500 vite hanno toccato la terra ferma dopo giorni di viaggio in mare. 500 migranti hanno visto realizzarsi il primo passo verso una nuova speranza, nel porto di Napoli. Al molo 21 sono arrivati bambini, donne, tanti giovani che hanno rischiato ogni cosa pur di scappare dalle tragicità dei loro paesi. I loro corpi erano segnati dalla stanchezza, i loro occhi parlavano senza alcun dubbio di tutta la paura e la fatica che un viaggio della speranza comporta, ma era innegabile il sollievo, la gratitudine che avevano per avercela fatta fin lì, nonostante tutto. Napoli ieri aveva braccia aperte e accoglienti e noi Giovani per la Pace non potevamo che essere lì, a dare il benvenuto e a distribuire i pasti che grazie alla collaborazione di tanti giovani avevamo preparato per loro. Una giornata intera trascorsa al porto, le persone che abbiamo incrociato, le loro condizioni, tutta la burocrazia, ci hanno fatto capire ancora di più quanto sia prezioso il valore dei Corridoi Umanitari. Il viaggio in mare è disumanizzante e porta con se meccanismi che andrebbero assolutamente evitati. Ancora una volta da Napoli per tanti ricomincia una nuova vita, una nuova possibilità, una prospettiva, che dopo una giornata così, ci piace pensare sia del tutto positiva. Ieri era evidente di quanto il corpo a volte è lo specchio di un cuore, stanchi e malinconici, come solo un cuore che parte davvero sa essere, ma non si sono mai arresi e questo li ha resi vincitori di ogni male. Il sorriso dei bambini, e la gioia che quelle mani piccole che mandavano baci, diventeranno grandi e belle parlano del trionfo della vita. E’ stato un giorno di grande umanità. E’ stato un giorno, che da qualsiasi parte ricominceranno, speriamo sia l’inizio di tanti domani che restituiranno loro il calore e l’amore che ogni uomo desidera. Ieri ha cancellato ancora un po’ quei confini del “noi e loro”. Ieri eravamo noi. L’umanità.
Mese: October, 2016
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Ad un certo punto della mia vita mi sono resa conto che su qualunque angolo posassi lo sguardo, capivo che Napoli era un dono. Napoli è un dono. Ma uno di quelli che ti sorprende per sempre. La bellezza, la storia, l’antichita e la modernità di una tradizione viscerale, quella meraviglia impeccabile di mare e terre che il mondo ammira. Se ne vanno tutti con gli occhi pieni, c’è poco da fare. Si attacca addosso come il sale e il sole. Ma ci sono le mattine che ti spaccano il cuore. Ti prendono il dono e lo gelano. Stamattina si è spaccato un’altra volta, mica è la prima. I cassonetti hanno preso fuoco a via Settembrini e dietro i cassonetti c’era un uomo, che ha la strada come casa, non è mica l’unico, ma stava per diventare cenere. E forse non sarà stata neanche la paura più grande della sua vita, perché probabilmente a ridurre a brandelli la sua anima sono stati i giorni che ha vissuto senza ostacoli tra sè e il cielo, o i giorni prima ancora. È vivo, e questa vita che si porta dietro quasi come una colpa non fa rumore. Stamattina in mezzo ai clacson e alla carta stampata c’era silenzio. Stamattina ed altre volte sento che questa violenza insidiosa ci strappi il dono dalle mani. Certi giorni è come svegliarsi da bambini e non trovare più nessuna sorpresa sotto l’albero di Natale, sicuri che la sera prima c’era. Napoli è il dono che va portato in salvo. Non cadono bombe sulla nostra città, ma è piena di macerie visibili e invisibili provocate da una diffusa indifferenza che infligge continue ferite. Stanotte un uomo stava per diventare cenere, perché le fiamme cancellano e lasciano poche tracce. E annullano quella possibilità che gli ultimi possano diventare i primi. Ma forse gli ultimi sono i primi. Il bagaglio di queste vite è molto più pesante delle loro valigie e dei loro stracci sporchi. Più pesante delle nostre, che tante volte distratti da altro potere, lasciamo da parte. Gli ultimi mettono in salvo i nostri sogni. Ad un certo punto della mia vita ho provato a guardare negli occhi degli ultimi, e ho capito che erano un dono. Quando la notte cala sul porto, quelle luci riflesse nel mare sono lampade sui comodini di chi di quelle panchine delle attese, fa il cuscino su cui dormire. E non c’è pioggia che tenga, nè freddo che cambi. Quel porto è per tanti il ritorno a casa dopo giorni stanchi e sempre uguali. È l’attesa di qualcuno che passi e gli presti la voce per gridare. A Napoli non c’è mai silenzio. Eppure a volte tutto tace. Stanotte i cassonetti bruciavano. Ma perché dimenticare la bellezza di quando brucia alto il sole sui vicoli dove crescono bambini pieni di speranze che non possiamo disattendere, sulle mani conserte degli anziani dietro i vetri, su chi scappa dalla guerra e ritrova la pace a casa nostra, sulla nostra giovinezza e sulla...
È in arrivo a Padova la seconda edizione dei #Games4Peace organizzati dai Giovani per la Pace della Comunità di Sant’Egidio: un pomeriggio di giochi all’insegna della solidarietà e dell’integrazione con oltre 100 profughi accolti a Padova e molti liceali ed universitari pronti a sfidarsi (a squadre miste!) per costruire un mondo migliore! La divisione e l’indifferenza si combattono anche così, ritrovandosi in un campo di calcio o di pallavolo per ricordarci che in fondo non c’è alcuna differenza fra un giovane africano ed uno italiano! Certo, le storie di provenienza sono diverse, ma vogliamo sognare che si può costruire un futuro insieme. Padova ha spesso mostrato un volto duro nei confronti di chi è straniero e profugo. Dai giovani può nascere un movimento di ribellione pacifica all’indifferenza e all’esclusione. L’appuntamento per tutti è allora Domenica 16 Ottobre alle ore 14,00 presso i campi sportivi di Ognissanti, via Orus 4. Iscrivetevi numerosi, vi aspettiamo!!! Link evento Facebook
Abbiamo fatto partire le iscrizioni per il concorso musicale “Play music Stop Violence” un contest dedicato alle band giovanili che vogliono proporre canzoni che tocchino il cuore, a partire da temi come l’uguaglianza, la povertà, l’immigrazione e la solidarietà. Ma cosa significa “Cambiare il mondo con la musica”? Oggi la canzone è tornata ad essere divertissmant, e non c’è nulla di male, ma dal secondo dopoguerra, in Francia, in Italia, negli Stati Uniti, generazioni di artisti, di musicisti, di poeti hanno iniziato a dare un signifiato poetico ai testi, riportando la musica al suo aspetto di poesia lirica, poesie che si declamavano nella perfezione metrica, accompagnate dalla lira o dalla cetra. Nascono i cantautori ed alcuni di loro attraverso le serrate parole accompagnate dalla musica, avevano la pretesa di guardare il mondo dall’alto della “Torre della canzone” ed affrontare temi politici, sociali, culturali, utilizzando ogni artificio retorico per far passare il messaggio anche attraverso la musicalità dei suoni e del suono delle parole. E’ più facile ricordare delle parole sotto forma di testi di canzoni che come poesia pura. Ma cos’è un cantautore? Facciamoci aiutare da Francesco Guccini il Cantautore è un cammellopardo! Le canzoni che cambiano il mondo durano nel tempo e non vengono consumate in una stagione, non sono “usa e getta”, ma patrimonio culturale! Del cantautore canadese Leonard Cohen si dice: Le canzoni di Leonard sono come le Volvo: durano trent’anni. E tante canzoni oggi sembrano più attuali di quando sono state scritte e “pezzi delle loro canzoni” oggi sembrano ancora più vive. L’arte vive, Viva l’arte! Chi ha scritto “le canzoni che cambiano il mondo” ha spaziato nei generi musicali, facendo volare nella poesia il blues, il rock, il rock progressive, il Jazz… Tante canzoni sono state la colonna sonora del cambiamento delle generazioni più giovani. Le “Canzoni che cambiano il mondo” possono essere “fatte a pezzi” prese per singoli versi, forse dopo una cinquantina di ascolti compulsivi un po’ stancano ma hanno anche il potere di ritornare quando devono “dirci qualcosa” Alcuni esempi? Li faremo senza citare la canzone, ma linkando alla “frase topica” il video su youtube! Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior , Libertà è partecipazione “Corri cavallo, corri ti prego fino a Samarcanda io ti guiderò” Todo cambia Siamo noi, questo piatto di grano Mamma, toglimi di dosso questo distintivo non posso più usarlo si sta facendo scuro, troppo scuro per vedere è come se stessi bussando alle porte del cielo C’è chi si mette degli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero La nostra speranza è che anche le giovani band che parteciperanno a Play Music stop Violence (Iscriviti qui) possano ispirare le generazioni e cambiare il mondo con la propria musica. PS: Proponete nei commenti al blog o sui social la vostra “canzone che cambia il mondo”, twittate con l’hashtag su twitter con l’hashtag #lacanzonechecambiailmondo
FIRMA QUI Il 22 giugno 2014 Andrea Riccardi ha lanciato un appello alla comunità internazionale per la salvezza della città di Aleppo, in Siria, chiedendo di predisporre corridoi umanitari e rifornimenti per i civili, di trattare a oltranza la fine dei combattimenti e di creare una forza d’interposizione Onu, una sorta di “Aleppo città aperta”. Faccio un appello per Aleppo. Accade qualcosa di terribile. Ma viene ignorato. Oppure si assiste rassegnati. Sono due anni che si combatte ad Aleppo. Nel luglio 2012 è iniziata la battaglia nella città più popolosa della Siria. Eppure i suoi due milioni di abitanti sono rimasti, preservando la millenaria coabitazione fra musulmani e cristiani. La città è segmentata: la maggior parte dei quartieri in mano lealista, ma anche zone controllate dai ribelli, pur arretrati dall’occupazione dell’estate 2012. A loro volta i ribelli sono incalzati da sudovest dalle forze governative. La gente non può uscire dalla città accerchiata dall’opposizione, tra cui fondamentalisti intransigenti e sanguinari. Per i cristiani, uscire dalla zona governativa significa rischiare la vita. Lo sanno bene i due vescovi aleppini, Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi, da più di un anno sequestrati. Aleppo è la terza città “cristiana” del mondo arabo, dopo Il Cairo e Beirut: c’erano 300 mila cristiani! Morte da ogni parte. La popolazione soffre. L’aviazione di Assad colpisce con missili e bidoni esplosivi le zone in mano ai ribelli; questi bombardano gli altri quartieri con mortai e razzi artigianali. Si soffre la fame e la mancanza di medicinali. C’è l’orribile ricatto dell’acqua che i gruppi jihadisti tolgono alla città.È una guerra terribile e la morte viene da ogni parte. Passando per tunnel sotterranei, si fanno esplodere palazzi “nemici”. Come sopravvivere? Si deve fermare una strage che dura da due anni. Occorre un intervento internazionale per liberare Aleppo dall’assedio. Ci vuole un soprassalto di responsabilità da parte dei Governi coinvolti: dalla Turchia, schierata con i ribelli, alla Russia, autorevole presso Assad. Salvare Aleppo val più che un’affermazione di parte sul campo! Si debbono predisporre corridoi umanitari e rifornimenti per i civili. E poi si deve trattare a oltranza la fine dei combattimenti. Una forza d’interposizione Onu sarebbe opportuna. Certo richiede tempo per essere realizzata e collaborazione da parte di Damasco. Intanto la gente di Aleppo muore. Bisogna imporre la pace in nome di chi soffre. Una sorta di “Aleppo città aperta”. In tanti, da ogni parte del mondo, di diverse culture e religioni, si stanno unendo alla sua voce. LISTA DEI PRIMI FIRMATARI Aderisci anche tu: Desidero sottoscrivere l’appello “Salviamo Aleppo” FIRMA QUI
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