Un evento imperdibile al Teatro di Tor Bella Monaca (Roma): musica arte e parole per dire no alla violenza e sì alla pace. Appuntamento mercoledì 10 dicembre, ore 16.30. Suoneranno le band Juru & T.F.M., The Change e i Sound For Peace. Partecipazione straordinaria di Cristian Medda. Ingresso: 2€.
Anno: 2014
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Un albero cresce senza fare rumore, senza strepiti: questa è la nostra cultura e modo di pensare.
Anche il Capitano, Francesco Totti, appoggia la campagna della Comunità di Sant'Egidio per dire no alla pena di morte. Segui le adesioni delle scuole all'iniziativa Scuole per la vita contro la pena di morte.
Gli immigrati di Tor Sapienza: “Voi siete senza lavoro, è terribile. Ma la colpa non è nostra”
RedazionePubblichiamo anche sul nostro blog il bell’articolo di Domenico Quirico uscito sul La Stampa di oggi a proposito di quello che sta avvenendo a Tor Sapienza. Vivevano al centro di viale Morandi da due mesi. Non dover più fuggire per due mesi è già un sogno inverosimile. Sono davanti a me, si stringono in gruppo, la prima volta che escono dal centro dopo… dopo l’assedio e l’assalto e le urla «vi vogliamo bruciare». Mancano i più giovani. Li hanno portati in altri luoghi; loro, gli anziani, ma il più vecchio ha forse venticinque anni, sono rimasti. Una trentina. La furia profonda di chi non li vuole più vedere non sembra scemare, anzi contagia altre periferie di questa Roma impiastricciata di cortei rabbiosi e appelli sconsiderati. La civiltà è uno strato sottile, basta la pioggia per cancellarla. La polizia li ha scortati, («la gente ci insultava e noi zitti nel bus, gli occhi bassi…»), la messa per quelli che sono cristiani, il pranzo in un centro di accoglienza. Mi spiegano i volontari di Sant’Egidio, missionari nelle periferie di una tolleranza che sembra anch’essa straniera in tempi di traboccamenti di fiele e vendette: nel pomeriggio torneranno, laggiù. Hanno tutti alle spalle la via lunga e pericolosa, la via dolorosa di chi ha dovuto fuggire, la strada del dolore che passa nel deserto e arriva in Libia dove si biforca verso Lampedusa, Catania, Pozzallo. Gente come questa che fugge deve continuare a vivere fidando in caso fortuiti che quanto più sono inverosimili tanto più sembrano normali. Queste sono le fiabe moderne: non molto allegre, che solo raramente terminano meglio di quanto ci si aspetti. Qui in viale Morandi c’erano ragazzini e fuggiaschi che hanno diritto alla compassione di tutto il mondo, quella grande. Non quella piccola, che li compiange ma li trova molesti e indesiderati. Qualcuno che inveisce contro di loro o peggio ha ascoltato le loro storie, sa chi sono? Due arrivano dal Gambia, la vita si muove alta sui loro volti, completa e dolce e penosa, e poi eritrei, maliani, afghani, siriani, la geografia del mondo del dolore, dei fanatismi, della sofferenza. Folate di vento sollevano vortici di polvere e pezzetti di carta. «Sono stanco, stanco… Non capisco: ci sono problemi politici in Italia, ma che problema politico sono io, e i miei compagni… Non avete lavoro? È terribile, ma che colpa ne ho io? Vorrei andare nella mia stanza e non svegliarmi». Parliamo con fatica, a strappi, il solito intervallo di imbarazzo fra fuggiaschi. Non si sa fino a che punto sia lecito far domande. Lui è oromo, etiope («ma in nel mio Paese comandano gli amhara…»). In Libia è stato un anno prigioniero in un campo, ha rischiato la morte, prima che la rete di assistenza del suo popolo gli procurasse i soldi per traversare il mare: «Dove abbiamo sbagliato per trovare tanto odio? Non abbiamo mai fatto casino, noi del centro, aiutavo le vecchiette nel negozio, lasciavo il posto ai signori anziani nel bus, andavamo a...
Abbiamo ricevuto un comunicato scritto dai ragazzi del Centro di Tor Sapienza, che è bene diffondere come risposta pacifica.
Oggi, domenica 9 novembre, ore 20:30 alla basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, si terrà una veglia di preghiera per commemorare la caduta del muro di Berlino.
Quest'anno gli studenti delle superiori parteciperanno alla più grande mobilitazione locale e globale contro la pena di morte. Per partecipare ...
Pubblichiamo una poesia di Antuane E. Davila Mazzetti, giovane per la pace, che esprime in versi essenziali la memoria del 16 ottobre 1943, giorno in cui furono deportati gli ebrei romani nei campi di sterminio nazisti. La poesia nasce dall'incontro dei Giovani per la Pace con Enzo Camerino, sopravvissuto alla deportazione e custode di una fondamentale testimonianza.
Riceviamo e pubblichiamo l’articolo di Agnese Crivaro, 14 anni, di Roma, sul toccante incontro con Enzo Camerino, sopravvissuto alla deportazione degli ebrei romani avvenuta il 16 Ottobre 1943 Il 16 ottobre del 1943 è avvenuto un fatto che può apparire estraneo alla nostra vita di tutti i giorni. In quel giorno, che pareva essere come tutti gli altri, vennero presi con la forza circa 1200 ebrei che successivamente dovettero combattere la mostruosa agonia dei campi di concentramento. La maggior parte di loro non ce l’ha fatta; altri sopravvissuti oggi non ci sono più, altri ancora sono vivi e hanno avuto il coraggio di testimoniare, come Enzo Camerino. Sabato 18 ottobre noi Giovani per la Pace abbiamo avuto la grande fortuna di poter conoscere questo grande uomo che ha avuto la forza di aprire la bocca e sfruttare le parole per fare del bene, per far sì che il passato non si ripeta. Enzo ci ha raccontato la sua storia, ci ha mostrato il numero sul braccio che sostituì il suo nome durante quel tormento, ma soprattutto, ci ha fatto aprire gli occhi. Ci ha mostrato quanto la semplice quotidianità possa fare la differenza e anche quanto questa siamo fortunati. Enzo viveva a Monza insieme alla sua famiglia formata da sua madre, suo padre e sua sorella. Successivamente si è trasferito a Roma poiché il padre non aveva più lavoro così cominciò a vendere dolciumi, tant’è che quando giocavano a carte si giocavano la cioccolata! Prima della deportazione, i nazisti pretesero 50kg d’oro dalla comunità ebraica che fu costretta a raccoglierlo entro 36 ore. “Oggi si prendono i soldi, domani le persone”, furono queste le parole sincere e franche del cognato di Enzo. Quel 16 ottobre i tedeschi fecero irruzione nella loro casa verso le cinque di mattina ed Enzo e la famiglia furono costretti a seguirli. Dissero loro di prendere denaro, gioielli e vestiti perché avrebbero dovuto fare un viaggio di otto giorni. Tutti dovevano andare: dai neonati ai malati. “Tanto c’è l’infermeria” dicevano le SS agli anziani. Un camion arrivò e li portò al collegio militare dove rimasero per due giorni, dormirono per terra all’aperto, sotto il porticato. Consegnarono i documenti, i gioielli e il denaro e vennero portati nei vagoni “bestiame” del treno che li avrebbe condotti ad un tragico destino. Molte di quelle 1200 persone morirono durante il viaggio poiché non era previsto nessun pasto, erano ammassati, faceva caldo e le condizioni igieniche erano terribili. Una volta arrivati al campo di concentramento di Auschwitz li divisero in uomini, donne, anziani e bambini. Li spogliarono nudi e assegnarono loro i tipici vestiti “da lavoro”, tatuarono loro il numero sul braccio, numero che noi Giovani per la Pace abbiamo visto impresso sul braccio di Enzo, numero che sostituiva il loro stesso nome. Lì non dovevano più avere un’identità. Chiesero a tutti cosa sapessero fare. “Il barbiere”, rispose Enzo, che aveva solo 14 anni. I giorni passavano e loro lavoravano molto, portavano sulle spalle chili e chili di cemento...
La Musica, si sa, a noi Giovani per la Pace piace molto. Ma quando questa serve a fare del bene ci piace due volte e anche di più. Per questo abbiamo il piacere di parlarvi di un’iniziativa che avrà luogo nei prossimi giorni a Roma. “The future is knocking!” (il futuro sta bussando), è vero, ma non solo, perché questo è il titolo del concerto sinfonico che si terrà domenica 19 ottobre alle 18:30 presso l’Auditorium della Conciliazione. Ad esibirsi sarà la Young Talents Orchestra EY, un’orchestra nota molti non solo per il suo talento ma anche per il suo sostegno a diversi progetti di inclusione sociale. Grazie al concerto sarà possibile sostenere le attività di “Sounds for Peace – Musica per la pace” l’iniziativa dei Giovani per la Pace che attraverso laboratori musicali crea spazi aggregativi per tanti nostri coetanei in difficoltà con uno strumento che ci accomuna e ci appassiona tutti: la musica. La musica coinvolge ed insegna a crescere e lavorare insieme. In tanti quartieri disagiati della Capitale, Sounds for Peace, è l’alternativa perché favorisce spazi di incontro che spesso mancano. Ma non solo questo perché per noi Musica vuol dire anche cultura che passa attraverso i diversi dibattiti e confronti legati alla nostra iniziativa. La Fondazione EY Italia Onlus con questo concerto ha dunque deciso di sostenere la “Musica per la Pace”, per favorire un’alternativa a tanti quando queste sembrano mancare. Quello di domenica 19 ottobre si preannuncia come un concerto dal programma vivace, sorprendente , energico e appassionato. Sotto la direzione di Carlo Rizzari e insieme al grande violinista Salvatore Accardo, la giovane e talentuosa orchestra e il celebre violinista affronteranno il concerto per violino e orchestra di Mozart detto Alla Turca, con il suo ultimo e sorprendente movimento di Rondò. Prima però del concerto l’evento sarà aperto dall’altrettanto talentuoso e noto Alessandro Taverna che con il suo pianoforte si esibirà davanti ai presenti con l’esecuzione della Tarantella di bravura S.386 di Litz. Al pianista però non sarà riservata solo l’apertura perché la seconda parte del concerto sarà introdotta dallo stesso con il celebre incipit di quattro note della Quinta Sinfonia di Bethooven. “The future is knocking”, se aprirete la porta sentirete la Musica per la Pace! Dunque, qualora siate interessati, per l’acquisto dei biglietti collegatevi sul sito www.Ticketone.it e vi ricordiamo nuvamente che l’appuntamento è per domenica 19 ottobre alle ore 18:30 presso l’Auditorium Conciliazione (Via della Conciliazione, 4). Una serata all’insegna della buona musica e della beneficienza, i motivi giusti per esserci! Buon Ascolto!
L’ISIS “deve essere distrutto”, non ci sono alternative. “Non è una guerra all’Islam” ma “non si può negoziare con il male”: Barack Obama lo ha scandito ieri dalla tribuna del Palazzo di Vetro dell’ONU. Ma negli stessi momenti in cui il Presidente U.S.A. parlava, i jihadisti rilanciavano la sfida postando in rete un nuovo, atroce video per mostrare al mondo un’altra decapitazione, quella dell’ostaggio francese Hervè Gourdel, rapito domenica scorsa in Algeria. Durante le stesse ore però, grazie alla popolare trasmissione ‘Le Iene’, gli italiani hanno osservato nelle loro case uno spettacolo raccapricciante, che i nostri parlamentari (da destra a sinistra, senza distinzioni di sorta) hanno interpretato mostrando una plateale ignoranza sull’argomento, appena dopo il voto camerale che ha approvato l’invio di armi ai Peshmerga. Ma di cosa stiamo parlando? L’ISIS -Islamic State Iraq Siria (o anche semplicemente IS- Islamic State)- il gruppo estremista che segue l‘ideologia di Al-Qaida, è nato anni fa, emerso come diversi altri dall’ideologia dei Fratelli Musulmani nel 1928, e dopo aver cambiato diverse sigle soprattutto negli ultimi anni, dal 29 Giugno 2014 ha annunciato la fondazione di un nuovo ‘califfato’ retto a tutt’oggi da Abu Bakr al-Baghdadi, noto ai più informati per aver giurato fedeltà ad Osama bin Laden nell’Ottobre 2004. A dispetto di quanto sanno i nostri parlamentari, è stata subito emessa dalle autorità religiose islamiche una Fatwa, ovverosia un editto che condanna le decapitazioni e gli atti terroristici messi in atto dall’ISIS e dai suoi affiliati, sostenendo che “tutto ciò non è neanche lontanamente riconoscibile nei princìpi dell’Islam”. I Peshmerga, ossia i combattenti curdi che stanno contrastando l’avanzata dell’ISIS, sembrano essere al momento l’unica valida alternativa armata e i governi europei (non ultimo quello italiano) hanno approvato l’invio di armi a quest’ultimi per sostenerne la resistenza contro i gruppi terroristici. Ma l’ISIS costituisce una minaccia più forte rispetto a tante altre anche a causa del cyber-fronte su cui si sta combattendo questa “nuova” guerra e attraverso cui sta avvenendo il reclutamento di enormi quantità di giovani in tutto il mondo. Sorge spontanea una domanda: Anonymous, Syrian Electronic Army, The Jester, ma anche hacker iraniani e turchi RedHack come si sono schierati e cosa stanno facendo? L‘ultimo a scendere in campo contro l’ISIS sarebbe proprio Anonymous, con il lancio di due campagne, la più attiva delle quali va sotto il nome di #opIceIsis e che ruota attorno all’account @TheAnonMessage. In questi giorni, inoltre, è stata rilasciata un’intervista a France24 dove si spiegano le motivazioni di tale campagna, ossia “riportare l’attenzione su quanto sta accadendo in Iraq, sottolineare comunque la responsabilità degli USA nella nascita dell’ISIS; ribadire che lo Stato Islamico non rappresenta la religione islamica; esprimere vicinanza alle vittime”. Non ci è dato sapere quanto si protrarrà questo nuovo conflitto che vede da un lato dichiarazioni altisonanti e dall’altro decapitazioni in mondo-visione. Se ci saranno novità vi terremo aggiornati. Per certo sappiamo solo che, finché non si elimineranno le radici da cui nasce il terrorismo, non potrà risolversi in maniera efficace tale minaccia;...
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