Mozambico, il centro DREAM nel racconto dei Giovani per la Pace

Giulia, 23 anni, racconta Beira e il centro polivalente di Sant’Egidio dove i bambini ricevono cure e cibo

I Giovani per la Pace conoscono Beira, la seconda città del Mozambico, meta per loro di estati di solidarietà per portare aiuti e sostenere le attività del centro DREAM.

Giulia, 23 anni, di Roma, ricorda la gioia di quando le comunicarono che sarebbe potuta partire per visitare la Comunità di Sant’Egidio in Mozambico, ricorda l’arrivo e la visita al Centro nutrizionale – oggi gravemente danneggiato – dove centinaia di bambini ricevono un pasto e le attenzioni dei volontari.

 

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Ricorda l’emozione del primo impatto con questo mondo di baraccopoli dove il centro DREAM rappresenta tanto – qualcosa “che non si può comprendere rimanendo solo nel proprio quartiere in Italia”. Ricorda le persone che abitavano le baracche davanti al centro, che si estendevano fino al mare. Il ciclone Idai in questi giorni ha portato piogge incessanti che hanno distrutto tutto.

È uno dei più grandi disastri che il Mozambico abbia mai vissuto. Al telegiornale se ne sente parlare. Gli oltre 1,5 milioni di sfollati di quella regione africana sembrano solo un numero da lontano. Giulia pensa ai volti dei baraccati: a Letitia, Aua, Antonio, ognuno con la propria storia. Quando parla di Antonio, la voce è rotta dall’emozione. Ragazzo di strada, senza nessuno, al momento di ripartire “ci portò dei piccoli regali, dicendoci che noi eravamo state le persone più simili a dei genitori da tanto tempo”.

Ripensando a quelle storie, a quegli incontri, a quelle vie percorse nei pomeriggi con i bambini delle baraccopoli, non può però che accostare le foto che arrivano dal Mozambico in questi giorni. “Lì c’era la casa di Leticia e del fratello, che ero andata a visitare, ma lì c’erano anche le case di tanti altri bambini…pensare ai ragazzi di strada spaventati durante la bufera, senza più il punto di riferimento rappresentato dal centro nutrizionale e senza nessuno a fargli da genitore…”

Adesso “bisognerà ricostruire tutto”: le mura del Centro DREAM hanno, però, retto ed offerto rifugio a circa 400 persone del caniço (villaggio di capanne) circostante. Nel contempo i volontari delle Comunità del Malawi e del Mozambico, sebbene colpiti anch’essi dal ciclone, si stanno riversando a Beira per distribuire generi alimentari, coperte, medicinali…

È questo il segno di speranza da cui partire; quel segno di speranza visto nei bambini che visitavano il centro nutrizionale.

Dopo il ciclone Idai, chiediamo che Beira torni a vivere.

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