi dei valori che i giovani Africani stanno affrontando. Stando sempre all’intervento attuato dal Viceministro, in occasione della conferenza dal titolo ” le sfide dell’Africa Globale, tenutasi stamattina al teatro Metastasio durante l’Incontro Internazionle di Preghiera per la Pace ad Assisi ( iniziativa promossa dalla Comunità di Sant’Egidio), il nuova generazione africana sta attraversando un periodo di transizione in cui deve attuare scelte ponderate tra l’importanza delle tradizioni, dei valori appartenenti alla propria cultura di origine, e il senso di dovere che li spinge al raggiungimento del successo, della propria stabilità economica ( scelta che dà inevitabilmente origine a massicci flussi migratori verso l’Europa e l’America). Che fare dunque? E’ dunque oggettivo il fatto che la nuova generazione Africana si sta trovando di fronte a una imponente crisi d’identità. Il concetto di “comunità” portato avanti dalla tradizione dei villaggi africani ( e non solo), sta progressivamente scomparendo, lasciando posto a un crescente individualismo. Da qui, si potrebbe portare il nostro discorso su un ulteriore piano: la crescente assenza di valori, di spirito comunitario e l’aumento di senso di individuale crescita socio-economica, come si combinano con la costante assenza di alfabetizzazione? Effettivamente non si può dar torto a Venance Konan, scrittore e giornalista Ivoriano, quando ci dice che la sfida principale dell’Africa globale è l’Istruzione ( specialmente per le bambine e le ragazze), unico mezzo veramente efficacie – se ben impiegato – ad accogliere e affrontare le sfide della globalizzazione. A cosa porterebbe un aumento dell’istruzione? sembra sciocca e scontata una domanda del genere. Eppure, volendo considerare solamente le basi di una società, un generale progresso cognitivo porterebbe sicuramente – seguendo il ragionamento di Konan – a un netto miglioramento delle infrastrutture, con conseguente crescita di benessere economico. Questo sul piano amministrativo. E sul...
Sono passati trent’anni dall’evento storico indetto ad Assisi da Papa Giovanni Paolo II, quello stesso incontro che ha sconvolto e cambiato il volto della Chiesa e suscitato nel cuore della gente coscienze e domande nuove. La Comunità ha conservato lo spirito di Assisi per trent’anni. E dopo trent’anni, madre Assisi accoglie i suoi figli con nuove domande, ma la stessa sete di pace e conoscenza. Sete di un mondo da salvare da se stesso, dalla sua crescente e vorace disumanità che condanna fin troppe persone alla guerra e alla povertà. Ma per rispondere alla violenza, migliaia i giovani, adulti, bambini e anziani hanno deciso di seguire la via del confronto, via che li ha portati – e li porterà nuovamente – a conoscenza di nuove realtà, grazie ai meeting organizzati durante i prossimi tre giorni in cui verranno discussi molteplici temi di attualità che saranno analizzati e spiegati grazie ai molteplici dibattiti attuati da diversi esperti di calibro internazionale. Ad aprire il meeting sarà l’inaugurazione di domani, domenica 18 settembre, che si svolgerà nel pomeriggio al teatro Lyrick ( e che sarà trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook e sul sito www.santegidio.org ) alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il contributo del professor Zygmunt Bauman. All’inaugurazione verranno trattate tematiche quali l’Immigrazione, Conflitti attuali, e tante altre che verranno affrontate nei prossimi giorni nei vari panels, alcuni dei quali saranno supportati con dirette streaming per consentirne la partecipazione e l’ascolto via web. Tre giorni all’insegna del dialogo, della cultura, e della conoscenza, in cui verranno lanciate delle sfide cruciali per questo mondo così complesso. Lo spirito di Assisi ha tuttavia ben chiaro che le difficoltà contemporanee non possono ricevere una risposta facile e impulsiva come la violenza. L’indifferenza che ci ha spinti a girare la testa e a dare le spalle ai paesi che affrontano da anni la tragedia della guerra, ci ha inevitabilmente costretti a guardare in faccia chi scappa da essa, portandoci così a misurarci con il nostro egocentrismo. Il mondo non ha bisogno di imprese eroiche, ma del cambiamento individuale di ogni suo abitante. E oggi, Assisi propone quel cambiamento di cui il mondo ha un disperato bisogno. Propone di conoscere, di dibattere, di comprendere. Oggi Assisi propone quel dialogo e quella pace di cui ognuno di noi ha bisogno.
Come seguire #SeteDiPace online? Domenica 18 settembre, a partire dalle ore 10:30 sarà trasmessa online la celebrazione eucaristica nella Basilica superiore di San Francesco. Dalle ore 16.30, sarà trasmessa anche l’assemblea inaugurale in 5 lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese) sul sito della Comunità di Sant’Egidio e in italiano sulla pagina facebook Lunedì 19 settembre, alle ore 9.30 e alle ore 16.30, saranno trasmessi online sul sito 2 panel (a breve saranno indicati i titoli e le lingue). Martedì 20 settembre, alle ore 8.30, saranno trasmessi online sul sito 2 panel (a breve saranno indicati i titoli e le lingue). Nel pomeriggio si trasmetterà online, direttamente dalla Basilica di San Francesco alle ore 16.00 la preghiera ecumenica dei cristiani. E dalle ore 17.00 sarà possibile collegarsi per seguire in italiano e inglese la cerimonia conclusiva, alla quale parteciperà anche Papa Francesco. Quest’anno il canale televisivo CTV trasmetterà dalle ore 11.00 alle ore 13.00 l’arrivo di Papa Francesco ad Assisi e il suo saluto ai rappresentanti delle religioni e a seguire dalle ore 16.00 la preghiera ecumenica dei cristiani e tutta la cerimonia finale. Anche Rai 1, a partire dalle ore 17.00 trasmetterà la cerimonia finale.
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