Grazie per il vostro aiuto! La campagna ha raggiunto l’obiettivo Leggi il racconto e il rendiconto Puoi continuare a sostenere le attività di PayPal cliccando su “Dona”. SOSTIENICI! ABBIAMO BISOGNO DEL TUO AIUTO! Da anni siamo impegnati con i bambini che vengono dalle periferie della nostra città. La scuola della pace è un progetto meraviglioso che vede partecipare centinaia di bambini che sosteniamo nell’istruzione e con l’educazione alla pace. Infatti la scuola della pace è interculturale ed interreligiosa ed ha come obbiettivo quello di spaccare i muri di divisione tra centro e periferia e mettere il bambino al centro. Un ambiente sereno e felice dove si impara, si sta insieme e ci si integra in un clima di felicità. Molti bambini delle scuole della pace non hanno mai potuto vivere una vacanza, giorni felici dove uscire dal quartiere, giocare insieme, imparare. Con la tua donazione renderai possibile le vacanze delle Scuole della pace, che richiedono queste spese: l ‘affitto di un luogo pulito e sicuro dove potere alloggiare, materiale didattico per le attività, materiale per i giochi, cibo Abbiamo stimato, ogni anno, un costo di 80 euro a bambino. Vogliamo far partire questa campagna di finanziamento on line per darti la possibilità di sostenerci e di portare almeno un bambino della scuola della pace in vacanza! Per questa campagna di finanziamento abbiamo scelto le scuole della pace di Roma, Napoli, Genova, Catania e Padova. La scuola della pace crea dei rapporti solidi e personali tra i bambini e noi giovani operatori, rapporti di amicizia che durano per tutta la vita e che spesso salvano i bambini dalla violenza e dalla devianza della strada. Per questo vogliamo che anche la tua donazione sia personale e ti chiediamo di coprire la quota per almeno un bambino. Porta i bambini della scuola della pace in vacanza. Scegli per quale bambino donare, clicca e permetti ad un bambino di andare in vacanza! Appena la tua donazione sarà effettuata l’emoticon 🙁 si trasformerà in un bellissimo sorriso vicino al bambino per cui hai donato Dona ora, regala un sorriso! A.E. 7 Anni, scuola della pace di Roma Maschietto 😀 G.C. 5 Anni scuola della pace di Padova Maschietto 😀 N.F. 8 anni scuola della pace di Catania Femminuccia 😀 S.C. Scuola 7 anni della pace di Genova Maschietto 😀 N.B. 4anni scuola della pace di Catania Maschietto 😀 A.G. 6 anni scuola della pace di Milano Femminuccia 😀 F.R. 9 anni scuola della pace di Roma Femminuccia 😀 G.E. 5 Anni, scuola della pace di Roma Femminuccia 😀 L.D.6 anni scuola della pace di Catania Maschietto 😀 A.L. 9 anni Scuola della pace di Genova Femminuccia 😀 M.J. 9 Anni, scuola della pace di Roma Femminuccia 😀 D.Y. 7 Anni, scuola della pace di Padova Femminuccia 😀 M.H. 7 Anni, scuola della pace di Catania Maschietto 😀 R.G. 6 Anni, scuola della pace di Napoli Maschietto 😀 A.R. 5 Anni, scuola della pace di Catania Femminuccia 😀 R.C. 8 anni scuola della pace di Milano Maschietto 😀 M.G. 8 Anni, scuola della pace di Roma Maschietto 😀 D. P. 6 Anni, scuola...
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Un passo dietro l’altro, racconti e preghiere per far conoscere la Storia, e che storia! I bambini delle Scuole della Pace di Padova e Verona hanno trascorso momenti intensi alla Colonia perchè hanno conosciuto quello che li ha preceduti. A pochi chilometri dalla casa, un cimitero inglese della prima guerra mondiale che ci ha colpiti ed emozionati. I bambini hanno ascoltato increduli e attenti le storie dei soldati e hanno seguito il percorso come un pellegrinaggio, uniti nella preghiera e attenti ad ogni nome di ogni lapide. I bambini, con la loro innocenza erano dei fiori che sbocciavano in quel campo così triste e che sospiravano in coro: “Mi dispiace, io non volevo” I bambini che chiedono scusa per colpe che loro non hanno, sono quelli che ci danno speranza per il futuro. Parliamo ai nostri ragazzi, parliamo a tutti perchè costruire un mondo di pace è possibile e loro sono il cuore dei nostri sogni!
Ci risiamo! Anche quest’anno, noi Giovani per la Pace della Comunità di Sant’Egidio di Napoli vi chiediamo di fare parte del nostro sogno. Dopo un anno trascorso con i bambini dei vari quartieri della nostra città nelle Scuole della Pace vorremmo offrire loro la possibilità di trascorrere un soggiorno estivo. Per molti questa costituirà l’unica vacanza, a maggior ragione il nostro obiettivo è quello di coinvolgerli in attività divertenti e formative, in cui l’amicizia, l’integrazione e la pace saranno il clima portante delle giornate, passate lontano dai vicoli bui dei quartieri in cui vivono. Dai racconti degli anni passati, la colonia resta tra i più bei ricordi. Quest’anno andremo a Sant’Andrea di Conza in provincia di Avellino, e lì trascorreremo 8 giorni e 7 notti. Questa che è una possibilità importante per i nostri piccoli amici, ha un costo giornaliero di circa 13 euro a bambino. Per noi. E per la nostra città. Insieme Artisti che si esibiranno: – Pink elephants (hard rock) – Paradoxa (rock) – Sarah Vanderwaart – Mariarca Fiorillo – Daniela Del Genio – Swing mod – Lamarck Link evento Fb: QUI
Pensavamo fosse un argomento difficile, invece guardando questi disegni si vede che i bambini hanno ben compreso l'importanza di questo avvenimento!
ROMA - Tra saltimbanchi e trampoliere, i bambini della Scuola della pace di Tor Bella Monaca hanno sfilato alla festa di carnevale di quartiere. Hanno portato palloncini colorati con scritto "Pace" in tutte le lingue del mondo, perché di questa speranza hanno bisogno il quartiere e la piazza che non deve essere 'di spaccio', ma di incontro e di festa.
Gabrielle è una bambina della Costa d’Avorio sbarcata a Catania con la madre insieme a tanti altri migranti. Al porto La piccola Gabrielle ha giocato, era viva nel gioco. Per fortuna a lei non è toccata in sorte, tra i deboli di cui a pieno titolo lei fa parte, la fine degli altri quarantanove compagni di viaggio morti asfissiati. Vedere Grabrielle fa comprendere cosa vuol dire che tra quelle salme alcune erano di bambini. Il gioco che ha ridato a tutti i presenti, lì, al porto di Catania, la conferma potente, prepotente e imponente della vitalità di Gabrielle sono state le bolle di sapone. Ed è strano perché le bolle di sapone sono l’immagine che Papa Francesco a Lampedusa ha utilizzato ricordando a tutti di quella crudeltà “trasparente” – fintamente perbenista ma estremamente cinica e disumana – in cui tanti hanno trovato rifugio. Nell’isola a Nord della Tunisia il Papa diceva La una cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio… Una bolla che scoppia è il gioco di una bambina in un porto ma forse, prima di questo, è la realtà di ciò che accade, di ciò che siamo e di ciò che operiamo restituitaci nel modo più semplice. Gabrielle fa scoppiare con forza quei finti perbenismi che ci rendono follemente disumani restituendoci la realtà di ciò che siamo non per volontà ma per operato e pensiero: insensibili e concentrati sui noi stessi. “Il grido, il pianto, il grande lamento”: è questa stagione che viviamo – sono ancora parole dell’omelia di Bergoglio a Lampedusa. Ma il Papa continuava dicendo: “«Rachele piange i suoi figli… perché non sono più». Erode ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone”. Le bolle con cui Gabrielle gioca e che ci ridanno la realtà sono un forte discrimine tra l’essere Rachele o Erode. Rachele che cade disperata per la morte dei figli che negli sbarchi diventano fratelli e sorelle: figli di un’umanità dolente che in preda ai dolori tenta di non soffocare il gemito della vita. Erode invece cade dalla bolla che Gabrielle, i figli di Rachele e figli senza nome inghiottiti dal mare scoppiano. Erode è colui che cade dalla sua onnipotente cultura del benessere che lo porta a pensare a sé. Erode è smascherato dalle bolle di sapone. Ed Erode non è smascherato in quanto mentitore ma come assassino. La bolla di sapone non è il rifugio dei bugiardi ma di colore che accecati nella difesa del proprio benessere (della propria bolla) seminano morte. La descrizione più dura ma più vera di quanto sta accadendo. I moli dei nostri porti dovrebbero accogliere più bambini e insieme a loro i loro genitori e cari. Le bolle di sapone solo i bambini sono in grado di farle scoppiare con delicatezza. In una salma è impossibile.
Dopo i momenti di xenofobia e violenza che abbiamo vissuto ieri, dopo i disordini a Roma e gli attacchi da ‘Mississippi Burning’ a Treviso, mi sono sentita abbattuta e sconfitta: umiliata per essere così idealista e ingenua da pensare che vivere insieme è possibile. Allora per combattere quella sensazione oggi avevo tutta l’intenzione di scrivere qualche riga infuocata,sciorinare dati e percentuali, dimostrare con ragionamenti rigorosi da che parte sta il torto e perché. Poi ho capito che non era questo il modo giusto, che anche io avrei così alzato la voce, provato a imporre con la violenza il mio pensiero. Il problema è che per quanto possa urlare non riuscirò mai a far cambiare idea a una persona così convinta della ragionevolezza della propria causa da brandire un’arma per difenderla. Il problema è che dati, percentuali e ragionamenti suonano giusti e perfetti alle mie orecchie perché io so: io vedo l’integrazione quasi ogni giorno e ho imparato ad associare agli sterili numeri dei nomi e dei volti. Delle persone. Ho imparato, per esempio, che l’integrazione inizia da noi, dal basso. Non possiamo aspettare che sia la società ad assestarsi, ma dobbiamo essere noi i motori del cambiamento. Per questo invece di chiedere documenti per prima cosa bisognerebbe tendere una mano e presentarsi, sperando che l’altro la stringa. Ho imparato nomi. Tanti. Tutti diversi dalla mia lingua madre. Perché imparare il nome di una persona è una forma di rispetto dovuta. È il primo passo per la conoscenza ed è quello fondamentale per iniziare un dialogo. Ho imparato a non fidarmi dei titoli sensazionalistici dei giornali, a non ripetere passivamente gli slogan dei politici, a non credere a tutti i numeri della televisione. E così ho letto. E leggendo ho imparato che il fanatismo non ha religione, che la ‘tendenza alla criminalità’ non è qualcosa che puoi rintracciare in un ceppo genetico, che la cattiva intenzione non è un fatto di cultura, che la malvivenza non è qualcosa che individui su una cartina geografica. Ho imparato che ‘straniero’ è una parola relativa e non determina uno stato, un modo di essere intrinseco della persona. Tutti sono stranieri per tutti in ogni luogo tranne che a casa propria. E se tutti si sforzassero di far sentire l’altro un po’ più a casa allora non esisterebbero più stranieri. Ho imparato che l’integrazione è un processo lungo e faticoso, che richiede impegno, ma che in cambio regala le più grosse soddisfazioni. L’ho imparato a Scuola della Pace, accanto a ogni bambino che ho visto sforzarsi su una pagina piena di parole di cui non conosceva il significato. Allora penso ai nostri bambini di Scuola della Pace, al loro modo di vivere insieme, e mi chiedo come questo sia possibile. Bambini di dieci nazionalità diverse che fanno i compiti spalla a spalla sullo stesso tavolo, giocano a palla nello stesso cortile, dividono la stessa merenda. Loro non sanno nulla di cifre e percentuali. Nessuno di loro si occupa di politica o si è mai fermato...
Ieri bambini di alcune Scuole della Pace di Roma hanno scoperto un nuovo modo per combattere l’afa che sta tenendo romani (e non) rintanati all’interno di luoghi climatizzati. Gli anziani della Comunità di S. Egidio, in vacanza a S. Marinella, ci hanno invitato a trascorrere una giornata di mare e vacanza insieme a loro, che tra tuffi e cocomeri, si è conclusa in una bellissima festa e nella consegna dei lavoretti che i bambini hanno preparato i giorni scorsi per loro. Al termine della giornata, bambini e anziani si sono salutati con il sorriso e la gioia di una giornata passata insieme in amicizia.
Siamo i Giovani per la Pace di Padova e oggi abbiamo fatto una raccolta fondi per portare in vacanza i bambini e gli anziani. Le Scuole della Pace di due quartieri padovani hanno raccolto moltissime iscrizioni quest’anno e il sogno di noi giovani è quello di riuscire a portare in vacanza tutti i bambini. Ma il nostro sogno non finisce qui…… da qualche anno, insieme ai Giovani per la Pace di Verona, Mestre e Treviso, organizziamo una vacanza a Asolo con gli anziani di diversi istituti del Veneto ! Tra balli, feste e gite ci divertiamo tantissimo! Vendendo queste torte vorremmo raccogliere dei fondi che ci serviranno per fare delle vacanze coi fiocchi e far divertire i nostri amici di tutte l’età e di tutte le nazioni! #estatesolidali Di Alessio Ferretto
La primavera a Napoli é arrivata con un’ alba bellissima. É giunta come ogni volta donando speranza agli alberi che torneranno a rifiorire dopo un lungo inverno. Ma la speranza stavolta si è fatta luce con più di un segno, insieme all’ alba di questa nuova primavera é arrivato a Napoli Papa Francesco. Una lunga attesa che e’ diventata realtà proprio in un giorno di sole. É entrato nella città del mandolino subito con un messaggio e con un grande desiderio, che ci fosse posto per tutti a partire dalle periferie. Oggi a napoli c’ era posto per tutti. E non a caso Scampia la prima tappa dopo pompei. Con lo sguardo rivolto verso “le vele” ha incontrato bambini e disabili, li ha invitati ad avvicinarsi, affinché non ci fosse nessuna distanza. Ha pronunciato parole che non nascondevano paure nè retorica, “la vita a Napoli non é mai stata facile, ma non é mai stata triste”, ha detto con la stessa sincerità e lo stesso impeto con cui ha affrontato il tema del lavoro, per quelli che chiama “portatori di speranza”, i giovani. Oggi a Napoli c’ era posto per tutti. Non solo nelle piazze. Oggi Papa Francesco ha dimostrato a grandi e piccoli quanto basterebbe poco per fare spazio ad ognuno senza lasciarsi prendere la mano dalla “cultura dello scarto” come ha più volte ribadito a proposito di bambini e anziani, definiti con molta commozione “custodi di saggezza” di cui il mondo ha tanto bisogno. Per le strade si respirava un’ aria emozionata, si incrociavano tanti occhi umidi, di chi ha sentito vicine al cuore le parole e la presenza di un importante uomo di fede, ma soprattutto di chi ha sete di quella speranza che Papa Francesco anche in questa occasione ha saputo dare. Ha girato la città intera, dalla periferia al centro, nelle carceri, tra i malati. È arrivato qui con tante parole, ma anche umili silenzi, davanti a quelle domande che non trovano risposta, “perché i bambini sono malati, ha detto, é uno dei grandi silenzi di Dio. Il nostro é il Dio delle parole, dei gesti e dei silenzi.” La stanchezza della giornata non ha mai smorzato la serenità e l’ entusiasmo mostrato per la visita nella città partenopea che tornerà a visitare prima o poi. “Dio ci ha creato per essere felici” per questo Francesco ha ribadito tre segreti che possono curare le piccole e grandi croci del mondo “la vicinanza, l’ amicizia e la tenerezza”. Sullo sfondo Napoli ha mostrato i suoi colori più belli, quasi a volerne condividere la gioia, oggi non si respirava solo il profumo del mare, ma era in circolo una forza che dava sì, speranza! L’ eco delle parole del Papa é arrivato all’ anima di tutti i cittadini napoletani, e si é fatto più forte per arrivare all’ orecchio e al cuore di chi sa che si può cambiare e che alla fine di ogni giorno Napoli possa fare la Pace con il male e le...
“Ciò che inferno non è” è un romanzo, ma il protagonista, un giovane liceale di Palermo, incontra una persona vera, e la sua vita cambia. La persona vera è Padre Pino Puglisi, da alcuni conosciuto come 3P, prete ucciso dalla mafia nel 1993, e proclamato beato da Papa Francesco. L’incontro con 3P lo porta a incontrare la periferia di Palermo, il quartiere di Brancaccio, una realtà sconosciuta, difficile, ma affascinante; e a Brancaccio si incontra la vita, i bambini vittime della violenza e assoldati dalla mafia, che hanno bisogno di aiuto. Un bel romanzo, in cui c’è tanto dei Giovani per la Pace, e un bel modo di iniziare a conoscere Padre Puglisi, un vero amico di Gesù e dei poveri, che ci aiuta a capire come anche nell’inferno, c’è sempre qualcosa “che inferno non è”.
Un’immagine. Una fotografia semplice a fine giornata. E’ una foto di un bambino, in bianco e nero. Sembra essere ferito. Sotto una frase. “Lo dirò a Dio”. Altri blog e giornali riportano la frase per intero: “Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”. Commentando con un amico dicevo che non è facile. Spesso “scorri” tra tante immagini e notizie, brutte, orribili, strazianti. Ma scorri. Continui a passare oltre perché lo scorrere del pollice dal basso verso l’alto elimina dalla visuale una notizia e ne mette un’altra che non si sa qual è ma è pur sempre diversa. Questa volta però, è una frase. Non è un’altra immagine, non è la comunicazione per immagini che mi colpisce. E’ la frase, chi l’ha pronunciata, dove è stata detta questa frase e perché. La frase, e la ripropongo nuovamente è: “Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”. La dice una bambino, secondo blog e agenzie, di 3 o 4 anni – voglio scusarmi in anticipo ma nell’oceano di notizie è difficile ricostruire la verità. La dice in Siria un bambino prima di morire dopo aver subito delle atrocità – e che sia vero o no un bambino che subisce una guerra, subisce un’atrocità. Un bambino, in un paese in guerra, solo, promette di dire a Dio che il Male egli uomini gli ha fatto qualcosa di brutto; che la guerra gli ha fatto qualcosa di ingiusto; che la violenza gli ha tolto tutto, finanche la vita. Quante volte la stessa identica successione di parole, diverse solo per l’autorità (Papà/Mamma/maestro/insegnante/fratello maggiore) a cui ci si rivolge, abbiamo ripetuto tutti noi. Quante volte ci ha consolati l’idea non di un vendicatore ma di un uomo o una donna saggi, che vedono dall’alto, in nostro soccorso e capaci non di offrirci la vittoria ma di ristabilire la giustizia ? Quante volte ci ha consolati questa idea, possibilità, soluzione ? I bambini ovunque vi è la guerra non hanno questa possibilità di speranza in un adulto, in un’autorità in grado d ristabilire la giustizia. L’Onu oggi denuncia gli orrori subiti dai bambini per mano dell’Is. Non scriverò su questo, basterà leggere quanto si dice per restare sgomenti. Vorrei trasmettere l’inquietudine che provo davanti a questa affermazione: “dirò tutto a Dio”. Forse non sarà vera questa notizia. Non c’è certezza sulla veridicità della notizia, risalente ad agosto dello scorso anno, ma è un pensiero sicuramente passato per la mente di un qualsiasi bambino in Siria, fosse anche per un secondo. Posto questo allora io spero. Io spero che quel bambino; quei bambini; quelle preghiere di quanti tornano a sentirsi bambini davanti all’orrore di un male così abominevole possano vedere o raggiungere Dio e dirgli cosa è stato fatto loro. E’ una preghiera, è una richiesta, è una supplica davanti ad un male che sfinisce. “Lo dirò a Dio”, questo basta a non rendere preghiera e speranza inutili. A qualcuno ancora in un mondo silente e sordo davanti alla guerra, è possibile...
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