La pace è un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi. La pace è una responsabilità universale: essa passa attraverso mille piccoli atti della vita quotidiana. A seconda del loro modo quotidiano di vivere con gli altri, gli uomini scelgono a favore della pace o contro la pace. Noi affidiamo la causa della pace specialmente ai giovani. Possano i giovani contribuire a liberare la storia dalle false strade in cui si svia l’umanità. Dal Discorso di Giovanni Paolo II ai rappresentanti delle Chiese cristiane e comunità ecclesiali e delle religioni mondiali convenuti in assisi 1986
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Volando verso Tirana ho tentato di imparare le più elementari frasi da utilizzare in terra albanese: ciao, grazie, come ti chiami, come stai…la mia memoria purtroppo non mi ha aiutato, al controllo del passaporto ho bisbigliato “buonasera”. Secondo problema: il caldo. Alle 8 di mattina la temperatura ricorda quella del pomeriggio italiano, fortunatamente la nostra casa è munita di aria condizionata. Nel viaggio verso la “casa rossa” ci informiamo sull’Albania. Gli Albanesi sono circa 3 milioni, dei quali un milione vive nella capitale, i rimanenti 2 milioni sono divisi tra gli altri centri e piccoli paesi e infine una parte risiede all’estero. Il territorio è prevalentemente montuoso, Tirana stessa ne è circondata, in particolare il Dajti, che domina sulla città. Spesso si vedono case non finite: si aspettano i soldi delle rimesse dei figli emigrati, ma non sempre arrivano e quindi questa tipologia di casa è diffusissima. Arrivando a Tirana ecco un hotel, grandioso, in stile neoclassico e appena finito: il contrasto con le case precedenti è brutale, ma anche questa è Albania. I bunker costruiti durante la dittatura di Enver Hoxha (dal 1946 al 1985) sono quasi del tutto scomparsi, le strade sono abbellite con alberi giovanissimi: alla caduta del regime comunista nel 1991 lo stato crollò completamente con tutti i suoi servizi, compreso il riscaldamento, e per scaldare le case si tagliavano molti alberi. La piazza centrale è circondata da palazzi in stile fascista, memoria dell’occupazione: l’Opera, il Museo di Storia Nazionale, alcuni ministeri. Al centro la statua di Scanderbeg, l’eroe nazionale che guidò la rivolta contro i Turchi, ha sostituito quella di Enver Hoxha, abbattuta dal popolo. La casa rossa ospita 16 persone al piano terreno, diviso in due parti: la “casa 1” con 10 persone e la “casa 2” con le restanti 6. Nel 2012 la struttura ha aperto le porte agli amici dell’ospedale psichiatrico, che qui sono seguiti come persone, non come carcerati. Ognuno di loro ha una storia complicata alle spalle, ma adesso è felice e lo dimostra anche solo col sorriso o lo sguardo. Il nostro compito era di far loro compagnia e aiutarli: una mattina mentre in casa 1 si facevano esercizi nel cortile nella casa 2 si faceva la barba. Altre volte li abbiamo accompagnati a prendere un kafe al bar, dove poi si passava buona parte della mattinata a parlare. L’uscita è molto attesa perché li porta nel mondo, dove possono sentirsi, almeno per un po’, completamente liberi. Le sbarre dell’ospedale non ci sono più, ma ci sono quelle rimaste dentro. Molto apprezzati i canti popolari albanesi e italiani e i momenti ludici: il domino, gli scacchi, un pomeriggio si sono molto divertiti con un grande memory. Si sono fatte parecchie gite, al grande Parco Nazionale di Tirana, al castello di Petrela, con una bella vista sulla città, sul Dajti per trascorrere una bellissima giornata al fresco della montagna. Per il gruppo della Comunità di Torino c’è stata anche l’occasione di visitare altri amici ad Elbasani e Scutari. Nella...
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