Gindar e Salvatore erano nostri amici, sono morti per strada a distanza di una settimana, sono morti a causa delle condizioni a cui la strada li aveva costretti. Noi non ci stiamo, ci siamo detti,ed abbiamo lanciato una veglia di preghiera che desse il senso del ricordo e restituisse memoria e dignità a coloro come Gindar e Salvatore sono stati dimenticati tanto da morire soli per strada. La preghiera ha visto la partecipazione di tante persone che hanno riempito la Chiesa di San Giuseppe. C’era la città che non si arrende alla morte in strada dei suoi poveri, la città che accoglie, la città che dice basta alla ghettizzazione della periferia, ma della periferia ha fatto il centro della propria vita. Erano presenti numerose associazioni presenti era presente e ci ha voluto incontrare e dare sostegno il sindaco di Messina, Renato Accorinti. In quella chiesa piena di gente per due uomini marginali, che hanno regalato in vita amicizia fedeltà di chi considera familiare il povero, si sentivanodal pulpitole parole di Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio: “Le città hanno un’anima e l’anima delle città si riscopre scegliendo facendo famiglia con i poveri, come famiglia erano Gindar e Salvatore, perché essere famiglia con i poveri è essere famiglia con Gesù”. Dopo la preghiera i Giovani per la Pace hanno fatto il loro consueto giro itinerante per portare la cena a chi vive in strada, giro in cui si è sentita la mancanza forte di Gindar e Salvatore, mancanza alleviata dall’idea che avessero avuto un saluto finalmente degno. Chiedeva Elena, un’altra fissa dimora che vive alla stazione: ricordate, vi prego ricordate, perché nessuno ricorda chi muore in strada. In una calda serata autunnale, la città di Messina, la sua società civile, le sue istituzioni hanno scelto di non abbandonarsi alla morte, di non concedere spazio ad un suo passaggio silente sui corpi dei poveri, ma di alzare la voce, essere movimento, protestare: A Messina si è lavata alto un grido di protesta, la protesta più forte che è la preghiera, che diventerà proposta, davanti a chi guardando ai poveri con fedeltà ha deciso di fare dell’amicizia con i poveri proposta di vita. Una proposta per la città e per far risplendere ancora fulgida, la sua anima.
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A Messina, nelle ultime due settimane sono morti per strada due senza fissa dimora, Salvatore e Gindar, un italiano e un indiano, a causa della durezza della loro condizione. La comunità di Sant’Egidio esprime forte sgomento per questi due accadimenti, nella consapevolezza che la città di Messina non può tacere dinnanzi alla morte in strada, peraltro a distanza così ravvicinata, di due poveri. Pertanto invita la cittadinanza, le associazioni, le istituzioni ad una veglia di preghiera per Salvatore e Gindar, che si terrà Venerdì 16 Ottobre alle ore 19:30, presso la Chiesa di San Giuseppe (Via Cesare Battisti 111). Ha confermato la sua presenza il Sindaco di Messina, Renato Accorinti. Al termine della preghiera, i Giovani per la pace, movimento di giovani della Comunità di Sant’Egidio, andranno a trovare, come ogni Venerdì, i senza fissa dimora in un giro itinerante per la città. Infatti è dall’amicizia sincera con i più poveri che nasce l’esigenza di pregare per chi muore in strada perché la preghiera per due amici morti in una condizione inaccettabile nel 2015, è un grido di protesta che sale in cielo e deve toccare il cuore di tutti e spingere a cercare, in fretta, soluzioni per i più poveri della città, che purtroppo “muoiono di indifferenza”. Le città hanno un’anima ed è per questo che l’anima della città deve illuminare tutti a partire dai suoi figli più deboli e indifesi. VENERDI 16 OTTOBRE ORE 19.30 CHIESA DI SAN GIUSEPPE Via C. Battisti 111
Sono circa le 20 a Messina, davanti la Chiesa di San Giuseppe è appena finita la preghiera dei giovani per la pace, siamo tutti pronti per partire, ci dividiamo in due gruppi, io salgo in macchina con Pietro, insieme ad Andrea, Francesca e Beatrice, l’altro gruppo si dirige verso la stazione, ci incontreremo tutti là più tardi. In due minuti arriviamo davanti al tribunale, sdraiato in una aiuola c’è Singh, mentre in piedi ad aspettarci c’è Giridhar. Insieme a loro ci sono anche Vadim e Achille, li salutiamo, diamo loro un panino e un bicchiere d’acqua e ci fermiamo a parlare un po’ con loro. Achille ci canta qualche canzone di Vasco Rossi, mentre Vadim scherza un po’ con noi, parliamo anche con Giridhar che ci racconta che qualche giorno prima qualcuno è venuto e si è portato via la sua coperta e quella di Singh, Pietro allora torna in sede per vedere se ne abbiamo qualcuna da dare loro. Nel frattempo ascoltiamo la storia di Vadim, lui è Ucraino ed è venuto in Italia per lavorare, è un macchinista e per un po’ di tempo ha lavorato a Reggio Calabria, dopo qualche tempo ha perso il lavoro ed ha iniziato a fare piccoli lavori come giardiniere e operaio. Non ha più alcun alcun impiego e da qualche anno vive in strada. Gli chiediamo: “Perchè non torni a casa, dalla tua famiglia, in Ucraina?”. Lui ci risponde:: “E cosa dovrei raccontargli, che sono andato via per finire a vivere in strada?”. La sua è una storia triste, ed è simile a quella di tante altre persone che, avendo perso il lavoro, sono finite a vivere in strada. Pietro è appena tornato, e per fortuna è riuscito a trovare delle coperte per i nostri amici, loro sorridono e ci ringraziano, non dovranno passare una notte al freddo. Si è fatto tardi , allora salutiamo tutti e ci diamo il consueto appuntamento al prossimo venerdì. Io vado a salutare Vadim: “Ciao Vadim, stammi bene, ci vediamo al più presto”, lui mi stringe la mano e poi mi abbraccia dicendo: “Grazie, io ti voglio bene perchè tu mi chiami col mio nome, ormai quasi nessuno lo fa, stammi bene anche tu, dottore.”. Risaliamo tutti in macchina e andiamo alla stazione per incontrarci con gli altri. Hanno già iniziato a distribuire i panini e noi ci uniamo per dare una mano. Alla stazione ci sono molti migranti, alcuni stanno al nei centri di accoglienza, altri a Messina, c’è chi è arrivato in Italia da qualche mese, chi da qualche anno, quasi tutti in attesa di risposta alla richiesta di asilo. Facciamo la conoscenza di molti ragazzi del Niger, dell’Etiopia, del Mali, parliamo con loro tranquillamente, scherziamo un po’ e ci facciamo raccontare le loro storie. Sono le 21:30 e per concludere scattiamo una foto-ricordo con i nostri nuovi amici, siamo stanchi ma sorridiamo tutti, è stata una bella giornata, ci salutiamo e ci diamo appuntamento alla prossima settimana. Sono quasi le 10 e io...
Riceviamo e pubblichiamo la lettera e le foto di Lucia Florio, una Giovane per la Pace di Messina, sulla beatificazione di Padre Pino Puglisi dopo la cerimonia del 25 Maggio scorso. “Ciao a tutti! Sono Lucia, Giovane per la Pace di Messina. Vi voglio raccontare un sogno: è il sogno di tutti noi ragazzi che facciamo scuola della pace nei ‘quartieri’. Ogni settimana aiutiamo i nostri bambini a fare i compiti, regaliamo qualche sorriso e un pò di serenità… Ecco, questo è anche il sogno di Padre Pino Puglisi, “uno di noi”. Lui nel quartiere di Brancaccio a Palermo toglieva i ragazzi non solo dalla strada, ma li rubava alla mafia, e come sappiamo è stato ammazzato per questo. Il 25 Maggio è stato il suo e il nostro giorno, il giorno della rivincita. La Beatificazione di 3P (dalle iniziali del suo nome) è stat una festa non solo per Brancaccio e Palermo, ma per tutti noi che lottiamo giorno dopo giorno, per le nostre scuole della pace in tutto il mondo. Una delle frasi che Puglisi diceva era: “E se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto…”. Essere lì quel giorno con gli altri giovani per la pace, andare nel suo quartiere e sotto casa sua (dove gli hanno sparato), mi ha fatto capire davvero il significato di questa frase: ‘insieme si è più forti e l’amore è l’arma giusta per vincere!'” La Redazione
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