Il mondo può diventare più umano, a partire dalla giustizia senza pena di morte

 

Lunedì 1 dicembre 2025 si tiene la quindicesima edizione dell’incontro internazionale dei Ministri della Giustizia, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio con il titolo “No Justice Without Life”. 

Abbiamo a cuore l’impegno mondiale per superare la pena di morte e costruire sistemi giudiziari più umani. L’incontro riunirà ministri, giuristi e attivisti, per condividere esperienze, buone pratiche e strategie comuni.
Sarà un appuntamento importante per costruire una cooperazione sempre più forte verso l’abolizione globale della pena di morte.

Interverranno fra gli altri: Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio, Antonio Tajani, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Debra Milke, assolta dopo anni nel braccio della morte negli Stati Uniti e Ministri della Giustizia provenienti da vari Paesi dell’Africa e dell’Asia.

Nel dicembre 2024, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una moratoria globale sulla pena di morte con 130 voti favorevoli, il risultato più ampio mai raggiunto. Un segnale incoraggiante che deve però essere portato avanti e coltivato.

In un tempo segnato da violenze, guerre e sfiducia crescente nel valore della vita umana, è necessario scegliere con coraggio una cultura della vita e non della morte.

Durante l’ultimo Congresso Internazionale dei Ministri della Giustizia a Roma è stato detto che “non c’è mai guarigione nella vendetta: solo altra morte aggiunta alla morte già subita”.

L’impegno della Comunità di Sant’Egidio nella lotta contro la pena di morte nasce dalla seconda metà degli anni Novanta e continua,oggi, con più coraggio e più speranza. È un vero e proprio impegno per la vita, per una società capace di riconciliare e perdonare invece di distruggere.

Papa Leone ci ricorda che “la vera giustizia non distrugge, ma dà sempre un’altra possibilità”.


Abolire la pena di morte significa credere nella forza della misericordia e costruire ponti di pace, perché la pace nasce dal riconoscimento del valore della vita di ciascuno.

La pena di morte rappresenta una violazione dei diritti umani. Si tratta di una forma di tortura che contraddice la visione riabilitativa della giustizia e abbassa l’intera società civile al livello di chi uccide.

Durante l’Incontro Internazionale per la Pace tenutosi a Roma (26-28 ottobre 2025), dal titolo “Osare la pace”, grande è stata la partecipazione al forum dedicato alla tematica della pena di morte. La pena capitale non è solo una violazione del diritto alla vita, ma anche sinonimo di ingiustizie e discriminazioni. Non ha valore di deterrente e finisce per promuovere solo una cultura di barbarie, violenze e morte. 

Molto toccante è stata la testimonianza di Joaquin José Martinez, che ha raccontato la sua esperienza di ex condannato a morte negli Stati Uniti e la sua amicizia con Sant’Egidio. “Dopo la liberazione, il mio cuore era pieno di rabbia. Poi ho capito che il perdono è la vera libertà”.

“Se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità”. Cesare Beccaria.


La Comunità di Sant’Egidio è entrata, portando una luce di speranza, nei bracci della morte, attraverso la corrispondenza epistolare, iniziando con Dominique Green, un giovane afroamericano detenuto nel Texas, per poi raggiungere attraverso una rete di amicizie, oltre 1800 condannati a morte. 

Con il tempo si è creata una rete umana di relazioni, visite e corrispondenze con tanti prigionieri, avendo a cuore il desiderio di non dimenticare nessuno e di costruire amicizie sincere, perché nonostante sembri all’apparenza una cosa banale, l’amicizia salva ed è il primo passo per costruire un modo più umano. 

Nel caso di Bryan Frederick Jennings, detenuto della Florida, la lunga amicizia epistolare con Federica ha rappresentato per lui “una ragione per andare avanti, una ragione per lasciarmi scivolare via tutto quello che la gente qui dentro fa ogni giorno per spegnermi, una ragione per vedere la mia vita come qualcosa di degno di essere vissuto”.