Leggiamo in queste ore dell’episodio che ha coinvolto l’insediamento di famiglie rom romene in via Muratori, a Cornigliano: nella notte di martedì un uomo ha sparato alcuni colpi con un fucile ad aria compressa in direzione delle roulotte. Non sappiamo i contorni di questa vicenda: le motivazioni, i particolari. Conosciamo però molto bene le famiglie che abitano accanto a villa Bombrini, che frequentiamo da anni, e in particolare in questi mesi siamo diventati amici dei bambini e dei ragazzi, che incontriamo tre volte la settimana alla Scuola della Pace, un doposcuola gratuito per i bambini di Cornigliano: abbiamo aiutato i genitori ad iscriverli a scuola, li sosteniamo nello studio e lavoriamo per costruire uno spazio di amicizia con gli altri bambini del quartiere. Spesso, il sabato mattina, li aiutiamo a farsi una doccia calda e la settimana scorsa insieme a loro e a tutti gli altri bambini della Scuola della Pace siamo stati in vacanza al mare. Anche noi, come tutti, percepiamo il clima di ostilità che circonda il popolo rom. Come tutti siamo cresciuti immersi nella paura e nel disprezzo verso gli zingari, disprezzo che sembra quasi indiscutibile nel pensiero comune del nostro Paese, che l’istituto americano Pew ha recentemente indicato come uno dei più razzisti in Europa. Ecco, trascorrere quei giorni insieme ai bambini rom ci ha molto colpito, ed ha come ribaltato tanti timori e tanti pregiudizi: dietro ai corpi magri e ai vestiti poveri, abbiamo scoperto ragazzini simpatici, intelligenti, appassionati allo studio, pieni di curiosità e di desiderio di imparare, innamorati del nostro Paese, entusiasti dell’amicizia con giovani italiani. Quei bambini sui quali si riversa il linguaggio violento e volgare dei blog o delle conversazioni sugli autobus, sono piccoli terribilmente normali nei loro atteggiamenti e nelle loro aspirazioni, del tutto uguali ai nostri fratelli minori. Ma questi bambini hanno anche paura: paura delle macchine che sfrecciano accanto alle loro roulotte, paura di chi gli può fare del male, paura di chi li disprezza o li deride senza sapere niente di loro. Poche ore dopo l’episodio degli spari, abbiamo sentito per telefono alcune famiglie del campo che ci hanno raccontato il terrore dei loro figli. Nelle loro voci, però, abbiamo anche sentito la rassegnazione di chi si è abituato alla violenza e all’umiliazione. Tramite il Secolo XIX noi vorremmo dire che questa città non è di chi spara a gente innocente. Questa città non è di chi vomita odio su qualche sito Internet, sfogando la propria frustrazione dietro la tastiera di un computer. Questa città non è nemmeno di chi ha responsabilità politiche ed insegue il consenso indicando in poche decine di povere persone la causa del degrado e della povertà di un quartiere (mentre forse il degrado nasce proprio da questa politica senza spina dorsale). Lo diciamo con umiltà, ma anche con convinzione: questa città è anche un po’ la nostra. Noi siamo cittadini genovesi, studiamo qui e qui vogliamo vivere e non ci possiamo rassegnare a vivere in un luogo in cui si permette...
Data: July 25th, 2015
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