di Simone Dei Pieri e Michele Caruso KIEV (UCRAINA) – Durante l’ultimo anno si è delineato il profilo politico dell’Ucraina, martoriata dalle rivolte e divisa tra da una pericolosa diatriba tra l’Unione Europea e la Russia. Le informazioni, le immagini e le notizie che arrivano da qui -Kiev in testa- sono ogni settimana più tetre.
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CONAKRY (GUINEA) – Le donne guineane sono molto belle e vestono con abiti meravigliosi. Le loro stoffe arrivano candide dal vicino Mali e poi sono colorate e lavorate qui, assumendo i nomi di Wax o Bazin. Dovrebbero fare della sartoria un punto di forza a livello internazionale.
CONAKRY (GUINEA) – Non basta la forza degli uomini, è necessaria la forza dell’amore, che non conosce alcun limite.
CONAKRY (GUINEA) – Perché non vinca il sonno della rassegnazione che fa ritenere la guerra inevitabile; perché si allontani il sonno dell’arrendevolezza al male che continua ad opprimere il mondo.
CONAKRY (GUINEA) – I viaggi suggeriscono parole uniche. Quando dici “Conakry” al gate, ti guardano come se fossi spacciatore di oppio.
Con Ibrahima Sory Barry Per coloro i quali non conoscono la storia della Guinea (cartina geografica), val la pena di ricordare che il 28 settembre 2009, giorno che sarà poi soprannominato “lunedì di sangue”, le Forze dell’ordine guineane uccisero più di 150 connazionali e violentarono oltre 40 donne.Almeno 1500 persone furono ferite, molte altre furono vittime di “sparizione” o vennero arrestate. Una serie spaventosa di esecuzioni extragiudiziali, torture e altri maltrattamenti, stupri, schiavitù sessuale e detenzioni arbitrarie furono perpetrati ad opera della gendarmeria (un corpo d’élite delle forze armate della Guinea) e della polizia. Ad oggi, solo otto persone sono state processate per atti che sono stati commessi invece da decine di membri delle Forze dell’ordine. Un massacro questo sepolto nel dimenticatoio della storia. Solo nel 2013, è stata condotta un’inchiesta da parte diSouhyer Belhassen, Presidente onorario della Federazione internazionale delle leghe per i Diritti dell’Uomo (FIDH), per rinforzare la lotta contro la dilagante impunità (tutt’ora presente nel Paese), per garantire lo stato di diritto e favorire il processo di riconciliazione nazionale. Proprio in questi giorni, la FIDH e l’OGDH (l’Organizzazione Guineana a difesa dei diritti dell’uomo e del cittadino) hanno finalmente imposto alle autorità guineane di rendere giustizia alle vittime del massacro entro la fine del 2015. “Oggi la Guinea è impegnata in una corsa contro il tempo: ha l’opportunità, per la prima volta nella sua storia, di rendere giustizia alle vittime dei crimini commessi sul suo territorio negli ultimi anni, a partire dal sanguinoso 28 settembre 2009. Se non vi saranno provvedimenti immediati per chiudere i processi in corso, la Corte Penale Internazionale si approprierà del dossier e giudicherà i presunti responsabili in qualità di organo sovranazionale” – queste le parole della stessa Souhayer Belhassen. “Il nuovo ministro della giustizia – ha detto Angel Gadiry Diallo, rappresentante della OGDH – sembra aver dato una spinta importante per la realizzazione di un sistema giudiziario efficiente; specialmente per la risoluzione di casi sensibili come quelli citati. Attendiamo ora una conferma di questa apertura attraverso la rapida conclusione dei processi”. La strada che la Guinea deve percorrere è quella dell’istituzione di un Consiglio Superiore della Magistratura e della riforma del sistema giudiziario, condizioni essenziali per la nascita di un vero e proprio apparato legislativo: il codice di procedura penale deve essere riesaminato alla luce degli impegni internazionali che la Guinea si trova a dover ottemperare. Forse, dopo quasi tre anni dalla fondazione della “Commissione provvisoria di riconciliazione nazionale”, co-presieduta dal Primo Imam della grande Moschea e dall’Arcivescovo di Conakry, si potranno davvero raccogliere i primi frutti del processo di riconciliazione che consentirà alla Guinea di soddisfare il bisogno di verità e giustizia del suo popolo, ed alleviare il dolore profondo dei tanti cittadini guineani, tuttora vittime di gravi violazioni dei diritti umani. E viene spontaneo pensare alle tante parti della Terra dove i diritti umani sono calpestati e derisi giorno per giorno…E poi diteci se questo non dovrebbe far notizia! Guarda il seguente reportage, “Guinea: cercando giustizia per un massacro”: Leggilo anche su: Vento nuovo
Scrivo questa volta in una forma assai insolita e molto distante dai noti canoni del giornalismo tradizionale, ma spero ugualmente mantra di riflessione e significato.
Se vuoi scoprire il valore del silenzio, immergiti nel frastuono. E se vuoi scoprire il valore di una parola gentile, immergiti nella solitudine di una sera. Se vuoi scoprire il valore di un sorriso, asciuga le lacrime di chi è nel pianto. E se vuoi scoprire il valore di un abbraccio, stringi forte a te con tutta la tua dolcezza un bambino che non ha mai avuto nessuno che si prendesse cura di lui: colmerai in questo modo un po’ del suo infinito bisogno d’affetto.
Da un po’ di tempo, attraverso esperienze e viaggi di diverso tipo, ho la possibilità di incontrare e di interfacciarmi con giovani provenienti da diverse parti d’Europa. Ed ogni volta che è capitato di affrontare il tema del sogno di un’Europa veramente unita, sono emersi sentimenti di rassegnazione, di sconforto, di impossibilità e, ancor peggio, di indifferenza. Credo tuttavia che il sogno di un’Europa unita sia un sogno possibile! Anche se è doveroso ammettere che noi giovani ci sentiamo europei fino ad un certo punto, che manca in noi una coscienza veramente europea. Non sentiamo il bisogno di lottare con le armi della cultura, della solidarietà, dei valori spirituali, per fare l’Europa. Non proviamo, più precisamente, il desiderio completo di volerci integrare, di essere in corsa per un’Europa dove « i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici» siano spalancati, aperti! Forse dovremmo recuperare, in chiave moderna, lo spirito dei Clerici vagantes e desiderare di iniziare i nostri studi a Parigi per poi proseguirli a Londra, e concluderli a Roma piuttosto che a Madrid. Sicuramente non è facile avere questa flessibilità, non è facile – devo ammetterlo – abbandonare le consuete abitudini, allontanarsi dalle persone amate, dagli amici, la famiglia. Ma è forse questa la piccola sofferenza necessaria per fare dell’Europa la nostra patria. E spetta a noi giovani di pace, a noi giovani per la pace, che saremo gli adulti di domani, fare di questo sogno un seme piantato nell’anima e che a suo tempo porterà il suo frutto. Perché è possibile aprirci al futuro, modellare il futuro e costruire un popolo europeo; perché è possibile avere gambe capaci di superare le distanze geografiche, e idee che superino quelle mentali. Dobbiamo sforzarci di fuoriuscire dal limitato orizzonte in cui ci costringiamo a vivere e, come ha affermato Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, «aprirci ad una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia». Solo in questo modo, passo dopo passo, mano nella mano, l’Europa potrà diventare la culla della pace, della democrazia, della libertà e della speranza, per il mondo intero e per tutti i Paesi che desiderino farne parte. Solo se noi giovani condivideremo i sogni che si innalzano e brillano come stelle nella notte dalle diversi parti d’Europa, solo allora potremo realizzare questa visione, potremo costruire questo sogno. E se si può sognare, allora si può fare!
Oggi più che mai, pur nella straordinaria confusione che la crisi internazionale ha creato nelle nostre coscienze, non deve mai venire meno lo slancio verso il progresso, l’insaziabile desiderio di cambiare rotta. È giunto il tempo di destarsi, di mostrar vigore, di lasciare un segno nell’Universo #AbbiamoVogliadiFuturo
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