“Ma che cosa posso fare io?”, “Faccia il ladro, è molto più onesto!” Visita a Fossoli per la Giornata della Memoria

I Giovani per la Pace di Parma hanno deciso di visitare il Campo di Prigionia di Fossoli, in provincia di Modena, luogo di transito, nel 1944, di circa cinquemila deportati, di cui la metà ebrei, verso i campi di sterminio nazisti. Hanno preparato un reportage che volentieri pubblichiamo.

 

E’ il campo in cui sono transitati Primo Levi e Nedo Fiano due scrittori le cui pagine ci hanno riportato indietro in quegli anni, in cui tante storie di uomini e di donne venivano segnate tragicamente dalla deportazione e dalla morte. Il freddo intenso di oggi ci ha fatto capire come deve essere stato duro dormire in quelle baracche, dotate sì di una stufa, ma senza legna, perché cominciava a scarseggiare. Poco cibo, freddo, umidità; soprattutto lo spettro della partenza nei convogli ferroviari verso la Germania con pochissime speranze di tornare indietro: era questa la vita degli uomini e delle donne passati da Fossoli. E’ stato particolarmente toccante leggere, durante la visita, la descrizione dell’ultima notte di Primo Levi a Fossoli:

«Il 21 febbraio 1944 gli ebrei di Fossoli sanno: domani saranno tutti deportati. Dove non è chiaro, però il consiglio che ricevono è di prepararsi a quindici giorni di viaggio. Non c’è niente da fare, né da discutere: per ognuno che fosse mancato all’appello ne sarebbero stati fucilati dieci, gli ordini sono ordini. Nelle baracche, quella notte trascorre in un collettivo, allucinante, addio alla vita. Chi invoca il Kadòsh Baruch hu, il Signore Benedetto Egli sia, chi si ubriaca e si abbrutisce, chi si lascia andare preda della disperazione, chi cerca nell’oblio della passione l’ultimo conforto. Le madri vegliano fino all’alba, frenetiche e premurose, mettendo insieme il necessario per la partenza: preparano le valigie, lavano accuratamente i bambini, fanno il bucato, cucinano focacce, raccolgono fasce, giocattoli, cuscini. Stanno perdendo se stessi, stanno abbandonando l’esistenza terrena; qualcuno si dedica al lutto secondo la tradizione ebraica. Scalzi, le donne con i capelli sciolti, le candele dei morti accese e sparse per terra un poco ovunque, pregano e piangono. Il campo si riempie di fantasmi folli. La mattina del 22, dopo un interminabile elenco, nome per nome, quando la lista della morte è stata controllata nei dettagli e i circa seicento «pezzi» sono tutti presenti e regolarmente registrati, Primo Levi e gli altri vengono spinti dai fascisti su alcuni camion delle SS che li devono trasportare da Fossoli alla stazione ferroviaria di Carpi. I tedeschi fanno da scorta, bastonanno col calcio del fucile quelli che si attardano, che camminano lenti, che si fermano ad aspettare un parente o un amico. Lo shock delle percosse è immenso. Allora è proprio vero, è come ai tempi dei pogrom zaristi, delle persecuzioni papaline, dei roghi dell’Inquisizione. La memoria corre alle umiliazioni millenarie subìte dal Popolo di Dio. Il prigioniero Levi guarda uno dei gendarmi, un emiliano dai lineamenti regolari, e gli dice: “Si ricordi di quello che sta vedendo, si ricordi che lei ne è complice, e si comporti di conseguenza”. L’uomo, con l’espressione del viso impietrita dal terrore, lo accompagna a prendere un po’ d’acqua, preziosa, alla fontanella che sta all’inizio dei binari. “Ma che cosa posso fare io?” chiede con  voce smarrita. “Faccia il ladro, è molto più onesto” gli risponde semplicemente la sua vittima» (M. Dini, S. Jesurum, Primo Levi. Le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992, pp. 37-8.). 

Ma anche in una situazione tragica come quella di Fossoli c’è stato chi si è ribellato, chi non ha voluto essere conformista. Odoardo Focherini con l’aiuto del parroco Don Dante Sala ha portato in salvo 105 ebrei, accompagnandoli personalmente fino al confine con la Svizzera. Per questo motivo Odoardo Focherini è stato arrestato, deportato in Germania e nel campo di Hersbruck ha trovato la morte a causa di una setticemia. Nel 1969 il suo nome è stato iscritto assieme a quello di don Dante Sala, nell’Albo dei giusti tra le nazioni a Yad Vashem e nel 2013 Odoardo Focherini è stato beatificato.
Visitare Fossoli, simbolo di una delle più grandi ingiustizie della storia, ci ha fatto comprendere come sia importante non dimenticare il passato, in un mondo invece che vive quasi esclusivamente di presente, perché come diceva Primo Levi:  “Chi dimentica il passato è condannato a riviverlo”. L’oltraggiosa offesa alla memoria delle vittime della Shoah, avvenuta questi giorni a Roma che condanniamo con sdegno, ne è la prova.

Silvia Folloni, Bruno Scaltriti, Federico Schianchi, Chiara Mancastroppa, Veronica Del Bono

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