Può essere il carnevale un segno di pace? Per i bambini delle Scuole della Pace pare proprio che tutto può esserlo, anche il carnevale. Le maschere, i sorrisi lanciati a tutti, più dei coriandoli, le bandiere con la parola Pace in tante lingue diverse, i volantini per invitare a una preghiera per ricordare i paesi in guerra, la gente per strada che inizia a cantare e che applaude. E’ quello che sta accadendo in molti quartieri di Roma dove i colori del carnevale per la pace ci aiutano a vedere il futuro con più speranza. Nella nostra gallery le prime foto che ci sono arrivate. Mandateci le vostre.
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***AGGIORNAMENTO: I Giovani per la Pace questa sera 11.02.2015, a Porto Empedocle hanno rivolto l’ultimo saluto alle 29 vittime, morte per il freddo, deponendo un fiore su ogni bara***. L’ennesima tragedia di Lampedusa è tremenda e non possiamo lasciar cadere nel silenzio, anche del nostro pensiero, una tragedia così immane che tocca gente con cui diventiamo amici durante i servizi della comunità, nuovi europei che hanno avuto la grazia di non morire per il freddo, o nel deserto o in Libia, che ora sono nostri amici. Non ci si può abituare alla morte e non si può fare scorrere una notizia così grave con l’aggiornamento delle notizie dei social network! C’è l’urgenza di fermarsi, pregare, riflettere. Serve una generazione di donne e uomini che ricorda, nel pensiero e nella preghiera questi ragazzi, che capisca che tutto questo non è giusto, che non si abitui alla morte, che si preoccupi di cambiare le decisioni prese dall’alto che provocano questi disastri. Serve un’ alleanza intergenerazionale che accolga chi è straniero, lo porti nell'”albergo” mentre è mezzo morto e lo curi e successivamente lo accolga nella propria famiglia, tra le proprie preoccupazioni, pensando che nel volto di quell’africano che talvolta è arrabbiato per la sua situazione, ci sono tanti che non sono arrivati! La nostra amicizia spiazzante può tramutare quella rabbia giustificata in integrazione, e l’integrazione vera, regala frutti importanti per la nostra società tutta; penso ai Giovani per la Pace di Mineo, nuovi europei arrivati con i viaggi della speranza che pregano per la Pace e che servono chi è più povero. Bisogna fare uno sforzo culturale, informandoci e leggendo i giornali perchè non possiamo dimenticare questi morti di Lampedusa e dobbiamo vivere affinché non accada più, perché non è giusto che la morte ci abbia strappato via un amico potenziale, l’incontro benedetto con lo straniero che a tanti giovani italiani ha cambiato la vita, orientandone i sogni le preghiere, allargando le prospettive della vita da cristiano. Tempo fa con un amico parlavamo dell’olocausto e ci chiedevamo come fosse possibile che così tanta gente avesse fatto spallucce dinnanzi all’abominio di uno sterminio così atroce di sei milioni di ebrei. Oggi la nostra società quanta misericordia ha per questi morti? Quanto ci sembra normale? Quanto poco dura nel nostro sangue l’ebollizione dell’indignazione? Questa società è davvero in grado di scagliare la pietra verso il passato, avendo la coscienza così pulita da essere sicura che non ci ritorni in faccia? Papa Francesco che a Lampedusa aveva fatto il suo primo viaggio apostolico, durante l’udienza generale dell’undici Febbraio, si è detto preoccupato, assicurando la propria preghiera ed invitando nuovamente ad uno spirito di solidarietà nell’accoglienza. La sua preoccupazione deve diventare allora ancora più contagiosa, la preghiera diffusa e la solidarietà verso lo straniero uno stile di vita irrinunciabile che comprenda tutti affinché il suono dolce e accorato delle sue parole, proferite proprio a Lampedusa, tocchi il cuore di ciascuno: “non si ripeta, non si ripeta più per favore”.
I Giovani per la Pace esprimono la loro costernazione per quanto sta avvenendo nel canale di Sicilia. Non si può accettare che centinaia di giovani perdano la loro vita in questo modo orribile. Chiediamo all’Italia e all’Europa di ripristinare l’operazione Mare Nostrum perché nessuno perda più la vita in cerca di pace e di un futuro migliore.
Il 7 Febbraio la Comunità di Sant’Egidio compie 47 anni! E’ l’ anniversario di un sogno da ragazzi diventato vita per gran parte del mondo. E questa festa oggi la sentiamo tutti un pò nostra perché ci siamo fatti prendere da questo desiderio di cambiare che é arrivato lontano e ci ha raggiunti. 47 anni fa Andrea Riccardi si é guardato intorno e ha capito che la forza più grande veniva dalla parte degli ultimi, grazie a quella intuizione oggi é anche e soprattutto la festa dei poveri, di quelli che prima ancora di essere poveri sono i nostri amici. 47 anni di pace, di immagini di un mondo diverso, più giusto, 47 anni di parole che diventano vere, di periferie che tornano al centro, di ultimi che sono uguali ai primi, 47 anni di amore in circolo. Dal ’68 ad oggi la storia di un ragazzo e un piccolo gruppo di amici per le strade di Roma é arrivata sui cigli di molte strade, nei domani di tanti bambini, nei giorni di molti anziani, nelle speranze di interi paesi, dentro di noi, a mostrarci una prospettiva privilegiata da cui guardare il mondo nostro. In 47 anni sono state fatte grandi cose, ma l’ immagine del nostro sogno non é ancora completa, non ha ancora assunto i contorni che vorremmo avessero gli angoli di ogni paese, di ogni piccola e grande vita. Tanti auguri per oggi e per tutti i domani in cui sceglieremo di essere parte di questa gioia, di questa famiglia larga quanto il mondo! Articolo scritto da Francesca Sepe
Sabato scorso, 7 febbraio, abbiamo festeggiato insieme il 47° anniversario della fondazione della Comunità di Sant’Egidio. Molti messaggi di auguri sono giunti da tutto il mondo. Riportiamo sul nostro blog quello che ci hanno mandato i Giovani per la Pace del C.A.R.A. di Mineo, in Sicilia. I Giovani per la Pace del C.A.R.A vengono da tutto il mondo e in particolare da paesi africani, per questo ci rivolgono i loro auguri in inglese. From C.A.R.A. Mineo We the entire fellow brothers, friends and family of C.A.R.A. Mineo, joyfully and happily rejoice with Saint Egidio on this season of felicitation and celebration of Peace in the world in this 47th anniversary. In the way of the Peace from the last monday we started our weekly prayer for peace to be together with the Community on the request of Peace to God for the end of any violence and war that as Andrea teaching us is the mother of all the poverty. May God of Peace and Our Emmanuel continually reign and direct our paths in life, and grant every of our answers to our request on behalf of every land where there is war, killing and violence on humanity. May Our Father in Heaven make his peace known in every heart of men all over the Community and in the world. Long life to the Community Happy celebration
La domenica non è ancora finita. Ecco il nostro consiglio settimanale per la campagna #2librialmese. Buona lettura! I santi vanno all’inferno di Gilbert Cesbron è un grande romanzo scritto con delicatezza e passione. Una storia avvincente, che apre gli orizzonti delle periferie urbane e umane. Si narra, con accenti suggestivi, la storia dei preti operai, che tra il 1944 e il 1954 scelsero di vivere nelle periferie e lavorare nelle fabbriche di Parigi.Sono “i santi” che volontariamente “vanno all’inferno”. Il romanzo, pubblicato in Francia nel 1952, vendette più di un milione e mezzo di copie. Nel mondo globalizzato non esiste più un centro e la periferia è il banco di prova per la convivenza umana. E’ la grande questione di papa Francesco. I Santi vanno all’Inferno è per questo di stringente attualità. “Viene da chiedersi – scrive Andrea Riccardi nel suo Commento – se in questa nuova stagione globale, di fronte alle grandi periferie del mondo, ci sono o ci saranno donne e uomini, a loro modo ‘santi’, capaci di vivere negli ‘inferni’ di oggi e di sperare in un riscatto”.
Un’immagine. Una fotografia semplice a fine giornata. E’ una foto di un bambino, in bianco e nero. Sembra essere ferito. Sotto una frase. “Lo dirò a Dio”. Altri blog e giornali riportano la frase per intero: “Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”. Commentando con un amico dicevo che non è facile. Spesso “scorri” tra tante immagini e notizie, brutte, orribili, strazianti. Ma scorri. Continui a passare oltre perché lo scorrere del pollice dal basso verso l’alto elimina dalla visuale una notizia e ne mette un’altra che non si sa qual è ma è pur sempre diversa. Questa volta però, è una frase. Non è un’altra immagine, non è la comunicazione per immagini che mi colpisce. E’ la frase, chi l’ha pronunciata, dove è stata detta questa frase e perché. La frase, e la ripropongo nuovamente è: “Dirò cosa mi hanno fatto a Dio, Gli dirò tutto”. La dice una bambino, secondo blog e agenzie, di 3 o 4 anni – voglio scusarmi in anticipo ma nell’oceano di notizie è difficile ricostruire la verità. La dice in Siria un bambino prima di morire dopo aver subito delle atrocità – e che sia vero o no un bambino che subisce una guerra, subisce un’atrocità. Un bambino, in un paese in guerra, solo, promette di dire a Dio che il Male egli uomini gli ha fatto qualcosa di brutto; che la guerra gli ha fatto qualcosa di ingiusto; che la violenza gli ha tolto tutto, finanche la vita. Quante volte la stessa identica successione di parole, diverse solo per l’autorità (Papà/Mamma/maestro/insegnante/fratello maggiore) a cui ci si rivolge, abbiamo ripetuto tutti noi. Quante volte ci ha consolati l’idea non di un vendicatore ma di un uomo o una donna saggi, che vedono dall’alto, in nostro soccorso e capaci non di offrirci la vittoria ma di ristabilire la giustizia ? Quante volte ci ha consolati questa idea, possibilità, soluzione ? I bambini ovunque vi è la guerra non hanno questa possibilità di speranza in un adulto, in un’autorità in grado d ristabilire la giustizia. L’Onu oggi denuncia gli orrori subiti dai bambini per mano dell’Is. Non scriverò su questo, basterà leggere quanto si dice per restare sgomenti. Vorrei trasmettere l’inquietudine che provo davanti a questa affermazione: “dirò tutto a Dio”. Forse non sarà vera questa notizia. Non c’è certezza sulla veridicità della notizia, risalente ad agosto dello scorso anno, ma è un pensiero sicuramente passato per la mente di un qualsiasi bambino in Siria, fosse anche per un secondo. Posto questo allora io spero. Io spero che quel bambino; quei bambini; quelle preghiere di quanti tornano a sentirsi bambini davanti all’orrore di un male così abominevole possano vedere o raggiungere Dio e dirgli cosa è stato fatto loro. E’ una preghiera, è una richiesta, è una supplica davanti ad un male che sfinisce. “Lo dirò a Dio”, questo basta a non rendere preghiera e speranza inutili. A qualcuno ancora in un mondo silente e sordo davanti alla guerra, è possibile...
Enza Basile, anziana testimone della Seconda Guerra Mondiale, incontra i giovani di Fiumicino
Per coloro che sono a Roma. Un appuntamento da non perdere domani pomeriggio presso la Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina. La presentazione del bel libro “I bambini della notte” di Mariapia Bonanate e Francesco Bevilacqua. Il libro è molto bello. I relatori d’eccezione. Non mancate. Obbiettivo chiaro: #2librialmese.
Nel caos della vita moderna non c’è più tempo per fermarsi, per osservare, per pensare. Veniamo inghiottiti dalla frenesia della citta e diventiamo complici involontari di un’ indifferenza collettiva. In quest’amalgama procediamo spediti senza alzare la testa, senza fare caso ai dettagli delle cose che ci circondano, dimentichiamo in fretta le periferie e i visi che le abitano. Cè chi, in tutto questo, rimane perennemente invisibile, nonostante sia sotto gli occhi di tutti: persone che vivono ai margini delle nostre città, segregate al di fuori dei confini della nostra società. Persone dimenticate ormai da tutti, che gridano per essere ascoltate ma non hanno voce. Persone che hanno alle spalle mille e più storie, di sofferenza, di dolore, di rassegnazione, ma anche di gioia, di amori, di risate. Persone di ogni provenienza, cittadini del mondo senza diritti. A Messina, ogni venerdì, un gruppo di giovani più o meno numeroso si riunisce, accomunato dalla stessa voglia di conoscere queste persone e le loro storie, e gira la città, passando per i posti apparentemente dimenticati da tutti. Portano un panino e delle bevande, un gesto simbolico, un pensiero che si traduce in qualcosa di concreto, che significa: “Io, ogni venerdì, sarò qui ad ascoltarti”. I ragazzi e le ragazze dei Giovani per la Pace di Messina hanno preso una decisione, quella di rompere la monotonia e l’indifferenza della vita della loro città e trasformarla in un gesto concreto di supporto e di amicizia. Hanno ascoltato la storia di Leon, di Achille, di Salvatore e di tanti altri, hanno riso insieme a loro ma si sono anche fermati a riflettere, perchè hanno capito che la condizione di queste persone è ingiusta, e che c’è ancora molto da fare per portare all’attenzione di tutti un problema che, di questi tempi, è stato completamente dimenticato. Articolo scritto da Giorgio Cannetti
Come ogni domenica torna la nostra rubrica #2librialmese. Il consiglio di questa settimana ci viene dal neo eletto presidente della repubblica Sergio Mattarella, a cui facciamo tanti auguri per il nuovo incarico. In un servizio al Tg1 di oggi delle 13.30 il figlio del Presidente ha detto che il padre ama molto leggere (quindi condividerà la nostra campagna), e che l’ultimo libro che ha sul comodino è un libro di Andrea Riccardi su Papa Francesco. Molto probabilmente si tratta de “La Sorpresa di Papa Francesco”. Un saggio uscito poco dopo l’elezione del Papa che analizza il grande cambiamento introdotto da questa elezione. Un bellissimo libro. Ecco il nostro consiglio di questa settimana. Buona lettura, e non dimenticati di condividere questo post.
di Simone Dei Pieri e Michele Caruso KIEV (UCRAINA) – Durante l’ultimo anno si è delineato il profilo politico dell’Ucraina, martoriata dalle rivolte e divisa tra da una pericolosa diatriba tra l’Unione Europea e la Russia. Le informazioni, le immagini e le notizie che arrivano da qui -Kiev in testa- sono ogni settimana più tetre.
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