«Se tutti facessero famiglia con i poveri, sarebbe un mondo ideale»

«Se tutti facessero famiglia con i poveri, sarebbe un mondo ideale»

A Roma e nel mondo, le partecipate assemblee dei Giovani per la Pace. Studenti liceali si confrontano su una proposta di solidarietà che include tutti e che nasce da un Natale passato con gli ultimi

foto di Lamine Cisse

In diverse città di Italia e del mondo, si sono uniti con i Giovani per la Pace tanti ragazzi che hanno incontrato quest’anno la proposta della Comunità di Sant’Egidio: una società inclusiva, che non dimentichi nessuno. «Facevo l’alternanza con Sant’Egidio e poi ho deciso di iscrivermi a un incontro extra: la visita agli anziani di Amatrice. L’ho fatto come d’impulso e non me ne sono pentita», ha detto Giulia (17 anni). Nell’assemblea – come quella tenutosi a Trastevere sabato scorso – i giovani raccontano l’incontro con i poveri come qualcosa che cambia la vita, che fa capire come grandi difficoltà possono essere affrontate con l’aiuto materiale necessario, con l’amicizia e con la gratuità. I volontari hanno incontrato i senza fissa dimora, nelle stazioni e negli angoli bui della città, per conoscerli e per aiutarli con cibo, bevande calde, coperte e guanti. Altri sono andati a visitare gli anziani, nelle case di riposo e nelle cliniche: tombolate, regali e biglietti di auguri hanno accompagnato sorrisi e gratitudine reciproca. A raccontarlo è anche Giulia (17 anni), che da anni fa visita agli anziani. Abbiamo capito che i legami di fiducia sono merce rara e una società senza legami è una società più fragile e spaventata. Molti hanno fatto festa con i bambini delle Scuole della Pace, vestendosi da Babbo Natale e consegnando doni. Il Natale è stato un momento straordinario, ma non vogliamo farlo rimanere un momento isolato. Fare le cose per gli altri gratuitamente rende felici: quello che si ha in cambio non sono cose superflue, ma l’amore.

Alberto e Matteo (17 e 18 anni) hanno sottolineato l’importanza di fare un salto culturale, passando dal «non mi riguarda» al «mi interessa, mi sta a cuore» (è ancora vivo il motto «I CARE» scritto da don Milani a Barbiana).

È nato un grande desiderio di cambiare il mondo a partire dagli ultimi, partendo dallo stupore per l’incontro con i poveri. I ragazzi hanno fatto propria questa cultura e hanno scoperto che «C’è più gioia nel dare che nel ricevere». Un segreto che si scopre quando «al centro non ci siamo noi con le nostre delusioni e risentimenti, ma quando al centro ci sono gli altri: solo allora diventiamo protagonisti di un cambiamento che rende felici noi stessi e gli altri» ha concluso Stefano Orlando.

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