Commemorazione delle vittime del naufragio di Lampedusa: la commozione che fa l’Europa

Il 28 Maggio, alla presenza delle autorità civili e religiose, a Catania, si sono svolti i funerali delle 17 vittime del naufragio a largo di Lampedusa. Una cerimonia sobria, intensa e accompagnata dalla presenza di chi da quella barca è sopravvissuto. Sì erano presenti parenti, amici, “compagni di speranza” di quella barca, di quel legno, che approda sulla città di Catania il 13 maggio provocando un terremoto delle coscienze.

Una preghiera, delle preghiere, delle bare e un rito interreligioso perché degna sepoltura fosse assicurata a tutti. Come detto dall’Imam della Moschea della Misericordia di Catania:

“carità di fronte alle tragedie provenienti da oppressioni e guerre: oggi si sta dando dignità a chi non ha potuto averla da vivo”.

Le parole dell’Imam Keith Abdelhafid, sono le parole dell’uomo spirituale che guarda oltre e coglie nella tragedia l’essenza dei fatti. Sì, perché forse riusciamo a comprendere quelle parole di Papa Francesco che a Lampedusa ci diceva che

“Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere”.

Cos’è l’esperienza del piangere se non la reale commozione dell’uomo davanti al dramma umano ? Si potrebbe quasi dire che con la commozione degli uomini e delle donne di oggi l’umanità si è salvata.

Come accennato prima, a piangere erano anche i sopravvissuti e questa, al di fuori da uno sguardo banale e approssimativo, è la dimostrazione che qualcosa cambia. Sì, il cuore dell’uomo, anche del nuovo europeo che giunge nelle nostre coste, è un cuore intriso di mistero e bisognoso di conversione, cioè di “volgere lo sguardo verso”. Volgere lo sguardo verso quel passato pieno di sofferenze che diventa “palestra del dolore”, e commuoversi per non rimanere freddi come se ormai il dramma dell’olocausto del mediterraneo sia un fatto scontato:una scia di morte per cui nessuno potrà mai fare nulla. E’ la loro commozione, quella dei nuovi europei, e la commozione dei vecchi europei insieme che dona a noi la possibilità di ribaltare il paradigma di un’assenza di visione. E’ un terremoto delle coscienze che porta alla ricostruzione di un pensiero euro-mediterraneo: Europa terra di tutti, Europa terra dei popoli che soffrono. Non a caso Ghoete, citando lo stesso passaggio ripreso all’inizio della cerimonia di commemorazione dal Sindaco di Catania Enzo Bianco, definisce l’Europa come

“Centro meraviglioso di tanti raggi della storia universale”.

Sono tanti i raggi che si incastrano in questa nostra storia europea, sono raggi di storia universale di popoli e di singoli che nelle coste, nei luoghi di accoglienza, nelle chiese, nei luoghi di incontro ma anche nelle isole stanno plasmando questo centro che li raccoglie. Ghoete, un europeo del 700, lo definisce un centro meraviglioso, adesso gli europei del XXI secolo hanno il compito di definirlo. Ma questa affermazione non vuole essere una frase ben scritta o un’espressione ridondante e vuota. Un principio di definizione c’è, la storia di questo centro comincia a prender forma. Lo fa in quel Santo incontro – santo perché gradito a Dio – tra le domande dei giovani della sponda Nord del mediterraneo e quelli della sponda Sud.

Il mare oggi è un sepolcro, c’è una pietra grande, quella della rassegnazione europea a cambiare la storia, e uomini e donne a piangere perché soli, perché impauriti, perché senza speranze. Nel Mediterraneo-sepolcro, c’è una gran pietra. Tuttavia, sappiamo, che quella pietra rotolò via e da lì venne annunziata al mondo una parola che è parola buona fino ad oggi. La Storia europea, un’azione di un popolo nuovo, può giungere a qualcosa di simile, si può sperare in una visione buona, calda e accogliente. Dalle barche, che su quella pietra hanno sbattuto, sono venuti servitori dei poveri, amici dei deboli e degli ultimi – Felix, giovane maliano cresciuto in Ghana lo ha raccontato stamane – se toglieremo quella pietra cosa verrà ?

A noi la sfida e il gusto di muovere il passo verso la risposta.

 

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