Bellissima giornata trascorsa in sede quella di ieri per i giovani della pace di Trieste: Insieme abbiamo preparato i panini peri nostri amici senza fissa dimora della stazione: Centoventi panini da farcire sono una fatica leggera quando hai tante mani ad aiutarti! E’ stato bello organizzare insieme la vacanza estiva per i bambini della Scuola della Pace che vengono dal quartiere di Barriera e Camposacro. In un momento in cui ‘pace’ sembra una parola vuota, un po’ banale e sicuramente irrealizzabile, abbiamo deciso di far conoscere ai bambini l’opera di quegli uomini e donne che hanno concretamente lavorato per la pace e abbiamo quindi scelto come tema per la vacanza con i bambini le loro vite e il loro pensiero: Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Madre Teresa di Calcutta e Malala. È un’occasione questa per imparare qualcosa di nuovo anche per noi che dopo aver cenato insieme abbiamo guardato un bellissimo film, Selma- La strada per la libertà.
Categoria: Solidarietà
Contattaci con un WhatsApp o un SMS +39 351 972 5555
Ieri sera il Colosseo alle ore 21 si è illuminato. Ieri sera un ex luogo di morte e sangue si è acceso per dire che l’umanità ha fatto un nuovo passo avanti, nella lunga e faticosa battaglia alla pena di morte. Il Nebraska è il 19° stato degli Stati Uniti d’America (più il Columbia District) ad abolire la pena di morte. Spesso sentiamo la pena di morte come un discorso lontano, una battaglia di altri, ma la battaglia contro la pena di morte è uno spartiacque di civiltà. La pena di morte non è solo una pena definitiva, dalla quale in caso di errore non si può tornare indietro. La pena di morte non è solo una pena razzista e classista, che colpisce più frequentemente i poveri e gli emarginati. La pena di morte non è solo una pena disumana, perché ti uccide centinaia di volte prima dell’esecuzione. La pena di morte è la sconfitta di una società che di fatto giustifica l’assassinio, perché subdolamente sostiene una violenza giusta. La pena di morte è la sconfitta di una società che si illude di poter dividere “uomini buoni” e “uomini cattivi”, negando che in ogni uomo c’è almeno una scintilla di bene, insidiata dall’ombra del male. La pena di morte è la sconfitta di una società che nega il perdono, il riscatto e il cambiamento che invece fanno parte della vita e della crescita di ogni uomo. La pena di morte è la sconfitta di una società che non sceglie di combattere il male, ma di assecondarlo, di cedere alle sue regole. Per questo, siamo particolarmente felici oggi. Ieri, come ogni volta che un condannato a morte viene graziato o gli viene commutata la pena, l’umanità ha vinto. Ieri, l’umanità ha vinto in Nebraska, come vince ogni giorno in ogni paese in cui la pena di morte è stata abolita. Ieri, oggi, domani e ogni volta che in un tribunale si sceglie per la rieducazione piuttosto che la semplice punizione, l’umanità vince e oggi più di ieri non possiamo fare a meno di sperare di leggere presto “La Corte Suprema ha dichiarato la pena di morte illegale in tutti e 50 gli stati”. Di Elena Liotta
A Primavalle, il 25 giugno nella parrocchia romana di Santa Maria Assunta e San Giuseppe c’erano all’incirca 400 persone, tutte lì a testimoniare la loro presenza,per far comprenderei che esiste ancora la solidarietà. Entrati nella chiesa, si sente l’odore di una calda famiglia, di cuori pronti a battere all’unisono per condividere gli stessi sentimenti. Nell’aria si sentiva tristezza,malinconia. Le lacrime iniziano a scendere a poco a poco sul viso della gente alla pronuncia dei nomi delle vittime del mare. Il dolore è straziante,ma la voglia di stringersi attorno ai loro nomi, alla loro storia lo è ancora di più. Moltissime persone hanno partecipato all’accensione di una candela,che in breve tempo sembrava essersi trasformato in un grande cero fatto di candele,dove,ognuna di esse,rappresentava una vita, illuminata dal ricordo che ancora illumina la nostra speranza. Persone che come noi,volevano vivere una vita tranquilla,senza distinzioni. Perchè in fondo,tutti siamo uguali. di Francesca Iachini
Una barca, un cristiano e un musulmano insieme per affrontare il mare. Una seconda volta. Due migranti, due nuovi europei, due giovani per la pace, Elias e Muhammad che vogliono dimostrare che il nostro mare, il mediterraneo è un mare di pace, di sport e di bellezza e non deve più essere il luogo dove affrontare una prova dove per tanti l’esito è la morte. Elias e Muhammad, a bordo di “ottovolante” stanno partecipando ai mondiali di vela di Barcellona, insieme ad un meraviglioso team di italiani. Noi sogniamo la vittoria, ma sicuramente accettando questa sfida dopo essere arrivati vivi in Italia nella loro “prima” traversata con un barcone, fuggendo da storie da troppi dimenticate, hanno vinto la paura, restituendo a tanti il mare, il suo senso più profondo che è la sua bellezza. In bocca al lupo ragazzi!
Ad aprile é arrivato in Italia un barcone, di quelli che partono carichi di speranza, quella che il mare ruba e dona. Ieri i Giovani per la Pace di Napoli hanno incontrato una parte di quel barcone, una parte di quelle vite giovani che ce l’ hanno fatta, un gruppo di ragazzi minorenni che dopo quattro mesi di viaggio e di lotta alla sopravvivenza hanno ritrovato quell’attimo di pace. Ci siamo incontrati a Casoria, dove momentaneamente vivono, per fare festa, per conoscere ed accogliere. Siamo andati lì con l’ idea di portare entusiasmo ed allegria, siamo tornati a casa con una lezione di felicità. Parlavamo tre lingue diverse, nessuno conosceva bene quella dell’ altro, ma il messaggio dell’ amicizia e della gioia é arrivato forte e chiaro, forse perché il linguaggio della pace non conosce limiti se passa da cuore a cuore. Abbiamo giocato, ballato, cantato a modo nostro e a modo loro. Abbiamo sorriso e annuito scambiandoci gratitudine. Abbiamo guardato negli occhi ragazzi che hanno viaggiato a lungo, che hanno lottato a lungo, soffrendo la fame, la sete e la prigione, per il desiderio di vivere. Abbiamo guardato in occhi che ci hanno messo allegria, perché hanno vinto la minaccia di morte della loro terra. Eravamo increduli perché in tutta quella forza ed energia non si distinguevano i segni di una battaglia così grande. Ieri abbiamo vissuto l’ immagine di un mondo che desideriamo e che crediamo possibile. Oggi e sempre speriamo che ogni parte del mondo allarghi le sue braccia per accogliere la vita di ognuno. Articolo scritto da Francesca Sepe
Occorre rispondere alla domanda di solidarietà di chi ha bisogno di aiuto e di chi vuole reagire alla corruzione e abbracciare i problemi della propria città e del mondo. Occorre non sentirsi più fragili di chi è fragile veramente e chiede il nostro aiuto. Le parole di papa Francesco ci incoraggiano, perché non vanno al ribasso dei valori umani come le parole di alcuni, ma perché provengono dal Vangelo della povertà.
Per noi sembra così normale un semplice pranzo all’aperto, ma per loro invece abbiamo capito che vuol dire molto che qualcuno decida di stare con loro, di accoglierli e non scartarli, di organizzare tanto solo per loro. Questo li fa sentire speciali, amati ed è ciò che dovrebbero provare ogni giorno.
In un palazzo vicino al nostro campo rom, abbiamo saputo che sono arrivati tanti giovani rifugiati provenienti dagli ultimi sbarchi in Sicilia. Con gli altri giovani per la pace siamo andati a trovarli. Non ci andava di fare il solito pic nic del primo maggio con fave e pecorino come si usa a Roma, così abbiamo deciso di rendere questo giorno ancora più speciale. Noi giovani per la pace di tor bella monaca abbiamo passato la festa dei lavoratori (ma anche la festa di noi che siamo in cerca di lavoro), donando un sorriso, un pasto e una bottiglia d acqua a chi è nostro vicino di casa solo per pochi giorni. “Quando siamo arrivati li non ci aspettavamo di vedere così tanta gente, tanti ragazzi ,tante donne e bambini.Le loro espressioni erano tristi in cerca di qualcosa : di un futuro migliore! Avevano fame e avevano sete e noi nei loro confronti ci sentivamo in debito, perché noi abbiamo il necessario per vivere e a loro invece manca tutto. Noi vogliamo essere veri Giovani per la Pace, che invece di lamentarsi dei propri problemi, si danno da fare per cambiare il mondo!”. Daniele, Giuliano, Carlos, Daniel e Giulia
Barcellona P.G (Me).- La Comunità di Sant’Egidio e i Giovani per la Pace di Barcellona P.G , Sabato 2 Maggio hanno commemorato con la preghiera e gettato in mare dei fiori, quanti perdono la vita durante il “viaggio della speranza” verso l’Europa,ricordando in particolare le vittime del naufragio del 18 Aprile, e quanti vengono perseguitati a causa della propria fede.- “Non si ripeta più,per favore” (Papa Francesco)
Cristiana ha preso parte al pranzo che i Giovani per la Pace di Treviso hanno fatto con i rifugiati sabato 25 aprile. Condividiamo il suo racconto. Io sono Cristiana, sono venuta al pranzo per i profughi sabato ed è stata un bellissima esperienza! Io ero seduta vicino a Essen, del Pakistan, e lui ad un certo punto mi ha mostrato una fotografia dal cellulare in cui c’erano lui e la sua famiglia… Poi ha iniziato spontaneamente a raccontarmi la sua storia e, anche se non ho capito bene tutto quello che ha raccontato, mi ha colpita molto e per questo poi ho scritto questo racconto… … Ci sono persone che fanno parte della tua vita da quando nasci a quando muori, e non la cambiano minimamente. Stanno sullo sfondo, sempre lì, tanto che con il tempo ti abitui a vederle vicino a te, sai sempre dove sono quando vuoi stare o non vuoi stare con loro. Poi ci sono le persone che entrano ad un certo punto, o che restano qualche anno e poi se ne vanno; ma anche loro, per tutto il tempo che passano sul palcoscenico delle tue giornate, hanno un posto fisso da cui recitare la loro parte. E poi c’è Essen, che sale quando il sipario è già alzato e non ha un copione da recitare. Arriva con un’espressione confusa e con passo quasi esitante. È solo un ragazzo, un ragazzo timido e curioso che saluta il pubblico con lo sguardo di un vecchio e il sorriso di un bambino. Ma non ha battute pronte per cambiare il tuo spettacolo: tutto ciò che era stato progettato per lui è andato all’aria. Il suo ruolo è stato dimenticato, il personaggio è stato cancellato, le battute che avrebbe dovuto recitare non servono più. Gli hanno detto che se ne deve andare, che ormai è inutile. Essen ha bisogno di un posto, però. Non può improvvisare. È sempre stato bravo con le parole, un maestro nell’arte del divertire la gente. Ma questo pubblico non parla la sua lingua. Questo pubblico non ha voglia di ridere, non capisce cosa ci faccia un attore così diverso dagli altri su quel palco rimasto vuoto. Le lampade sono spente, ora c’è solo una fioca luce che illumina quell’angolo di palco in cui un attore fallito non riesce ad esprimere i suoi sentimenti. Poi, nel silenzio, si alza chiara e decisa la voce di Essen. Non parla la sua lingua, nemmeno quella del pubblico: parla la lingua degli uomini, parole che ognuno può capire e che sono così difficili da pronunciare, così dure da ascoltare. Le luci si alzano sulla scenografia dipinta a colori nostalgici, un lago azzurro, una spiaggia bianca; un uomo con una candida veste, in contrasto con il colore scuro della pelle, abbraccia tenamente quattro ragazzini vestiti di nero. La scena rimane un attimo sospesa nel silenzio, gli ultimi secondi per ricordare quelle vite che stanno per essere cambiate, rovinate, distrutte. Essen non ha un copione, ma ha una storia...
Basterebbe la testimonianza di Alì, giovane del Mali sopravvissuto ad una delle tante stragi del Mediterraneo, per esprimere il senso della fiaccolata di ieri. Le ingiustizie subite durante il viaggio nel deserto, in Libia e nell’estremo tentativo di raggiungere l’Italia..si estremo perché lui non voleva partire, sperava ancora di trovare un futuro sereno in Africa. Ma la guerra, la povertà e la barbara uccisione di un suo caro amico in Libia l’hanno convinto che l’unico modo per ricominciare a sperare era raggiungere l’Europa. Il racconto di Alì e di tanti altri che sono stati costretti ad abbandonare la propria terra deve far riflettere ognuno di noi per tutti i giorni che ci lamentiamo delle nostre condizioni, dei problemi( se pur veri) che attanagliano la nostra città e non la fanno respirare,pensare che una soluzione è possibile se cominciamo a voltarci verso l’altro invece di guardare solo all’ abisso del nostro Io.
Avete mai contato fino a 700?Una pratica strana, sì, ma necessaria adesso. Io faccio scorrere i numeri dietro ai miei occhi, così veloci che quasi non li percepisco.Oggi cercherò di andare più piano.Avete mai visualizzato il volto di una persona?Anche le facce dei nostri cari sfumano bombardate dalla tempesta di pensieri che corrono nella nostra mente.Siamo capaci di associare ad ogni numero, fino a 700, un volto di un persona, dedicargli 1 minuto, volendogli bene anche per meno?Quanto ci metteremmo se lo facessimo?Forse il tempo che la Guardia Costiera impiegherà per raccogliere i tanti (troppi) migranti nelle acque del canale di Sicilia che ieri notte (19 aprile) sono morti annegati perché il loro peschereccio si è capovolto e loro non sapevano nuotare.Magari 700 minuti, 700 anime, per un cuore solo sono troppe, quindi VI CHIEDO UN AIUTO!Io adotto un numero. Per un minuto, io dico 1. Lo amerò, gli vorrò bene, gli dirò addio. Lo stringerò a me e vivrà per sempre dentro di me. Chi di voi adotterà il prossimo?Scrivete qui sotto il numero (simbolo della persona che non c’è più) che adottate e che penserete per un minuto, e chiedete chi adotterà il numero successivo al vostro.Riusciremo ad arrivare a 700? Alessia Codato Padova
Altri articoli
-
Dall’ECO LAB di Pace un carico di aiuti umanitari con materiale scolastico per le bambine e i bambini in Ucraina
14/02/2024 -
Eco Lab di Pace, lo spazio dove l’ecologia e la solidarietà si incontrano e si trasformano in aiuto concreto
14/02/2024 -
L’amicizia che si rivela benedizione: dalla strada al Buon Pastore
26/01/2024 -
I corridoi umanitari: un viaggio con una meta sicura per un’accoglienza umana e rispettosa
02/04/2023