Un serbatoio di umanità e di energie: un esempio da seguire

Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni di due liceali di Soverato, Davide Cerrulo e Roberta Voci, che hanno visitato la Comunità di Sant’Egidio a Roma.


ROMA (20-23 febbraio 2015) – Numerosi bisogni della società trovano oggi una risposta concreta grazie all’operosità degli uomini. Il volontariato, prima che attività sociale, è un percorso esistenziale all’interno degli individui, volto alla riscoperta della fragilità umana e della capacità di mettersi in gioco. Una delle più importanti realtà attive sia sul piano nazionale che internazionale, è la Comunità di Sant’Egidio. Il professore Sandro Zuccari, uno dei fondatori della stessa, anche quest’anno assieme ai giovani universitari romani, accoglie i ragazzi del Liceo Scientifico di Soverato, accompagnati dalla professoressa E. Pennacchi. Il movimento di laici che ha vuto origine a Roma è un punto di riferimento per le altre comunità, con il suo cuore nella chiesa sita in piazza Sant’Egidio in Trastevere.

L’obiettivo dei 50.000 membri consiste nel ricomporre la vita quotidiana del singolo attorno all’evangelizzazione. Assume, allora, importante rilievo la preghiera comune serale, il cui tema centrale, come ricordato da Sandro, è la misericordia di Dio per i malati e i “periferici“. L’impegno dei volontari è quello di rendere più dignitosa la vita dei diversamente abili e dei più poveri. Ne è un esempio l’esposizione delle opere de “Gli Amici” in uno dei quartieri più problematici della capitale, Tor Bella Monaca: sono i meno fortunati che tramite l’arte esprimono i loro sentimenti. Il più delle volte si tratta di rappresentazioni reali, ma soprattutto molto profonde, contro i muri di silenzio, le barriere e il disprezzo con cui ogni giorno vengono emarginati. Anche l’interesse con cui la “comunità” accoglie i senzatetto e gli extracomunitari per un piatto caldo, alla “mensa dei poveri” in Trastevere, accentua sempre più il messaggio cristiano secondo il quale c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Anche nel periodo infrasettimanale, i membri dell’organizzazione, promuovono “cene/festa” con i poveri e a giorni alterni s’impegnano per riempire di gioia l’animo, e anche lo stomaco, di coloro che vivono in roulotte o in macchine vecchie. Tuttavia nessun volontario né alcuna azione umanitaria ha senso se è fine a se stessa. Non è più tempo per dare da mangiare ai poveri senza fare tutto il possibile per rimuovere le cause della povertà. Non è tempo di aiuti al terzo mondo senza una lotta quotidiana per contrastare lo strapotere di un mercato globale e disumano che esige sempre più distacco tra chi produce nella miseria e chi consuma nel benessere. “Volontariato e politica devono necessariamente essere un tutt’uno, facce di una stessa medaglia virtuosa, binari di un percorso che può rendere questo nostro mondo un luogo più umano, più vivibile. Più giusto.” (don Mimmo Battaglia)

Davide Cerrulo

Roberta Voci

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