Vivere per strada rende il cielo più grande

La storia di Mario che da un sottopassaggio guarda in alto

“Vai in ospedale, che con questo freddo non si scherza”. Alla fine ha accettato il consiglio di amici preoccupati, Mario (nome di fantasia), un uomo di 45 anni che vive per strada. Passerà in ospedale lo stretto tempo necessario, prima di volere tornare dove lo abbiamo incontrato, ma per lui i suoi amici vogliono trovare un luogo che possa dirsi “casa”.

Sullo sfondo c’è la Roma della vita notturna, in cui per il freddo si corre via dentro i locali, senza immaginare cosa possa significare per Mario affrontare quel gelo in un sottopassaggio. Anche se di scorza dura, vivere per strada lo sta segnando e il tempo scorre più veloce per lui.

Mario si copre bene e non usa l’alcool per stordirsi. È fiero del cappello che porta perché glielo ha regalato un amico. Lo incontra durante il “giro” dei giovani della Comunità di Sant’Egidio, gli stessi che si sono premurati del suo ricovero.

Andare al “giro” — come dicono i volontari — significa portare pasti caldi, indumenti e aiuto. È Mario però a spiegare a chi viene per la prima volta di cosa si tratta, il suo significato profondo: l’amicizia. Non c’è sera e non c’è mattina in cui anche lui non si dia da fare per aiutare i suoi compagni di strada, distribuendo cibo e contenendo qualche testa matta, con bonari rimproveri.

Anche lui ha visto nella sua vita una svolta che lo ha portato in basso, al livello della strada e anche sotto. È lontano dalla moglie e dal figlio, aveva una vita “normale” e non è chiaro come sia arrivato a vivere senza una casa, ma l’importante è che da tempo ha cominciato a superare i suoi ostacoli, dedicando sempre una grande attenzione a quelli più sfortunati di lui. Fa qualche lavoretto e poi, la notte, si mette in disparte, nel buio del sottopassaggio.

Lo vedi sorridere e scherzare ma gli leggi anche un voler essere piccolo. Il cielo la notte visto da terra deve sembrare immenso e chi passa veloce per la strada non se ne accorge. «Finché Dio vuole sono qui. Dio decide e siamo contenti perché siamo qui. Ci siamo». Ripete così la sua esistenza, con un velo di tristezza per chi ascolta. Il suo non voler essere di peso e il non chiedere mai nulla per sé in qualche modo lo solleva e non lo schiaccia a terra, anche se a volte dice «io sono uno zero». Questo è il valore che dà la società a una persona senza dimora e lui se lo porta dentro.
Alcuni si affidano alla fortuna o alle proprie forze, lui invece trova sostegno nella preghiera, alla quale partecipa con tanto entusiasmo.

Mario, con la sua esistenza da “piccolo” della terra ci ricorda che possiamo risalire da sotto lo zero, con una mano tesa verso il prossimo per aiutarlo a rialzarsi.

 

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