La storia siamo noi” cantava De Gregori. E aggiungeva “nessuno si senta escluso!”. Ogni piccolo passo, ogni piccolo segno, ogni piccola azione contribuisce a creare effetti molto più grandi di quelli che crediamo possibili realizzare. La storia siamo noi non perché tutti siano chiamati a compiere grandi imprese, ma perché ogni piccola azione è essa stessa una grande impresa. Al netto della filosofia, noi non siamo ciò che ci capita, siamo esclusivamente ciò che scegliamo di diventare. Con fatica e coraggio. E ciò che abbiamo scelto di diventare è, tristemente, una massa di persone scarsamente informate, saccenti e supponenti, che ignorano ciò che accade al di là delle proprie mura di casa. Voglio portare un esempio concreto. Giorni fa è stato decapitato Khaled al-Asaad, direttore e custode delle rovine di Palmira. Ciò che è rimasto sono un paio di lenti quadrate, cerchiate di nero. Gli occhiali di Khaled. Gli occhiali sono tutto, hanno un significato immenso. Sono lo studio di un uomo, la fatica sulle carte, sui documenti, sui reperti. Una metafora, se vogliamo. La lente della cultura che ci consente di vedere meglio dentro l’anima del mondo, dentro la sua storia, dentro le sue tracce. Il resto è solo dolore. Il corpo decapitato, appeso a un palo della luce in una piazza della città siriana conquistata lo scorso Maggio dalle bande nere dell’ISIS. La testa riposta nella polvere, ai piedi del corpo, con gli occhiali ancora indosso. Per sfregio? Per caso? Come se quella cultura, quella forza e quella fatica sia voluta rimanere attaccata all’uomo che era e non è più. O forse solo perché Asaad dopo 50 anni trascorsi ad accudire, custodire, proteggere, elevare la bellezza della storia, dell’arte, della cultura di Palmira, è un martire di una guerra molto più grande di lui, come uomo. La distruzione dell’arte, della storia, della cultura è solo la negazione di tutto ciò che l’uomo ha potuto costruire quando ha tentato di elevarsi. Non ha nulla di nobile. Non ha nulla di religioso. Di ispirato. Di giusto. Così come i terroristi che hanno compiuto ciò. Che riposi in pace un altro uomo e la sua storia sia d’esempio per tutti noi. Di Simone dei Pieri
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Ogni luogo che trasuda di storia e di preghiera è un luogo sacro. In molte culture anche distruggere ciò che contiene un rimando alla preghiera, alla storia del proprio popolo e di altri popoli, al nome di Dio è gravissimo. Mar Elian ha raccolto lacrime di gioia, di disperazione, preghiere, richieste e invocazioni di chi l’ha eretta, dei suoi pellegrini, di chi ad Homs chiedeva scampo, protezione e salvezza dalla guerra. Un luogo ed un impastato tra storia antica e preghiera contemporanea, quotidiana. E la sacralità della memoria è violentata non solo nei suoi edifici storici ma anche nel monumento per eccellenza, la vita. Genera sgomento insieme a questo anche l’astuzia diabolica di cancellare la memoria là dove essa è forse più al sicuro da colpi di pistola e mortai: nel cuore degli uomini. In particolare nel cuore, nella mente e nella mani di Khaled al-Asaad, ucciso a Palmira tre giorni fa. Questo assalto alla memoria, che viaggia nello spirito, ha qualcosa di diabolico perché è la scelta precisa di recidere ogni legame anche spirituale con la Storia: quella che conosciamo perché presente in noi da racconti lontani, anch’essi sacri. In Siria si continua a morire. Uomini e donne distrutti come monumenti da chi profanatore di vita e sacralità con occhi stolti vede merce e carne da macello, pietre e sabbia. Radere al suolo luoghi sacri come Mar Elian è una bestemmia a Dio e alla Storia e all’uomo. Capire questi luoghi trasudanti storia e preghiera (un po’ come Deir Mar Musa con Paolo Dall’Oglio – per il quale non smettiamo mai di chiedere la liberazione), le storie che hanno attraversato per secoli queste terre nel silenzio, senza mai calpestare arrogantemente, insieme grido, alla lotta e alla preghiera perché in queste terre sia scacciato il demone della guerra è necessario. Correremo altrimenti il rischio di aver riportato la calma – che non ha bisogno di memoria e ricordo – ma non la pace che è salvezza per le vite e della memoria che esse custodiscono.
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