Il dialogo tra le religioni non è avvertito come necessità, non è nelle agende politiche, tantomeno nei nostri pensieri quotidiani. Tra alcune religioni il dialogo sembra impossibile, per via di uno scontro di civilità, direbbero alcuni, come se le religioni di tutto il mondo non invocassero la pace! Per altri il dialogo sarebbe inutile. Eppure il 5 gennaio si sono celebrati i 50 anni di un abbraccio (sic!) che ha cambiato la storia: era il 1964, papa Paolo VI e il patriarca Athenagoras rompevano secoli di silenzio e distanza tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa, una tappa fondamentale per l’unità dei cristiani.
I cristiani sembrano non voler vivere in spirito di unità, pessimisticamente parlando. Le date tornano ad essere significative: cento anni fa esplodeva in Europa il primo conflitto mondiale. “Il cristianesimo ha le sue responsabilità per non essere stato per secoli attento alla pace“. Pur “cantando nel nome del Signore” in diverse parti d’Europa fratelli si sono uccisi tra loro – sottolinea Antonio Adamo, pastore della chiesa valdese di piazza Cavour (Roma), amico della Comunità di Sant’Egidio da molto tempo.
In visita alla casa della Comunità di Tor Bella Monaca, nella periferia di Roma, pastore Antonio ha ripercorso, con dono di grande sintesi, la storia della comunità valdese, la cui Chiesa è protestante evangelica. (Mi avvalgo qui generosamente degli appunti raccolti e colgo l’occasione per soffermarmi sulla conoscenza di questa comunità, n.d.A.).
La comunità valdese è presente in Italia da più di mille anni e forse è più nota a coloro che abitano vicino alle “valli valdesi”, tra Torino e il confine con la Francia, oppure nei dintorni di Cosenza e Foggia. Il movimento nasce con Pietro Valdo, mercante di Lione (Francia) di poco anteriore a San Francesco. Vi sono affascinanti parallelismi tra le due figure: è un ricco mercante che a un punto decide di vivere in povertà e annunciare il Vangelo, a tutti, nella lingua dei poveri, anche al di fuori delle mura di un tempio. La storia prende un corso diverso per i due movimenti: quello di San Francesco diventa un ordine mendicante, operante nella Chiesa; quello di Pietro Valdo un’eresia. Eppure si ritrovano motivi fondanti comuni: la lettura del Vangelo e la povertà, intesa come rifiuto delle vane ricchezze e ricerca della ricchezza dello spirito da condividere con gli ultimi. Al tempo la Chiesa era ispirata da tutt’altri principii e il riconoscimento ottenuto da San Francesco è ancora ricordato come un’impresa, diremmo, diplomatica!
Le comunità valdesi sono perseguitate e nel sanguinoso Seicento – dopo essere entrati nello spirito riformatore del 1517 – imbracciano le armi per difendersi. Avendo presenti gli errori compiuti, la comunità valdese è oggi forte nel dire no alla violenza, dando ragione a secoli di non violenza. La storia dei valdesi si intreccia con quella dell’unità di Italia. Nel 1848 Carlo Alberto concede i diritti civili ai valdesi (libertà di circolare nel territorio “italiano”, di istruirsi, di esercitare le professioni), nonostante avesse nel famoso Statuto Albertino proclamato la religione cattolica come religione di Stato. Quando Garibaldi arriva in Sicilia, alcuni valdesi scoprono questa nuova terra. E il 20 settembre 1870 si potrebbe dire enfaticamente che entrano a Roma con la breccia di Porta Pia, insieme ai bersaglieri.
Il secondo Tempio valdese di Roma è costruito nel 1914, e l’8 febbraio ne ricorre il centenario. Unendoci in preghiera, scopriremmo la stessa Bibbia, lo stesso Credo e il Padre Nostro. In fondo i luterani nel lontano Cinquecento li ritennero dapprima sostanzialmente cattolici. Le differenze ci sono e, come si diceva in principio, sono occasione di dialogo e di arricchimento. Le differenze si colgono nella storia e nel modo. Per modo si intende la professione protestante di fondo, ossia la centralità della grazia per mezzo della fede (e non delle opere!), e l’attenzione a una predicazione che raggiunga tutta la popolazione, mettendo al servizio degli altri una saggezza profonda, di anni di studio e di predicazione, che colga l’essenziale.
Acquisire memoria del cristianesimo, ossia aspirare alla sua unità e pace, ci rende consapevoli del “dono di sognare un futuro diverso e migliore, per dare dignità alle persone, così come ha fatto Gesù, Figlio di Dio, che s’è fatto Uomo. Un Uomo condannato ingiustamente e ucciso”, riprendendo le parole del pastore Adamo.