CONAKRY (GUINEA) – Perché non vinca il sonno della rassegnazione che fa ritenere la guerra inevitabile; perché si allontani il sonno dell’arrendevolezza al male che continua ad opprimere il mondo.
Mese: June, 2014
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Riceviamo da un Giovane per la Pace di Bari e volentieri pubblichiamo: Come è noto, una delle tracce della prima prova dell’ultimo esame di maturità, era incentrata sulla tematica riguardante le periferie. Migliaia di studenti hanno potuto trarre spunto da un frammento di un discorso elaborato qualche tempo fa dal senatore a vita Renzo Piano:
CONAKRY (GUINEA) – I viaggi suggeriscono parole uniche. Quando dici “Conakry” al gate, ti guardano come se fossi spacciatore di oppio.
I Giovani per la Pace si confrontano sui temi assegnati nella prova d'italiano dell'esame di Stato 2014. Iniziamo con il dono, un tema da veri maturandi, perché di cruciale importanza nei nostri tempi.
Domenica 15 giugno 2014, è una di quelle date che non scorderemo mai. Papa Francesco ha voluto incontrare la Comunità di Sant’Egidio nel quartiere Trastevere, a Roma, andando ad omaggiare con la Sua Preghiera la Basilica di Santa Maria in Trastevere e la Chiesa di Sant’Egidio, da cui la Comunità prese il nome.
Con Ibrahima Sory Barry Per coloro i quali non conoscono la storia della Guinea (cartina geografica), val la pena di ricordare che il 28 settembre 2009, giorno che sarà poi soprannominato “lunedì di sangue”, le Forze dell’ordine guineane uccisero più di 150 connazionali e violentarono oltre 40 donne.Almeno 1500 persone furono ferite, molte altre furono vittime di “sparizione” o vennero arrestate. Una serie spaventosa di esecuzioni extragiudiziali, torture e altri maltrattamenti, stupri, schiavitù sessuale e detenzioni arbitrarie furono perpetrati ad opera della gendarmeria (un corpo d’élite delle forze armate della Guinea) e della polizia. Ad oggi, solo otto persone sono state processate per atti che sono stati commessi invece da decine di membri delle Forze dell’ordine. Un massacro questo sepolto nel dimenticatoio della storia. Solo nel 2013, è stata condotta un’inchiesta da parte diSouhyer Belhassen, Presidente onorario della Federazione internazionale delle leghe per i Diritti dell’Uomo (FIDH), per rinforzare la lotta contro la dilagante impunità (tutt’ora presente nel Paese), per garantire lo stato di diritto e favorire il processo di riconciliazione nazionale. Proprio in questi giorni, la FIDH e l’OGDH (l’Organizzazione Guineana a difesa dei diritti dell’uomo e del cittadino) hanno finalmente imposto alle autorità guineane di rendere giustizia alle vittime del massacro entro la fine del 2015. “Oggi la Guinea è impegnata in una corsa contro il tempo: ha l’opportunità, per la prima volta nella sua storia, di rendere giustizia alle vittime dei crimini commessi sul suo territorio negli ultimi anni, a partire dal sanguinoso 28 settembre 2009. Se non vi saranno provvedimenti immediati per chiudere i processi in corso, la Corte Penale Internazionale si approprierà del dossier e giudicherà i presunti responsabili in qualità di organo sovranazionale” – queste le parole della stessa Souhayer Belhassen. “Il nuovo ministro della giustizia – ha detto Angel Gadiry Diallo, rappresentante della OGDH – sembra aver dato una spinta importante per la realizzazione di un sistema giudiziario efficiente; specialmente per la risoluzione di casi sensibili come quelli citati. Attendiamo ora una conferma di questa apertura attraverso la rapida conclusione dei processi”. La strada che la Guinea deve percorrere è quella dell’istituzione di un Consiglio Superiore della Magistratura e della riforma del sistema giudiziario, condizioni essenziali per la nascita di un vero e proprio apparato legislativo: il codice di procedura penale deve essere riesaminato alla luce degli impegni internazionali che la Guinea si trova a dover ottemperare. Forse, dopo quasi tre anni dalla fondazione della “Commissione provvisoria di riconciliazione nazionale”, co-presieduta dal Primo Imam della grande Moschea e dall’Arcivescovo di Conakry, si potranno davvero raccogliere i primi frutti del processo di riconciliazione che consentirà alla Guinea di soddisfare il bisogno di verità e giustizia del suo popolo, ed alleviare il dolore profondo dei tanti cittadini guineani, tuttora vittime di gravi violazioni dei diritti umani. E viene spontaneo pensare alle tante parti della Terra dove i diritti umani sono calpestati e derisi giorno per giorno…E poi diteci se questo non dovrebbe far notizia! Guarda il seguente reportage, “Guinea: cercando giustizia per un massacro”: Leggilo anche su: Vento nuovo
“Università, i rom assediano i wc per lavarsi e radersi: furti e caos”. Questo è ciò che si legge all’apertura della pagina di cronaca di una testata romana che ogni giorno circola gratuitamente in tutte le metro della città e altrove. “Grido di allarme degli studenti di Ingegneria: i bagno sono impraticabili e nelle sedi regna il degrado”. Certo è che alla vista di tale annuncio si direbbe una vera e propria invasione. E la cosa non finisce qui, perché facendo una rapida consultazione dei social network maggiormente frequentati si possono avvistare le parole di studenti vittoriosi e festanti che, all’uscita della notizia, reclamano la paternità dell’avvenuta diffusione dell’episodio. A questo punto però, scorrendo meglio le pagine del web, sollecitati dalla curiosità della vicenda un po’ anomala, si scopre che in realtà l’ipotetico fatto non sia altro che la testimonianza di alcuni ignoti ragazzi che hanno portato altri universitari alla conoscenza della vicenda attraverso una pagina social chiamata Insulted Roma Tre. Il che la dice già lunga sulla serietà della questione: su questa pagina gli studenti si divertono infatti a pubblicare insulti e inveire in modo più o meno scherzoso contro comportamenti fastidiosi di colleghi e situazioni spiacevoli di vita universitaria. Ed è proprio in mezzo a questo clima goliardico che sorge anche la notizia della fantomatica invasione di rom alla facoltà di ingegneria dell’università di Roma tre. Con tanto di foto scattata sul luogo dell’accaduto: l’immagine di un senza tetto che impropriamente utilizza il bagno dell’università per lavarsi e radersi. Comportamento sbagliato, non c’è che dire. Ma anche tanto sbagliato quanto la reazione di chi, arrogantemente, si è appropriato del diritto di farne una battaglia ideologica vera e propria, diffondendo la notizia persino tra le pagine di una testata cittadina. Quando avrebbe tranquillamente potuto spiegarlo alla persona stessa,chiedendogli con grazia di avvicinarsi alla porta di uscita perché quello non era il luogo adatto per lavarsi. E magari, preso da slancio caritatevole e comprensivo avrebbe potuto consigliargli di andare con lui, accompagnandolo quindi verso un qualsiasi luogo più adatto – come per esempio la segreteria dell’istituto – dove forse avrebbero potuto trovargli una soluzione alternativa. Magari il segretario trovatosi in mezzo alla vicenda gli avrebbe volontariamente offerto la possibilità di utilizzare la toilette del personale. O in caso contrario, avrebbe potuto metterlo in contatto con le associazioni presenti sul territorio romano, che tempestivamente avrebbero trovato per lui una reale soluzione, anche di tipo duraturo. Ma questo stranamente non accade mai, perché la cultura nazionalista di cui spesso ci facciamo vanto, altrettanto spesso si dimentica di atteggiamenti di questo tipo. La via più facile sembra sempre quella di rimuovere le situazioni di disagio piuttosto che spendersi per prendersene cura e cercare di cambiarle definitivamente. Ma è davvero questa la risposta più efficace al “degrado”? È vero, non molto distanti da quell’università vi sono terreni dove spesso vivono individui di origini Rom. Tanto vituperati perché a dire di tutti “la loro cultura li spinge alla delinquenza”. Anche se a ben...
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