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Categoria: Attualità
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"La loro volontà è schiacciata, non parlano più, hanno affinato i sensi come degli animali per capire quando arriverà il momento..."
Ho accettato di rimettere piede nel Liceo B. Russell di Roma per aiutare Bill Pelke a raccontare la sua storia. Bill viene dagli Stati Uniti, per gran parte della sua vita ha vissuto in Indiana, ora in Alaska, ma viaggia da anni per il suo paese e per l’Europa per condividere il suo “viaggio di speranza”. Bill infatti ha fondato Journey of Hope per unire le famiglie di vittime di violenza i cui responsabili sono stati condannati a morte, per combattere insieme affinché la pena capitale sia abolita.
Sono bimbi in condizioni di povertà, giovani che hanno subito torture e donne vittime di violenza. Le situazioni politiche di alcuni stati africani sono molto gravi: guerre tra etnie locali e dittature disumane che qualcuno dice essere come “carceri a cielo aperto”.
Alla Scuola della Pace! Il mondo dei bambini, con le loro parole, paure e desideri, nel libro “Alla Scuola della Pace”, a cura di Adriana Gulotta, presentato questo martedì Alla presentazione del libro, Andrea Riccardi , il fondatore della Comunità di Sant’Egidio e l’attuale presidente Marco Impagliazzo, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e i giornalisti Marco Tarquinio e Maria Novella De Luca. È l’amicizia con i più piccoli il tema messo al centro della presentazione tenuta a Roma questo martedì. È un tema molto caro ai Giovani per la Pace e ad Andrea Riccardi, che ha ricordato bene nel suo intervento: “La Scuola della Pace nasce per essere la compagna di questi bambini”. Ha fatto notare la decisione di scegliere come autore proprio la Comunità di Sant’Egidio stessa, sottolineando che “non si vive senza identità”, e specificando che “la Scuola della Pace propone un’«identità CON» e non «CONTRO»”. Anche noi Giovani per la Pace scegliamo un’«identità CON», CON i più piccoli, CON gli anziani, CON i più deboli, CON i poveri. Molte sono le nostre storie d’amicizia che, come ricorda il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, sono quelle che non finiscono! L’amicizia con i bambini raccontata in questo libro è il “METODO” delle scuole della pace, “quasi una rivisitazione di quello di Don Milani” racconta la curatrice del libro Adriana Gulotta. “È il metodo dell’amicizia, della gentilezza, della relazione umana” commenta la ministra Fedeli, e aggiunge che “leggere questo libro ti fa sentire parte della Comunità di Sant’Egidio”. Ed è proprio vero, è un libro inclusivo, scritto da “tutti” e allora che aspetti a leggere anche tu “Alla Scuola della Pace“? Rivedi la diretta della presentazione del libro “Alla Scuola della Pace” Questa domenica i Giovani per la Pace di Roma saranno a Barbiana dove don Milani realizzò la sua idea di scuola tra gli anni Cinquanta e Sessanta, per i bambini poveri, rendendo amici la cultura e quei giovani insegnanti che vi si prestavano.
Torna il razzismo in Europa: perché rifletterci il 16 Ottobre Sono i bambini ad aprire la commemorazione della deportazione degli ebrei del 16 Ottobre 1943, nella marcia di Comunità di Sant’Egidio e Comunità Ebraica di Roma Sono i bambini della Scuola della Pace in prima fila nella marcia e poi ad ascoltare il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, che li saluta, mentre parla della “nostra Europa” dove si risvegliano fantasmi che credevamo sepolti. “Oltre al terrorismo” dice “dobbiamo chiamarli con molta precisione: nazismo, fascismo, antisemitismo“. Anche i Giovani per la Pace hanno partecipato alla marcia, dopo un intenso incontro con Nando Tagliacozzo, che ha raccontato loro la sua esperienza e ha risposto alle loro domande. Il suo racconto è stato ripreso in una recente e intensa clip inedita. “Non pensi che il razzismo contro gli ebrei possa ritornare anche oggi? Per esempio con gli stranieri?” gli ha chiesto una giovane per la pace. “Se mi guardo intorno ho paura che non se ne sia mai andato” risponde lui, “ma sono felice di venire a parlare con i giovani per la pace, di venire a trovare la Comunità di Sant’Egidio, perché voi siete ottimisti, non perdete la speranza”. Ed è vero, non perdiamo la speranza e pensiamo che sia possibile un futuro bello e di pace, per l’Europa e per il mondo. Alla marcia era presente anche Sami Modiano, a cui abbiamo scritto una lettera, per ringraziarlo della sua amicizia con noi. Non c’è futuro senza memoria! I Giovani per la Pace ne sono convinti, e tu? Condividi il post con il messaggio di Andrea Riccardi
Nella clip inedita da "L'Amore senza Motivo", regia di Paolo Mancinelli, un testimone dello sterminio nazista della Shoah incontra Majid, giovane fuggito dalla guerra in Siria
Dalle ore 16:00 la diretta della cerimonia iniziale di “Strade di Pace- Religioni e culture in dialogo” Clicca sul player e condividi
GxP dal mondo a Barcellona: un sì alla solidarietà Dopo l’attentato, i GxP a convegno rifiutano la paura per una società del vivere insieme Il convegno di fine agosto ha coinvolto più di cinquecento giovani da diversi paesi europei, uniti nella cultura dell’aiutare il prossimo con la Comunità di Sant’Egidio A pochi giorni dall’attentato, l’incontro di Barcellona si è aperto con il ringraziamento dei Giovani per la Pace locali per la vicinanza dei più di cinquecento giovani venuti in occasione del convegno europeo dei GxP. L’attentato del 17 agosto ha causato sedici morti e più di cento persone sono rimaste ferite, travolte dal minivan diretto sulla folla che passeggiava sulla Rambla. Qualche giorno dopo siamo tornati su quella passeggiata dove molti hanno sempre cercato serenità. Non solo giovani da tutta Europa, ma anche giovani da Malawi, Cuba, Pakistan, Usa e Nigeria hanno espresso la loro vicinanza. Hanno deposto fiori sulla Rambla. Hilde Kieboom, vicepresidente di Sant’Egidio, ha ricordato che ”c’è un senso nello stare qui oggi, nello stare insieme per combattere il terrorismo e creare città di pace”. La presenza fisica ha un altro valore, un senso da cogliere. Ha ricordato le parole dell’amico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, per il quale “ogni nuova generazione può creare qualcosa di nuovo”. Quali parole e pensieri nuovi per un mondo oppresso dalla violenza e dal terrorismo? Sono i giovani a portarne. Lo spiega il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, spiegando il titolo del convegno More Youth More Peace: “più giovani è sinonimo di più violenza, ma per noi vale il contrario, perché i Giovani con l’esempio possono portare una modifica strutturale alla società”. I Giovani per la Pace rivendicano il “diritto di sognare”, non accettano le ingiustizie, ma le combattono con una proposta attiva, di solidarietà, che parte dai bambini, dagli anziani, dai senzatetto e dagli stranieri. Interventi Malawi Crief Creo Daniel Crif ha raccontato che il Malawi è uno dei paesi più poveri del mondo, con evidenti segni di arretratezza come la persecuzione e l’uccisione degli albini, per via della superstizione. Spiega che i giovani spesso sono utilizzati per violenza politica. Tantissimi ragazzi hanno allora deciso di unirsi ai Giovani per la Pace per andare controcorrente. Crif era un bambino della Scuola della Pace: ha potuto studiare e crescere forte nella mente e nel cuore. Ora vuole cambiare il suo paese. La Comunità di Sant’Egidio rappresenta per il Malawi una speranza. Il progetto DREAM offre cure gratuite a migliaia di persone e debella l’AIDS, permettendo a molti bambini di nascere senza il virus. Con il programma BRAVO si assicura la registrazione anagrafica, per evitare che vi siano bambini “invisibili”, soggetti alla tratta ed esclusi da istruzione e salute. Cuba Roger Garcia “La Comunità è riuscita a portare il dialogo in un paese con una forte crisi economica e spirituale”. Ha collaborato alla realizzazione di politiche di supporto alla popolazione più povera. Cuba si è trovata isolata alla fine dei blocchi, negli anni Novanta: il mondo non si divideva più in...
Legge sulla cittadinanza, la “vittoria dei prepotenti” Rimandato a settembre il voto, in un clima politico viziato. Andrea Avella dei Giovani per la Pace fa chiarezza sul contenuto della legge e sulle vicende parlamentari Sembra il titolo di un nuovo best seller internazionale, di quelli belli che ti appassionano e che ti tengono stretto al libro fino alla sua ultima pagina, con il colpo di scena finale che ti fa rimanere sgomento. Invece no. È una frase del Monsignor Gian Carlo Perego in riferimento del passo indietro fatto dal Governo Gentiloni in tema di ius soli. La riforma sulla cittadinanza è una legge attesa da tempo, che ha visto come protagonisti propositori vari gruppi e associazioni che hanno a cuore questo tema come Comunità di Sant’Egidio (dal 2004), Italiani senza cittadinanza ed altre organizzazioni che si occupano del sociale e della tutela dei diritti degli esseri umani. Due anni di attesa Nell’ottobre del 2015 la Camera dei Deputati votò la modifica alla legge sulla cittadinanza con l’inserimento di altre due modalità per poterla ottenere: lo ius soli temperato e lo ius culturae. È ius soli temperato: per niente un “automatismo” La prima fattispecie prevede un’aggiunta tra le possibilità di cittadinanza per nascita dove si ritiene cittadino italiano anche chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri. La sola nascita sul territorio italiano (ius soli puro) non basta: un genitore almeno deve essere titolare del diritto di soggiorno permanente o del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, un’esplicita dichiarazione di voler diventare cittadini italiani è richiesta. Infatti serve una richiesta In questo caso la richiesta di cittadinanza deve essere fatta entro il compimento della maggiore età, da un genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale, all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza. Se la richiesta non viene inoltrata entro i 18 anni di età, l’interessato può acquisire la cittadinanza se ne fa richiesta all’ufficiale dello stato civile entro i 20 anni. Ius culturae, si diventa italiani per cultura La seconda fattispecie, rientrante nei casi di cittadinanza per acquisizione, prevede che il minore straniero nato in Italia, o che vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli scolastici o percorsi di istruzione e formazione professionale, possa acquisire la cittadinanza italiana. Segue una seconda ipotesi. Si tratta del caso dello straniero che ha fatto ingresso nel territorio nazionale prima del compimento della maggiore età, legalmente residente da almeno sei anni, che ha frequentato un intero ciclo scolastico (con il conseguimento del titolo finale), oppure svolto un percorso di istruzione e formazione professionale con il conseguimento di una qualifica professionale. Uno ius soli esiste già Soffermiamoci su alcuni aspetti della legge sulla cittadinanza del 1992: lo ius sanguinis è l’ipotesi principale e consiste nel diritto di diventare cittadino dalla nascita se uno o entrambi i genitori sono italiani chi nasce in Italia da genitori...
di Marianna Imbimbo GXP Napoli Aiutare gli altri non è un talento innato. Stare vicino a chi soffre non è affatto facile. Ascoltare chi è meno fortunato di te non è uno scherzo. Eliminare i pregiudizi per poter capire le esigenze degli altri richiede uno sforzo. Sentirsi impotenti, piccoli, inadatti di fronte a problemi più grandi di noi (camorra, sparatorie, povertà economica ed educativa, disoccupazione) non è esattamente un “passatempo” che fai perché ti piace. Lo facciamo perché è necessario. Lo facciamo perché sentiamo una grande responsabilità sulle nostre spalle, perché non bisogna essere politici, magistrati, giornalisti o parroci per accollarsi i problemi della società. Napoli sta cambiando, ma non perché ci sono i turisti. Napoli sta cambiando perché ci sono dei ragazzi di 15, 16, 18 anni che invece di passare una settimana con gli amici salgono su un pullman e accompagnano i “loro” bambini a fare una vacanza, consapevoli che dovranno comportarsi da “grandi” perché c’è qualcuno più piccolo che li guarda e prende esempio. Napoli sta cambiando perché ci sono ragazzi universitari che dopo aver studiato fino a notte fonda, il terzo giorno di colonia tornano a Napoli per sostenere un esame all’università per poi tornare il giorno dopo, senza prendersi manco un giorno di pausa. Napoli sta cambiando perché ci sono persone che lavorano e si prendono permessi e ferie per portare i bambini in colonia e persone che finiscono di scrivere tesi mentre i bambini dormono. Napoli sta cambiando perché ci sono persone che spiegano ai bambini che nonostante siano piccoli, ogni loro parola vale e ogni loro gesto può significare qualcosa per qualcun altro, perciò quando sbagliano vanno corretti e quando fanno bene vanno gratificati. Napoli sta cambiando perché ci sono persone che si sono prese una responsabilità senza che nessuno glielo chiedesse, senza che nessuno li pagasse, senza che facesse “curriculum”, ma solo perché è giusto. Queste persone sono le stesse che mi spingono a continuare in quello che facciamo, a comunicarlo a più persone possibile e a dedicargli tutta la mia gratitudine per dare un senso a questa fugace esperienza che chiamiamo vita. ps: Dona per la vacanza della scuola della pace
Alle nove del mattino, insieme ai Giovani per la Pace, ci sono le signore che hanno appena portato i bambini a scuola, alcuni disoccupati, il marito della maestra della scuola elementare, che di solito aiuta nei compiti i ragazzi più grandi. Strappano erbacce, montano gazebo, sfidano il vento che sferza nella piazza appendendo festoni e striscioni, per dare un po’ di colore al grigio del paesaggio urbano. «Non è solo una festa – dice con orgoglio Francesca, una giovane da anni impegnata ad animare la Scuola della Pace – ma il risultato di un lavoro di anni per creare legami, per unire la gente in un quartiere dove c’è tanta solitudine, ma anche molta voglia di stare insieme». Giovedì scorso, nella piazza del quartiere del Cep – una piazza che non ha nemmeno un nome e questo è già di per sé indicativo in uno dei quartieri più poveri di Genova, caratterizzato dall’isolamento e dalla violenza – la Comunità di Sant’Egidio ha organizzato la festa “Insieme! Per una città senza muri” raccogliendo i cento bambini e ragazzi che frequentano la Scuola della Pace e centinaia di giovani, adulti, anziani del quartiere. Il denominatore comune è stato proprio questo: il desiderio che non fosse la festa di un gruppo o di un’associazione, ma del quartiere. È un’iniziativa che già esprime in modo chiaro l’idea di città che abbiamo: aperta e inclusiva. Una città in cui le periferie non siano luoghi di marginalizzazione ma laboratori di cittadinanza, in cui tanti lavorino per ritessere il tessuto sociale pieno di strappi. E nella piazza del quartiere Ca’ Nuova – è questo il nome ufficiale del Cep – c’erano in tanti: i bambini che hanno animato la festa con balli e canti, gli adulti che hanno aiutato ad allestire, cucinare e poi a ripulire perfettamente, gli anziani e tutte le realtà associative più importanti presenti nella zona. A un certo punto spuntano anche una decina di donne velate con mariti e figli. Alla festa erano presenti anche un gruppo di richiedenti asilo ospitati a Coronata, che durante l’anno hanno più volte raccontato ai bambini e ragazzi la loro storia. Anche loro hanno trasportato tavoli e sedie, gonfiato palloncini e aiutato ad animare i giochi per i più piccoli, testimoniando che costruire una città senza muri è veramente possibile e che, come afferma Papa Francesco, dalle periferie si capisce meglio il mondo. PS: Dona per la scuola della pace di Genova
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