Tirana, 2015. A ventinove anni dal primo incontro tra le religioni di Assisi ,e’ questo il luogo dove si sta svolgendo l’incontro internazionale interreligioso di Preghiera per la Pace, che si presenta con un titolo semplice ma incisivo: Peace is always possible (la pace e’ sempre possible). Ci si chiede tuttavia come mai la scelta sia ricaduta su una citta’ come Tirana, e la risposta non puo’ che ricercarsi nel passato turbolento del paese. Come infatti spiega il presidente della Comunita’ di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, l’Albania e’ stata protagonista di uno scenario drammatico che ha visto durante gli anni un enorme flusso migratorio di cittadini albanesi abbandonare la propria terra in condizioni disastrose, tragiche. Ricordi lontani, ma che oggi sono considerati parte di un tema di grande attualita’. Ma il fascino di Tirana, dove in questi giorni si respirera’ lo spirito di Assisi, lo si ritrova anche nel suo clima di ottima convivenza tra le varie realta’ etniche e religiose presenti sul territorio. Puo’ sembrare infatti surreale, se non utopica, la presenza di cristiani ( cattolici, protestanti e ortodossi) e musulmani che vivono pacificamente giorno per giorno in pace e amicizia. Ma sono queste le fondamenta su cui lavora l’incontro internazionale di preghiera per la pace, e sono queste le fondamenta su cui la Comunita’ di Sant’Egidio si impegna, giorno per giorno, a costruire un mondo piu’ umano. Laura Vesprini
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A Milano c’è stata una serata speciale: l’Iftar tra musulmani, cristiani ed ebrei, invitati dalla Comunità di Sant’ Egidio. L’Iftar è la cena che i musulmani consumano dopo il tramonto durante il mese di Ramadan. Il Ramadan è un mese importante in cui i seguaci dell’Islam si astengono da bere e mangiare dall’alba al tramonto. Dopo la preghiera serale, si rompe il digiuno bevendo latte e mangiando un dattero; infine si consuma la cena. Questa volta, però, i musulmani non hanno pregato da soli: nella chiesa a fianco i cristiani delle diverse chiese hanno fatto in contemporanea la loro preghiera. Ha commentato Mahmoud Asfa della Casa della cultura islamica di via Padova: “Quant’è bello pregare con gli amici! È un’esperienza straordinaria che ci fa crescere, per questo ringrazio i fratelli cristiani che ci invitano a rompere il digiuno a casa loro». È stata per tutti un momento familiare: si è pregato gli uni accanto agli altri, ognuno secondo la propria tradizione. Poi tutti a cena, da amici. Chi c’era? I rappresentanti delle diverse comunità islamiche di Milano ma anche singoli: da Sami, giovane kosovaro che aveva appena finito il suo lavoro come giardiniere, ai giovani ragazzi curdi; hanno portato la loro testimonianza anche alcuni profughi siriani e alcuni giovani musulmani di seconda generazione. C’erano anche alcuni rappresentanti della Comunità ebraica di Milano. In fondo è questo il nostro sogno: una città dove cadano le barriere e si possa dire che convivere è possibile! Di Elisabetta D’Agostino
Questo è il vero Islam, quello che dovrebbe fare notizia e che costituisce la stragrande maggioranza dei musulmani. L’anello della Pace non è solo una catena umana che ha unito ebrei e musulmani a Oslo, ma è la risposta più bella e profonda a chi vorrebbe sfruttare la religione come terreno di scontro. La guerra non può essere la soluzione contro chi predica odio; sarebbe fare il loro gioco e andare contro noi stessi, contro il fondamento dell’Europa che è la Pace. Creiamo tutti una rete di Pace che accolga chi è solo, che difenda chi è discriminato per la sua condizione o per il suo credo. Solo così potremmo sperare di costruire un futuro più prossimo ai nostri desideri.
Dopo l’attentato di Parigi, la Comunità di Sant’Egidio e la Comunità Islamica di Sicilia hanno invitato la cittadinanza a riflettere sul dialogo tra Cristiani e Musulmani nella costruzione della società del convivere, a partire dalla vita comune nella città di Catania. Sono state organizzate infatti una serie di iniziative che hanno avuto luogo a partire da Venerdì 16 a Sabato 18 Gennaio 2015, che hanno compreso momenti di preghiera per la pace, una preghiera interreligiosa e, nella Domenica 18 Gennaio 2015, una giornata di giochi per i bambini, all’interno della suggestiva cornice del monastero dei Benedettini. La “tre giorni”, nata con l’intento di porre un argine ad un clima d’odio che sarebbe potuto nascere dalla lettura miope della tragica cronaca degli ultimi giorni, ha avuto il merito di riempire gli occhi dei cittadini di Catania dell’immagine emozionante della bellezza di una città dell’integrazione in cui cristiani e musulmani pregano, vivono e giocano insieme. Ci siamo riscoperti amanti appassionati della pace, costruttori pazienti di una città del convivere, necessaria per superare la difficoltà dei nostri tempi. -L’attentato di Parigi- come suggerisce Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio,- infatti è un campanello d’allarme che dimostra che le periferie sono vuote di proposte. Chi arriva con un’idea forte le conquista. Se a Parigi attecchisce il fondamentalismo, nelle periferie siciliane i ragazzi trovano la mafia. Ma non per questo pensiamo che tutti i cristiani sono mafiosi. Insieme, tutte le comunità religiose, devono contribuire a una città basata sulla convivenza pacifica-. E’ inaccettabile che ci si possa perdere in semplificazioni infauste sui musulmani, creando assiomi che fanno molto male a persone presenti in maniera assolutamente positiva nella vita della città di Catania e in particolare nel sostegno ai più poveri ed ai migranti durante la stagione degli sbarchi. I bambini musulmani sono nati in Italia, sono le seconde generazioni, si sentono italiani, frequentano le scuole italiane. Bisogna proteggerli da una demagogia indecente pronta ad additarli come “piccoli terroristi” o “figli di terroristi” creando una cultura d’insieme. La moschea è un luogo aperto a tutti dove si costruisce la pace e si aiutano i poveri, stranieri ed italiani, cristiani e musulmani. Il mondo in cui viviamo ci è solo dato in prestito ed abbiamo il dovere di consegnarlo ai più piccoli, migliore di come ce lo hanno lasciato, l’integrazione, anche attraverso il linguaggio universale del gioco, porta i più piccoli, di tutte le religioni, ad assimilare una cultura della solidarietà. In una società sempre più colorata stare insieme diventa cultura, e la cultura è un argine importante alla violenza. Allora perché non condividere insieme questa tensione per la pace ? Perchè non lanciare una proposta a tutta la dimensione cittadina per dare un’anima a quest’Europa delle semplificazioni e della fazioni. Perché non dimostrare che non solo è possibile ma che lo stiamo già facendo! La “tre giorni” ha visto il suo esordio Venerdì 16 Gennaio alle ore 14:00, nella Moschea della misericordia, dove centinaia di persone hanno pregato per la pace, orientati verso La Mecca,...
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