È la quarta volta che vengo ad Atene ed ogni volta che preparo la valigia per ripartire una sensazione agrodolce mi pervade. Venire al campo e donare un po’ di infanzia ai bambini che vivono qui non è una semplice vacanza o una semplice esperienza di volontariato di qualche giorno l’anno. Venire qui significa vedere materializzarsi davanti gli occhi la sofferenza, la crudeltà del nostro mondo e della guerra, significa abbracciare anime pure a cui sta venendo sottratta un’infanzia, una casa, il diritto alla libertà. Vedere il campo è avere davanti gli occhi muri grigi che sembrano arrivare al cielo contornati da filo spinato, guardie giurate e indifferenza. Venire qui significa dover essere pronti ad aprire le braccia e il cuore ai sorrisi dei bambini, alla loro gioia e alla loro innocenza, ma anche alla sofferenza e alla quasi rassegnazione che traspare dagli occhi di madri e padri che hanno affidato al mare il destino dei propri figli, di figli senza padri, diventati uomini prima di quanto fosse giusto ma che si sciolgono in un abbraccio, di ragazze che diventano donne e che sognano un mondo in cui poter essere libere, di bambini che sognano di fare i calciatori, le maestre o i dottori. Parlare con queste persone, ascoltare le loro storie, guadagnare la loro fiducia implica anche prendersi la responsabilità di portare sempre nei nostri cuori e nei nostri pensieri le loro parole di speranza, le loro paure, significa non lasciarli soli, diventare la loro voce con chi non vuole uscire dalla sua bolla di egoismo ed indifferenza, di sognare e pregare per loro ogni giorno. Il campo ti toglie tutto, ti risucchia ogni energia, ti toglie la voglia di sognare, eppure dietro un primo velo di tristezza e rassegnazione gli occhi delle persone che ho incontrato brillano di resilienza e speranza per un domani migliore. Brillano gli occhi dei bambini che ci riconoscono, le nostre pettorine blu sono diventate segno di amicizia e speranza, ci corrono incontro e ci abbracciano senza volerci far andare via. Brillano quando Baba Noel (Babbo Natale dai noi) li chiama per nome sul palco, quando gli diciamo le poche parole che conosciamo in arabo o in farsi, quando passiamo nella galleria dell’autostrada con il pullman. Brillano gli occhi di ragazzi e ragazze iracheni, afgani, curdi alla vista dei pesci in un acquario o di un brownie con il gelato. Brillano gli occhi delle mamme e dei papà che ci ringraziano per quello che facciamo per i loro figli, che ci offrono acqua, the, biscotti anche quando non ne hanno. Brillano gli occhi di Ali, Navid, Asma e Asra, incontrati quest’estate e legati a noi per sempre. Brillano gli occhi di Amir Ali, Mustaba, Ahmed, Viana, Rajid, Yosser e dei loro genitori, brillano perché sono riusciti ad andare via dal campo ed hanno guadagnato un pezzetto di questa libertà che si meritano. Brillano gli occhi di Malak, Hassan, Eyad, Hossein, non so dove siano o cosa stiano facendo, ma so che la luce...
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Un racconto sulle donne di tutto il mondo, nessuna esclusa
Uno spot per raccontare la preparazione dei pranzi di Natale della Comunità di Sant'Egidio con gli anziani delle case di riposo.
Il coraggio di essere maestri nella pagine del libro "Alla Scuola della Pace"
A Roma aiutava i senza fissa dimora con Sant’Egidio (GUARDA IL VIDEO)
«Nascono con la musica le ‘amicizie da fila’», racconta il bassista Edoardo Bonapace. «Sono quelle amicizie che si fanno andando a un concerto: si sta tutti insieme a sentire un gruppo e ti può capitare di incontrare degli sconosciuti che diventano poi i tuoi migliori amici. Non sarei qui senza la musica. Anche se una volta ho rischiato la vita per via dei freni della macchina sabotati dai miei amici, ma questa è un’altra storia»
Il 2 giugno, Festa della Repubblica, i Giovani per la Pace sono andati al Parlamento italiano e vi spiegano le cinque ragioni per andarci. 1. Ammirare la vetrata del Beltrami 2. Incontrare la partigiana Carla 3. Sedersi su delle poltrone stra-comode 4. Difendere i diritti dei bambini e raccontare l’aiuto concreto e gratuito della Scuola della pace, grazie a giovani come Matteo Anche io però ho imparato molto da questa esperienza. Soprattutto che se si vuole contrastare un’ingiustizia non si può sempre delegare. Lo farà qualcun altro! Ci devono pensare le istituzioni. Certo! Ma prima di tutto comincio io. Prima di tutto debbo vincere io il mio pregiudizio, la mia paura, la mia rassegnazione. Come ha detto Gandhi: sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo! (Matteo Bartolo, Giovane per la Pace) 5. Proporre di diventare amici degli anziani, insieme ai Giovani per la Pace, come Eva (a quanto pare, la Presidente Boldrini ha apprezzato molto gli interventi: li ha citati sul suo profilo!) Una delle amicizie più significative che ho avuto è quella con Mario, che ho conosciuto proprio all’età di 11 anni: ero piccola, ma ben ricordo il suo carattere ironico, anche se all’inizio era scorbutico e chiuso.. Ma con il passare del tempo, ci siamo conosciuti sempre più nel profondo, siamo diventati amici. Questa amicizia ci ha cambiato entrambi! (Eva Marchese, Giovane per la Pace) Per conoscere i Giovani per la Pace, inviaci un messaggio su Facebook, o scrivi una mail a [email protected]. Per aiutare la Scuola della Pace, permettendoci di portare tanti bambini in vacanza, puoi fare una donazione su questa pagina: https://www.giovaniperlapace.it/2017/05/24/porta-i-bambini-della-la-scuola-della-pace-in-vacanza-dona-ora/ Molti bambini delle scuole della pace non hanno mai potuto vivere una vacanza, giorni felici dove uscire dal quartiere, giocare insieme, imparare. Con la tua donazione renderai possibile le vacanze delle Scuole della pace, che richiedono queste spese: l ‘affitto di un luogo pulito e sicuro dove potere alloggiare, materiale didattico per le attività, materiale per i giochi, cibo Scarica il testo dei discorsi di Matteo ed Eva alla Camera dei Deputati: Discorso
L’Erasmus è un’occasione per scoprire una nuova città e per fare amicizia, ma non solo.
Oggi all’università Roma Tre, il papa ha risposto alle domande di quattro giovani universitari, tra cui una giovane rifugiata siriana giunta in Italia insieme al Santo Padre dopo la sua visita a Lesbo, ed ha indicato alcuni concetti fondamentali per il raggiungimento della pace nel mondo ma anche nella vita di tutti i giorni.
Nelle colorate città europee, si cominciarono a togliere i colori, ad uno ad uno. Viene in mente ...
Mi colpì così tanto che decisi di provare. “Perché no?” mi dissi, “Cosa ho da perdere?”. È stato a partire da quella sera e da lì, accanto alla roulotte dei fratelli, che ho imparato che il cambiamento avviene solo quando persone normali, mai qualsiasi, si uniscono per ottenerlo.
I corridoi umanitari sono una risposta chiara in un’Europa che ripiega su se stessa: chi ha diritto a essere riconosciuto come rifugiato, come persona la cui vita è messa in attuale pericolo per via della guerra, non deve esporsi allo sfruttamento dei trafficanti di uomini, non deve rischiare di nuovo la vita.
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