Il primo maggio 2014, a San Giovanni Gemini, nell’Agrigentino si è tenuta la manifestazione “Giovaninfesta” dal tema “Don’t pass over” ovvero “Non passare oltre”. La manifestazione ha visto coinvolti più di quattromila giovani, che hanno impiegato un giorno di vacanza per ascoltare diverse testimonianze. La prima, da parte del signor Costantino Baratta, un uomo comune che con tanto coraggio è riuscito a salvare la vita di undici migranti sbarcati sulle coste dell’isola di Lampedusa. L’uomo ha raccontato di essersi accorto di alcune persone in mare, bisognose disoccorso e con grande prontezza, ha offerto loro un efficace aiuto e, dopo averli salvati, li ha accolti nella sua casa, aiutandoli a mettersi in contatto con le loro famiglie. E’ stata messa in risalto la determinazione dell’uomo a “non passare oltre” ma invece, a preoccuparsi di salvare le persone in pericolo. Un’altra significativa testimonianza sull’immigrazione è quella di Felix, Giovane per la pace di Mineo, che ha raccontato il suo passato di sofferenze e pericoli prima di giungere sulla nostra terra, condividendo con il numeroso pubblico, le emozioni di paura, di sconforto provate durante il suo pericoloso viaggio dove ha più volte rischiato la vita. E’ stato arrestato in Libia ingiustamente, perchè scambiato per un sostenitore del dittatore Gheddafi: lì ha subito molte ingiustizie e torture durante i mesi di reclusione e, ormai libero, è riuscito a raggiungere le coste della nostra isola. Alla fine della testimonianza ha esclamato con gioia di aver finalmente trovato la pace e l’ospitalità presso la Comunità di Sant’Egidio – Sono molto felice di essere qui- ha affermato sorridendo. Tra divertenti coreografie e coinvolgenti canzoni, quello della “mafia” diventa l’argomento trattato attraverso la testimonianza dell’ imprenditrice Valentina Ferraro che con ammirevole coraggio ha denunciato Mario Messina Denaro, fratello del boss mafioso Matteo Messina Denaro. Forte infatti e a più riprese, è stata la presa di posizione contro la Mafia del Vescovo di Agrigento, Francesco Montenegro. La manifestazione si è conclusa con il brano “ We want peace” eseguito da Felix e da altri due Giovani per la Pace di Mineo, realtà composta da giovani richiedenti asilo politico, che hanno voluto dedicare il loro pensiero alla pace nel mondo. Nelle ore del pomeriggio, vari stand sono stati aperti al pubblico, compreso quello dei “Giovani per la pace” di Catania. Abbiamo lanciato una raccolta firme, rivolta alla pubblica amministrazione catanese per ottenere una targa commemorativa per le vittime dello sbarco a Catania del 10 agosto 2013. Firma on line la petizione dei Giovani per la Pace Incontrando i giovani dell’agrigentino abbiamo illustrato i servizi dei “Giovani per la Pace”, rivolti ai più poveri e invitato i passanti incuriositi a conoscere in modo più approfondito la Comunità di Sant’Egidio e soprattutto a farne parte. Con alcuni di loro, provenienti da tutte le parti della Sicilia, si prospetta di aprire delle nuove sedi laddove ce ne sia bisogno. Qualche ora dopo, gli stand vengono chiusi e la giornata si conclude con la felicità di aver passato un
Categoria: Solidarietà
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Oggi, approfittando anche della bella giornata primaverile, siamo andati a fare una gita ai Castelli con le nostre amiche anziane della Casa di Riposo di Via Alba(Roma). Quando siamo andati a prenderle erano già tutte pronte, vestite a festa e con una gran voglia di passare una giornata serena, lontane dalla monotonia dell’istituto. La prima tappa è stata Grottaferrata, in particolare la monumentale Abbazia di San Nilo, dove abbiamo potuto ammirare affreschi e mosaici risalenti all’inizio del primo millennio: Mariateresa ci ha spiegato la storia della venuta del santo, che volle costruire questa chiesa intorno alla “Crypta Ferrata” (dalla quale prende il nome la città), luogo di culto già ai tempi dei Romani. Saziata la fame di cultura, ci siamo diretti verso il ristorante, a due passi da Rocca di Papa, per saziare anche il nostro appetito. Siamo stati subito accontentati con un antipasto abbondante: cresceva sempre di più, oltre al nostro stomaco, la gioia di pranzare insieme. Tutto il ristorante ci vedeva come una famiglia allargata e i più piccoli hanno cominciato a salutarci e a sorriderci; in particolare Valeria, una bimba di pochi mesi, ha dimostrato subito affetto per Gabriela(di 80 anni più grande) e alla fine del pranzo è venuta con la mamma a salutarla. Il momento più divertente è stato quello dei selfie: contrariamente alle aspettative, le nostre amiche anziane si sono subito messe in posa molto divertite dal moderno modo di farsi le foto. Le ottime portate del pranzo sono state impreziosite dai racconti delle nostre amiche e dal confronto con la vita che affrontiamo oggi: per noi le loro storie e la loro amicizia sono un segno di speranza e ci aiutano ad affrontare i piccoli problemi che incontriamo ogni giorno…questa è per me la “forza degli anni”!
Se vuoi scoprire il valore del silenzio, immergiti nel frastuono. E se vuoi scoprire il valore di una parola gentile, immergiti nella solitudine di una sera. Se vuoi scoprire il valore di un sorriso, asciuga le lacrime di chi è nel pianto. E se vuoi scoprire il valore di un abbraccio, stringi forte a te con tutta la tua dolcezza un bambino che non ha mai avuto nessuno che si prendesse cura di lui: colmerai in questo modo un po’ del suo infinito bisogno d’affetto.
Da un po’ di tempo, attraverso esperienze e viaggi di diverso tipo, ho la possibilità di incontrare e di interfacciarmi con giovani provenienti da diverse parti d’Europa. Ed ogni volta che è capitato di affrontare il tema del sogno di un’Europa veramente unita, sono emersi sentimenti di rassegnazione, di sconforto, di impossibilità e, ancor peggio, di indifferenza. Credo tuttavia che il sogno di un’Europa unita sia un sogno possibile! Anche se è doveroso ammettere che noi giovani ci sentiamo europei fino ad un certo punto, che manca in noi una coscienza veramente europea. Non sentiamo il bisogno di lottare con le armi della cultura, della solidarietà, dei valori spirituali, per fare l’Europa. Non proviamo, più precisamente, il desiderio completo di volerci integrare, di essere in corsa per un’Europa dove « i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici» siano spalancati, aperti! Forse dovremmo recuperare, in chiave moderna, lo spirito dei Clerici vagantes e desiderare di iniziare i nostri studi a Parigi per poi proseguirli a Londra, e concluderli a Roma piuttosto che a Madrid. Sicuramente non è facile avere questa flessibilità, non è facile – devo ammetterlo – abbandonare le consuete abitudini, allontanarsi dalle persone amate, dagli amici, la famiglia. Ma è forse questa la piccola sofferenza necessaria per fare dell’Europa la nostra patria. E spetta a noi giovani di pace, a noi giovani per la pace, che saremo gli adulti di domani, fare di questo sogno un seme piantato nell’anima e che a suo tempo porterà il suo frutto. Perché è possibile aprirci al futuro, modellare il futuro e costruire un popolo europeo; perché è possibile avere gambe capaci di superare le distanze geografiche, e idee che superino quelle mentali. Dobbiamo sforzarci di fuoriuscire dal limitato orizzonte in cui ci costringiamo a vivere e, come ha affermato Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, «aprirci ad una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia». Solo in questo modo, passo dopo passo, mano nella mano, l’Europa potrà diventare la culla della pace, della democrazia, della libertà e della speranza, per il mondo intero e per tutti i Paesi che desiderino farne parte. Solo se noi giovani condivideremo i sogni che si innalzano e brillano come stelle nella notte dalle diversi parti d’Europa, solo allora potremo realizzare questa visione, potremo costruire questo sogno. E se si può sognare, allora si può fare!
Alcuni di voi avranno sentito parlare dell’anziano senzatetto romano che ha perso la sua roulotte in un incendio provocato dal fornelletto acceso per riscaldarsi (L’articolo di Italianews). L’immagine dei resti dell’incendio era impressionante e subito mi è venuto in mente Luigi, un nostro amico senza fissa dimora che incontro il mercoledì sera quando, insieme agli studenti universitari della Comunità di Sant’Egidio, distribuiamo la cena ai poveri che vivono in strada nei pressi del Verano. Ho chiamato Francesca, che è amica da molto tempo dei senzatetto di Largo Passamonti, e ho avuto la conferma che, purtroppo, il protagonista di questa spiacevole vicenda era proprio lui. Per fortuna però era in buone condizioni, grazie alla prontezza di Abib, un giovane maghrebino (anche lui un amico a cui distribuiamo la cena il mercoledì), che appena si è accorto dell’incendio non ha esitato a mettere in salvo Luigi. Il dispiacere e la preoccupazione si sono immediatamente tramutate in voglia di agire per risolvere questa situazione: mentre Francesca e gli altri si adoperavano per trovare un alloggio sicuro, Giulio ed io abbiamo sentito il desiderio di andare a trovare Luigi e portargli il necessario per ricominciare a credere di nuovo nel proprio futuro. Entrati nel Centro d’Accoglienza comunale “Madre Teresa di Calcutta”, alloggio temporaneo per chi vive un emergenza, ci ha accolto subito Luigi, visibilmente provato ma con il solito spirito combattivo di chi lotta ogni giorno per sopravvivere. Ci siamo accomodati nel refettorio e, davanti a una tazzina di caffè, abbiamo cominciato a chiedergli del suo passato ed è venuta così fuori la sua voglia di raccontare tante storie della sua vita: abbiamo viaggiato idealmente dall’Italia del secondo dopoguerra, di cui continuava a percepire la violenza causata da miseria e paura, alla terra tedesca che gli ha permesso di vivere con la dignità che solo il lavoro può dare. I racconti erano spesso confusi, molto probabilmente a causa dello shock recentemente vissuto e forse della solitudine sopportata nel tempo. L’unico ricordo nitido e ricorrente era quello dell’incendio della sua roulotte, che suscitava in lui ancora un forte senso di colpa per non averlo saputo prevenire o perlomeno limitare nei danni causati: quel dono così importante per la sua indipendenza era ormai perduto e di questo non accusava altri che se stesso. Abbiamo cercato di consolarlo dicendogli che è stata una sfortunata fatalità che poteva accadere a chiunque nelle sue condizioni e che, in questo momento di difficoltà, non era solo ma poteva contare sull’aiuto di molti amici; infatti Francesca e gli altri erano già riusciti a trovargli una nuova sistemazione in una casa-alloggio vicino al Colosseo. Speriamo che Luigi, sostenuto dall’amicizia di chi gli sta vicino, riesca a riprendere una vita serena. Chi ha amici può continuare a sperare, ma quanta gente ancora è sola nelle nostre città?!… Roberto Barrella
Per la maggior parte di noi un pranzo in famiglia è visto come un evento consueto che scandisce le nostre giornate, ma per gli anziani in istituto è una rara opportunità per vivere insieme un momento speciale. In occasione del 46° anniversario della Comunità di Sant’Egidio i Giovani per la Pace e gli anziani del quartiere San Giovanni (Roma) hanno organizzato un pranzo nell’ istituto di Via Alba. Le signore che vivono in questa casa di riposo sono nostre amiche da molti anni e il motivo fondante che ci ha spinto ad andare a trovarle tutti i sabati è stato il vedere nei loro occhi la tristezza della solitudine vissuta in ogni momento delle loro giornate. La puntualità dell’inizio del pranzo ci ha fatto subito comprendere quanto attendevano questo giorno di festa: grazie al prezioso aiuto del gruppo della Comunità di Sant’Egidio della zona siamo riusciti a sederci tutti a tavola con le anziane e ad ascoltare le loro storie, che ogni volta ci stupiscono e ci fanno riflettere. Gli anziani sono custodi di storie e racconti di tempi non troppo lontani..un vero patrimonio da raccogliere e diffondere per mantenere viva la memoria. Mentre Carmelo ci raccontava della solidarietà vissuta in Polonia dalle popolazioni dei territori occupati dai Nazisti, Caterina (napoletana DOC) si complimentava per le prelibatezze offerteci dai migliori ristoranti del quartiere. Ci ha colpito molto l’immediata sintonia che si è venuta a creare tra le nostre amiche anziane e il gruppo di “non più giovani” volontari che hanno organizzato il pranzo. Il momento più divertente è stato sicuramente quello degli stornelli romani che si sono presto mischiati alle canzoni napoletane e calabresi intonate dai migliori cantori provenienti da tutta la penisola italica: il canto e il ballo di giovani e anziani insieme hanno dimostrato come si possa creare un clima di gioia e di amicizia anche tra generazioni diverse. Per concludere questo meraviglioso giorno di festa abbiamo chiamato al centro Pina, che con i suoi 100 anni è la più “grande” dell’istituto, e Dario, che ne ha appena 83 di meno, per spegnere insieme le candeline del compleanno della comunità ed esprimere il desiderio di poterci tutti rincontrare presto e far crescere ancor di più questa bella amicizia. Roberto Barrella
La nostra galleria fotografica si arricchisce di nuove foto. Direttamente da Novara ecco le foto della festa che i Giovani per la Pace hanno organizzato con gli anziani. Buona visione. Clicca per accedere alla galleria
Da più trent’anni, il 31 Gennaio, la Comunità di Sant’Egidio ricorda le vittime della vita in strada a partire dalla morte di Modesta Valenti, una donna senza fissa dimora, di 71 anni, che viveva nei pressi della Stazione Termini, dove si rifugiava la notte per dormire. Proprio oggi pubblichiamo l’intervista a Lucia LUCCHINI, responsabile della Comunità di Sant’Egidio per il servizio ai senza fissa dimora di Roma.
Verona, Piazza Brà, l’Arena. Migliaia e migliaia di persone ogni anno accorrono nella città di Romeo e Giulietta per assistere all’Opera. Il Rigoletto, l’Aida, la Traviata… le voci di meravigliosi cantanti lirici risuonano nell’antico anfiteatro romano e affascinano gli spettatori che da decenni affollano le gradinate dell’Arena. A pochi passi dalla piazza, un vecchio istituto di riposo dall’aspetto un po’ fatiscente si confonde in mezzo alle case. Lì vivono da qualche anno alcune di quelle meravigliose voci che entusiasmavano gli appassionati dell’Opera e, insieme a loro, professoresse in pensione, umili ferrovieri, operai… È un mondo variegato di uomini e donne anziani, che in modo malinconico, senza più essere chiamati per nome da nessuno, trascorrono gli ultimi anni della loro vita. Assunta, ad esempio, rimaneva per ore affacciata sulla strada, nella speranza che qualcuno venisse a trovarla; trascorreva così le sue giornate senza però ricevere visite da nessuno. In questo luogo di solitudine, da circa un anno, vengono in visita i Giovani per la Pace. Forse Assunta, quando ci ha visti arrivare per la prima volta, avrà pensato che la sua attesa, finalmente, era stata esaudita… Non aveva pensato, forse, che non si sarebbe più liberata di noi! Pubblichiamo qui i pensieri e le emozioni di Silvia, dei Giovani per la Pace, che racconta la straordinaria amicizia che, insieme ai suoi compagni, vive da quasi un anno con gli anziani. “Ciao, ti va di andare a fare un giro insieme questo pomeriggio?” “No scusa mi dispiace…i miei amici anziani mi aspettano!” È quasi un anno che frequento i Giovani per la Pace e dialoghi come questi, con i miei amici, si verificano settimanalmente e in molti si chiedono dove io trovi la forza e la voglia di andare in istituto… sinceramente non lo so nemmeno io! C’è qualcosa di magico nel viso di questi miei nonni adottivi, qualcosa di cosi grande da non poter essere spiegato con le parole. Solo chi lo prova può capire l’amore che si nasconde dietro questi anziani che spesso non si ricordano quello che hanno fatto la mattina ma non si dimenticano mai dell’amicizia nata fra noi! Ho provato a mettermi nei panni di un estraneo che vede questi giovani che passano i loro pomeriggi in un istituto fra un bastone e una carrozzella e mi rendo conto quanto sia difficile comprendere… ma a me non interessa, a me interessa amare questi anziani e cercare di farli uscire, anche solo per poche ore alla settimana, dalla loro prigione di solitudine! Poi lo so… ciò che io faccio per loro non sarà mai gran de quanto quello che loro donano a me, e per questo non finirò mai di ringraziarli!! GRAZIE ANZIANI! Silvia, dei Giovani per la Pace di Verona
In occasione della giornata della memoria riceviamo questa poesia di Paolo della Latta che volentieri pubblichiamo:
Con la sua testimonianza, il Prof. Zuccari ci insegna come l'ignoranza -che spesso può sfociare in razzismo- possa essere evitata. AMICIZIA e CULTURA sono gli ingredienti di un mondo migliore! "Noi possiamo cambiare il mondo, perché tutto può cambiare!"
L’intervista è stata rilasciata a seguito dell’intervento del professore all’incontro “Per un mondo senza ingiustizia“, tenutosi a Roma lo scorso 11 gennaio. Prof. Alessandro Zuccari, professore ordinario di storia dell’arte presso l’università la Sapienza, uno dei primi membri della Comunità di Sant’Egidio. Domanda: L’incontro di oggi è intitolato “Per un mondo senza ingiustizie”. In che modo possiamo ribellarci a questo “mondo disumano”? Risposta: Il mondo è ingiusto? Allora ribelliamoci davvero! Ma la ribellione non è solo far esplodere le contraddizioni. La ribellione è andare contro corrente rispetto a un mondo conformista che accetta la realtà passivamente o fa solo denunce formali, esteriori. La vera denuncia consiste nel rispondere ai problemi concreti, ad esempio nel da mangiare a chi non ha da mangiare e poi nell’insegnargli ad aiutare gli altri che non hanno da mangiare. Molti di noi hanno aiutato ai pranzi di Natale per i poveri: non è stato solo l’episodio positivo di un anno in un momento di festa, ma il frutto di una ribellione quotidiana contro l’ingiustizia della città. È una ribellione pacifica perché davvero il frutto dell’antica ribellione di Dio contro l’ingiustizia. Dio non è ingiusto, ma accetta di nascere e farsi bambino a Betlemme. “Dio nessuno l’ha mai visto” si legge nel Vangelo di Giovanni, bisogna scoprirlo. Dio va scoperto in una stalla, dove condivide la paglia delle bestie per ribellarsi all’ingiustizia di un mondo conformista che invece chiude le porte e dice “io non posso farci niente”. D: cosa possiamo fare concretamente? R: Dobbiamo imparare a sentirci cittadini, facciamo noi qualcosa perché le cose cambino. Ad esempio dobbiamo cambiare la cultura delle nostre città, dobbiamo impegnarci a “fare” e nello stesso tempo a “fare cultura”. Possiamo iniziare dagli amici per strada, dagli anziani, dalle scuole per la pace, dagli immigrati, dalle persone malate, dobbiamo far questo al meglio, anche se solo questo non basta. I bambini devono crescere in una città non inquinata. Noi dobbiamo lavorare per un’ecologia della cultura, per un’ecologia della sensibilità umana, per un’ecologia dell’umanesimo. D: Cosa intende per ecologia dell’umanesimo? R: il mondo va cambiato e ciascuno può contribuire a cambiarlo. L’inquinamento causato dall’indifferenza, dalla violenza, dalla contrapposizione e dal culto del denaro, merita l’impegno di tutti noi. Ognuno di noi può essere protagonista una nuova cultura dell’umanesimo per ridare quel respiro necessario non solo alla nostra città e al nostro Paese, ma a tutti i Paesi con cui siamo collegati! Uno dei motivi per cui la nostra città è inquinata e che è fatta di uomini e donne rassegnate che dicono “io non ci posso fare niente”. Certo, da soli non si può fare molto! Mi ha sempre colpito il fatto che i pastori non andarono ad uno ad uno dal Bambino di Betlemme –lo leggiamo nel Vangelo di Luca- ma andarono insieme. Erano una comunità, o comunque lo diventarono nel momento in cui cominciarono ad occuparsi dei poveri andando fino a Betlemme, a vedere quel “segno che il Signore ci ha fatto conoscere”. I pastori...
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