Sul blog dei Giovani per la Pace condividiamo le storie degli anziani, le nostre e loro emozioni e la bellezza di fare amicizia con gli anziani
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La mostra al Museo di Roma in Trastevere in Piazza Sant'Egidio fino al 2 dicembre 2018
Tante le iscrizioni anche dal Nord Italia per l'incontro europeo dei Giovani per la Pace a Roma (iscrizioni ancora aperte)
Giungono prima gli anziani delle case di riposo che, grazie ai giovani volontari della Comunità di Sant’Egidio, possono vivere un giorno insieme agli altri abitanti della città, in particolare quelli del centro storico.
Giornali, telegiornali, bar hanno parlato di Arturo vittima di violenza da parte di ragazzini, più o meno della sua stessa età, che l'hanno ridotto veramente male, costringendolo a stare per lunghi giorni in ospedale, anche in pericolo di vita. Centinaia di giovani si sono mobilitati per manifestare contro questa violenza, un bel segno.
L'educazione è una priorità, perché permette di guardare il mondo dagli occhi dei bambini, che sono quelli "che spesso fanno più fatica" e che per questo hanno bisogno della nostra "amicizia a 360 gradi", di un'attenzione particolare per tutti gli aspetti della vita del fanciullo.
Alla Scuola della Pace! Il mondo dei bambini, con le loro parole, paure e desideri, nel libro “Alla Scuola della Pace”, a cura di Adriana Gulotta, presentato questo martedì Alla presentazione del libro, Andrea Riccardi , il fondatore della Comunità di Sant’Egidio e l’attuale presidente Marco Impagliazzo, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e i giornalisti Marco Tarquinio e Maria Novella De Luca. È l’amicizia con i più piccoli il tema messo al centro della presentazione tenuta a Roma questo martedì. È un tema molto caro ai Giovani per la Pace e ad Andrea Riccardi, che ha ricordato bene nel suo intervento: “La Scuola della Pace nasce per essere la compagna di questi bambini”. Ha fatto notare la decisione di scegliere come autore proprio la Comunità di Sant’Egidio stessa, sottolineando che “non si vive senza identità”, e specificando che “la Scuola della Pace propone un’«identità CON» e non «CONTRO»”. Anche noi Giovani per la Pace scegliamo un’«identità CON», CON i più piccoli, CON gli anziani, CON i più deboli, CON i poveri. Molte sono le nostre storie d’amicizia che, come ricorda il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, sono quelle che non finiscono! L’amicizia con i bambini raccontata in questo libro è il “METODO” delle scuole della pace, “quasi una rivisitazione di quello di Don Milani” racconta la curatrice del libro Adriana Gulotta. “È il metodo dell’amicizia, della gentilezza, della relazione umana” commenta la ministra Fedeli, e aggiunge che “leggere questo libro ti fa sentire parte della Comunità di Sant’Egidio”. Ed è proprio vero, è un libro inclusivo, scritto da “tutti” e allora che aspetti a leggere anche tu “Alla Scuola della Pace“? Rivedi la diretta della presentazione del libro “Alla Scuola della Pace” Questa domenica i Giovani per la Pace di Roma saranno a Barbiana dove don Milani realizzò la sua idea di scuola tra gli anni Cinquanta e Sessanta, per i bambini poveri, rendendo amici la cultura e quei giovani insegnanti che vi si prestavano.
I Giovani per la Pace promuovono un contest fotografico dal titolo “Raccontare le periferie per sconfiggere la povertà”. I partecipanti devono avere una età compresa tra i 15 e i 25 anni al momento del deposito della foto. Verranno prese in considerazione le foto che abbiano come protagonisti i giovani e abbiano come tematica almeno una di queste: La povertà La periferia L’esclusione sociale L’immigrazione e l’integrazione L’inclusione sociale L’amicizia con i poveri per partecipare bisogna inviare una mail contenente la foto e la descrizione all’indirizzo: [email protected] Dopo la prima selezione ad opera della redazione del blog www.giovaniperlapace.it, le fotografie giudicate più valide verranno pubblicate sulla fanpage “Giovani per la Pace” e vagliate al voto del web. Verrete avvertiti via mail di ogni sviluppo del contest. La foto che avrà ottenuto più “reazioni” vincerà il premio finale. Saranno validi ai fini del contest solo i voti espressi sulla pagina Facebook dei Giovani per la Pace, ma l’organizzazione si riserva la possibilità di pubblicare le foto anche sul proprio sito, su tutti i propri canali social e su altri siti del network afferente alla Comunità di Sant’Egidio. Nel caso le foto ritraggano dei minorenni bisogna inviare insieme alla foto l’autorizzazione di un genitore o tutore alla pubblicazione della medesima sul web. PREMI Il primo classificato vincerà la possibilità di partecipare gratuitamente al convegno dei Giovani per la Pace europei a Barcellona dal 25 al 27 agosto. Il premio include la quota d’iscrizione al convegno (pernottamento e vitto) ma non le spese di viaggio (viaggio in aereo e spostamenti in città) che restano a carico del vincitore. Secondo premio: Maglietta, cappellino e cuffiette dei Giovani per la pace Terzo classificato: braccialetto dei Giovani per la Pace. Le foto vanno inviate entro e non oltre il 28 maggio. Le votazioni saranno aperte dal 1° al 30 giugno.
Quando ti dicono “vieni con noi, andiamo a trovare gli anziani che vivono in istituto, sono soli e hanno bisogno di un po’ di amicizia”, non te lo aspetti. Non sei preparato. Pensi di star regalando il tuo tempo, di essere tu quello che in qualche modo sta dando qualche cosa. Invece l’amicizia funziona in due direzioni, e ti prende come non te lo aspetti. Un’amicizia così può sembrare un po’ particolare: quando uno è più in forze dell’altro, quando uno può fare cose che l’altro non può, quando uno ha bisogno di essere sostenuto e aiutato più dell’altro. Questo perchè siamo abituati a misurare l’amicizia in base a quanto gli altri fanno per noi. Cosa può darmi un’amicizia con una persona così lontana da me, per via dell’ età? Però, un’amicizia così non può funzionare secondo questa logica, bisogna imparare a non viverla in “chiave egocentrica”. Ecco una cosa che Mario ci ripeteva sempre: che la prima cosa ad averlo colpito di questi ragazzini che andavano a trovare questi anziani in istituto, era proprio il fatto che si interessavano! Ci raccontava, parlando della sua prima amica dei giovani per la pace, di come fosse sorpreso del fatto che ogni settimana lei gli chiedeva come stava, non per abitudine, per rompere il ghiaccio o avviare la conversazione, ma perchè proprio voleva saperlo, si interessava davvero. E sembra strano, sembra un’amicizia particolare; in realtà è proprio come l’amicizia dovrebbe essere, è la migliore: che ha reso felice lui e noi, in un modo che non ci aspettavamo. La cosa che colpiva di Mario era la sua libertà. È paradossale, considerata la vita che si conduce in un istituto ma, unitamente a quello dell’amicizia, questo è il valore più grande che ci ha lasciato. Ci ha insegnato a pensare con la nostra testa, fuori dagli schemi, a vivere sereni con ciò che eravamo o volevamo essere, a giocarci. Così, semplicemente e istintivamente come aveva fatto lui nella sua vita, nella sua infanzia. Fugace e libero, ma solido e fedele nell’amicizia. Mario sapeva ascoltare e per questo sapeva essere un amico vero. Sapeva che per noi la sua opinione contava molto e non esitava a rimproverarci quando ce ne era bisogno, severo ma comprensivo e pieno di amore. Gli piaceva stare in nostra compagnia ed era felice di ripeterci che eravamo la sua gioia. Ma era lui ad arricchirci e a farci felici, forse senza accorgersi di quanto ci rendesse delle persone più belle, anche solo per una mezz’ora. E infine ci ha insegnato che l’amicizia è possibile sempre, anche con persone apparentemente lontane dalla nostra realtà. Grazie Mario. GxP di Santa Balbina
Vivo per libera scelta nella Casa di Riposo Madonna della Salve a Roma dove spero di poter trascorrere per quanto possibile serenamente gli ultimi anni di vita che il Signore Dio mi concederà. Le giornate si susseguono velocemente l’una all’altra, anzi troppo velocemente perché intimamente si desidera di ritardare un po’ il ritmo del tempo che inesorabilmente và. Nei giorni feriali ogni ospite della casa si dedica all’attività che ad ognuna è più congeniale ma il sabato pomeriggio, in genere, c’è sempre la gradita sorpresa di ricevere la visita di alcuni giovani della Comunità di S. Egidio. Lodevole é lo spirito che anima questi ragazzi con i quali si è intrecciata ormai un’amicizia. Vengono per rallegrare il pomeriggio ma la vera allegria sono loro con la loro presenza e la loro esuberanza. Si canta, si gioca, ma si parla anche di cose frivole e meno frivole, anzi direi che sovente si trattano argomenti seri e spinosi. Noi ospiti della casa abbiamo più o meno un’età parecchio avanzata e mettere a tappeto alcuni seri problemi con i ragazzi ci serve per fare un raffronto di come vivevamo noi alla loro età. Quanta differenza si nota tra il nostro vissuto paragonato a quello dei ragazzi. Quanta libertà di azione essi hanno al contrario delle restrizioni alle quali eravamo abituate per consuetudine familiare. Oltre le differenze ci sono però anche dei punti di incontro, anche noi anelavamo terminare gli studi, trovare un lavoro e crearci una nostra famiglia ma in questi ultimi anni di crisi la difficoltà sta proprio nel trovare un lavoro che consenta un’autonomia economica, per questo molti giovani si adattano a fare lavori poco remunerati e non rispondenti al titolo di studio posseduto, pur di guadagnare qualcosa. Brutti sono i lavori precari e saltuari che non consentono di fare nessun sogno o peggio ancora sono i lavori sommersi o lavori “in nero” che avviliscono chi li fa ma poco chi li consente. Proprio su questo punto, con la nostra esperienza, consigliamo ai giovani di farsi largo nel mondo senza essere costretti ad emigrare in altri Stati. Certo la cosa non é facile ma i ragazzi che ci frequentano, pieni di buona volontà, non è escluso che un giorno possano occupare posti di responsabilità per condurre le cose pubbliche nel giusto verso. Questo é quello che auguriamo ai nostri amici che hanno tante buone qualità per riuscire nella vita in quei settori in cui altri hanno fallito. Eugenia
Volando verso Tirana ho tentato di imparare le più elementari frasi da utilizzare in terra albanese: ciao, grazie, come ti chiami, come stai…la mia memoria purtroppo non mi ha aiutato, al controllo del passaporto ho bisbigliato “buonasera”. Secondo problema: il caldo. Alle 8 di mattina la temperatura ricorda quella del pomeriggio italiano, fortunatamente la nostra casa è munita di aria condizionata. Nel viaggio verso la “casa rossa” ci informiamo sull’Albania. Gli Albanesi sono circa 3 milioni, dei quali un milione vive nella capitale, i rimanenti 2 milioni sono divisi tra gli altri centri e piccoli paesi e infine una parte risiede all’estero. Il territorio è prevalentemente montuoso, Tirana stessa ne è circondata, in particolare il Dajti, che domina sulla città. Spesso si vedono case non finite: si aspettano i soldi delle rimesse dei figli emigrati, ma non sempre arrivano e quindi questa tipologia di casa è diffusissima. Arrivando a Tirana ecco un hotel, grandioso, in stile neoclassico e appena finito: il contrasto con le case precedenti è brutale, ma anche questa è Albania. I bunker costruiti durante la dittatura di Enver Hoxha (dal 1946 al 1985) sono quasi del tutto scomparsi, le strade sono abbellite con alberi giovanissimi: alla caduta del regime comunista nel 1991 lo stato crollò completamente con tutti i suoi servizi, compreso il riscaldamento, e per scaldare le case si tagliavano molti alberi. La piazza centrale è circondata da palazzi in stile fascista, memoria dell’occupazione: l’Opera, il Museo di Storia Nazionale, alcuni ministeri. Al centro la statua di Scanderbeg, l’eroe nazionale che guidò la rivolta contro i Turchi, ha sostituito quella di Enver Hoxha, abbattuta dal popolo. La casa rossa ospita 16 persone al piano terreno, diviso in due parti: la “casa 1” con 10 persone e la “casa 2” con le restanti 6. Nel 2012 la struttura ha aperto le porte agli amici dell’ospedale psichiatrico, che qui sono seguiti come persone, non come carcerati. Ognuno di loro ha una storia complicata alle spalle, ma adesso è felice e lo dimostra anche solo col sorriso o lo sguardo. Il nostro compito era di far loro compagnia e aiutarli: una mattina mentre in casa 1 si facevano esercizi nel cortile nella casa 2 si faceva la barba. Altre volte li abbiamo accompagnati a prendere un kafe al bar, dove poi si passava buona parte della mattinata a parlare. L’uscita è molto attesa perché li porta nel mondo, dove possono sentirsi, almeno per un po’, completamente liberi. Le sbarre dell’ospedale non ci sono più, ma ci sono quelle rimaste dentro. Molto apprezzati i canti popolari albanesi e italiani e i momenti ludici: il domino, gli scacchi, un pomeriggio si sono molto divertiti con un grande memory. Si sono fatte parecchie gite, al grande Parco Nazionale di Tirana, al castello di Petrela, con una bella vista sulla città, sul Dajti per trascorrere una bellissima giornata al fresco della montagna. Per il gruppo della Comunità di Torino c’è stata anche l’occasione di visitare altri amici ad Elbasani e Scutari. Nella...
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