Per la Giornata della memoria, 27 gennaio 2017
«Se non sai dove stai andando, puoi sempre sapere da dove vieni» (Israel Lau)
Oggi fermiamoci. Ricordiamo che l’irritazione nei confronti di chi è diverso è destinata a degenerare, sempre. È un’illusione contenere le idee velenose che infestano il passato e i giorni nostri. Sono stati diversi gli inizi della shoah: si cominciò dai disabili, in particolare dai bambini (il progetto T4 è del 1939 mentre si iniziò a parlare di ‘soluzione finale’ alla fine del 1940); il disprezzo degli ebrei era risalente (caso Dreyfus, 1894); la politica era inquinata da semplificazioni e violenza, nonostante i progressi.
Nelle colorate città europee, si cominciarono a togliere i colori, ad uno ad uno. Viene in mente il famoso sermone del pastore Niemöller:
“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”
(Martin Niemöller, teologo tedesco, oppositore del nazismo, sopravvissuto ai campi di concentramento).
Cogliamo i segni dei nostri tempi. L’orrore nazista ha portato alle estreme conseguenze tutte quelle irrazionali irritazioni verso chi diverso, debole, marginale, “sbagliato”. Ci si può incamminare su quella strada senza accorgersene, quando ci si ripiega su se stessi e ci si considera irrilevanti nel mondo, come polvere, spinta da una forza. Hannah Arendt, filosofa ebrea dall’intelletto fine, parlò di “banalità del male”: lo sterminio nazista fu una grande macchina di morte i cui ingranaggi erano persone mediocri, non dei super-cattivi, che registravano meticolosamente i propri successi personali e gli avanzamenti nella gerarchia. La vita non è questione di forze. La sopraffazione dell’altro deve essere bandita dalle nostre menti. Questa avviene quando ci lamentiamo degli altri, avvertiti come un peso; quando scarichiamo le frustrazioni della nostra vita su un “sistema” sentito come ostile, che ci illudiamo possa essere sistemato solo con una forza furiosa. Si alimentano paure immotivate. Molti augurano le peggiori sciagure a chi è straniero, a chi è rom. Tanto rigore, che diventa crudeltà, offende gli omosessuali: si spera che le parole chiare di papa Francesco abbiano scalfito quel rigore. Sui disabili sembra tacersi, nella forma dell’indifferenza, quando non sono soggetti a bullismo o a vessazioni verbali, anche in nutrite platee: è più diffusa di quanto si creda l’idea che siano inutili. Gli anziani sono messi ai margini, destinatari di tanti pregiudizi: tolgono lavoro; le pensioni pesano troppo; non si aggiornano. La resistente francese Germaine Tillion raccontò che sua madre di settanta anni fu mandata nella camera a gas solo perché aveva i capelli bianchi.
Tanti sono i morbi che potrebbero guarirsi nella mentalità odierna al racconto degli anziani che hanno vissuto la guerra e dei sopravvissuti allo sterminio.
Alessandro Iannamorelli
GxP Roma