Bimbo salvato a Parigi, chi è lo Spiderman nero

Bimbo salvato a Parigi, chi è lo Spiderman nero

A Roma aiutava i senza fissa dimora con Sant’Egidio

Mamadou Gassama è un 22enne del Mali che a Parigi ha scalato quattro piani di un edificio per salvare un bambino che era finito aggrappato a una ringhiera.

Il video del salvataggio lo ha reso famoso in tutto il mondo. I Giovani per la Pace, però, hanno conosciuto Mamadou quando abitava a Roma. A Trastevere aiutava i senzatetto del centro della Comunità di Sant’Egidio in via Anicia.

L’eroismo di Mamadou sta nel non pensare solo ai propri problemi ma anche a quegli degli altri. Se uno è eroe nel quotidiano, lo è anche quando la situazione richiede un coraggio straordinario.

Per il merito del gesto, il presidente francese Emmanuel Macron lo ha ricevuto all’Eliseo. A Mamadou – ha assicurato Macron – saranno concessi tutti i documenti per rimanere in Francia in maniera regolare.

È uno dei tanti “sans papier”, come viene detto in Francia, ossia un migrante senza i documenti per soggiornare.

Una riflessione

Un magazine francese si è interrogato titolando: “Bisogna essere un eroe per essere trattati con dignità?

In questi tempi in cui i paesi europei soffrono di odio razziale, alimentato a fini politici, bisogna ripartire dalla semplice considerazione per cui “non avere i documenti” – come dicono in modo fine i francesi – non significa essere incapaci di portare un contributo positivo alla comunità che accoglie.

In Italia ancora si usa la parola “clandestino” col fine di declassare i migranti. Secondo questa parola, Mamadou è uno dei tanti “che non ci dovrebbero essere”. Se non ci fosse stato, però, quel bambino non ce l’avrebbe fatta. Non è un discorso buonista, ma è una denuncia: questo uso delle parole rischia di far dimenticare il valore di ogni singola persona, a prescindere dal colore della pelle.

Emerge una domanda di integrazione e di conoscenza di questi giovani africani pieni di buona volontà.

La notizia dell’impresa eroica ci sorprende, ma non ci sembra un caso isolato.

Di Alessandro Iannamorelli

per Giovani per la Pace

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