Quest’anno l’inverno è più rigido che mai. A soffrirne sopratutto sono le persone che vivono per strada. Storie di emarginazione, di dolore, di solitudine che diventano storie di miseria di chi finisce a non avere nemmeno un tetto sopra la testa. Noi giovani per la pace non ci stiamo! Non possiamo permettere che ancora nel 2017 si muoia “di strada”. Una coperta può salvare una vita! Da anni ci occupiamo dei senza fissa dimora delle nostre città andandoli a trovare la sera. Per noi la morte di un barbone è un lutto personale, uno scandalo inconsolabile! Abbiamo già consegnato negli scorsi giorni migliaia di coperte in tutta Italia, frutto della solidarietà dei cittadini che hanno voluto aiutare i poveri grazie agli appelli dei singoli gruppi di giovani per la pace. Ma non basta. Serve una mobilitazione nazionale per assicurare un “ciclo continuo” di raccolta e consegna di coperte, plaid, sciarpe maglioni lungo tutto l’inverno. L’Italia è un paese straordinario che ancora conserva legami forti di solidarietà. ABBIAMO BISOGNO DI VOI! Aiutateci a riscaldare l’inverno dei senza tetto. Porta una coperta, Salva una vita! Ma anche organizza con noi cene, feste solidali per comprare sacchi a pelo e piumoni, aiutaci sponsorizzando questa iniziativa sulla tua bacheca facebook, vieni con noi a conoscere i poveri. Noi non accettiamo la morte dei poveri, non accettiamo l’indifferenza! Vi promettiamo che scaldare l’inverno dei senza fissa dimora sarà la cosa che più ci scalderà il cuore! QUI puoi trovare tutte le sedi dove i Giovani per la Pace si ritrovano per i servizi ai poveri o le riunioni, che per questa emergenza diventeranno punti di raccolta straordinari. Avvisaci prima di passare con una una mail a [email protected] lasciando anche i tuoi recapiti così potremo contattarti se ci fossero variazioni negli orari o negli indirizzi. Non hai trovato quello che cercavi? Scrivici o mandaci un messaggio privato sulla nostra pagina Facebook.
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Ad un certo punto della mia vita mi sono resa conto che su qualunque angolo posassi lo sguardo, capivo che Napoli era un dono. Napoli è un dono. Ma uno di quelli che ti sorprende per sempre. La bellezza, la storia, l’antichita e la modernità di una tradizione viscerale, quella meraviglia impeccabile di mare e terre che il mondo ammira. Se ne vanno tutti con gli occhi pieni, c’è poco da fare. Si attacca addosso come il sale e il sole. Ma ci sono le mattine che ti spaccano il cuore. Ti prendono il dono e lo gelano. Stamattina si è spaccato un’altra volta, mica è la prima. I cassonetti hanno preso fuoco a via Settembrini e dietro i cassonetti c’era un uomo, che ha la strada come casa, non è mica l’unico, ma stava per diventare cenere. E forse non sarà stata neanche la paura più grande della sua vita, perché probabilmente a ridurre a brandelli la sua anima sono stati i giorni che ha vissuto senza ostacoli tra sè e il cielo, o i giorni prima ancora. È vivo, e questa vita che si porta dietro quasi come una colpa non fa rumore. Stamattina in mezzo ai clacson e alla carta stampata c’era silenzio. Stamattina ed altre volte sento che questa violenza insidiosa ci strappi il dono dalle mani. Certi giorni è come svegliarsi da bambini e non trovare più nessuna sorpresa sotto l’albero di Natale, sicuri che la sera prima c’era. Napoli è il dono che va portato in salvo. Non cadono bombe sulla nostra città, ma è piena di macerie visibili e invisibili provocate da una diffusa indifferenza che infligge continue ferite. Stanotte un uomo stava per diventare cenere, perché le fiamme cancellano e lasciano poche tracce. E annullano quella possibilità che gli ultimi possano diventare i primi. Ma forse gli ultimi sono i primi. Il bagaglio di queste vite è molto più pesante delle loro valigie e dei loro stracci sporchi. Più pesante delle nostre, che tante volte distratti da altro potere, lasciamo da parte. Gli ultimi mettono in salvo i nostri sogni. Ad un certo punto della mia vita ho provato a guardare negli occhi degli ultimi, e ho capito che erano un dono. Quando la notte cala sul porto, quelle luci riflesse nel mare sono lampade sui comodini di chi di quelle panchine delle attese, fa il cuscino su cui dormire. E non c’è pioggia che tenga, nè freddo che cambi. Quel porto è per tanti il ritorno a casa dopo giorni stanchi e sempre uguali. È l’attesa di qualcuno che passi e gli presti la voce per gridare. A Napoli non c’è mai silenzio. Eppure a volte tutto tace. Stanotte i cassonetti bruciavano. Ma perché dimenticare la bellezza di quando brucia alto il sole sui vicoli dove crescono bambini pieni di speranze che non possiamo disattendere, sulle mani conserte degli anziani dietro i vetri, su chi scappa dalla guerra e ritrova la pace a casa nostra, sulla nostra giovinezza e sulla...
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