L’immagine che vedete è un titolo del Corriere della Sera online. Sotto la firma dell’autore c’è una barra ‘social’: vale a dire che questo giornale facilita l’interazione del lettore, che può dunque commentare e condividere la notizia con un click. Il dato preoccupante si registra alla prima funzione, dove si legge ‘soddisfatto 47%’. Ai tempi dei social network si può esprimere velocemente un’opinione, semplificata, plebiscitare, pseudo-statistica. Più o meno con la stessa civiltà di chi tirasse fuori la testa dal finestrino di un’auto in corsa e gridasse tutta la propria frustrazione. ‘Mi piaceeeeee’, ‘sono contrariatoooooo’ e così via. Ebbene, sul Corriere.it si può esprimere il proprio sentiment sulle notizie, per dire che quanto letto ci lascia: indignati, tristi, preoccupati, divertiti o soddisfatti. Tra le cinque emozioni, di cui due positive, i lettori (registrati) del Corriere così si sono espressi. Per netiquette, forse, dovrebbero limitarsi le opzioni per certe notizie. Ma il problema è ben altro. A.
Mese: July, 2013
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«Quel giovane potevo essere io», in questo modo il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha criticato la sentenza di assoluzione di George Zimmerman, la guardia volontaria che uccise un anno fa Trayvon Martin, diciassettenne afroamericano. Nel quartiere recintato e multietnico di Sanford (Florida), Trayvon risiedeva presso la nuova famiglia del padre. Non aveva nulla a che fare con le irruzioni registrate negli ultimi tempi che erano motivo di tensione nella comunità. In una serata piovosa del febbraio 2012, un atteggiamento sospetto del giovane preoccupò Zimmerman, il quale prese a seguirlo. Dopo una violenta colluttazione sparò al ragazzo disarmato. Zimmerman è stato accusato di essere spinto da razzismo o dall’aver comunque tracciato un profilo razzista del soggetto nella telefonata alla stazione di polizia. Un’ipotesi alimentata dal solito caso mediatico: l’emittente NBC ha trasmesso un montaggio fuorviante, per il quale ha posto in seguito pubbliche scuse. Nelle registrazioni è possibile ascoltare che è esplicitamente richiesta l’origine etnica del ragazzo a fini identificativi. La risposta pubblica è stata confusa: disordini a Los Angeles, bandiere bruciate, una petizione su Change.org con oltre 2,2 milioni di firme a sostegno dell’arresto di Zimmerman, minacce di morte a quest’ultimo. Col senno del poi, la sentenza di assoluzione è sconvolgente solo per l’affermazione di un assoluto diritto di legittima difesa e non per una scongiurabile, terribile attenuante di razzismo. La congettura sulla matrice razzista dell’episodio sembra solo un grande errore politico. L’episodio è significativo delle resistenze culturali attivabili per non far bruciare il delicato circuito delle società democratiche. La lotta al razzismo non finisce con la proclamazione di Convenzioni e costituzioni pluraliste. Anzi, forse proprio queste rappresentano il punto di inizio. L’allarmismo e lo sguardo paranoico sulla realtà non aiutano. Il razzismo si combatte attraverso due canali: la concretezza e l’educazione. Innanzitutto bisogna rimuovere le barriere che non permettono l’integrazione e lo sviluppo dei diversi gruppi etnici: in sostanza, la segregazione razziale seppur espunta giuridicamente, si può sedimentare in forme sociali ed economiche, per cui è essenziale che, in nome della cittadinanza, tutti abbiano le stesse opportunità. In secondo luogo, l’osservanza di un siffatto modello sociale non può affermarsi senza una concordanza degli animi. È a dir poco criminale che proprio ‘i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche’ si abbandonino a motteggi razzisti e a deteriori atrocità verbali. No, in un Paese civile non si può augurare a un ministro di colore, madre di due figlie, una violenza sessuale. E non la si può paragonare a un animale. (Perché viene dal Congo). La risposta dei più impuniti è: ”Se si confrontasse un bianco a qualsiasi animale, non accadrebbe lo stesso”. Nel merito dell’infelice battuta del (dis)onorevole Calderoli, basta galleggiare sulla superficie per cogliere il sofisticato improperio razzista. In ogni modo, il razzismo è un movente che spinge sempre a infrangere lo schermo della persona umana. Svincolare da certe oscene parole, quando financo la motivazione è evidente, è un doppio oltraggio. Ma è necessario più che mai giustamente indignarsi e quotidianamente impegnarsi per tessere un solido...
A catechismo ci hanno insegnato a “non rubare” e “non desiderare le cose altrui”, a casa ci hanno sempre detto che per avere qualcosa bisogna meritarsela, guadagnarsela o comprarsela, che rubare è un reato e che si finisce prima in prigione e poi all’inferno perché il furto è un crimine contro gli uomini (perché è contro la legge), e contro Dio (perché è contro i Suoi Comandamenti). Invece il mitico Gigi Proietti, nel lontano 1973, sotto la regia di Elio Petri in “La proprietà non è più un furto”, pronunciò un memorabile necrologio in memoria di un ladro “morto sul lavoro”. Vale la pena spendere tre minuti per ascoltare le immortali parole del Maestro, non tanto per esaltare la figura dei ladri (che criminali erano e criminali rimangono anche dopo questo monologo), quanto piuttosto per soffermarci a riflettere sulla figura degli ultimi, che loro malgrado reggono “l’equilibrio sociale e l’economia nazionale”. Se ogni tanto fossimo tutti dei bravi Proietti, in grado di guardare con altri occhi i molti che incontriamo sulle strade della nostra vita, dai poveri, agli stranieri e via dicendo, saremo sicuramente delle persone migliori. “È morto un ladro! Poteva essere uno di quegli uomini che passano da onesti, e invece no! Lui rifiutò l’ipocrisia, giocò tutte le carte allo scoperto. Non si nascose, non finse, non giocava in borsa, non sfruttava la gente. Rubava! Al mondo si presentava tale e quale era: un ladro! Ma che sarebbe il mondo senza ladri? Pensateci: quanti di questi “onesti” finirebbero sul lastrico? Quanti? Facciamo i conti: i fabbri, le fabbriche di serrature, di saracinesche, tutti i guardiani notturni, le forze dell’ordine, gli inventori di antifurto sempre più perfezionati, i portieri, gli avvocati, i giudici, i secondini, i direttori di penitenziario, gli assicuratori, i cani poliziotto… che farebbero senza i ladri? Che disastro sarebbe se un giorno tutti i ladri decidessero di smettere di rubare. L’economia nazionale andrebbe a rotoli! È ai ladri che la società deve l’ordine costituito e l’equilibrio sociale, perché rubando allo scoperto, coprono e giustificano i ladri che operano coperti dalla legalità.” Em.Me.
Dopo i casi tortuosi nord-coreani e siriani, questo post spetta di diritto a 2 stati entrati in collisione negli ultimi giorni. Il primo può essere riassunto dalla dicotomia amore-odio provata dagli stessi cittadini, il secondo lo ricordiamo purtroppo “solo” per il nome non propriamente raffinato e per le grosse risate fra gli studenti delle elementari. Chi sono? Italia e Kazakistan. Il lettore medio potrebbe pensare non conoscendo la materia:” Non mi dire. Non è guarito. Berlusconi è coinvolto con una Ruby kazaka”. Sarebbe stato comunque molto improbabile dato che il signor B. in questi tempi giudiziari ha la pressione al minimo e appare disinteressato persino al suo diletto più grande. No, l’ origine del problema risiede nella diplomazia e l’ Italia non è esente da colpe e incapacità. La storia inizia la notte tra il 28 e il 29 maggio in seguito ad un blitz in una villa di Casal Palocco di proprietà della kazaka Shalabayeva, moglie del dissidente politico Ablyazov. Il blitz, richiesto dall’ ambasciata kazaka(espressione della volonta del governo dittatoriale kazako) alla questura romana e al capo della mobile, non produce gli effetti di cattura sperati poichè Ablyazov ha ottenuto asilo politico come dissidente dall’Inghilterra . La moglie e la figlia subito dopo vengono messe su un jet privato,espulse dal nostro territorio e affidate ad un paese, il Kazakistan, che disapprova ogni forma di dissenso. Cosa stona in questa storia a parte la sfliza di nomi incomprensibili e difficili da ricordare? L’ Italia promuovendo l’ espulsione, ha agito contro il Testo Unico sull’ Immigrazione che dice espressamente:“in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere soggetto di persecuzione per motivi di razza, di lingua, di cittadinanza, di opinioni politiche”. Bene. Il dado è tratto. Ora spetterebbe agli alti vertici riconoscere le proprie responsabilità. E invece no. Al Parlamento nessuno era cosciente(così dicono): da Angelino Alfano, ministro dell’interno, alla Bonino, ministro degli affari esteri. Il capro espiatorio risponde al nome di Alessandro Marangoni, capo della polizia, e probabile burattino di personalità di alto rango istituzionale. Le ripercussioni sono notevoli poichè coinvolgono la sfera politica ed economica. Con il Kazakistan i rapporti economici muovevano cifre da capogiro. Ammonta ad un miliardo di euro nel 2012 il valore degli scambi commerciali tra i 2 paesi. Per non parlare della mancanza di credibilità e fiducia che sta ottenendo il governo Letta all’ interno dei confini territoriali e a livello comunitario. In questo momento di ricrescita economica e sopratutto culturale l’ Italia richiede impegno,serietà da parte di ciascuno di noi, nessuno escluso. E se persino i diversi ministri lanciano il sasso e nascondono la mano, allora ragazzi temo che la strada sia lunga. Fabio Lazzari
In un paese immaginario con regole immaginarie sarebbe persino possibile vedere cose inimmaginabili. Mario è uno studente universitario di questo paese immaginario. Nella sua università ha visto troppe cose che in un paese civile non avrebbe mai trovato: ragazzi che seguono la lezione prendendo appunti su libri di testo fotocopiati illegalmente, anche dalle prime file più vicine al professore – spesso autore del libro –che continua a spiegare senza accorgersi di essere stato derubato della sua parte di compensi editoriali. Finite le lezioni si dirige in biblioteca a consolidare quanto appreso a lezione. Nel cercare un posto libero, si accorge che molti suoi colleghi studiano su libri di testo fotocopiati, mentre la bibliotecaria è troppo impegnata a distribuire le chiavi degli armadietti all’ingresso per rendersi conto del reato che si sta perpetuando nel suo sacro tempio della cultura. All’improvviso si ricorda che il Professore ha consigliato vivamente lo studio di alcune dispense, che ovviamente non si trovano sul libro di testo. Nel dialetto del paese immaginario, “consigliato vivamente” è sinonimo di “comprare obbligatoriamente”, in quanto il più delle volte il professore non rende disponibile gratuitamente sulla propria bacheca on-line il materiale, ma lo deposita in copisteria, affinché tutti lo possano fotocopiare. Mario quest’anno verrà in Erasmus in Italia. Un suo amico gli ha raccontato che un particolare settore operativo di una particolare macroarea della Guardia di Finanza, in collaborazione con gli ispettori dei Servizi di Antipirateria della Societa’ Italiana Autori Editori (Siae), effettuano controlli periodici a campione per verificare l’eventuale violazione della legge248/00 che vieta espressamente “la fotocopiatura di un testo oltre il limite del 15% e ne prevede il solo uso personale”, escludendo quindi le copie multiple come quelle “vivamente consigliate” e/o depositate in copisteria, come ha avuto modo di constatare leggendo il punto 11) nell’areaFAQ del sito internet della Società Italiana Autori ed Editori Non ci resta che dare il benvenuto a Mario, e augurargli un buon soggiorno nel paese più bello del mondo!! Se pensi che la fotocopiatura sia l’unico modo per risparmiare i troppi soldi necessari per acquistare i libri di testo, ti potrebbero interessare CARI PROF, E’ GIUNTA L’ORA DEGLI E-BOOK e COSA NE PENSI DEI TABLET NELLE SCUOLE? Note: nell’area FAQ del sito internet della SIAE, è possibile leggere più volte “ L’attività di riproduzione deve essere autorizzata dagli aventi diritto o dall’AIDRO”, tale affermazione è da correggersi, in quanto il CLEARedi (Centro Licenze E Autorizzazione per le Riproduzioni Editoriali) è subentrato all’AIDRO). Em.Me.
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