Una promessa per l’estate: la Summer school di Laurentino

Nel quartiere di Laurentino, a Roma, dal 30 giugno al 10 luglio si è svolta la Summer school della Comunità di Sant’Egidio. Raccontato da chi l’ha realizzata, l’ultimo giorno di scuola, in una #santegidiosummer che non finisce.

 

“Anche se è sabato, domani mattina veniamo qui davanti!” – avevano detto, uscendo dalla scuola che per due settimane ha ospitato la Summer school di Laurentino. Scherzavano, ma non troppo, dandosi appuntamento per l’indomani, i vestiti bagnati che nel mentre si andavano asciugando al sole dell’ “ultimo giorno”. Già, l’ultimo giorno. Quante volte lo ha ripetuto Ali, 13 anni ed una quinta elementare appena superata; alla fine la tanto richiesta battaglia di gavettoni c’è stata e lui e i suoi compagni hanno potuto festeggiare per bene l’approdo alle medie. A settembre chissà come sarà, ma a questo, nessuno ha voluto pensare. Dopo mesi di lockdown, la felicità è fatta di palloncini pieni d’acqua.

Saluti finali, alla scuola Buzzati è il momento di mettere a posto: ecco i “dadi parlanti”, una storia da raccontare per ogni figura che esce. “Casa, casa!” avevano fatto Caterina e Maria, indicando l’immagine della roulotte. Al campo rom di Castel Romano, tra i tanti prefabbricati, loro vivono su quattro ruote. Gli ultimi tra gli ultimi. Alla figura del telefono, infatti, Maria, racconta: “Sono triste perché non mi chiama mai nessuno, ma poi mi chiama la Scuola della Pace chiedendomi se voglio venire e allora sono felice”.

Ecco, invece, i tavoli della Squadra blu; quinte elementari, una media, in realtà, di 12 anni a bambino. Ad alzare il valore, cinque tredicenni con tante lacune da recuperare o con nessuno con cui stare in casa in questo periodo. Ci sono Ali, Aalia, Ioan e Leo, quattro bambini, due paesi di provenienza differenti, sedici anni in Italia complessivi, poche parole per dimostrarlo. La Summer School per loro vuol dire anche ricominciare a parlare italiano dopo mesi chiusi in casa senza fare vere e proprie lezioni scolastiche. Vuol dire mantenere la promessa di imparare a padroneggiare questa nuova lingua per aiutare i bambini più piccoli. Vuol dire fare come Antonella, 28 anni, cresciuta tra colonie estive ed ora loro modello. Alla fine, è quello che abbiamo imparato in anni di servizio: molto spesso, si confonde chi aiuta e chi è aiutato. E così le lezioni sugli animali, sul corpo umano, sulla geologia non sono, forse, che semi, tanti piccoli semi che magari, un giorno, porteranno architetti, scienziati o medici che sapranno cogliere il meglio dei due mondi a cui appartengono, professori italo-bengalesi cresciuti sui banchi della Scuola della Pace.

Si chiude la porta, si apre un portone, dicono. Gira la serratura della scuola materna che ci ha ospitato, il pensiero torna ai bambini che poco fa lì scrivevano, ridevano, imparavano. Davanti, tutta un’estate. Non è un arrivederci a settembre, ve lo promettiamo. Se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato e che, come ha detto il Papa, siamo tutti sulla stessa barca. E anche se sembrerebbe l’opzione migliore in questo caldo torrido e di fronte a tutte le difficoltà, non vi lasceremo affondare o andare alla deriva. Remeremo e remeremo ancora insieme, per lasciarvi, un giorno, la nave.

 

Gabriele Rizzi

 

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