Il Natale è alle porte. E proprio alle porte delle chiese incontriamo spesso chi ci chiede una monetina per un caffè o un cornetto. È una visione comune, una foto che restituisce bene le dinamiche della nostra società, l’esperienza di tutte le mattine. C’è chi spera, vive e si affida alla grazia di qualche buon passante o turista, che con un sorriso o con insulto, con un viso freddo o con un po’ di compassione, lascia un euro o cinquanta centesimi. Questo è un pezzo di quella realtà che appare, quella che spesso scandisce le nostre passeggiate, entrando e uscendo dai negozi. Non vediamo, perché non appare, la realtà di tutte le persone sole che stanno in casa, malate, fragili, sole o negli istituti. Vediamo, invece, agli angoli, mentre si passeggia per gli acquisti, i cartoni di qualche senzatetto che vive al lato della strada. Emarginato, fisicamente e non solo. A Roma si respira l’aria del Natale, una gioia che evapora nell’aria al sentire le canzoni e il profumo dello zucchero filato e della cioccolata calda che nei mercatini si vende. Si accendono le luci, delle strade e degli alberi. Sopra di noi, attorno a noi. Ma nel 2022 non si accendono solo quelle natalizie. Oggi, in Ucraina si vedono i tuoni e i lampi, missili in un cielo di guerra. E non si sente per le strade una melodia piacevole, ma un triste sottofondo roboante. Tante sono le luci, quelle della solidarietà e dell’aiuto, da accendere in questo Natale negli angoli dimenticati e sperduti, proprio lì dove le ostilità e i conflitti incendiano causando la sofferenza di moltissime persone. Vorremmo avere un Natale diverso, un Natale di pace e di accoglienza, da offrire e non da negare. Vorremmo vivere un Natale con meno indifferenza e più partecipazione, insomma: un Natale di luce vera, di cambiamento nuovo. Così come lo voleva la Comunità di Sant’Egidio 40 anni fa. Sembrava impossibile fare un pranzo con i poveri nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. E invece, proprio questo è successo il 25 dicembre del 1982 a Roma. Il primo pranzo organizzato da Sant’Egidio ha avuto inizio con 32 ospiti: soli, anziani, persone che vivevano per strada, amici in difficoltà. Fu una grande festa, quale è sempre quella del Natale. Ma non per tutti. Un gesto piccolo, ma già rivoluzionario: scegliere di passare il Natale con i poveri è una scelta cresciuta con il valore del servizio e della solidarietà, e primariamente di amicizia, che la Comunità negli anni ha costruito con le persone più deboli e fragili, emarginate da tutto. Tanto da essere quasi “invisibili”. Oggi il pranzo di Natale si fa nelle comunità di tutto il mondo, dai paesi dell’Africa alle metropoli d’America: non esiste confine per un gesto piccolo e grande, che chiama a riunirsi per questo giorno così importante, dai pranzi con i bambini delle scuole della pace, alle consegne del pasto caldo ai detenuti nelle carceri. Il pranzo di Natale ha molte declinazioni, molti luoghi ma ovunque arriva l’essenza di quello...
Anno: 2022
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🗓Sabato 12 novembre si è svolta a Roma presso la sede della Comunità di Sant’Egidio di San Gallicano la consegna del premio Colombe d’Oro per la Pace. 🕊Giornalisti, personalità internazionali, esponenti del mondo della cultura e della comunicazione si sono riuniti per parlare di Pace, lanciando un grido ancora più forte ora, quando sembra una prospettiva così difficile. Α ricevere la colomba d’oro sono stati Nico Piro e Lucia Sgueglia della redazione esteri, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire e Filippo Grandi, Alto commissario ONU per i rifugiati. ✏️Se vuoi la pace, prepara la pace. 💬”Se la guerra non viene buttata fuori dalla storia degli uomini, sarà la guerra a buttare fuori gli uomini dalla storia”. Gino Strada ✍️ Abbiamo incontrato anche Elena Pasquini, autrice del libro “La meccanica della pace” per la casa editrice People, che ci ha spiegato il valore del “dialogo” e del “confronto” per costruire la pace.
I giovani hanno un ruolo fondamentale nel costruire la pace – L’incontro internazionale “Il grido della pace” raccontato dai GxP
Redazione“Uniamo le nostre voci perché il grido della pace che si alza da tante parti del mondo possa sovrastare il rumore delle armi e della guerra” è stato l’invito del Presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo pochi giorni prima dell’incontro interreligioso “Il grido della Pace” che si è svolto dal 23 al 25 ottobre presso il Centro congressi La Nuvola e il Colosseo di Roma. Un invito che è stato trasformato in monito dai relatori che, durante i tre giorni, hanno parlato di pace in ogni sua sfaccettatura, coinvolgendo popoli, religioni e culture differenti, ricordando quei luoghi dove ancora le persone sperimentano violenze e guerre e invocando una collaborazione mondiale per un futuro più speranzoso. L’idea del grido della pace è stata al centro di questo incontro: un’immagine forte, ripetuta in lingue diverse, rivolta a tutto il mondo e che possa arrivare alle persone con forza ancora maggiore dell’idea della guerra e della violenza. Un appello di pace che trova sostegno nella religione: “La preghiera è sorella del grido di dolore di chi soffre guerra e povertà” ha affermato Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio; la religione può essere, infatti, tanto un mezzo per aiutare il dialogo e le persone quanto per giustificare la violenza se mal interpretata. Mai come quest’anno, poi, l’incontro ha avuto tanto rilievo: l’incombente presenza della guerra in Ucraina e delle continue violenze generate risuonava nei discorsi dei leader politici, dei leader religiosi, dei sopravvissuti e degli studiosi senza però mai dimenticare le crudeltà nel resto del mondo contro cui è impossibile combattere se non uniti gli uni con gli altri, come hanno unanimemente affermato tutti i relatori. Cooperazione, pace, futuro: sono dunque state queste, quindi, le parole chiave della conferenza che ha avuto un impatto mondiale e che si è conclusa davanti al Colosseo proprio con centinaia di cartelli bianchi con scritto “pace”, alzati da bambini, adulti e anziani, un gesto simbolico ma che certamente ha riassunto lo spirito di questi tre giorni. È stato, poi, ricordato come noi giovani abbiamo un ruolo fondamentale in questa lotta per la pace: non siamo solo le donne e gli uomini che un domani dovranno impegnarsi, ma possiamo iniziare a fare la differenza già oggi; possiamo infatti far sentire la nostra voce tanto quanto quella degli adulti e lo possiamo fare con ancora più forza e dedizione. Iniziamo da un gesto semplice che, però, ha una potenza incredibile: fare scuola della pace. Di esempio sono state le parole di Olya Makar, testimone ucraina della guerra e membro di Sant’Egidio, che ha riferito “Abbiamo riaperto la scuola della pace. È stato il primo luogo dove i bambini sono tornati a ridere” e ci fanno capire quanto noi possiamo essere importanti: se un bambino che ha vissuto orrori e violenze che si porterà dentro per tutta la vita riesce ad avere un attimo di spensieratezza mentre gioca o fa un disegno con noi, allora significa che possiamo davvero costruire la pace. Non dovremmo dunque iniziare a riflettere concretamente su cosa...
“La pace comincia dall’impegno dei giovani”: Fabio Fazio incontra i Giovani per la Pace
gabriele.rizzi“La pace si costruisce ogni giorno, comincia dall’impegno di ciascuno e anche chi è giovane può fare molto”. Questo è stato il messaggio dei Giovani per la Pace agli studenti del Liceo Giovanni XXIII di Milano riuniti lunedì 2 maggio per una assemblea sulla situazione in Ucraina con Fabio Fazio e la Comunità di Sant’Egidio. Tante le domande degli studenti sulla guerra. Chiara si chiede: “E’ facile parlare di pace, ma siamo in grado di metterla in pratica nella nostra vita?”. Elisa porta l’esempio della Scuola della Pace dove i giovani aiutano i bambini e i ragazzi delle periferie a crescere insieme nell’amicizia tra diversi e nella solidarietà ai più deboli. “Di fronte alla guerra si può dire no, unendo le nostre forze e lavorando per un mondo più giusto e più umano”. La A Milano, grazie alla solidarietà di tanti, la Comunità sta ospitando 50 profughi mentre i Giovani per la Pace hanno promosso nelle scuole e nelle università una raccolta farmaci per l’Ucraina. Il primo carico è già partito. Un altro partirà nei prossimi giorni. “Con le medicine possiamo salvare molte vite” ha spiegato Sofia dei GxP. “La pace non è solo assenza di guerra, ma vivere un’amicizia senza frontiere”.
Meno armi, più parole: i Giovani per la Pace danno vita ad un flash mob a Fontana di Trevi
gabriele.rizziCartelli colorati illuminano l’acqua della Fontana di Trevi. A portarli in alto, perché siano visibili a tutti, sono i Giovani per la Pace di Sant’Egidio, in quello che è un vero e proprio “peace mob”, un flash mob organizzato per dire no alla guerra. Sotto gli sguardi incuriositi dei turisti, i giovani volontari hanno voluto, infatti, manifestare il loro dissenso contro un’escalation che rischia di trascinare il mondo verso il buio della guerra. Dai loro cartelloni colorati, invece, i giovani hanno voluto lanciare un messaggio di pace, chiedendo che si investa di più sul dialogo, piuttosto che sugli armamenti: “Meno armi, più parole” e “Stop the war” gli slogan che i passanti hanno potuto leggere sui cartelloni. “Siamo qui per manifestare ancora per la pace, perché la guerra non accenna a fermarsi e ci sembra che pochi si spendano per porvi fine” – afferma Gian, 17 anni. L’iniziativa fa seguito alle tante altre manifestazioni organizzate dai GXP nei luoghi simbolo di Roma come Piazza di Spagna, il Campidoglio e Piazza Vittorio. Continuando a far sentire la loro voce, i Giovani per la Pace vogliono, infatti, continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di spendersi per il dialogo e di evitare una pericolosa polarizzazione del dibattito. Perché anche il coro della pace possa farsi sentire forte.
Con il primo incontro tenuto dal volto del TG1 Felicita Pistilli si è aperto il Laboratorio di Humanitarian Journalism, dedicato al mondo del giornalismo e del sociale. Nel corso del suo intervento, la giornalista ha sottolineato il dovere dei giornalisti di “dar voce a chi non la ha” e ricordato la Carta di Assisi, il primo manifesto internazionale “contro i muri mediatici”. Perché un Laboratorio di Humanitarian Journalism? Perché, però, un’iniziativa del genere in questo momento storico? Lo ha illustrato bene Massimiliano Signifredi, storico e responsabile della comunicazione di Sant’Egidio ed altro ospite del primo incontro del Laboratorio. Se, come già detto, i giornalisti devono dare voce agli ultimi, questo compito è reso più difficile dalla polarizzazione del dibattito social e dalla diffusione di fake news che contribuiscono al fenomeno dell’hate speech. Un fenomeno a cui abbiamo assistito durante l’emergenza Covid e a cui continuiamo oggi ad assistere durante la guerra in Ucraina. Digital Services Act, cosa cambia per gli internauti? In questo senso, il recente Digital Services Act (DSA), approvato dall’Unione Europea una settimana fa, rappresenta una svolta per il mondo della comunicazione digitale. Secondo quanto riferisce Wired, le nuove regole comporteranno un obbligo di maggiore trasparenza riguardo il funzionamento degli algoritmi usati dalle grandi società informatiche, ma anche il dovere di “rimuovere un maggior numero di contenuti o prodotti definiti illegali”, e di “limitare la pubblicità basata su informazioni sensibili, come l’etnia e l’affiliazione politica“. Inoltre, il DSA vieterà i cosiddetti dark pattern, meccanismi che inducono l’utente a compiere scelte non volute, e la profilazione dei minori ai fini pubblicitari, mentre darà all’utente la possibilità di scegliere se limitare gli algoritmi che utilizzano i nostri dati personali. L’obiettivo è, quindi, quello di limitare l’effetto “echo chamber” per il quale un utente riceve sempre notizie e contenuti affini alle sue idee e ai suoi interessi, convincendosi quindi sempre di più delle sue idee e non informandosi su altre. Fake news e hate speech Sul fronte fake news, il provvedimento introduce nuove norme che comportano l’obbligo di introdurre nuove procedure per segnalare notizie false ed hate speech. Sarà però concesso una sorta di “appello”, per cui gli utenti segnalati potranno ricorrere contro il provvedimento. Il web, quindi, verrà trattato come uno spazio pubblico. Una svolta che verso una nuova fase del mondo virtuale.
L’evento “Sì alla pace, no alla guerra!” ha visto la partecipazione di Mario Giro, già viceministro degli Esteri e di Olya Makar, Giovani per la Pace Ucraina. I 1700 giovani presenti al Teatro Brancaccio si sono poi uniti al resto delle scuole superiori radunatesi a Piazza Vittorio, dove un totale di circa 3000 giovani hanno poi dato vita ad un flash mob a Piazza Vittorio. TG1 https://youtu.be/1BY_0WTokP0 TG2 https://youtu.be/hbbuTISzTaE TG3 https://youtu.be/GqioIASDh68 TGCOM https://www.tgcom24.mediaset.it/2022/video/ucraina-flash-mob-di-sant-egidio-per-la-pace_46887226-02k.shtml TV2000 https://youtu.be/qryaw0Ov5ZE Corriere della Sera https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/22_marzo_04/ucraina-tremila-studenti-sant-egidio-chiedere-pace-e98ca618-9bbe-11ec-87e9-1676e8d33acb.shtml Avvenire https://www.avvenire.it/attualita/pagine/giovani-per-la-pace-a-roma-siamo-cresciuti-senza-guerra-vogliamo-anche-invecchiarci ANSA https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2022/03/04/ucraina-roma-studenti-in-piazza-con-la-comunita-di-santegidio_d5946f56-de0f-4531-9e42-366bcab52832.html ROMA SETTE https://www.romasette.it/i-giovani-di-santegidio-in-piazza-per-dire-si-alla-pace-no-alla-guerra/
Continuano le manifestazioni dei Giovani per la Pace per dire no alla guerra e sì alla pace! Ne discuteremo con Mario Giro, già Viceministro degli Esteri e Professore di Relazioni internazionali; a seguire, un flashmob per la pace a Piazza Vittorio. Al momento, hanno aderito all’iniziativa quasi 2000 studenti di tutta Roma. Per registrarsi: Per sapere di più sulle nostre iniziative, seguici su Instagram, gxp_italia o scrivi a [email protected]!
Siamo i Giovani per la Pace della Comunità di Sant’Egidio. Ti scriviamo perché siamo rimasti molto colpiti dal triste episodio in cui sei stato coinvolto. Molti tra noi hanno la tua età e sappiamo bene quanto sia duro subire ogni tipo di violenza, verbale o fisica che sia, a dodici anni. Anche se non ti conosciamo vogliamo dirti che ti siamo molto vicini.
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