Recita un antico proverbio albanese, che, quando l’ospite varca la soglia di una casa in questo Paese, verrà sempre ricevuto con «il pane, il sale e un cuore puro». L’esperienza di amicizia della Comunità di Sant’Egidio con l’Albania è esattamente questa: quella di chi, dalla fine del regime di Enver Hoxa, viene accolto in questa terra bella e ferita e sente di entrare in contatto con il cuore più intimo della sua gente. A un anno dalla preghiera per la pace di Tirana, quaranta universitari di Genova e Cuneo hanno raggiunto il Nord dell’Albania per una settimana di incontri e amicizia con bambini, giovani e detenuti. In questi villaggi – periferia della periferia d’Europa – i Giovani per la pace hanno voluto continuare ad affermare che la pace è sempre possibile: con le parole, ma anche con la fedeltà di un’amicizia che non viene meno. A guidare questi giorni nel Paese più giovane del continente, le parole che papa Francesco ha pronunciato a luglio ai giovani riuniti in Polonia per la Gmg: «non siamo venuti al mondo per “vegetare”, per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci addormenti; al contrario, siamo venuti per un’altra cosa, per lasciare un’impronta». La prima “impronta di misericordia” è stata la Scuola della Pace che, come avviene da molti anni, ha coinvolto circa duecento bambini e ragazzi di alcuni villaggi nel distretto di Lezhe (Shënkoll, Barbullojë, Malecaj e Shkembi i Kuq) con una visita da parte della Comunità di Sant’Egidio di Scutari. Di fronte alla povertà delle famiglie, alla violenza, all’assenza di prospettive di molti giovani, la Scuola della Pace non è stata solo la proposta di uno spazio accogliente, ma anche un’occasione per affermare che è sempre possibile – per tutti – scegliere la pace anziché la violenza, la solidarietà anziché l’egoismo, di migliorare il proprio paese anziché fuggire. Commosso dalla fedeltà di questi amici italiani, Florin, giovane cresciuto a Kamp, il campo di prigionia del regime utilizzato in questi anni da dormitorio dalle famiglie scese dalle montagne, lo ha spiegato con parole chiarissime «senza la Comunità, la mia vita non sarebbe stata la stessa». Passando di casa in casa sono stati tanti gli incontri: con la sofferenza, la malattia, ma anche con il desiderio di dialogare e di sperare ancora. Per questo, in ogni villaggio, decine di adulti hanno partecipato ad un incontro sulla misericordia e a una preghiera per la pace in cui si è ricordata la Siria e tutti i paesi colpiti da guerra, violenza e terrorismo. A conclusione della settimana, una festa in ogni villaggio, per sperimentare l’arte impegnativa ed entusiasmante di vivere insieme. Un’altra impronta di misericordia è stata la visita ai detenuti del carcere di Shënkoll. Parlare di misericordia e perdono a uomini induriti dalla detenzione e in un Paese in cui la cultura della vendetta condiziona ancora pesantemente la mentalità di molti non è stato semplice, ma si è rivelato decisivo: guidati dai missionari rogazionisti – che hanno la cura pastorale della...
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A Piazza San Pietro Papa Francesco, l’8 dicembre, aprendo la Porta Santa ha aperto la Chiesa e il mondo ad un anno di Misericordia. Misericordia vuole dire avere un cuore (cor) per i miseri. Questo termine descrive una condizione necessaria per il mondo che viviamo. Quanto sarebbe, è e vorremmo che il cuore si avvicini più ai miseri, ai poveri, agli ultimi, ai diseredati della terra. La porta della Misericordia è una sfida, una domanda, una proposta concreta. In fondo la porta può essere il filo rosso che lega tutte quelle povertà da cui tanti, troppi cuori si sono allontanati. La prima porta è proprio quella di casa. Quella appena chiusa o aperta. Una porta che per tanti che vivono la durezza della vita in strada è inesistente; o scorrevole, come quella di una stazione in cui ripararsi; o la porta di un negozio davanti a cui chiedere l’elemosina e mai la porta di un “luogo degno” e degno di accogliere la dignità ineliminabile di ogni uomo. E’ questa la prima porta Santa, quella di una casa che è rifugio e affermazione di dignità, da attraversare con tanti: in un cammino di amicizia e riscatto dalla solitudine e dal freddo. E ancora due sono le porte che prima si aprono e poi si chiudono a tanti anziani. La porta di una casa santuario di ricordi e di affetti che si chiude lasciando il posto, nella debolezza dell’età, alla porta di un istituto che si apre. Porte anonime, che non odorano di famiglia ma di solitudine. Porte da cui raramente affiora un volto conosciuto, amato. Queste due porte parlano di un’unica ferita quella di anziani ormai vittime silenziose della cultura dello scarto. La sfida dell’anno della misericordia porta qui, alle soglie di queste due porte con compiti ben precisi. O attraversarle per ridare al legno la santità dell’odore di famiglia e rivestire di colori nuovi, colori caldi, luoghi anonimi in vista di un ritorno alla porta di casa; o attraversarle per trasformare case-prigioni in case di sogni. Case di anziani dove mettere, avvicinare, lasciare il cuore per permettere di vivere e non subire la bellezza degli anni e dei capelli bianchi. E quanti bambini non passano dalla porta di una scuola ? O quanti attraversano la porta di casa solo per vivere la strada ? E quante porte del futuro a troppi bambini si chiudono spinte dal vento prepotente di una legge della disuguaglianza ormai troppo diffusa in tante periferie ? E la grande porta del mediterraneo, poi divenuta porta dei Balcani, ma prima ancora porta di una casa distrutta dalla guerra ? Quanti le hanno attraversate per giungere a porte nuove, insonorizzate, in un certo senso, dal rumore assordante della guerra e della violenza ? Porte che sì, con colpa, sono state chiuse ma che possono essere riaperte, riattraversate o ricostruite con una scelta umana, di simpatia, di amicizia, di sfida e di voglia di una Storia nuova. Sì, in compagnia di fratelli e sorelle da abbracciare sull’uscio di una casa, la...
A Roma, al Colosseo con Amir Issaa, Sr. Helen Prejean, Max Giusti. Città per la Vita, città contro la pena di morte!
RedazioneA Roma, al Colosseo, con Amir Issaa, Sr. Helen Prejean, Max Giusti. Monumenti, piazze, università, licei, scuole, per dire che la pena di morte è ingiusta e imbarbarisce le società. Per chiedere al mondo intero di superare la vendetta di stato, per una giustizia che rispetti innanzitutto la vita. Oltre 2000 città aderiscono alla giornata. 12 testimoni in Europa ci aiutano a dare voce a chi non ce l’ha. 200 città ci hanno fino ad ora inviato notizie di eventi. In questo 30 novembre di giubileo della misericordia chiediamo di tenere conto del cuore dell’uomo e della donna, come ha detto Papa Francesco: “La necessaria punizione non deve mai escludere la dimensione della speranza e l’obiettivo della riabilitazione”. Ecco perché questo 30 novembre è ancora più importante.
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