È nel dialogo che nasce la pace. Dal Giubileo dei Giovani al Global Friendship, fino alla Preghiera per la Pace a Roma, bisogna osare la pace e costruire ponti di amicizia globale. Non ci rassegniamo all’ineluttabilità della guerra.
Osare la pace, per costruire un mondo migliore. Questo è lo scopo della Preghiera per la Pace, che si terrà quest’anno a Roma. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, aveva parlato, un anno fa a Parigi, di un “grido di resistenza” dicendo: “Noi protestiamo contro tutta questa violenza, contro tutto questo odio, estranei alla nostra volontà di vivere in pace”.
Abbiamo vissuto i giorni del Global Friendship, insieme a tanti giovani provenienti da tutto il mondo, giovani che credono che la pace sia una strada che si costruisce con l’amicizia, la solidarietà e la speranza. Giovani che credono che la pace sia l’unico futuro possibile e per il quale vale la pena di investire. Ora ci prepariamo alla Preghiera per la Pace del 2025, che si terrà a Roma, sotto il titolo “Osare la pace”.
“Osare” significa credere che tutto è possibile, anche ciò che sembra lontano. Leader religiosi, uomini e donne di cultura si riuniranno, dialogheranno, condivideranno pensieri e visioni, idee e progetti, sapendo bene che la cultura del dialogo va coltivata in un mondo che si divide a causa dell’odio e di tante ragioni di potere. La preghiera è una forza debole che cambia la storia, dove il dialogo trova spazio e nasce la pace.
Essere artigiani/e di pace
“Le religioni sono chiamate, dalla loro stessa tradizione e dal dolore degli uomini, a un grande sforzo.” Con queste parole, Andrea Riccardi ha parlato a Parigi. Citando Albert Camus, ricordava: “Se gli uomini non possono far sì che la storia abbia un senso, possono comunque comportarsi in modo che la vita ne abbia uno.”
E così lo spirito di Assisi, dove si è tenuta la prima Preghiera per la Pace nel 1986, continua. San Giovanni Paolo II diceva che “insieme abbiamo riempito i nostri sguardi con visioni di pace: esse sprigionano energie per un nuovo linguaggio di pace, per nuovi gesti di pace.” Parlare di pace, in questi tempi, può sembrare da sognatori. Eppure, come diceva Nelson Mandela “la pace non è un sogno. Può diventare realtà, ma per custodirla bisogna essere capaci di sognare”.
Contro l’indifferenza
Nella globalizzazione dell’indifferenza, come la chiamava Papa Francesco, viviamo un paradosso: siamo più connessi, ma più soli. A volte, il nostro mondo sembra una città di Caino, dove alla domanda “Dov’è tuo fratello?” tutti rispondono “Sono forse io il custode di mio fratello?”. Indifferenza che si trasforma in impotenza, un mondo in cui cresce l’io ma non il “noi”, in cui i popoli non si sentono più “fratelli”. Contro l’indifferenza, la risposta è l’amicizia, come ha detto Papa Leone al Giubileo dei Giovani: “L’amicizia è la via per costruire la pace.” Apri gli occhi, tendi le mani: lì troverai tuo fratello. Così nasce la globalizzazione dell’amicizia, la risposta alla globalizzazione dell’indifferenza.
Oggi si è accesa una speranza. A Gaza dove si sogna di smettere di morire. Nelle piazze piene di giovani che chiedono un futuro diverso. Una domanda di pace nel mondo esiste, e ci prepariamo alla Preghiera per la Pace con la convinzione che il seme della speranza, fatto di amicizia e solidarietà, possa portare frutti di giustizia, di incontro, di vita. Osiamo la pace, perché insieme — davvero — è possibile.