La storia dei rom di via Rubattino è stata l’avventura di incontro, solidarietà e amicizia che nasce dai bambini rom, alunni come tanti altri, e dagli sforzi dei loro genitori per mandarli a scuola.
Rubattino è uno stradone alla periferia est di Milano, piena di fabbriche abbandonate. Qui, tra il 2008 e il 2009, si forma un campo di enormi dimensioni (più di 350 persone). I giovani della Comunità iscrivono 36 bambini rom nelle scuole del quartiere: all’inizio la diffidenza è tanta. Poi grazie al lavoro culturale che la Comunità ha svolto nel quartiere, per tanti residenti i rom non sono più “gli zingari”, una categoria infida e minacciosa, ma sono diventati “il mio alunno”, “il compagno di classe di mia figlia”. I rom sono Vadar, Flora, Madalina, Garofita: per la prima volta avevano un nome.Nel 2009 c’è l’ennesimo sgombero senza grandi alternative ma il quartiere reagisce in maniera inaspettata: insegnanti e genitori dei compagni di classe protestano per l’assenza di alternative e l’interruzione della scuola. Molte persone aprono le porte di casa per dare ospitalità alle famiglie rom, centinaia di cittadini si mobilitano per raccogliere coperte e pasti caldi.
Dopo 6 anni questo “contagio di solidarietà” ha portato più di 200 rom a trovare una casa, un contratto di lavoro e a mandare con regolarità i figli a scuola. La storia più bella è quella della famiglia di Georgel, 11 anni, con tanti sgomberi alle spalle: hanno accolto in casa la signora Anna, la loro vicina anziana, quando è stata sfrattata. Georgel ha spiegato così: “È come una catena: noi rom di Sant’Egidio siamo stati aiutati dalla Comunità ad andare a scuola, conoscere il mondo, vivere in casa e non per strada. Adesso anche noi possiamo aiutare altri”.
di Elisabetta D’Agostino