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Categoria: Scuola e Università
#prayforpeace
A Roma, da lunedì 9 a venerdì 13 marzo 2015, gli Universitari di Sant’Egidio promuovono la “Settimana di preghiera per la pace” in più di venti residenze e collegi studenteschi, cappellanie universitarie e parrocchie. Si tratta di un’occasione per invitare gli studenti romani e fuori sede a partecipare a momenti di preghiera, ascolto e riflessione sulla pace con particolare attenzione a tutti i luoghi del mondo, colpiti dalla guerra, dalla violenza e dal terrorismo. Con la “Settimana di preghiera per la pace”, gli Universitari di Sant’Egidio vogliono costruire un movimento di preghiera per la pace, rispondendo all’appello di papa Francesco che lo scorso 1° gennaio aveva invitato i cristiani a non rassegnarsi alla guerra, perché la pace è possibile e «la preghiera fa germogliare la pace». La “Settimana di preghiera per la pace” si concluderà venerdì 13 marzo alle 20, presso la chiesa di Santa Maria della Neve al Colosseo. Info: 334.8135420 – 328.1250699 Facebook: Evento e Gruppo
“Mi raccomando custodite e costruite la pace, sempre!”
Enza Basile, anziana testimone della Seconda Guerra Mondiale, incontra i giovani di Fiumicino
Il coraggio di dire NO
Francesco di Palma ha scritto il bel libro su Floribert Bwana Chui, ucciso nel 2007 perché si è rifiutato di accettare di farsi corrompere per far passare delle partite di cibo avariato che avrebbe nuociuto alla popolazione di Goma, nella Repubblica Democratica del Congno. Il libro si intitola “Il prezzo di due mani pulite“. Ieri in occasione della presentazione del libro abbiamo intervistato l’autore. Ecco il testo dell’intervista. Come la storia di Floribert può essere d’esempio anche per la società italiana? La storia di Floribert è una storia profondamente radicata in un contesto specifico, in un contesto africano, in particolare congolese. Floribert si pensava come congolese, come africano, e in fondo sognava un riscatto per il Congo e per l’Africa. Detto il suo radicamento, va però anche detto che la sua vita, il suo saper dire no a un materialismo invadente, a una sete di denaro che diventa qualcosa che ti ruba il cuore e la mente, tutto questo diventa un segno e in fondo un modello che parla al nostro mondo europeo. Se anche noi non conosciamo quella realtà violenta e tante volte sfigurata, che è il Congo, possiamo però dire che c’è una realtà arida, una realtà spietata china sul denaro, che tante volte è anche quella di noi europei. In questo contesto l’esempio di Floribert che sceglie la vita e non il denaro, che sceglie i poveri e non il guadagnarci sopra, mi sembra che anche pensando agli esempi recenti di Mafia Capitale, può essere qualcosa che ci fa riflettere e ci aiuta a scegliere per il meglio. Com’è ora la situazione in Congo? Il Congo di Floribert era un Congo appena uscito dalla guerra civile, dalle due guerre che l’avevano insanguinato. Oggi la situazione è differente per quello che riguarda il Paese: l’ovest è più pacificato, purtroppo in Kivu ci sono ancora diversi scontri; sono soprattutto milizie, ribelli che cercano di trovare notorietà o di guadagnare qualche cosa in un’opera di guerriglia, di predazione, di banditismo e questo è qualcosa che ancora va superato. D’altra parte il Congo deve ancora ricostruirsi come società più attenta agli ultimi, più attenta a tutti e di vincere quella che è la grande sfida, quella della corruzione, di grandissimi divari sociali ed economiche; un nuovo Congo che affronta sfide non belliche, ma che affronta la sfida di una società che sia più a misura d’uomo, più attenta all’uomo. Quale messaggio vuole lanciare a tutte quelle persone che si sentono sfiduciate dalla corruzione dilagante in Italia? Io non vorrei lanciare messaggi, quello che posso fare è proporre questa testimonianza di Floribert; come è stato detto oggi alla presentazione il mondo oggi è tentato dal vittimismo, dalla rassegnazione; è una tentazione che c’è in ognuno di noi ed è la reazione più facile di fronte a qualcosa che non va bene. In fondo Floribert ci insegna che c’è un grande spazio per la testimonianza personale, per le scelte personali, per un azione e un modo di agire che siano un segno...
Io sono per la Pace
Ad una settimana dai tragici eventi di Parigi, gli universitari di Roma riuniti nella Cappella de’ La Sapienza, pregano insieme per i Paesi in guerra e le vittime di ogni violenza e terrorismo. Dopo il caloroso discorso d’accoglienza del Cappellano Jean Paul, la preghiera è stato il modo migliore per riflettere su un tema che ha colpito tutti. La Pace è un bene prezioso e mai scontato: nell’ultima settimana abbiamo preso coscienza di quanto bisogna lottare uniti per difendere i diritti e le libertà di tutti e continuare la nostra rivoluzione silenziosa contro la violenza. Ricordando uno per uno i popoli vittima delle ingiustizie della guerra, abbiamo interiorizzato le parole simbolo della Marcia per la Pace del primo gennaio, ripetute da Papa Francesco durante l’Angelus: “La Preghiera è la radice della Pace”.
Tor Sapienza, “Notre Amour”
Oggi 18, dicembre 2014, si è svolta la festa di inaugurazione della Scuola della Pace di Tor Sapienza che inizierà a gennaio. Avevamo detto: "se verranno dieci bambini sarà un successo". Si sono presentati in 30 assieme alle mamme!!! Bambini italiani e nuovi europei si sono divertiti insieme tra canti, balli e giochi natalizi. È questa la città che vogliamo costruire ed è questa la nostra risposta al disagio della periferia.
Il James Joyce di Ariccia contro la pena di morte
Anche il liceo “James Joyce” di Ariccia (Roma) aderisce alla campagna Scuole per la vita contro la pena di morte.
Scuole per la vita contro la pena di morte
Quest'anno gli studenti delle superiori parteciperanno alla più grande mobilitazione locale e globale contro la pena di morte. Per partecipare ...
«Farò la pediatra L’ho capito con il volontariato»
Riportiamo sul nostro blog l’intervista pubblicata oggi sull’edizione romana del Corriere della Sera ad Elena, una giovane per la Pace che ha fatto la maturità quest’anno, con ottimi risultati. Tra libri, compiti e lezioni, Elena ha sempre trovato il tempo per il volontariato, per aiutare i bambini delle famiglie svantaggiate di Ostia. Bimbi che, alla fine, hanno ispirato anche il suo cammino di vita. «Lo scorso aprile ho passato il test di accesso alla facoltà di Medicina della Sapienza: voglio diventare pediatra», ha solo 18 anni Elena Mastrorilli, 5D del liceo scientifico Labriola, ma le idee sono chiarissime. Ha appena finito gli esami e può essere soddisfatta: il suo voto finale è un 100 tondo tondo. L’istituto superiore di Ostia le ha permesso di ottenere una formazione completa, anche grazie all’indirizzo informatico: dal latino alla filosofia, dalla matematica alla letteratura, la neo-diplomata ha amato tutte le materie, ma ha sempre dimostrato con una particolare predisposizione per quelle scientifiche. Ha vinto anche la sfida più difficile, la scelta dell’analisi del testo di Quasimodo per la prima prova scritta, che alla fine le ha portato fortuna. Poi ha lavorato ad un’elaborata tesina sull’argomento dello «stupore» che ha impressionato la commissione della maturità: la 18enne ha unito temi come la creazione, l’arte e l’architettura, puntando su un focus sulla splendida Sagrada Familia , l’opera di Gaudì che si eleva sulla città di Barcellona. «Gli esami sono andati bene, avevo già una media piuttosto alta. – racconta – L’orale è stato il momento più critico, avevo paura di fare scena muta, ma ce l’ho fatta nonostante l’ansia. I miei genitori, mamma insegnante e papà impiegato, sono molto orgogliosi del voto che ho preso. Nel tempo libero per anni, insieme alla comunità di Sant’Egidio di Ostia, ho seguito i bimbi delle periferie con i progetti della Scuola della Pace. Li aiutavo a fare i compiti, a socializzare, giocare: erano tutti bambini con famiglie problematiche e insieme a noi hanno potuto avere un sostegno continuo. È stata un’esperienza straordinaria, che mi ha fatto capire che nel futuro voglio ancora dedicarmi a loro. Diventare medico, specializzarmi in pediatria ora è il mio prossimo obiettivo». Valeria Costantini
Periferie al centro del mondo
Riceviamo da un Giovane per la Pace di Bari e volentieri pubblichiamo: Come è noto, una delle tracce della prima prova dell’ultimo esame di maturità, era incentrata sulla tematica riguardante le periferie. Migliaia di studenti hanno potuto trarre spunto da un frammento di un discorso elaborato qualche tempo fa dal senatore a vita Renzo Piano:
Il dono: un tema da veri maturandi
I Giovani per la Pace si confrontano sui temi assegnati nella prova d'italiano dell'esame di Stato 2014. Iniziamo con il dono, un tema da veri maturandi, perché di cruciale importanza nei nostri tempi.
150 giovani delle scuole di Roma alle Fosse Ardeatine per rinnovare il tragico ricordo del ’44.
Oggi 17 maggio la Comunità di Sant’Egidio ha riunito i giovani delle scuole romane da vari quartieri di Roma, per ricordare l’eccidio delle Fosse Ardeatine e insegnare loro che certe tragedie non si devono ripetere più. i ragazzi hanno attraversato i cunicoli e le cave dove è stato compiuto l’eccidio, osservando attentamente ogni singola roccia di quel buco di orrore che ha caratterizzato la morte di tutte quelle persone innocenti. Una volta raggiunto il cimitero memoriale ognuno di quei ragazzi si è soffermato attentamente nell’osservare le tombe di quella gente e notando con tristezza la presenza di uomini rimasti ignoti. Nonostante non avessero nome, sono rimasti nella loro mente come vittime morte invano e consegnate nelle mani di Dio prematuramente. L’uomo più anziano aveva 75 anni ed era probabilmente il ‘capo famiglia’ dei Di consiglio, una famiglia di ebrei presa e strappata via dalle proprie mogli e dalle proprie case. Il più giovane degli uomini sacrificati aveva 15 anni ed era un falegname, il secondogenito dei Cibei, Duilio, morto insieme a suo fratello Guido Cibei. Molti di loro erano di religione ebraica e le loro tombe erano caratterizzate dalla presenza di piccoli sassolini, come si usa nella tradizione ebrea, mentre sulle altre c’era un fiore. I giovani hanno visitato anche il piccolo museo del luogo ed hanno letto i famosi ‘volantini volanti’ che gli Alleati lanciavano dagli aerei per diffondere le idee della liberazione anziché della guerra. Prima di andare via i giovani hanno letto tutti insieme alcuni dei pochi messaggi che gli uomini avevano lasciato prima di morire con la consapevolezza che quelle sarebbero state le loro ultime parole. Uno di questi messaggi ha colpito particolarmente tutti quanti perché si trattava di una preghiera per la sorte degli ebrei anziché per se stesso. infine i ragazzi si sono incamminati in una marcia silenziosa ripercorrendo all’inverso il tragitto per arrivare all’ingresso dove hanno depositato una corona di fiori da parte dei Giovani per la Pace e della Comunità di Sant’Egidio. Donata la corona i ragazzi sono tornati alla loro vita spensierata insieme ai loro amici della Comunità di Sant’Egidio, ma con qualcosa in più nei loro cuori. Articolo scritto da Agnese, dei Giovani per la Pace di Roma.
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