Amatrice: Un ricordo non di numeri ma di persone

Armati di scarponi sciarpa e cappello, ci siamo incontrati la mattina presto a Piramide, Roma.
Il viaggio è durato più del previsto perchè siamo dovuti passare per L’Aquila: le strade più rapide, che passavano per la campagna non sono ancora agibili. Dopo una piccola sosta abbiamo intrapreso le stradine vorticose che portavano su ad Amatrice.
L’atmosfera chiassosa che si era inizialmente creata in pullman è subito scomparsa appena si sono intraviste le mie prime case, o meglio quello che è rimasto delle case, tante rovine.
Un velo di silenzio ci ha avvolti tutti mentre ci guardavamo l’un l’altro, senza commentare, e il silenzio è continuato appena scesi dal pullman, quando abbiamo iniziato la nostra processione per ricordare, tutti insieme, ognuno con un fiore in mano e senza parlare, un po’ per scelta, un po perchè avevamo un nodo in gola, le trecento vittime del terremoto del 24 Agosto 2016. 
Ci siamo fermati a fare foto alle rovine, ad un paese che ormai è un po’ diventato come il paesaggio di una foto, immobile. Agli incroci si vedevano le forze dell’ordine, pompieri e vigili ancora sul posto anche se sono passati molti mesi, mentre ogni tanto passava qualche abitante, che sostava a guardarci. Passati per case crollate e demolite, la scuola e la piazzetta, siamo arrivati al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, dove abbiamo lasciato i nostri fiori sul monumento di commemorazione per la gente di Amatrice, dopodiché siamo tornati alla chiesa dove eravamo stati accolti, e ci siamo raccolti in un momento di preghiera.
Poi ci siamo divisi in quattro gruppi per andare alle varie mense allestite dalla protezione civile e dagli anziani rimasti senza casa che sono stati ospitati in una casa di riposo a Borbona, un’ora di macchina da Amatrice.

Il mio gruppo è andato alla mensa di Sommati, in cui ci ha accompagnato un autobus locale. Avevamo preparato dei pacchetti da regalare con frutta e cioccolatini, che abbiamo distribuito tra i presenti alla mensa. Tanti gli uomini e le donne della Protezione Civile, tanti gli sfollati, tra cui bambini. Le cuoche ci hanno gentilmente invitato a sederci, e ci siamo sparsi per la sala a chiacchierare con le person e a giocare con i bambini. 
Ci hanno raccontato le loro storie e come hanno vissuto il terremoto. Abbiamo fatto festa con loro, li abbiamo rallegrati, ricordato di non essere soli e di non essere stati dimenticati, e poi ci siamo promessi di rivederci. E con questa promessa ce ne siamo andati, per la prima volta, insieme al ricordo non di numeri, ma di persone.
Anastasia GxP Roma
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