A Messina, nelle ultime due settimane sono morti per strada due senza fissa dimora, Salvatore e Gindar, un italiano e un indiano, a causa della durezza della loro condizione. La comunità di Sant’Egidio esprime forte sgomento per questi due accadimenti, nella consapevolezza che la città di Messina non può tacere dinnanzi alla morte in strada, peraltro a distanza così ravvicinata, di due poveri. Pertanto invita la cittadinanza, le associazioni, le istituzioni ad una veglia di preghiera per Salvatore e Gindar, che si terrà Venerdì 16 Ottobre alle ore 19:30, presso la Chiesa di San Giuseppe (Via Cesare Battisti 111). Ha confermato la sua presenza il Sindaco di Messina, Renato Accorinti. Al termine della preghiera, i Giovani per la pace, movimento di giovani della Comunità di Sant’Egidio, andranno a trovare, come ogni Venerdì, i senza fissa dimora in un giro itinerante per la città. Infatti è dall’amicizia sincera con i più poveri che nasce l’esigenza di pregare per chi muore in strada perché la preghiera per due amici morti in una condizione inaccettabile nel 2015, è un grido di protesta che sale in cielo e deve toccare il cuore di tutti e spingere a cercare, in fretta, soluzioni per i più poveri della città, che purtroppo “muoiono di indifferenza”. Le città hanno un’anima ed è per questo che l’anima della città deve illuminare tutti a partire dai suoi figli più deboli e indifesi. VENERDI 16 OTTOBRE ORE 19.30 CHIESA DI SAN GIUSEPPE Via C. Battisti 111
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Cerca i Giovani per la pace in tutta Italia o contattaci alla mail [email protected] #changeyourcity, la campagna lanciata in tutta Italia dai Giovani per la Pace per cambiare le città a partire dai poveri, sta diventando virale All’inizio di settembre, sui social, sono comparse foto di giovani insieme a volti sorridenti di bambini, anziani, stranieri, con cartelli con su scritto #changeyourcity. Ma cos’è #changeyourcity? Un’esplosione di voglia di cambiamento. La voglia di cambiamento di chi, come i giovani, si è sentito ripetere che non è possibile cambiare, che è complicato, costa fatica o al massimo è meglio accontentarsi di aggiustare un po’ le cose. Da dove iniziare? Vogliono cambiare le città a partire dalle periferie, urbane, umane e esistenziali, rimettendo al centro i suoi abitanti più deboli: i bambini, gli anziani, i senza dimora, le vittime della violenza e del disprezzo. A Napoli #changeyourcity ha spinto alcuni giovani a radunarsi in piazza per un momento di preghiera per la pace. Pochi giorni prima, sulle strade di Napoli, era stato ucciso un diciassettenne e, davanti all’ennesimo fatto di sangue riguardante i giovani, qualcuno si era spinto a paragonare il centro di Napoli a Bagdad. Anche a Catanzaro #changeyourcity ha voluto ricordare una vittima della violenza, “zia Tota”, novantenne, uccisa in casa per il furto di 60 €. Oltre che contagioso, #changeyourcity è fantasioso. A Roma e a Padova i Giovani per la Pace hanno organizzato tornei di calcio e pallavolo, fantasiosi anche nel titolo. Li hanno chiamati “Convivolley” e “Games4Peace”, perché a contendersi erano liceali, universitari e giovani rifugiati, in squadre rigorosamente miste. L’accoglienza dei profughi è uno degli aspetti più importanti della campagna #changeyourcity. Da Trieste a Catania, da Genova a Milano, non si contano le iniziative organizzate, con mezzi semplici, dai Giovani per la Pace in porti, stazioni e centri di accoglienza. C’è una convinzione che guida i Giovani per la Pace. Per cambiare le città non occorrono grandi mezzi, ma bisogna essere tanti. Per questo #changeyourcity ha già conquistato oltre ai cuori di tanti giovani che hanno scelto per l’impegno, i social e punta, nei prossimi mesi, a diventare sempre più virale. Di qui l’invito dei Giovani per la Pace a condividere idee, immagini e video utilizzando l’hashtag #changeyourcity, ma anche a visitare il blog www.giovaniperlapace.it per scoprire la sede più vicina e venire a vedere come aiutare. #changeyourcity parte dal web, ma continua per le strade, nei quartieri di periferia, negli istituti. E’ una proposta concreta per rispondere alle attese di tanti giovani che vogliono delle città più belle, e che cercano altri giovani con cui realizzare il cambiamento che in tanti aspettano.
Vivo per libera scelta nella Casa di Riposo Madonna della Salve a Roma dove spero di poter trascorrere per quanto possibile serenamente gli ultimi anni di vita che il Signore Dio mi concederà. Le giornate si susseguono velocemente l’una all’altra, anzi troppo velocemente perché intimamente si desidera di ritardare un po’ il ritmo del tempo che inesorabilmente và. Nei giorni feriali ogni ospite della casa si dedica all’attività che ad ognuna è più congeniale ma il sabato pomeriggio, in genere, c’è sempre la gradita sorpresa di ricevere la visita di alcuni giovani della Comunità di S. Egidio. Lodevole é lo spirito che anima questi ragazzi con i quali si è intrecciata ormai un’amicizia. Vengono per rallegrare il pomeriggio ma la vera allegria sono loro con la loro presenza e la loro esuberanza. Si canta, si gioca, ma si parla anche di cose frivole e meno frivole, anzi direi che sovente si trattano argomenti seri e spinosi. Noi ospiti della casa abbiamo più o meno un’età parecchio avanzata e mettere a tappeto alcuni seri problemi con i ragazzi ci serve per fare un raffronto di come vivevamo noi alla loro età. Quanta differenza si nota tra il nostro vissuto paragonato a quello dei ragazzi. Quanta libertà di azione essi hanno al contrario delle restrizioni alle quali eravamo abituate per consuetudine familiare. Oltre le differenze ci sono però anche dei punti di incontro, anche noi anelavamo terminare gli studi, trovare un lavoro e crearci una nostra famiglia ma in questi ultimi anni di crisi la difficoltà sta proprio nel trovare un lavoro che consenta un’autonomia economica, per questo molti giovani si adattano a fare lavori poco remunerati e non rispondenti al titolo di studio posseduto, pur di guadagnare qualcosa. Brutti sono i lavori precari e saltuari che non consentono di fare nessun sogno o peggio ancora sono i lavori sommersi o lavori “in nero” che avviliscono chi li fa ma poco chi li consente. Proprio su questo punto, con la nostra esperienza, consigliamo ai giovani di farsi largo nel mondo senza essere costretti ad emigrare in altri Stati. Certo la cosa non é facile ma i ragazzi che ci frequentano, pieni di buona volontà, non è escluso che un giorno possano occupare posti di responsabilità per condurre le cose pubbliche nel giusto verso. Questo é quello che auguriamo ai nostri amici che hanno tante buone qualità per riuscire nella vita in quei settori in cui altri hanno fallito. Eugenia
La guerra non è mai santa” dice l’appello di #peaceispossible e ripensando all’11 settembre di quattordici anni fa queste parole risuonano nelle mie orecchie. Non esiste una guerra santa, non è mai santo togliere la vita a un altro uomo e non esiste modo di giustificare un assassinio o una strage. Il Signore chiede di porre la nostra vita al suo servizio, non di macchiare il suo altare con il sangue dei suoi figli. Il sacrificio di Isacco ce lo ricorda: il Signore non permise ad Abramo, padre di tutti i credenti, di uccidere suo figlio, bloccò la sua mano. Neanche Dio permise ad Abramo di offrirgli sacrificio con il sangue del proprio figlio, quindi come possiamo pensare che uccidere altri esseri umani sia santo? La violenza in nome di Dio è un sacrilegio, uccidere in nome di Dio è un sacrilegio. Non c’era nulla di santo negli attentati dell’11 settembre 2001, non c’era nulla di Santo nelle guerre che dopo ne sono scaturite. Dopo quattordici anni ci si apre la domanda di come onorare l’11 settembre, di come chiudere questo periodo di violenze e attentati contro i deboli, contro gli innocenti in nome di un Dio che è amore e misericordia, non certo violento e crudele. La guerra, è sotto gli occhi di tutti, ha miseramente fallito dimostrando che la violenza non può essere risposta perché genera solo altro dolore e altro odio. Deve finire il tempo della guerra, il tempo in cui si può prendere la vita degli innocenti e trovare giustificazione (che sia religiosa o laica). Questo mondo ha bisogno di pace. La pace è l’unica strada possibile per uscire dalla spirale del dolore. Non esiste guerra santa, solo la pace è santa.
Tirana, 2015. A ventinove anni dal primo incontro tra le religioni di Assisi ,e’ questo il luogo dove si sta svolgendo l’incontro internazionale interreligioso di Preghiera per la Pace, che si presenta con un titolo semplice ma incisivo: Peace is always possible (la pace e’ sempre possible). Ci si chiede tuttavia come mai la scelta sia ricaduta su una citta’ come Tirana, e la risposta non puo’ che ricercarsi nel passato turbolento del paese. Come infatti spiega il presidente della Comunita’ di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, l’Albania e’ stata protagonista di uno scenario drammatico che ha visto durante gli anni un enorme flusso migratorio di cittadini albanesi abbandonare la propria terra in condizioni disastrose, tragiche. Ricordi lontani, ma che oggi sono considerati parte di un tema di grande attualita’. Ma il fascino di Tirana, dove in questi giorni si respirera’ lo spirito di Assisi, lo si ritrova anche nel suo clima di ottima convivenza tra le varie realta’ etniche e religiose presenti sul territorio. Puo’ sembrare infatti surreale, se non utopica, la presenza di cristiani ( cattolici, protestanti e ortodossi) e musulmani che vivono pacificamente giorno per giorno in pace e amicizia. Ma sono queste le fondamenta su cui lavora l’incontro internazionale di preghiera per la pace, e sono queste le fondamenta su cui la Comunita’ di Sant’Egidio si impegna, giorno per giorno, a costruire un mondo piu’ umano. Laura Vesprini
«Io credo tuttavia che l’uomo soffra soprattutto per mancanza di visione». Così scriveva Giovanni Paolo II. Una verità che oggi vediamo verificarsi su chi migra. Il tema della visione per l’Europa è fondamentale. Negli anni in cui poco si è parlato di migranti il senso del nulla e del torpore ha invaso tutti, in modo trasversale. Sembrava che l’Europa fosse solo un’accozzaglia di questioni economco-finanziarie lontane dagli uomini. Se ci chiedessimo cosa caratterizzava il nostro dibattito non lo ricorderemmo. O al massimo ricorderemmo di sigle e questioni economiche che per nulla hanno toccato i nostri cuori o la nostra coscienza. I migranti però, affondando in un mare diabolico o morendo nelle guerre o per mano degli specialisti del terrore, hanno fatto riemergere passioni (tristi) che ci danno l’illusione di esser vivi. Il cattivismo. L’urlo. L’indifferenza. La spietatezza dei commenti. Lo schierarsi contro, anche poco comprendendo. Tutti indicatori di passioni tristi, disumane. “Partono perché illusi”, “partono perché li andiamo a prendere”, “partono perché la Libia è un caos”. Le frasi del torpore e del nulla. Un mantra continuo, incessante, contro una verità: l’assenza di “visione”. Un’assenza che ha incendiato i conflitti, aumentato le violenze e fatto razzia di vite. Un torpore ed un nulla che anziché porre fine agli scenari di disumanità e di morte ne ha aperti altri. Ungheria, Macedonia, il tunnel della manica, i camion. Spesso si è detto che la Libia è un inferno perché nel caos: ma vige il caos lì dove anziani e bambini sono costretti a strisciare sotto il filo spinato per avere salva la vita ? No. Lì vige in torpore ed il nulla: l’assenza di visione di cui il migrante soffre. E’ uno spettacolo indegno. Un torpore indegno. Un’assenza di visione indegna. Stiamo scambiando dei diseredati per ladri, affamati per ingordi, disperati per vacanzieri. C’è una domanda che sorge spontanea davanti a muri in costruzione e fili spinati: dopo i migranti chi saranno i prossimi dall’altra parte, i prossimi a soffrire per mancanza di visione ? Chi catalizzerà la passione triste divenendo un capro espiatorio che muore senza scandalizzare ? Gli “Untermensch” – termine che nell’ideologia razzista nazista descriveva coloro che erano considerati popoli inferiori – chi saranno ? Chi saranno le categorie le cui morti non provocheranno una grande vergogna nel cuore di tutti ? Ma c’è un’altra domanda: che valore avrà la vita in Europa ? L’epifania della vita, dell’estraneo, del volto, dell’altro che evoca la nostra responsabilità saremo in grado di sperimentarla ? Le immagini di sofferenza di questi giorni non vengono dalla Libia ma dall’Europa ed è preoccupante perché se la vita non è tale dove si cerca rifugio, non lo è in nessun altro luogo. I migranti stanno soffrendo soprattutto per mancanza di visione. E lentamente anche noi. Non perché qualcuno ci toglie futuro e risorse (“ci ruba il lavoro”) ma perché non ci stiamo (pre)occupando di costruire, allargare, sperimentare una visione accogliente in grado di accogliere “l’epifania del volto”. E ormai lo sappiamo e lo vediamo:...
Il 10 Agosto 2013 è una data che ha segnato profondamente la città di Catania: A pochi metri dalla speranza raggiunta, la riva della sabbia della playa, al largo del Lido Verde, la speranza infranta : Una barca si arena, sei sono i morti, tutti africani, sei volti, cinque nomi, uno ignoto che la città di Catania, ad un anno dalla tragedia, ha voluto incidere su una targa in metallo posta sopra una stele in pietra lavica. Nomi incisi nell’anima della città su una pietra che pesa nel cuore dei suoi cittadini. Quella data non è solo una data di morte, ma rappresenta la data da cui inizia un movimento di pace e di speranza che raccoglie Catania, che raccoglie i suoi giovani che quel giorno erano alla Playa ad abbracciare i sopravvissuti e a piangere i morti, le sue istituzioni che hanno scelto per l’accoglienza, la sua gente, come il proprietario del lido verde che chiuse lo stabilimento per lutto. A due anni dal naufragio il 10 Agosto rappresenta ancora di più una data da ricordare, da tenere stretta nella memoria, una data da cui nasce un movimento che ha dato frutto nella città e sta interessando l’Europa tutta. Davanti alla stele commemorativa oggi c’erano tanti giovani migranti e italiani insieme, c’era il vicesindaco Marco Consoli, Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio, il titolare del Lido Verde Dario Monteforte, il cerimoniere del Comune di Catania Luigi Maina, c’eravamo noi giovani per la pace, da tutta Italia, il movimento genti di Pace. La memoria è parte di #3giornisenzafrontiere. Oggi siamo tutti qui per ricordare il 10 Agosto 2013, dice il Vicesindaco Marco Consoli, una data importante, un giorno in cui nella nostra spiaggia abbiamo raccolto quei corpi inermi, quelle persone che volevano raggiungere il sogno di una vita migliore, è importante esserci tutti, istituzioni, come quelle della città di Catania che hanno fatto una scelta netta, società civile e gente comune perché in quella data è nato un flusso di solidarietà che ha abbracciato tanti nella città, in particolare tanti giovani migranti, nuovi europei, come quelli che fanno parte della comunità di Sant’Egidio che, una volta accolti in maniera umana e semplice hanno scelto di aiutare i più poveri italiani. Questi sono fatti che la città di Catania vive che superano qualsiasi demagogia volta ad orientare l’opinione per interesse e oggi da Catania vogliamo una nuova Europa che sia accogliente con i migranti. Fare memoria – sostiene Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio- ci aiuta a ricordare che morire in mare o durante i viaggi, morire di speranza è uno scandalo. Dall’esercizio della memoria è nata un alleanza per l’accoglienza. Il respingimento, dice Papa Francesco, è un atto di guerra, ma se anche l’Europa fa atti di guerra, allora chi scappa dalla guerra dove dovrà andare? Noi in Sicilia abbiamo fatto una scelta netta per l’accoglienza che ha coinvolto tanti. Fare memoria è un atto di Pace, oggi noi ricordiamo lo sbarco del 10 Agosto 2013 che ha acceso...
Furono oltre 140mila vittime e fu seguita tre giorni dopo da un’altra esplosione simile nella città giapponese di Nagasaki. Esattamente settant’anni fa il bombardamento atomico di Hiroshima. Esattamente settant’anni fa il Giappone subiva il bombardamento atomico da parte degli americani. “Il Giappone” -commenta il Primo Ministro Giapponese Shinzo Abe– “è stato l’unico Paese al mondo che ha subito un bombardamento atomico in guerra. La nostra missione è quella di trasmettere al mondo e alle generazioni future la natura inumana delle armi nucleari”. Ricordando in tal modo il dramma della bomba atomica sganciata 70 anni fa dagli Stati Uniti su Hiroshima, è necessario rinnovare un appello alla pace all’abolizione dell armi nucleari nel mondo. Una bomba che, come ricordato dallo stesso Abe, non solo ha ucciso migliaia di persone, ma ha anche causato sofferenze indicibili ai sopravvissuti ed alle generazioni dopo. Per questo abbiamo il “dovere speciale di lavorare per un mondo libero dalle armi nucleari. In autunno presenteremo una nuova risoluzione all’assemblea dell’Onu per l’abolizione delle armi atomiche”. Sono state oltre 55mila le persone che hanno partecipato al Memoriale della Pace, vicino il punto d’epicentro dell’attacco del 6 Agosto 1945, iniziata come ogni anno con i rintocchi delle campane alle 8:15. All’evento ha partecipato per la prima volta anche un rappresentante dell’amministrazione USA: l’ambasciatrice in Giappone Caroline Kennedy. Presenti anche i sopravvissuti all’attacco, i loro discendenti, familiari delle vittime, attivisti per la pace e rappresentanti di circa 100 Paesi. In una forte dichiarazione il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui, ha fatto riferimento alla perdita di vite umane e alle sofferenze causate dal bombardamento atomico, invitando i responsabili politici di tutto il mondo ad abolire le armi nucleari. Senza menzionare le controverse norme sulla sicurezza in discussione in Parlamento, ha poi esaltato il pacifismo come parte integrante della cultura nipponica e ha invitato il presidente americano Barack Obama e gli altri leader mondiali a venire nella sua città e ascoltare i racconti dei sopravvissuti perché “in futuro non si permetta che accadano cose di questo genere”.
Diciamoci la verità non è facile farsi un’idea sulla questione della crisi greca, a volte indicata dalla parola grexit. Anche volendo capirci qualcosa, andando a cercare in rete, leggendo i giornali, non si sa bene cosa pensare. Chi ha ragione? La seria Europa, impersonata dal compassato ministro delle finanze tedesco Schauble, o la povera Grecia, senza una lira (una dracma? Un euro?) ma rappresentata da leader allegri e originali, come l’ex-ministro Varoufakis, che si presenta in maglietta attillata alle conferenze stampa. E poi, anche se non facesse così caldo, non è facile districarsi tra tutte queste questioni di debiti, accordi, riforme, fondo monetario, ristrutturazione del debito, referendum etc. Lasciamo un attimo da parte queste questioni, e proviamo a spiegare, o a interpretare, quello che sta succedendo in tre parole comprensibili a tutti. Fiducia. La Grecia deve dei soldi a molta gente in Europa. Il fatto che si faccia fatica a trovarli non è un problema solo dei greci (debitori) ma anche degli europei (creditori). Allora bisogna mettersi d’accordo per uscire da questo problema. Mettersi a litigare non conviene a nessuno. Non ai greci: un paese di 11 milioni di abitanti, con un’economia non proprio fortissima, ha un bisogno matto dell’Europa. Ce la vedi da sola a competere con gli USA e la Cina? Ma anche l’Europa come fa a essere Europa senza la Grecia? A parte che la stessa parola Europa viene dalla mitologia greca, a parte le questioni geografiche o geopolitiche, ma ce li vedete i banchieri europei (e non solo loro) che accettano di perdere 330 miliardi di debiti senza batter ciglio? Ma per trovare un accordo, un qualsiasi accordo, anche tra persone, ci vuole una cosa fondamentale: la fiducia. Un accordo si fonda sulla fiducia. Se non ci si fida della persona con cui ci si deve accordare, l’accordo è morto in partenza, prima di nascere. La fiducia è alla base dell’economia e gli economisti ce l’hanno chiaro, solo che le hanno dato un nome meno chiaro: la chiamano capitale sociale, ma sempre di fiducia si tratta. Ma i greci non si fidano dell’Europa (non solo i politici, anche la gente) e l’Europa non si fida dei greci. Certo hanno i loro motivi, da entrambi le parti. Ma se si ha bisogno gli uni degli altri, bisogna imparare a fidarsi gli uni degli altri, anche se il proprio interlocutore ha commesso qualche sbaglio. Misericordia. E qui viene la seconda parola. Una parola divenuta importante, dopo che Papa Francesco ha deciso di dedicargli un intero giubileo. Forse una parola che sembra poco utile, se la compariamo con i paroloni della politica o dell’economia, ma forse è la vera chiave per uscire da questa crisi. E’ vero che la Grecia quache anno fa ha falsificato i conti, e che ora non vuole pagare tutto e subito colpendo la popolazione. E’ anche vero che sono stati un po’ fantasiosi nel condurre le trattative (vedi il referendum tirato fuori dal cappello all’improvviso) ma forse bisognerebbe avere un po’ di misericordia...
Centinaia di giovani, in tutta Italia, hanno scelto di passare la propria estate insieme ai più poveri. Sono i Giovani per la pace della Comunità di Sant’Egidio che da anni vivono una amicizia fedele con gli “ultimi” : Si dedicano ai bambini dei quartieri periferici che frequentano le scuole della pace, gli anziani spesso lasciati soli nelle case di riposo, le persone costrette a vivere in strada, i disabili, i migranti accolti nei porti o nelle stazioni. Una amicizia divenuta familiarità, anche attraverso la preghiera, che ha fatto sì che tanta gente lasciata ai margini trovasse in un giovane una compagnia, vero amico, un punto di riferimento. L’amicizia con i giovani per la Pace ha restituito a tanta gente la voglia di vivere e di servire a loro volta chi è più povero. L’accoglienza dei giovani ai migranti è divenuta la forma migliore di integrazione quando in varie parti di Italia molti giovani “nuovi europei”, richiedenti asilo politico, arrivati con gli sbarchi, hanno deciso di dedicarsi in prima persona ai più poveri compiendo le stesse opere di solidarietà dei giovani italiani. Nessuno infatti è troppo povero per aiutare chi è più povero: Anche in estate! Anche quest’anno i giovani per la pace da Roma, dalla Sicilia, dalla Puglia, dalla Campania, e da tutta Italia hanno deciso che all’avanzare delle ondate di caldo estivo non può corrispondere un venir meno della solidarietà che ha reso più umano il volto delle città e rilanciano, invitando tutti i giovani a dedicare parte delle proprie vacanze alle numerose attività di solidarietà proposte in tutte le città dove sono presenti. #EstateSolidali è un invito, un esortazione ma anche una richiesta rivolta a tanti di vivere parte della propria estate all’insegna del divertimento, conoscendo tantissimi nuovi amici e legando la bellezza dello stare insieme alla necessità che tanti poveri hanno di non venire abbandonati mentre il mondo va in vacanza. E’ appunto quando tutti sono in vacanza che bisogna starci ed i Giovani per la Pace hanno deciso di esserci! Le attività di #Estatesolidali comprendono lunghe gite e feste con i bambini che frequentano le scuole della pace, visite e vacanze con gli anziani, raccolta e distribuzione di generi alimentari per le famiglie in difficoltà, feste in piazza, servizio nelle mense, festival musicali, raccolta e distribuzione di beni di prima necessità per i migranti nelle stazioni o nei centri di prima accoglienza.. In un tempo difficile e davanti ad un’Europa che si sta sempre più chiudendo è bello e importante che ci siano così tanti giovani che si aprono alla solidarietà e capiscono che si può cambiare l’Italia a partire dai più poveri anche in estate…Quindi non esitate #EstateSolidali! Per maggiori informazioni e per partecipare a #EstateSolidali manda una mail a [email protected] o vai sul sito giovaniperlapace.it Puoi seguire #EstateSolidali su facebook: Giovani per la pace, twitter: @gxlapace
Tutto pronto per la finalissima della 5a edizione di Play Music Stop Violence – cambia il mondo con la tua musica: le undici band finaliste, selezionate tra i 200 giovani artisti da tutta Italia, oltre 30 gruppi musicali, che hanno partecipato alle audizioni del contest musicale per giovani talenti, si esibiranno live domenica 31 maggio alle 16.30 all’ATLANTICO Live di Roma, in viale dell’Oceano Atlantico 271 D. Le band partecipano al concorso con brani originali sul tema dell’impegno contro ogni forma di violenza: guerra, razzismo, povertà, all’insegna del motto “Cambia il mondo con la tua musica”. In palio il primoPREMIO delle categorie “Autori” e “Young talent”, ma anche menzioni d’onore per il miglior arrangiamento, il miglior testo, le migliori voci femminile e maschile, un premio per la miglior performance live, un premio della critica e un premio web. La serata sarà presentata dalla conduttrice Eugenia Scotti, e vedrà la partecipazione straordinaria degli STAG e del rapper Kaligola. Le performance live dei finalisti saranno valutate da una giuria di qualità composta da esperti del mondo della musica, della cultura e della comunicazione. Il pubblico in sala potrà votare il suo gruppo preferito e assegnare così il premio popolare. I biglietti sono disponibili gratuitamente, previaPRENOTAZIONE a [email protected] o telefonando a 39-347-8418324. La finale sarà anche trasmessa in diretta streaming su www.santegidio.org.
La primavera a Napoli é arrivata con un’ alba bellissima. É giunta come ogni volta donando speranza agli alberi che torneranno a rifiorire dopo un lungo inverno. Ma la speranza stavolta si è fatta luce con più di un segno, insieme all’ alba di questa nuova primavera é arrivato a Napoli Papa Francesco. Una lunga attesa che e’ diventata realtà proprio in un giorno di sole. É entrato nella città del mandolino subito con un messaggio e con un grande desiderio, che ci fosse posto per tutti a partire dalle periferie. Oggi a napoli c’ era posto per tutti. E non a caso Scampia la prima tappa dopo pompei. Con lo sguardo rivolto verso “le vele” ha incontrato bambini e disabili, li ha invitati ad avvicinarsi, affinché non ci fosse nessuna distanza. Ha pronunciato parole che non nascondevano paure nè retorica, “la vita a Napoli non é mai stata facile, ma non é mai stata triste”, ha detto con la stessa sincerità e lo stesso impeto con cui ha affrontato il tema del lavoro, per quelli che chiama “portatori di speranza”, i giovani. Oggi a Napoli c’ era posto per tutti. Non solo nelle piazze. Oggi Papa Francesco ha dimostrato a grandi e piccoli quanto basterebbe poco per fare spazio ad ognuno senza lasciarsi prendere la mano dalla “cultura dello scarto” come ha più volte ribadito a proposito di bambini e anziani, definiti con molta commozione “custodi di saggezza” di cui il mondo ha tanto bisogno. Per le strade si respirava un’ aria emozionata, si incrociavano tanti occhi umidi, di chi ha sentito vicine al cuore le parole e la presenza di un importante uomo di fede, ma soprattutto di chi ha sete di quella speranza che Papa Francesco anche in questa occasione ha saputo dare. Ha girato la città intera, dalla periferia al centro, nelle carceri, tra i malati. È arrivato qui con tante parole, ma anche umili silenzi, davanti a quelle domande che non trovano risposta, “perché i bambini sono malati, ha detto, é uno dei grandi silenzi di Dio. Il nostro é il Dio delle parole, dei gesti e dei silenzi.” La stanchezza della giornata non ha mai smorzato la serenità e l’ entusiasmo mostrato per la visita nella città partenopea che tornerà a visitare prima o poi. “Dio ci ha creato per essere felici” per questo Francesco ha ribadito tre segreti che possono curare le piccole e grandi croci del mondo “la vicinanza, l’ amicizia e la tenerezza”. Sullo sfondo Napoli ha mostrato i suoi colori più belli, quasi a volerne condividere la gioia, oggi non si respirava solo il profumo del mare, ma era in circolo una forza che dava sì, speranza! L’ eco delle parole del Papa é arrivato all’ anima di tutti i cittadini napoletani, e si é fatto più forte per arrivare all’ orecchio e al cuore di chi sa che si può cambiare e che alla fine di ogni giorno Napoli possa fare la Pace con il male e le...
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