Frammenti d’anima. Cosa ci incoraggia ad alleviare le sofferenze altrui?

CONAKRY (GUINEA) – Non basta la forza degli uomini, è necessaria la forza dell’amore, che non conosce alcun limite.

Ieri con Dian abbiamo cercato di automatizzare alcuni meccanismi di raccolta dei dati per l’analisi delle performance delle cure anti-AIDS che il Governo locale ci richiede, affinché siano inviati al Global Fund. Dian è davvero in gamba, si dà molto da fare e cerco di fargli risultare simpatica anche l’elaborazione dei dati e delle statistiche.

Mi ha fatto conoscere il quartier Camayenne: la parte di Conakry incorniciata dalla “Corniche Nord”, una striscia di terra che si sdraia indomita davanti all’Oceano del mondo. Percorsi polverosi che si dipanano nella stagione secca in un dedalo di strade senza nome; nella stagione delle piogge, certi acquazzoni improvvisi fanno straripare le latrine e trasformano le vie in fangaie nauseabonde.

Passeggiando sereni per Camayenne, una gentile signora ci invita a pranzo: sono molto ospitali. Ha preparato del buon riso, bianco a striature marroni, tipico riso guineano condito con una salsina giallognola, pallido ricordo della fondue svizzera. La gente del posto lo chiama “riso nazionale”. Tra mosche che ronzano intorno e circondati da attrezzi rugginosi, è stata bellissima l’atmosfera che si è creata durante il pranzo: sembrava di girare una scena da film Western.
La sera, invece, siamo andati a cena con alcune attiviste di Medici Senza Frontiere, perlopiù belghe e francesi: è davvero nobile quello che fanno in questo angolo di mondo. Persone che sono da anni in Africa e che hanno messo la loro vita, i loro studi e la loro esperienza al servizio dei bisognosi, in queste terre lontane.
E così, tornato nella nostra dimora, mi affaccio dalla balconata che domina il ristagno di relitti di naufragi della baia. Mentre osservo l’Oceano nero pece e le luci del porto di Conakry che appaiono in lontananza come quelle di un peschereccio stanco, rifletto su cosa ci incoraggi ad alleviare le sofferenze altrui. E ritrovo, tra i vari libri che tanti volontari prima di me hanno portato in questa casa, un frammento di Thomas Moore tratto dalla sua meravigliosa Utopia, che recita:

Nel momento in cui la natura ti comanda d’esser buono e gentile coi tuoi simili, ti ordina anche di non essere crudele o inclemente con te stesso. […] La natura invita a vivere gioiosamente sostenendoci a vicenda e ordina anche di far uso d’una diligente attenzione affinché nella ricerca della felicità personale non si ostacoli quella degli altri. Perseguire il proprio benessere senza infrangere tali leggi è una cosa saggia, perseguire anche quello degli altri quasi un atto di religioso zelo. […] Privarsi di qualcosa per darla ad un altro, al contrario, è segno di umanità e gentilezza che non toglie mai quanto dà. Infatti in cambio si hanno non solo vantaggi equivalenti, ma anche la consapevolezza di aver fatto del bene ed il ricordo dell’affetto riconoscente di chi ne ha beneficiato, le quali cose offrono più piacere all’animo di quanto ne avrebbe potuto dare al corpo ciò di cui ci si è privati: il dono di un piccolo e breve piacere verrà ricambiato con una gioia infinita.

Conakry, Guinea – Diario del 7/03/2014

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