ROMA, 25 maggio – Con un concerto finale all’Atlantico Live di Roma e undici esibizioni dal vivo di giovani band, si è concluso il concorso Play Music Stop Violence, promosso da Giovani per la Pace e Comunità di Sant’Egidio, per comunicare attraverso il linguaggio universale della musica i valori della pace, della solidarietà e dell’accoglienza. I Giovani per la Pace vivono ciò come impegno concreto, facendosi amici degli anziani che vivono in istituto, dei senza fissa dimora e dei bambini di periferia. Più di duecento giovani artisti hanno calcato i palchi delle audizioni e dei concerti locali che hanno preceduto l’evento finale. Un contest che ha attraversato l’Italia e che nella finale ha visto due rapper in gara: Francesca Simbula, da Padova, che ha ricevuto la menzione speciale della giuria per il brano “La differenza”, e gli Union G, da Catania, con Beat Tickets. Play Music è ormai un concorso europeo: quest’anno è stato fatto anche in Belgio, Spagna e Ucraina. Ospite d’eccezione per il concerto romano è stata la vincitrice dell’edizione belga, Lore Baeten, che ha cantato, accompagnandosi al pianoforte, il singolo originale “When we land it will be fine”, un chiaro messaggio di speranza. Vincono l’edizione 2017 con il brano “Un modo di pensare” i Modem 25. Per la categoria Autori è dunque premiato un testo che invita a riconoscere la mafia, non come potere che si radica in un giorno e non come qualcosa che non ci riguarda. Per i Modem 25 il primo passo è abbandonare la rappresentazione caricaturale del mafioso con la lupara e battersi in prima persona per cambiare “modo di pensare”. La giuria ha premiato anche il suo ritmo trascinante. Ascoltala qui Per la categoria Young Talents invece si affermano gli Energy, con le loro “Lezioni di storia”. Il messaggio di costruire ponti e non muri è stato premiato dal giudizio popolare, espresso dal pubblico in sala: vincono alla pari con la girl band “On the roads”. Quest’ultima band si è aggiudicata anche il premio web per il brano Free man, con le votazioni sul blog giovaniperlapace.it (ben 427 tra like e reazioni, in un testa a testa con i Supergulp). La volontà di far partire il cambiamento da se stessi è emersa dalla generalità delle canzoni: con l’appello per la pace in Siria, con l’immagine più forte della devastazione di un patrimonio di convivenza, la millenaria Aleppo, nel brano degli Stoneville (premio della Critica) che notano anche come il conflitto si alimentato dal traffico di armi vendute da nazioni “in pace”. Sul dimenticato tema della pena di morte, si presentano i Rock in Progress, con sonorità che ricordano appunto il genere progressive, valendo alla band il premio “Miglior Performance Live”. Sul tema della pace la proposta dei The Wave è “Sete di pace”; nella declinazione del contrasto al razzismo cantano “Arcobaleno” i giovanissimi Supergulp, finalisti anche della scorsa edizione. Trattano di accoglienza i The Stop con “Lo sbarco” e di mafia i Blacklights con “Mamma Italia” . A condurre la manifestazione...
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I Giovani per la Pace di Ferentino e Frosinone scrivono a "Ciociaria Oggi" riflettendo sulla morte di Emanuele, ucciso per strada ad Alatri.
ROMA - Il sabato è il classico giorno in cui si sta in famiglia. Ed è stato così anche alla terza casa del carcere di Rebibbia, dove le famiglie dei detenuti si sono recate per fare una festa insieme ai figli e ai loro papà.
"Il 20 febbraio a Parma quattrocento studenti hanno parlato di migrazioni a partire dal racconto di Dawood che ha affrontato uno dei cosiddetti 'viaggi della speranza' per sfuggire a quella "bocca di squalo" che era diventata casa sua."
Universitari e nuovi europei insieme per ricordare chi ha perso la vita nei “viaggi della speranza”. a Genova, nella Chiesa di S.Pietro e Paolo, c’è stata la preghiera “Morire di speranza “, a cui hanno partecipato tanti profughi della nostra città provenienti da diversi paesi africani e asiatici. Una preghiera per ricordare i compagni persi nel tentativo di raggiungere il nostro paese, morti nella speranza di poter finalmente vivere in pace. Ragazzi di cui spesso non conosciamo il nome, il volto, il cui ricordo è affidato a quel compagno di viaggio che in quelle interminabili ore è diventato un amico, un fratello con cui condividere una delle tragedie più terribili del nostro secolo. Ricordare per loro è doloroso, una ferita che difficilmente potrà richiudersi. Hanno impressi nella mente quei volti, i sorrisi e la paura di chi non ce l’ha fatta, il cui nome e ricordo non resta che affidare al Signore, pregandolo di salvare i tanti che stanno compiendo lo stesso viaggio
A Trieste c’è stata l’inaugurazione del centro di solidarietà Claudio Cramer – Comunità di Sant’Egidio. Alla presenza del sindaco, del vescovo, del presidente della provincia e di molte altre autorità e di tanti amici, anche i Giovani per la pace hanno fatto un saluto, che vogliamo condividere con tutti. ” Buonasera, sono Maria Eugenia e sono dei gxp. Siamo un gruppo di ragazzi (liceali e universitari) che condividono un sogno, un progetto. Una città migliore con maggiore attenzione per le persone più deboli. Tra le diverse cose che facciamo, il venerdì andiamo in stazione a distribuire i panini ai nostri amici poveri. In questo modo riusciamo a passare del tempo con loro e scoprire le loro bellissime storie. Faccio parte dei gxp da pochi mesi i membri della comunità,gli amici poveri e i ragazzi nuovi europei mi hanno regalato tante emozioni in questo periodo e vorrei ringraziarli per questo”. Pietro, invece, uno dei liceali ha spiegato il bello della scuola della pace: “ Io invece sono Pietro, sempre dei GXP, e faccio la scuola della pace. Alla scuola della pace aiutiamo molti bambini, la maggior parte dei quali stranieri, a fare i compiti. questo è molto bello, perché si gioca un ruolo importante nel dare un futuro a questi bambini, poiché l’accoglienza e l’integrazione è diventata una sfida e una scelta ( che noi facciamo!). La scuola della pace ha cambiato la vita a tutti i giovani che hanno partecipato e collaborato a questa attività, perché, oltre ad aiutare i bambini a fare i compiti, si trasmette a loro tutto l’amore possibile, ed i bambini, di conseguenza, ricambiano con altrettanto amore. E non c’è niente di più bello dell’amore di un bambino!” e’ stato un bellissimo pomeriggio, ricco di amicizia, in cui abbiamo sentito il calore della città, intervenuta con partecipazione al nostro invito. La nostra casa è ufficialmente inaugurata, e questo ci chiama ad una nuova responsabilità.
PARTECIPA E ISCRIVITI ON LINE- SCOPRI COME QUI Play Music stop Violence è il contest musicale organizzato dai Giovani per la Pace dove possono partecipare le band di giovani che hanno il sogno di cambiare il mondo con la propria musica! Se hai una band che non supera l’età media di 24 anni partecipa! La musica non è solo semplice intrattenimento, l’intrattenimento è solo uno degli aspetti di questa arte straordinaria, che vogliamo diventi ancora e davvero la fusione che crea l’armonia tra testo, voce, melodia, accordi e strumenti. La musica è l’arte di chi ha qualcosa da dire in questa società, la musica è la figlia più piccola della poesia! Ricordiamo le manifestazioni per i diritti civili alla cui testa c’erano Bob Dylan insieme a Joan Baez a cantare per gli ultimi di questo mondo, cantiamo ancora grazie alla riproposizione di Bruce Springsteen “We shall overcome”, antico gospel diventato simbolo di un mondo che dall’integrazione “senza paura” diventasse terra di Pace, abbiamo immaginato il poeta cileno Julio Numhauser scrivere gli ultimi versi di Todo Cambia, mentre era esule a causa della dittatura di Augusto Pinochet, versi che abbiamo visto trafiggerci il cuore dalla potenza della voce di Mercedes Sosa, argentina, anche lei esule per cantare il suo popolo. Abbiamo ascoltato la voce dei cantautori italiani, cantare storie periferiche con la nostra lingua, abbiamo sognato con Vincenzina, raccontata da Jannacci, davanti alla fabbrica, e abbiamo capito che “sto Rivera che ormai non mi segna più” non era un suo problema. Abbiamo pianto l’allegro “barbun”meridionale che portava scarpe da tennis. Ma abbiamo anche viaggiato nella Bologna di Dalla, nell’Emilia di Guccini, o guardando il Mediterraneo nella Creuza de ma di De Andrè. Quest’anno la sesta edizione di Play Music Stop Violence prevede che tu e la tua band vi proponiate con canzoni che abbiano come tematiche la pace, la solidarietà, il razzismo, la violenza, la guerra, il rispetto per la vita, la pena di morte, l’accoglienza verso chi è costretto a lasciare il prorio paese, il convivere tra culture diverse, l’incontro tra le generazioni, l’ambiente. Tra i temi elencati, la Giura di Qualità rivolgerà particolare attenzione ai brani che affronterano i seguenti temi di particolare attualità: il dramma dei migranti causato da guerra e povertà e l’ambiente. Ma la musica è anche attivismo e per questo la sesta edizione di play Music stop violence che si svolgerà durante il Giubileo della Misericordia, indetto da Papa Francesco prevede che le Band in gara siano invitate a partecipare all’iniziativa Play Music Stop Violence in Action, prendendo parte e suonando dal vivo durante iniziative di vicinanza e solidarietà con le persone più povere come i bambini delle periferie di Roma e gli anziani soli. Le band con le canzoni che verranno scelte dalla giuria di qualità si esibiranno al Concerto dei finalisti dove verranno proclamati i vincitori, nel mese di Maggio 2016, presso il PALA ATLANTICO a Roma! Allora non aspettare ancora! Cambia il mondo con la tua musica e iscriviti on line a PLAY MUSIC STOP VIOLENCE! C’è tempo fino al 20...
Cerca i Giovani per la pace in tutta Italia o contattaci alla mail [email protected] #changeyourcity, la campagna lanciata in tutta Italia dai Giovani per la Pace per cambiare le città a partire dai poveri, sta diventando virale All’inizio di settembre, sui social, sono comparse foto di giovani insieme a volti sorridenti di bambini, anziani, stranieri, con cartelli con su scritto #changeyourcity. Ma cos’è #changeyourcity? Un’esplosione di voglia di cambiamento. La voglia di cambiamento di chi, come i giovani, si è sentito ripetere che non è possibile cambiare, che è complicato, costa fatica o al massimo è meglio accontentarsi di aggiustare un po’ le cose. Da dove iniziare? Vogliono cambiare le città a partire dalle periferie, urbane, umane e esistenziali, rimettendo al centro i suoi abitanti più deboli: i bambini, gli anziani, i senza dimora, le vittime della violenza e del disprezzo. A Napoli #changeyourcity ha spinto alcuni giovani a radunarsi in piazza per un momento di preghiera per la pace. Pochi giorni prima, sulle strade di Napoli, era stato ucciso un diciassettenne e, davanti all’ennesimo fatto di sangue riguardante i giovani, qualcuno si era spinto a paragonare il centro di Napoli a Bagdad. Anche a Catanzaro #changeyourcity ha voluto ricordare una vittima della violenza, “zia Tota”, novantenne, uccisa in casa per il furto di 60 €. Oltre che contagioso, #changeyourcity è fantasioso. A Roma e a Padova i Giovani per la Pace hanno organizzato tornei di calcio e pallavolo, fantasiosi anche nel titolo. Li hanno chiamati “Convivolley” e “Games4Peace”, perché a contendersi erano liceali, universitari e giovani rifugiati, in squadre rigorosamente miste. L’accoglienza dei profughi è uno degli aspetti più importanti della campagna #changeyourcity. Da Trieste a Catania, da Genova a Milano, non si contano le iniziative organizzate, con mezzi semplici, dai Giovani per la Pace in porti, stazioni e centri di accoglienza. C’è una convinzione che guida i Giovani per la Pace. Per cambiare le città non occorrono grandi mezzi, ma bisogna essere tanti. Per questo #changeyourcity ha già conquistato oltre ai cuori di tanti giovani che hanno scelto per l’impegno, i social e punta, nei prossimi mesi, a diventare sempre più virale. Di qui l’invito dei Giovani per la Pace a condividere idee, immagini e video utilizzando l’hashtag #changeyourcity, ma anche a visitare il blog www.giovaniperlapace.it per scoprire la sede più vicina e venire a vedere come aiutare. #changeyourcity parte dal web, ma continua per le strade, nei quartieri di periferia, negli istituti. E’ una proposta concreta per rispondere alle attese di tanti giovani che vogliono delle città più belle, e che cercano altri giovani con cui realizzare il cambiamento che in tanti aspettano.
28 settembre 2009. Sono passati 6 anni dalla morte di William Quijiano, un ragazzo di ventuno anni come tanti, ma che ha vissuto con coraggio, realizzando opere che qualunque altro ventunenne definirebbe “impossibili”. Il Salvador era la sua terra. E come in gran parte del Salvador, anche nella sua città, nel suo quartiere, erano presenti piccole organizzazioni criminali: le Maaras. L’ingegno di William sta aiutando il suo quartiere a sbarazzarsi da questo cancro che infetta il Salvador. Aveva avuto l’intuizione di cominciare a educare i bambini, togliendoli dalle Maaras e dalla strada, per poter dare vita a uomini migliori. E la sua intuizione lo ha portato a fondare la Scuola della Pace nel suo quartiere. In questo modo, William ha iniziato a combattere la violenza con la cultura dell’amicizia, che ha saputo tramandare ai suoi bambini di Scuola della Pace come un padre affettuoso, desideroso che i suoi figli – un domani- portassero avanti il suo compito di ribellarsi alla violenza di quella città. Non era un eroe, era un uomo di pace. E Purtroppo sono state proprio le sue parole di pace a procurare a William alcuni nemici, nemici che non hanno esitato ad ucciderlo, sperando che così, morto William, sarebbero morti anche la scuola della Pace e il cambiamento che in quel momento stava rinnovando la sua città. Ma questo non è successo. William vive attraverso la scuola della Pace , vive attraverso i suoi bambini che ora sono diventati dei punti di riferimento nel quartiere, vive ogni volta che un bambino viene strappato dalle Maaras. Ed è così che a noi della Comunità di Sant’Egidio piace ricordarlo: come un uomo di pace che ha avuto il coraggio di ribellarsi e di rimboccarsi le maniche, con la speranza che la sua città potesse cambiare. Laura Vesprini
L’ abbiamo attesa come un dono l’Africa, ci siamo preparati il cuore e siamo partiti. In Africa si può andare anche senza una valigia, basta veramente un cuore, che parte povero e torna ricco. Questa Africa ci ha insegnato l’ amore e il valore per la vita di ognuno. In Mozambico ci siamo sentiti a casa, abbiamo incontrato parte della nostra grande famiglia ed era come appartenersi da sempre. Immaginiamo lo stesso mondo. Dream é il luogo più sacro del nostro mondo, dove si rinnova ogni giorno il miracolo della vita, soprattutto nella forza delle attiviste. I giovani per la pace di Matola stanno crescendo, hanno grinta, tenacia, l’ allegria e più di ogni altra cosa ci credono fedelmente con ogni fibra e su questo abbiamo veramente da imparare. Questa nostra Africa ci ha insegnato la cura e l’ attenzione, ma soprattutto ci ha trasmesso passione. La passione per il cambiamento, per quella rivoluzione dei cuori e del mondo e ci ha mostrato segni evidenti di quanto tutto questo sia possibile, di quanto è capace di cose grandi la Comunità che prega e che sogna. Le cuoche, i bambini, i bambini che diventano grandi ma restano per aiutare i piccoli dopo di loro, il centro nutrizionale, la fatica che è sempre alllegria, c’ e’ sempre un motivo per abbracciarsi e per sorridere insieme al centro di Matola, anche quando ci sono più di 500 bocche da sfamare ogni giorno. Torniamo a Napoli cosapevoli che quella.terra adesso ci appartiene più di prima. Torniamo con la forza e l’ entusiasmo che ci spingono a fare di più per quell’ “Africa” che ritroviamo ogni giorno nella nostra città, soprattutto nelle periferie dove più nessuno volge lo sguardo, ai bordi delle strade che si fanno case, negli istituti, nei giovani. In noi. L’ Africa insegna a guardare. Ad amare. Questo é il dono. Di Francesca Sepe
Ogni città nasconde segreti e meraviglie che molto spesso nemmeno le persone che le abitano conoscono. Non è difficile trovarle, a volte basta cercarle e guardare oltre le apparenze. Si trovano in zone trafficate dove le persone passano continuamente ma sono immerse nei loro pensieri, poco curiose di scoprirle o meglio impaurite da quello che possono rivelare. A volte è più facile non sapere; il diverso destabilizza. Voglio raccontarvi alcune storie per farvi scoprire luoghi nascosti, persone poco conosciute della mia città che hanno un passato, un presente e un futuro da condividere con noi. Le stazioni sono luoghi di transito, ove persone ogni giorno circolano con le loro valigie, corrono ,hanno paura di perdere il treno e non si rendono conto di quello che li circonda. Ecco, il primo luogo della nostra storia, la stazione. La stazione nasconde molti segreti, è un luogo conosciuto da tutti dove gli sguardi si incrociano per poi perdersi nei diversi vagoni ma aldilà dei binari, del rumore del treno che sta partendo possiamo intravvedere un edificio apparentemente abbandonato. Non è così, ci vivono persone, ragazzi con una propria meravigliosa storia. Faisal, il ragazzo degli occhiali fashion , ha diciannove anni, sguardo penetrante, è arrivato in Italia da poco dopo un viaggio estenuante, non vuole niente soltanto un ombrello per ripararsi dalla pioggia che neanche il tetto di un palazzo riesce a bloccare e un paio di occhiali Fashion. Vuole poter essere un ragazzo della sua età, vivere la spensieratezza di un ventenne e dimenticare per qualche istante le difficoltà della vita. Romi, il più rumoroso del gruppo pensa che alzare la voce sia il modo migliore per sembrare forte ma in realtà è soltanto un modo per nascondere le paure, le malinconie. desidera amici, vuole una vita normale, quella vita che molti ragazzi come noi sprecano senza capire la fortuna che hanno. Ad un altro ragazzo mancavano due mesi per finire l’università nel suo paese ma è dovuto scappare, lasciare i suoi affetti i suoi luoghi… Queste sono alcune storie di ragazzi come noi, che hanno dovuto abbandonare la loro città in cerca di qualcosa di migliore. Cerco un luogo dove custodire i loro ricordi, le emozioni delle ultime settimane. Le persone speciali di queste storie sono riuscite con uno sguardo, con poche parole a rispondere ad alcuni dubbi/domande che i grandi e i giornali non sempre riescono a darmi. Ho condiviso con loro momenti importanti, costruito un’amicizia, abbattuto barriere e sconfitto la paura collegata all’ignoto. Ho capito che le mie paure derivano dal fatto di non conoscere una cultura, un popolo, delle abitudini diverse dalle mie. La cronaca ci informa solamente di episodi negativi senza mostrarci che anche loro vogliono far parte della nostra comunità, aiutando il prossimo. Ieri uno dei nostri amici richiedenti asilo ha aperto la propria casa per festeggiare il compleanno di una bambina rumena perché avessimo un posto più grande dove poter stare tutti. Un altro giovane per la pace nuovo europeo ha voluto comprare personalmente un...
C’è un mondo di giovani in Europa che non vuole sottomettersi alla cultura dello scarto, che non vuole accettare di vedere nell’altro (nel povero) un nemico. Un mondo di giovani che ha ascoltato le parole di Papa Francesco sulla globalizzazione dell’indifferenza e vuole costruire una globalizzazione della solidarietà. In Europa quest’estate, hanno detto in tanti modi “Non ci sto!” a chi lascia i poveri ai margini. Hanno riscoperto in tanti modi la solidarietà, la bellezza di incontrare i poveri… Un esempio? Solo a Roma quest’estate sono venuti a trovarci 2500 giovani provenienti da diverse parti d’Italia e d’Europa, per conoscere ciò che facciamo, per scoprire la bellezza della gratuità in risposta a un mondo sempre con la calcolatrice alla mano. Durante l’anno, inoltre, incontriamo sempre più ragazzi che vogliono fare qualcosa per gli altri, per gli ultimi: sono una parte di quell’Europa che vuole reagire alla globalizzazione dell’indifferenza e che scopre nell’altro un amico invece di un nemico. I giovani vogliono costruire un’Europa che cambia. L’Europa cambia dall’incontro con i poveri.
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