Tre parole sulla crisi greca

Diciamoci la verità non è facile farsi un’idea sulla questione della crisi greca, a volte indicata dalla parola grexit. Anche volendo capirci qualcosa, andando a cercare in rete, leggendo i giornali, non si sa bene cosa pensare. Chi ha ragione? La seria Europa, impersonata dal compassato ministro delle finanze tedesco Schauble, o la povera Grecia, senza una lira (una dracma? Un euro?) ma rappresentata da leader allegri e originali, come l’ex-ministro Varoufakis, che si presenta in maglietta attillata alle conferenze stampa. E poi, anche se non facesse così caldo, non è facile districarsi tra tutte queste questioni di debiti, accordi, riforme, fondo monetario, ristrutturazione del debito, referendum etc.

Lasciamo un attimo da parte queste questioni, e proviamo a spiegare, o a interpretare, quello che sta succedendo in tre parole comprensibili a tutti.

Fiducia. La Grecia deve dei soldi a molta gente in Europa. Il fatto che si faccia fatica a trovarli non è un problema solo dei greci (debitori) ma anche degli europei (creditori). Allora bisogna mettersi d’accordo per uscire da questo problema. Mettersi a litigare non conviene a nessuno. Non ai greci: un paese di 11 milioni di abitanti, con un’economia non proprio fortissima, ha un bisogno matto dell’Europa. Ce la vedi da sola a competere con gli USA e la Cina? Ma anche l’Europa come fa a essere Europa senza la Grecia? A parte che la stessa parola Europa viene dalla mitologia greca, a parte le questioni geografiche o geopolitiche, ma ce li vedete i banchieri europei (e non solo loro) che accettano di perdere 330 miliardi di debiti senza batter ciglio?

Ma per trovare un accordo, un qualsiasi accordo, anche tra persone, ci vuole una cosa fondamentale: la fiducia. Un accordo si fonda sulla fiducia. Se non ci si fida della persona con cui ci si deve accordare, l’accordo è morto in partenza, prima di nascere. La fiducia è alla base dell’economia e gli economisti ce l’hanno chiaro, solo che le hanno dato un nome meno chiaro: la chiamano capitale sociale, ma sempre di fiducia si tratta. Ma i greci non si fidano dell’Europa (non solo i politici, anche la gente) e l’Europa non si fida dei greci. Certo hanno i loro motivi, da entrambi le parti. Ma se si ha bisogno gli uni degli altri, bisogna imparare a fidarsi gli uni degli altri, anche se il proprio interlocutore ha commesso qualche sbaglio.

Misericordia. E qui viene la seconda parola. Una parola divenuta importante, dopo che Papa Francesco ha deciso di dedicargli un intero giubileo. Forse una parola che sembra poco utile, se la compariamo con i paroloni della politica o dell’economia, ma forse è la vera chiave per uscire da questa crisi. E’ vero che la Grecia quache anno fa ha falsificato i conti, e che ora non vuole pagare tutto e subito colpendo la popolazione. E’ anche vero che sono stati un po’ fantasiosi nel condurre le trattative (vedi il referendum tirato fuori dal cappello all’improvviso) ma forse bisognerebbe avere un po’ di misericordia per questo paese, o almeno per il suo popolo, non del tutto sovrapponibile alla sua classe dirigente. E’ vero che i soldi li devono ridare, ma qualche sconticino si può anche fare. Non si tratta di buonismo, o di faciloneria. E’ l’unico modo per superare quegli errori che pure sono stati commessi. Anche questo si può applicare a molti fatti della vita quotidiana. Se uno sbaglia, a un certo punto non ci si può fissare fino alla morte su quell’errore, bisogna passare oltre e andare avanti, se no si è dominati dall’errore.

IlTuttoÉSuperioreAllaParte. E’ vero non è una sola parola. Ma è un concetto fondamentale. Ne parla a lungo sempre Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium (scusate se citiamo sempre lui, ma ci sembra che abbia capito la situazione meglio di tanti economisti). Le nazioni europee e i greci non possono guardare solo ai propri paesi, alla loro parte. Questa Europa avrà pure tanti difetti, ma è tanto bella. E’ una casa comune per popoli che si sono combattuti per un secolo (e più), scatenando ben due guerre mondiali, e che ora discutono tra di loro in un parlamento; è il baluardo della difesa dei diritti umani in tutto il mondo; è la patria della maggior parte del patrimonio artistico e culturale mondiale; è un continente pacifico, è molte altre cose che ciascuno di voi conosce bene, anche perché oggi è più facile girarla e conoscerla. Forse varrà la pena accettare qualche compromesso, mollare un po’ da una parte e dall’altra, perché non vada in frantumi. C’è bisogno di guardare ad un bene più grande, quello di tutti e non di pochi, e di lottare per questo bene e non solo per i propri interessi particolari.

 

I Giovani per la Pace non hanno ricette economiche miracolose da proporre, ma sono un movimento europeo, sono in tanti paesi, parlano la stessa lingua, quella della solidarietà e della pace, ci tengono a questa casa dove viviamo in stanze diverse, ma come fratelli. Non buttiamo tutto all’aria per una lite sui soldi

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